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Roberto Mahlab
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Inserito - 09/05/2011 :  22:10:52  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

I fiori hanno una controindicazione : bisogna annaffiarli. Con l'annaffiatoio è lungo, bisogna riempirlo decine di volte per dar acqua a tutte le piante del terrazzino dell'ufficio, con la canna è più breve, ma il rischio di annaffiare i passanti è elevato. E così mi è venuta l'idea di utilizzare una bottiglia di plastica, capacità un litro e mezzo, la seconda idea geniale è stata l'uso della canna dell'acqua per riempire la bottiglia, anzichè andare avanti e indietro dal lavandino all'interno. Con queste due idee, sbrigo il dovere di dare il liquido nutrimento alle rose, gerani, gelsomini, bouganville, surfinie e pini in una decina di minuti. Niente tempi lunghi, niente rischi. Da essere soddisfatti dei due neuroni che la mia segretaria e braccio destro e sinistro e mente pensante dice essere parzialmente presenti dentro la mia testa. In realtà, aggiunge, uno dei due neuroni è caduto sul pavimento e si è rotto e l'altro è difettoso di fabbricazione. Comunque per riuscire a trovare il modo migliore per annaffiare le piante, è sufficiente.

Non avevo fatto i conti con la bouganville che ho acquistato sabato all'Orticola dei giardini di via Palestro a Milano. Ho commesso l'errore di guardarla mentre riempivo con la canna la bottiglia, di solito guardo la bottigila di modo da chiudere per tempo il rubinetto a cui la canna è collegata per evitare che l'acqua debordi. Ma la bouganville mi ha rapito con la bellezza dei suoi delicatissimi fiori, che sembrano fatti di carta dai colori della passione, rosso cremisi, un petalo si stacca dalla pianta per un soffio di vento, cade, lo prendo al volo con la mano sinistra, si deposita sul palmo, in mezzo al petalo i tre fragili rametti marroncini che terminano con un occhietto giallo.

E' come l'amore a prima vista, non riesci a distogliere gli occhi, la mente si annebbia, il pensiero vola altrove, sulle vette dell'universo, fredde vette, freddissime... che freddo.... l'acqua mi cola dalla camicia, dai capelli, dai pantaloni, dalle scarpe, eppure il cielo è azzurro, non piove, ma la grandinata non si ferma, è gelida, comincio a tremare, mi ci vuole un poco di tempo per staccare i miei occhi da quelli del petalo della bouganville. Il livello dell'acqua sale, i miei sensi avvisano uno dei neuroni, probabilmente l'unico e che può quindi occuparsi solo di una questione alla volta, che il pavimento del terrazzino è allagato, non sento quasi più la mano destra, la mano... faticosamente la mia vista la mette a fuoco, la mano destra sta trattenendo la canna dentro il collo della bottiglia, la bottiglia è piena e l'acqua si intrufola tra la canna e la plastica ed esce, a torrenti, a fiumi, a mari, ad oceani, ho sempre più freddo, il neurone tenta di concentrarsi, la mano destra e la canna nel collo della bottiglia, la mano sinistra con sul palmo la bouganville, l'acqua, l'acqua dappertutto, troppi particolari da riunire in un unico quadro per un unico neurone, una cosa alla volta, se mi concentro su una sola cosa alla volta, posso comprendere che cosa sta accadendo e posso riuscire a trovarne le ragioni. Se qualcuno potesse vedere dall'esterno, osserverebbe un uomo che tiene la canna dell'acqua nel collo di una bottiglia con la mano destra e con la mano sinistra tiene sul palmo un petalo di bouganville, l'uomo è fradicio, l'acqua esce dalla bottiglia in cui è inserita la canna.

L'acqua! Girare la manopola dell'acqua! Però ho solo due mani, con una tengo la canna inserita nella bottiglia, con l'altra tengo delicatamente il fiore di bouganville. Scegliere, devo scegliere. Naturalmente lascio cadere la bottiglia, non certo la bouganville, la canna si trasforma in un serpente impazzito, schizza l'acqua a trecentosessanta gradi, la doccia è ancora più forte e più gelata, che faccio?, coraggio Roberto, concentrati. La mano destra è libera, si muove adesso come di moto proprio, gira la manopola e la canna smette di eruttare acqua. Mi alzo in piedi, l'acqua mi cola da tutto il corpo, ho sempre più freddo, il vento gelido di questa strana e insolita fine di primavera mi incolla la camicia gelata al corpo, inizio ormai a tremare. Svegliati, scuotiti, pare dirmi il neurone, ma i miei occhi non si staccano dal fiore di bouganville, è di una bellezza struggente, sento di doverlo proteggere, lo poso delicatamente su un ramo di geranio, al sicuro. E appena il fiore lascia la mia mano sinistra, l'incantesimo si scioglie e i miei sensi e le mie azioni tornano normali, mi rendo conto di quanto è accaduto, corro fino a casa, mi cambio completamente, appendo i vestiti fradici, la gola, sento un leggero bruciore alla gola, la doccia di acqua gelata per molto, troppo tempo, una tachipirina presto. Ritorno sul terrazzino, mi sorprendo a pensare che se qualcuno avesse visto dall'esterno quanto accadeva, avrebbe pensato di essere sulla scena di una puntata di Mr Bean. Il petalo di bouganville, adesso appoggiato sul rametto di geranio, inoffensivo, bellissimo, quasi quasi lo raccolgo di nuovo, no, fermati, mi dice il neurone, ti aveva ipnotizzato, eri diventato suo possesso, potrebbe farti compiere qualsiasi azione senza che tu te ne renda conto, senza che tu possa riprendere il controllo dei tuoi sensi e dei tuoi movimenti.

"Dottoressa, sono stato ipnotizzato da un petalo di bouganville", sdraiato sul divano dello studio della mia analista, la mia voce racconta, mentre la psicologa prende appunti sul suo taccuino e ascolta senza interrompermi. "E' uno dei casi più difficili della mia carriera", pensa la donna, "Freud, Jung, Adler, in quale dei casi da tutti costoro presentati e risolti, potrò trovare la soluzione per riportare questo poveretto alla ragione?".

Intanto, sul terrazzino, la pianta di bouganville sta crescendo, una raffica di vento comparsa dal nulla soffia via i petali, uno dopo l'altro, essi volano nel cielo, si disperdono in mille direzioni, sono milioni, miliardi, come avessero degli obiettivi, un piano di volo preciso e predeterminato.

I petali cadono leggeri sui palmi delle mani di migliaia, di milioni, di miliardi di abitanti del pianeta Terra, gli occhi degli esseri umani si posano sugli occhi all'interno dei petali, affascinati. Nei minuti successivi intere popolazioni perdono il controllo dei propri sensi e dei propri movimenti e si trasformano in corpi ipnotizzati, telecomandati. Telecomandati... da chi? da che cosa? da dove? Se qualcuno avesse osservato il pianeta dall'alto in quell'istante, ne avrebbe visto gli abitanti, dal polo nord al polo sud, dall'Oceania alla California, paralizzati, tutti gli occhi fissi negli occhi dei petali dei fiori di bouganville posati sui palmi delle mani.

Tutti gli abitanti del pianeta, eccetto due. Nello studio della dottoressa, lei e il suo paziente che racconta di un misterioso episodio di ipnosi ad opera di un fiore, quando l'uomo smette di esporre, la psicologa scuote la testa, come a scacciare l'incredulità, eppure avverte nell'animo che qualcosa è davvero accaduto, che le parole del suo paziente devono avere qualche collegamento con la realtà, appoggia il taccuino nel grembo e si pone le mani attorno alle tempie, per cercare di scoprire il dettaglio mancante, la chiave, il perchè, il perchè di che cosa?, all'improvviso la dottoressa spalanca gli occhi, come alla ricezione di una comprensione troppo grande per essere accettata, "se è tutto vero quanto mi hai raccontato, come hai fatto a staccarti dagli occhi della bouganville?", chiede a Roberto. "Non lo so", il paziente appare perplesso, "io ho solo un neurone in verità e anche difettoso di fabbricazione, ne avrei avuti anche due, ma uno è caduto e si è rotto, così almeno dice la mia segretaria...".

Presa da un improvviso timore, la psicologa si volge verso la vetrata della finestra dello studio e rimane esterrefatta, le strade sono colme di persone che paiono ipnotizzate, la dottoressa avvicina lo sguardo al vetro e nota che sui palmi delle mani sinistre le persone hanno tutte dei petali di bouganville. Distoglie gli occhi e li riposa su Roberto, :"ma se tutto questo è reale, tu come hai fatto, come hai fatto a... due neuroni, anzi uno solo, questo ti ha salvato!", esclama con tono angosciato. "Ascoltami, cerca di concentrarti", scuote le spalle all'uomo per farlo alzare, "siamo rimasti solo in due, ti sei salvato per il numero limitato dei tuoi neuroni, per questo sei riuscito a sganciarti dall'ipnosi.. ci siamo solo noi con le facoltà intatte, bè... tu sei un caso particolare, comunque, dobbiamo salvare l'umanità... già, ma come....?", la psicologa si abbatte sulla sua sedia con una espressione disperata. "Aspetta, non mi voglio dare per vinta... ricomincia da capo, raccontami di nuovo tutto!". Roberto si risdraia sul lettino dello studio e ricomincia a narrare la sua disavventura, la dottoressa stavolta non lo ascolta in silenzio, gli pone domande, gli chiede di approfondire, "okay, i tuoi neuroni ridotti, l'acqua gelida... l'acqua gelida!!", quasi si mette a gridare, "ma certo! l'acqua gelida disturba l'ipnosi, certo con te, visto che hai solo un neurone funzionante, è bastata l'acqua di una canna collegata all'impianto idrico, certo per gli altri abitanti del pianeta ci vorrà ben di più di qualche litro di acqua gelata, ma adesso che conosciamo il punto debole degli invasori alieni, possiamo trovare la soluzione, coraggio, sforzati anche tu, concentrati e aiutami...", la dottoressa osserva il paziente mentre si sforza a concentrarsi e poi si mette a ridere, "ok, come non detto, con un neurone solo, non posso pretendere che tu trovi la soluzione, però mi sei stato di aiuto per scoprire il problema...". Il paziente sorride anch'egli, è contento di vedere la dottoressa ridere, "posso tornare allora in ufficio ad annaffiare le mie piante?, le chiede.
"Certo, Roberto, appena avrò risolto il caso, certo che potrai tornare ad annaffiare le tue piante", gli risponde, con tono convinto e fiducioso.

E così anche voi lettori potete rimanere convinti e fiduciosi che tutto si rimetterà a posto, la sceneggiatura avrà un lieto fine e... oh no! avete guardato l'immagine della bouganville all'inizio del racconto... ehi... c'è ancora qualcuno che non sia stato ipnotizzato dagli alieni là fuori? ehi... oh no... no... non volevo...non avevo pensato che... ho un solo neurone io, come avrei potuto pensare...

Roberto Mahlab
"I racconti dell'ufficio"

   
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