La spluja belaRientro dall’avere visto il documentario al Centro Svizzero che mi é stato segnalato da Andrea.
Il film, in realtà un video, narra la vita di un montanaro, che all’età del film aveva ottantanni.
Fin dall’età di cinque anni visse secondo i canoni della civiltà alpina che durante i secoli aveva modellato il paesaggio di quelle montagne e ora si è estinta.
Ci troviamo in una delle vallate del Canton Ticino, in Svizzera, a non molti chilometri da Bellinzona.
Il vecchio Arnoldo Dadò, che nel film interpreta se stesso, continua a scandire le sue stagioni con i riti della transumanza: l’inverno nel fondovalle, nella la casa del brutto tempo, con il quadro della nave che aveva portato, un secolo prima, gli emigranti , abitanti del paese, gente di montagna, poi morti tutti in un naufragio. Il tempo veniva occupato con i lavori invernali,con la costruzione di gerli, usando rami elastici lavorati con grande sapienza.
La primavera e l’autunno a Spluja Bela, una cascina situata a mezza montagna, dove ci si ferma qualche mese prima e dopo la permanenza all’alpe che si trova a m.1700.
Spluja Bela si trova sotto un grande spuntone di roccia, una grotta naturale, dove sono state scavate parecchie cantine per conservare e stagionare il formaggio e dove fa tanto freddo che Arnoldo Dadò dice che “…s’è gelata perfino la fiamma della candela!”
La salita all’alpe avviene a tarda primavera, preceduta da una grande festa con canti e balli e la partecipazione dei valligiani che accompagnano su per il ripido e sassoso sentiero gli alpigiani che si trascorreranno i mesi estivi a occuparsi del pascolo.
In questo spaccato di vita che ha origini preistoriche si nota lo spirito arguto del vecchio Dadò, la sua capacità di rievocare momenti struggenti della sua infanzia, le malinconie nel momento dell’abbandono della mamma per andare a fare una vita rude.
Racconta, con un groppo alla gola, che al ritorno in pianura a settembre i boecc ( bambini), si nascondevano nei boschi e si vergognavano a farsi vedere dalla mamma.
“Quando poi venivano le donne, non eravamo più abituati all’odore del sapone….”
Dadò ci ha raccontato il grande dolore del primo distacco che non ha mai dimenticato, in fondo non aveva che cinque anni.
Vita dura, vita sana e una notevole capacità di apprezzare le bellezze della natura da parte di Dadò che ci ha regalato autentiche emozioni.
Elena