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Roberto Mahlab
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Inserito - 27/02/2007 :  22:06:05  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Era appeso ad una scala dall'equilibrio precario, piantata nella sabbia, con una mano si teneva aggrappato al corrimano del balcone, con l'altra strofinava il vetro con uno straccio bagnato con acqua e sapone che intingeva in un secchio appoggiato all'ultimo gradino. Non osava guardare in basso nè voltarsi indietro, ascoltava il suono del frangersi delle onde sulla scogliera, sapeva che era una visione da togliere il fiato, l'albergo era uno degli edifici più lussuosi della costa, d'estate si animava ospitando famiglie ricche e blasonate, tra meno di una settimana avrebbe dovuto essere come uno specchio per accogliere i vancanzieri. Una improvvisa corrente d'aria quasi gli fece perdere la presa e sudò freddo, qualcuno era entrato nella stanza, aveva gettato una valigia sul letto e aveva aperto con forza la finestra che dava sul terrazzino, non si accorse dell'operaio appeso alla scala fino a che non si avvide di un'ombra che dondolava pericolosamente, si avvicinò allarmato, si rese conto che si trattava di un essere umano e gli prese la mano tirandolo su. "Ehi, che ci facevi appeso in quel modo?, mi hai spaventato!", disse l'ospite, un uomo ben vestito, dai capelli lunghi e in parte bianchi, la corporatura massiccia. "Grazie signore, pulivo le vetrate, sono Pablo, dell'azienda di pulizia". "Immagino, tra pochi giorni l'hotel dovrà brillare, io sono arrivato un pò in anticipo, la mia famiglia, o quel che ne resta, verrà domani", esclamò con una risata, "ma che fai, rimani sulla scala, perchè non vieni dentro a riposarti, ti sarai preso una bella paura!".

"Grazie signore, ma devo proseguire, se non finisco, perdo il posto", rispose Pablo, era arrossito, si vergognava per come era vestito, un paio di calzoni lisi e una camicia talmente usata da apparire quasi una cannottiera, ma era la sua uniforme di lavoro, quel che poteva permettersi, la sua pelle straniera era abbronzata dal sole, aveva la stessa età dell'ospite dell'albergo, ma appariva assai più vecchio e provato dalla vita.
Il nuovo arrivato intanto aveva tirato fuori dalla giacca un pacchetto di sigarette e ne estrasse una con la bocca, mettendosi poi a cercare un accendino che non trovò, :"non è che per caso...", ma Pablo scosse il capo, come dispiaciuto. "Certo, non fumi, comprendo", concluse l'uomo togliendosi la sigaretta di bocca e rimettendola nel pacchetto. "Una bella vista qui, non c'è che dire", proseguì, sembrava proprio che avesse bisogno di parlare con qualcuno e Pablo si meravigliò, che cosa avrebbero mai potuto avere in comune, mondi talmente distanti, di esperienze e di prospettive diverse.

"Ho sempre passato qui le mie vacanze estive, dovevi vedere che roba, ci divertivamo un mondo, le ragazze erano il massimo, altro che il mortorio della scuola e poi dell’università, non erano certo tempi in cui si doveva studiare, ho passato più giorni in occupazioni e assemblee che a prepararmi per le interrogazioni, ogni tanto arrivava la polizia e io ero il migliore, davvero", assunse un'aria di vanteria, "ero l'unico che riusciva a centrare gli agenti con il cancellino dalle finestre!". Pablo aveva smesso di strofinare, era a bocca aperta, confuso.
"Sei stupito? Magari al tuo paese non succedeva, ma era una tale noia vivere che cercavamo emozioni, ognuno di noi voleva essere il più ammirato, anche se ti dirò che quei poliziotti che angariavamo e che non potevano toccarci, avevano poco più della nostra età, certo dopo le ore di servizio non tornavano in una comoda casa come me, a sgridare la cameriera perchè il pranzo non era ancora pronto, i miei genitori mi lanciavano occhiate spazientite, ma i figli di tutta la cerchia dei loro amici erano come me e allora lasciavano perdere".

Pablo avvertì i morsi della fame, il sole scottava, probabilmente era già mezzogiorno, ma non ebbe il coraggio di chiedere l'ora all'uomo elegante, nella sacca ai piedi della scala aveva riposto il suo pranzo, un panino e una bottiglia d'acqua, ma pensava fosse scortese scendere e abbandonare l'ospite.

Squillò un cellulare e l'uomo rispose con foga, ogni tre parole usava il turpiloquio, ma non si scompose, Pablo comprese che non riteneva ci fosse nulla di sconveniente, neppure a gridare in un telefonino. Poi se lo rimise in tasca, stizzito :"indovina chi era? mia figlia, chiamava da non so che posto, era con uno dei suoi fidanzati, uno che più fatto di così non si può, voleva che le mandassi i soldi per un biglietto aereo, io non ero come lei alla sua età, certo fumavo cose che tu neppure sai che esistano, ma non capisco proprio perchè i ragazzi di oggi siano venuti su così esagerati!". Gli occhi di Pablo si erano spalancati dalla sorpresa, davvero non capiva? Ma non osò replicare, non era per questo che era stato assunto. Era imbarazzato, lo straccio andava su è giù dal secchio, non voleva sembrare irrispettoso nei confronti dell'ospite e non sapeva che cosa fare.

"Nel pomeriggio devo telefonare all'autorimessa, ho dovuto lasciare la jeep, un tizio sull'autostrada non si spostava quando gli lampeggiavo, ho fatto una frenata che mi ha lisciato le gomme", riprese con tono arrabbiato, "va a finire che la dovrò cambiare, è un pò che ci penso sai? Tu che dici? Non so bene che cosa scegliere, quel suv che ti permette di attraversare i deserti oppure quello che resiste alle temperature del polo nord, ce n’è uno pubblicizzato per le ruote che superano un percorso di guerra e un altro che sarebbe l’ideale per crearsi da solo la strada in una foresta, buttando giù gli alberi che si frappongono!”, Pablo allungò lo sguardo come per sincerarsi che stesse parlando sul serio, ma l’uomo proseguì, :”pensa che problemi di scelta mi faccio, per un mezzo che al massimo userò per andare da casa all’ufficio della fabbrichetta di famiglia, ogni tanto passo a salutare il mio babbo che ci lavora ancora, dovrò chiedere al sindaco di allargarci la strada, perché già con il suv che ho adesso ci passo a fatica”. Si arrestò un attimo e si sorprese consapevole dell’assurdità delle sue esigenze e scoppiò a ridere, anche Pablo non si trattenne e per un paio di minuti due persone così diverse e così lontane risero fino ad avere le lacrime agli occhi. Pablo smise per primo, si morse le labbra, ricomponendosi, si accorse di provare pena per l’uomo che non pareva rendersi conto dell’importanza del tempo della vita e dell'incapacità di trasmetterne il valore, nonostante la ricchezza.

“Bene, adesso scendo al ristorante, ho una fame, e poi faccio un salto nella villa dei miei amici, c’è un party e sai com'è, mia moglie arriva solo domani e magari mi diverto ben bene, è stato un piacere fare due chiacchiere con te”, l’uomo era in evidente imbarazzo di fronte a Pablo, sentiva di avergli dato un po’ troppa confidenza, :”è una vera noia la vita, vero? immagino che tu abbia figli al tuo paese e immagino che i tuoi figli e i figli dei tuoi figli un giorno avranno i miei problemi”.
L’uomo se ne andò e Pablo si rese conto di essere in ritardo con il lavoro, il panino del pranzo era saltato, finì di lavare il vetro del balcone della camera, scese la scala, si spostò su di un altro balcone fino a sera. Ripose l’attrezzatura nel magazzino degli attrezzi, informò la direzione di avere finito e si avviò verso il paese, era in affitto in un minuscolo condominio. Cadde sul letto distrutto dalla fatica, ma poi si levò per un attimo, come faceva ogni sera, prese in mano le fotografie riposte sul comodino, i suoi figli, Alma e Carlos, lei studiava medicina, lui legge, al loro paese. Con le rimesse che regolarmente il padre inviava, sarebbero presto riusciti a laurearsi e a crearsi un futuro e a contribuire allo sviluppo della nazione. Pablo si sovvenne delle parole dell’uomo dell’albergo :”immagino che i tuoi figli e i figli dei tuoi figli un giorno avranno i miei problemi”.
E pregò il Signore :”Ti prego, fai che i miei figli e i figli dei miei figli non abbiano mai a noia la meraviglia della vita”.

Roberto Mahlab


   
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