Al mattino le incontrammo sulla spiaggia e chiedemmo loro se volevano venire con noi a pranzare a Tarabin, villaggio di pescatori a 10 chilomentri di distanza. Ma ci risposero che sarebbero andate a fare acquisti nel bazaar che avevano intravisto da lontano e ci chiesero se volevamo andare con loro. Ma neppure la fata dai capelli turchini convincera' mai mio cugino e me ad andare a fare spese in qualsiasi mercato del pianeta. E cosi', in tarda mattinata, prendemmo un altro sgangherato taxi e, fermissimi nel nostro proposito di non vederle mai piu' e di non mettere mai piede in un negozio, dicemmo all'autista di deviare e di fermarsi proprio di fronte ai negozi del bazaar. E, con nostra sorpresa, le due ragazze ci corsero incontro dicendoci di essere felici di vederci perche' impaurite all'idea di dover discutere i prezzi con gli abitanti del luogo. Noi le rincuorammo, dicendo che di solito i mercanti della zona rapivano le ragazze bionde, mentre loro erano solo delle bellissime brune. Oltre che carine erano anche piuttosto forti e nel giro di due millesimi di secondo ci trovammo senza avere avuto il tempo di protestare trascinati in mezzo ad un negozio di vestiti dove dieci uomini accolsero mio cugino e me con sollievo. Ci narrarono che nei venti minuti precedenti le due ragazze li avevano convinti a vendere sotto costo meta' della mercanzia e ci pregarono di non lasciarli soli. Noi li rincuorammo, dicendo che le ragazze ci avevano detto che dopo aver comprato a prezzi stracciati cio' per cui erano arrivate fino li', li avrebbero lasciati vivere e prosperare in pace dei loro commerci.

Cercavano un costume originale da danzatrice del ventre per le danze popolari che il loro gruppo avrebbe eseguito in Israele la prossima stagione. E cosi' mio cugino Dani ed io fummo obbligati a rimanere nel bazaar a proteggere le due ragazze dal possibile rapimento e i dieci uomini dalla sicura rovina finanziaria. Per poco non facemmo anche un affare: il proprietario del locale, che aveva gia' quattro mogli, ci propose di scambiare un shesh-besh (dama locale) con le due ragazze, ma noi insistemmo per avere almeno, oltre al gioco, anche un ricamato copricapo arabo e allora non se ne fece nulla. E le voci di due popoli di mercanti riempirono quella mattina del primo giorno dell'anno nel deserto. Ma quando ci sedemmo per gustare sotto una capanna sulle rive del Mar Rosso le prelibatezze del luogo, le ragazze tirarono fuori la loro preda: uno sgargiante costume da danzatrice del ventre ricco di frange d'oro e di tutti i colori che potessero riempire gli occhi dei due estasiati e silenziosi cugini.

Nel pomeriggio Tami e Shira dovevano rientrare in Israele. Mio cugino Dani ed io, completamente conquistati, sorseggiavamo le bibite che avevano insistito ad offrirci ai bordi della piscina dell'albergo, sotto il rosso tramonto del deserto, prima della loro partenza. Si alzarono con naturalezza e si allontanarono dal nostro tavolo senza dire nulla e noi non avevamo neppure il coraggio di alzare gli occhi. Poi si voltarono un attimo e :"E' stato un piacere conoscervi...!" E ci sembro' che i bordi desertici del luogo si trasformassero in un lussureggiante giardino colmo di fiori colorati.

5 Gennaio 1997

Rientrati anche noi a Tel Aviv, telefoniamo alle due ragazze per chiedere loro se sono libere quella sera per cenare con noi. Ma ci rispondono che non sono libere.
Sarebbe bello sapere se anche in Tami e Shira sono rimasti negli occhi i colori che abbiamo visto Dani ed io.

:-)
Roberto