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Roberto Mahlab
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Inserito - 13/11/2006 :  22:10:09  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
"Oggi è venerdì, sono rimasta senza maionese in casa", era una constatazione che la mia segretaria e braccio destro e sinistro e mente pensante aveva appena pronunciato a voce bassa, senza rivolgersi a qualcuno in particolare, neppure aveva alzato gli occhi dalle mille pratiche e corrispondenze che stava sbrigando con una mano, mentre con l'altra teneva la cornetta del telefono in attesa che l'interlocutore si decidesse a darle le informazioni che sollecitava riguardo all'andamento della borsa di Hong Kong. Però c'ero solo io nello stesso ufficio. In breve una consapevolezza fece capolino e poi esplose come un vulcano in eruzione nella mia mente non particolarmente veloce a captare le situazioni. Mi sentii come Anne Hathaway nel film "Il diavolo veste Prada", quando Meryl Streep le fa freddamente comprendere che il suo incarico, pena il licenziamento, è di ottenere una copia manoscritta del nuovo episodio della saga di Harry Potter, non ancora pubblicato. Compresi che anche a me era stato dato un incarico, forse l'ultima possibilità per non finire senza lavoro sotto ad un ponte nelle fredde notti d'inverno a rosolare una suola di scarpa per cena sui carboni fumanti di uno spento focherello di fortuna.
"Heinz, mi piace la maionese Heinz, quella con anche un pò di senape, qui in Italia non si trova", riprese dopo pochi istanti, conscia che avevo compreso che era un ordine, non una frase gettata lì per caso.

"Pronto Jack?", mi precipitai ad un telefono, "sei l'unico che mi possa aiutare, devo trovare un barattolo di maionese Heinz, domani mattina all'alba dobbiamo partire per la Svizzera, sono sicuro che alla Coop di St Moritz ne hanno a bizzeffe!".

Jack è un esperto di arti marziali, un motociclista di SuzukiKawasakiHondaHarley che attraversa montagne e steppe e deserti e foreste con gruppi di Hell's Angels oppure in perfetta solitudine, un duro tutto di un pezzo la cui occupazione principale è portare soccorso e conforto a tutte le donne maltrattate o abbandonate o deluse del pianeta, Jack ha la più grande collezione di lattine di birra di tutte le nazioni del mondo ed è in grado di stabilire dalla distanza di cento miglia storia e cronaca di qualsiasi bottiglia di vino di qualsiasi colore, Jack è sempre dove è necessario che sia, risolve tutti i problemi di chiunque, è un misto tra le tartatughe Ninja e Superman, un cavaliere solitario senza paura e di poche parole. "Ok, arrivo domani sotto casa tua, parcheggio la moto e partiamo".

L'alba era buia, io attendevo in auto con il motore acceso, ma non lo vedevo, improvvisamente mi squillò il cellulare :"ho parcheggiato, sono dietro di te, ti ho sorpreso, non mi hai visto nè sentito, se tu fossi stato il malvagio Squart O'Malley a quest'ora saresti nel regno di quelli che furono".

La figura di Jack era impressionante, in camicia a maniche corte nel pieno dell'autunno, senza un tremore, lo salutai intimorito e gli chiesi se almeno aveva con sè un giaccone, dopo tutto eravamo in partenza per le Alpi svizzere e saremmo saliti a quasi duemila metri. Jack rise come è solito fare lui, come per dire :"deve ancora nascere un freddo che mi possa gelare", ma fece segno al contenuto del suo zaino, :"ho con me il mio giubbotto speciale, quello che costa un occhio, quello che mi protegge e accompagna da dieci anni in tutte le missioni".

Non c'era anima viva in giro, nessun automobilista avrebbe avuto il coraggio di viaggiare in quella mattina ricoperta da una coltre imprenetrabile di nebbia, io ero già scoraggiato e iniziai ad illustrare i miei dubbi a Jack, con una sola mossa della mano sinistra lui premette un pulsante a destra del volante e la nebbia si diradò quasi all'improvviso. "Era il tuo vetro ad essere appannato", sibilò.
E potei constatare che sulla strada il traffico c'era eccome, pareva che la nostra meta fosse anche quella di centinaia di turisti del week end.

"Qual è il tuo piano?", chiese Jack.
"Parcheggiamo alla funivia vicino al bosco, attraversandolo arriviamo a piedi fino al laghetto di St Moritz, lo percorriamo tutto attorno, sbuchiamo nella città bassa, risaliamo fino alla città alta, visitiamo il più grande negozio di cioccolata dell'Europa centrale, ci fermiamo a mangiare all'aperto nel ristorante della piazza principale, poi ridiscendiamo verso la città bassa e ci fermiamo a comprare la maionese Heinz alla Coop a cento metri da dove abbiamo parcheggiato".
"Buon piano, un percorso circolare che ci riporta al punto di partenza, di modo da non dare dell'occhio agli eventuali agenti di una potenza straniera che vogliano impedirci di comprare il barattolo di maionese Heinz". Scartai l'impressione che il mio amico avesse usato un tono ironico e lo osservai con sguardo ammirato, lui era l'unico essere al mondo che mi comprendeva, eppure desiderai fargli notare un vantaggio che il nostro peregrinare ci avrebbe regalato :"però pensa che bei posti potremo vedere, boschi, laghi, cioccolata, ristoranti, possiamo prenderla anche come una passeggiata in montagna!".
"Ah, davvero, ma non mi dire!", di nuovo scartai l'impressione che fosse un commento sarcastico, certo che un duro come Jack, pensai, potrebbe tranquillamente fare a meno di panorami e foreste e dettagli del genere, quello che contano sono l'azione e il risultato, e mi sentii sollevato dal fatto che fosse dalla mia parte in quella difficile faccenda da sbrigare ad ogni costo.

Che il folletto dispettoso della galassia non vedesse di buon occhio la nostra missione, ce ne accorgemmo quando a pochi chilometri dalla frontiera italo-svizzera ci ritrovammo sulla carreggiata dietro ad uno di quei tricicli a motore utilizzati per i trasporti locali nelle località di montagna, per dieci minuti la nostra velocità fu inferiore ai venti orari, fino a che Jack mi face un rapido segnale, striscia discontinua sulla carreggiata, nessun veicolo proveniente dalla corsia di fronte, sorpassai e accelerai.
Di colpo un secondo triciclo a motore si inserì di fronte a noi e dovetti inchiodare e rallentare, stavamo perdendo tempo prezioso, Jack trovò l'attimo giusto, mi fece segno e anche quell'ostacolo fu superato. Dopo la curva seguente un altro di quei mezzi sbucò da una laterale e di nuovo gli finimmo dietro. Come una lampadina si accese in me e io spiegai a Jack :"siamo finiti in un video gioco, questa è una strada virtuale, superiamo un ostacolo e ce lo ritroviamo nuovamente davanti, è come nel film di Roger Rabbit, il reale si mescola al cartoon, è incredibile che sia capitato anche a noi", mi sentivo contento di aver rincuorato Jack, magari pensava chissà cosa, che fosse solo un insieme di casi e si sarebbe scoraggiato. "Se continui a stargli dietro, quasi quasi mi conviene chiedere un passaggio a quel triciclo per arrivare prima di te a St Moritz", scartai l'impressione che fosse un rimprovero per la mia eccessiva prudenza alla guida e, ad uno schiocco delle dita di Jack, lasciai lontano anche quell'ultima difficoltà che si frapponeva tra noi e il confine.


Il passo automobilistico del Maloja è un piacere quando non nevica e la voce del mio amico Jack era colma di nostalgia mentre mi raccontava di tutte le volte che lo aveva percorso con la sua rombante moto, il panorama lasciava senza fiato e ben presto arrivammo in cima, contornammo una serie di laghi e di cittadine famose, Sils, Corvatsch e parcheggiammo finalmente alla stazione della funivia di St Moritz bassa.
Jack scese di slancio e aspirò la meravigliosa aria di alta montagna, rabbrividì un poco nella sua maglietta ed estrasse dallo zaino il suo famoso giubbotto, nero come le tenebre. Lo indossò come Clark Kent indossava i panni di Superman, come Bruce Wayne si trasformava in Batman, ma a nessuno dei supereroi della galassia era mai accaduto quanto stava avvenendo a Jack in quel momento.
La cerniera, non si chiudeva più la cerniera del giaccone speciale, :"sono solo dieci anni, possibile che si sia già guastata", esclamava indignato Jack, io avevo distolto gli occhi, come un comune essere umano avrebbe potuto osservare Superman che scopriva uno strappo nel mantello volante, Batman che teneva tra le mani un pipistrello rotante a cui si era svitata una lama?
Ricordai un avvenimento simile che mi era accaduto anni prima da bambino, il mio venerato maestro di sci, il mio idolo, mi era caduto davanti sulla pista, io avevo fatto finta di non vedere, ma lui mi aveva chiamato e mi aveva obbligato a guardarlo :"guardami, anche i supereroi cadono, ma si rialzano". Una lezione di vita mi aveva donato.
E Jack non fu da meno, con un gesto deciso si tirò su la cerniera rotta, nessun essere vivente avrebbe mai potuto capire se si era davvero chiusa oppure se era semplicemente accostata, ma nessun essere vivente avrebbe mai osato domandare a Jack di controllare.

"Okay, dov'è il supermercato?", chiese Jack, "a duecento metri, svoltato l'angolo, ma noi ce ne andiamo dalla parte opposta e dopo aver percorso il cerchio che ti avevo esposto, risbucheremo qui", ribattei.
"E tu pensi davvero che io la voglia fare così facile?", quando Jack fa il duro, fa il duro.
"Hai un'idea peggiore della mia?", osai, sapendo che la risposta ovvia era sì, Jack non sarebbe stato Jack se non avesse superato chiunque in qualsiasi idea.
"Certo che ce l'ho, lo vedi quel bar a esattamente dieci metri dal tuo supermercato? Bene, ci andremo a fare colazione lì, come atto di sfida suprema, e poi torneremo a seguire il tuo progetto".
Lo ammirai e mi resi conto che lo avrei potuto seguire ovunque, è il segreto che hanno i veri leader di saper farsi idolatrare dalle masse.
Era un tipico locale svizzero di montagna, il caldo di un caminetto e il profumo della colazione, Jack ordinò un caffè per lui e una cioccolata calda per me, in perfetto tedesco. Il gestore del locale lo guardò storto, mi accorsi che qualcosa non quadrava, forse la notizia della nostra missione era sfuggita ed eravamo caduti in una trappola, :"perchè parla in tedesco? qui siamo in Svizzera, non in Germania", eravamo capitati nell'unico locale della Confederazione Elvetica di cui il proprietario era un nazionalista sfegatato di origini italiane. Per fortuna il gusto delle bevande che ci preparò era squisito e la situazione non sfuggì di mano, gli chiesi il conto in perfetto tedesco, per fargli capire chi comandava. Il proprietario del locale abbassò la testa, sconfitto, nessuno al mondo poteva contraddire un amico di Jack senza subire le conseguenze, certo che il conto mi fece sobbalzare, un caffè e una cioccolata costavano quanto un pranzo a base di aragosta, ma non gli demmo la soddisfazione di mostrarci deboli e gli mettemmo freddamente sul bancone quanto chiedeva.

"Al suo posto, lo abbiamo messo al suo posto", commentai dopo essere usciti dal locale in direzione infine del bosco, "chissà perchè sogghignava però...", Jack non rispose alla mia perplessità, lo vidi lanciare uno sguardo esasperato al cielo, pensai che si stesse preoccupando per il tempo, anche se si stava preparando una giornata splendida, un cielo azzurro senza una nuvola e di fronte a noi un bosco di pini verdi, rossi e marroni e, tutt'attorno, le Alpi svizzere, già ricoperte da un leggero spruzzo di neve.


“Lej de Staz”, leggemmo sul cartello di legno che ci indicava la direzione nel bosco, il laghetto di Staz, “quanto ci vuole?”, mi chiese Jack, “cinque minuti da qui”, risposi, “sarà un problema arrivare al ristorante in città tanto presto”, aggiunsi, “non c’è problema”, disse Jack, “quando si tratta di mangiare non mi tiro mai indietro”. I pini erano altissimi, quelli dalle radi foglie marroni e quelli dai densi aghi verde smeraldo, “guarda!”, mi indicò Jack con stupore e entusiasmo, :”lassù, uno scoiattolo!”. Estrassi dal mio zainetto la macchina fotografica e seguimmo la creatura che si arrampicava sui tronchi e saltava da un pino all’altro, si metteva in posa, aspettava che scattassi e poi si muoveva di nuovo, un incanto incredibile, una fortuna rarissima, una stupefacente rivelazione del mio rude amico Jack commosso alla vista di uno scoiattolo.

“Dov’è il lago?”, mi chiese Jack dopo una mezz’ora che camminavano nel bosco, “è strano che non ci siamo ancora arrivati", risposi, "mi ricordo come se fosse ieri l’ultima volta che ci sono venuto, era a circa cinque minuti dal parcheggio della funivia”.
Trascorsero cinque volte cinque minuti, i colori del bosco mutavano con il trasformarsi del mattino in giorno, Jack cominciò a dubitare del mio senso del tempo e anche io. I cartelli si susseguivano :”Lej de Staz” e subito sotto “Maierei”.
“Meierei è uno squisito ristorante, d’inverno ci si arriva con la carrozza a cavalli, di notte si attraversa la coltre ghiacciata del lago facendosi luce con enormi candele, sai Jack, forse il laghetto è proprio a Maierei adesso che mi ricordo”, e così al cartello successivo, dove le due direzioni si dividevano, prendemmo il sentiero verso Maierei. Dopo venti minuti in forte discesa ci arrivammo, ma il laghetto non c’era, c’era una scuderia, avevo sbagliato e lo confessai a Jack e gli dissi che improvvisamente mi ero ricordato che non ci volevano cinque minuti dal parcheggio, ma almeno un’ora e cinque minuti e che il laghetto era effettivamente Lej de Staz e dunque dovevamo tornare sui nostri passi. Risalimmo faticosamente, Jack era silenzioso e io osai chiedergli che cosa gli passava per la mente :”sto cercando una buona ragione per farti rimanere in vita”, rispose e allora io lo lasciai riflettere sperando, in cuor mio, che la trovasse oppure che ci mettesse così tanto a non trovarla che per i prossimi dieci anni sarei stato al sicuro.


Quando arrivammo al Lago di Staz però, la visione era talmente celestiale, che Jack dichiarò che avevo meritato di sopravvivere. Dalla riva si allunga in mezzo al laghetto un pontile, di solito non c’era mai nessuno, ma stavolta sul moletto erano sedute due turiste tedesche con il loro enorme cane pastore. Desiderai far colpo su Jack, non volevo essere da meno di lui e gli proposi di gettarle in acqua e di riprenderci il pontile che avevamo raggiunto dopo un così lungo sforzo. Per tutta risposta Jack si avvicinò al cane e lo accarezzò e poi in perfetto tedesco salutò le due turiste che gli sorrisero. Io cominciavo a non capire più nulla, Jack era sempre stato un duro prima di quel giorno, invece prima si estasiava di fronte ad uno scoiattolo e adesso permetteva a sconosciute di sedersi al nostro posto sul moletto del Lej de Staz.

Così proseguimmo il nostro percorso, Jack si accorse che il laghetto era pieno di piccoli pesci e si arrestò più volte a seguirne i guizzi, io rimasi un po’ indietro e Jack se ne accorse :”che stai facendo?” mi chiese, “rifletto”, risposi. Rimase sorpreso, :”tu? tu sei in grado di riflettere?”, pareva sconcertato. “Ecco, ho scattato, vedi? Una vera riflessione, la foresta e le montagne che si riflettono nel laghetto, guarda che foto!”.
E Jack trasse un sospiro di sollievo, le mie condizioni mentali non erano peggiorate.

Superato il laghetto ci ritrovammo nella parte di foresta che sarebbe sbucata dopo qualche centinaio di metri nel ben più vasto lago di St Moritz, in estate ci si può andare in barca, ma le sorprese di quella giornata non erano finite, Jack stese una mano alla brezza frizzante e un uccellino dai colori sgargianti gli si posò sul palmo.

Sorpresi, volgemmo lo sguardo tutt’attorno e scoprimmo decine di esseri simili appoggiati su tronchi tagliati, volteggiavano allegramente tra chicchi di granoturco e noccioline lasciati lì dagli abitanti del paese. Il mio rude amico Jack era talmente felice che non si accorse che la cerniera del suo giubbotto nero da motociclista non aveva resistito, io mi augurai che nessun abitante della confederazione si avvicinasse in quel momento e vedesse un supereroe della galassia, commosso da uno stormo di passerotti della foresta, che non si curava dell’inappuntabilità del suo famoso costume che in altre circostanze avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque lo incontrasse.

Eravamo arrivati intanto in paese, risalimmo le antiche stradine attorniate da alberghi ancora chiusi e sbucammo nella via principale, l’hotel Palace, un castello con tanto di guglie dove durante la stagione non si poteva entrare senza elegantissimi abiti da sera, la galleria di negozi delle più famose marche di gioielli e di abiti e infine la visione del più grande negozio di cioccolata che la storia ricordi. Metri quadrati di ogni leccornia e, dopo il nostro passaggio e i nostri acquisti, si disse che il franco svizzero salì di valore sui mercati internazionali.

“Ecco Jack”, gli dissi, “questo in piazza è il ristorante dove ti volevo portare, in teoria secondo il mio piano originale avremmo dovuto arrivarci cinque minuti dopo i cinque minuti necessari a raggiungere il Lej de Staz…”, cercai di scusarmi. Ma Jack non volle sentire ragioni, si era divertito così tanto che la sua decisione di risparmiarmi nonostante quanto avevo combinato rimase irremovibile.

Ci sedemmo come due re in una giornata da re ad un tavolino all’aperto nel centro di St Moritz, Jack mi parlò di vicende tristi di fanciulle che quella sera stessa avrebbe dovuto sostenere, io gli risposi che se fossero state lì con noi in mezzo a quelle meraviglie, le loro tristezze si sarebbero ridimensionate e ogni vicenda avrebbe avuto la proporzione giusta e Jack mi diede ragione.
“Jack mi diede ragione”, devo scriverlo una seconda volta perché fu la prima volta in vita mia che qualcuno mi diede ragione riguardo a qualsiasi argomento e non so se avverrà ancora.
Il menu era di sole quattro pagine, ma eravamo così affamati che io proposi a Jack di chiedere quanto costava comprarci tutta la baracca compreso il cuoco, ma Jack disse che non era carino, chiamò la cameriera e ordinò tutto il menu.
Per secoli gli abitanti delle vallate dell’Engadina ricorderanno Jack divorare piatto dopo piatto con scientifica applicazione, quando anche l’ultima briciola di pane scomparve, la sorridente cameriera svizzera si avvicinò e gli disse :”qvello che tu manciato oggi, io mancio in una zettimana!”. Fu il coronamento di quanto io ero profondamente convinto : Jack era un riconosciuto supereroe della galassia, cerniera o non cerniera.
Quando arrivò il conto, io esclamai nello stesso dialetto del luogo :”qvesto konto io di zolito lo pako manciando per una zettimana”. La cameriera non rise, Jack mi lanciò uno sguardo di fuoco e un’ape che passava di lì svenne e cadde nella bottiglia di birra vuota sul nostro tavolo. Più o meno questa fu la sequenza degli avvenimenti, anche se non sono ben sicuro che fossero correlati.
“Dobbiamo salvarla, non riuscirà ad uscire da sola, guarda, sbatte contro le pareti ricurve”, disse Jack, non c’era niente da fare, la sua scelta morale di salvare chiunque da qualunque situazione non lo abbandonava neppure un attimo. E così due duri camminatori dei boschi iniziarono ad incoraggiare un’ape ogni volta che pareva riuscire ad imboccare la via di uscita dalla bottiglia.
“Ma perché non ci riesce?”, esclamò scoraggiato Jack e a me venne una illuminazione, :”sai Jack, ci ho pensato, secondo me il collo di bottiglia della bottiglia è il collo di bottiglia della situazione”. E misi la bottiglia a testa in giù dentro un bicchiere e l’ape discese quello scivolo artificiale che avevo creato e si ritrovò nel più grande contenitore di vetro e poi volò via in libertà.
Credo che mai prima di allora un supereroe della galassia come Jack rimase senza parole.
“Ok, e adesso che si fa?”, lo stava chiedendo a me, Jack stava chiedendo a me di guidare l’ultima e più complessa parte della nostra spedizione, avevamo superato foreste, laghi, avevamo sconvolto gli equilibri millenari della natura per uno scopo, una missione : la maionese Heinz.
“La maionese Heinz, così come il Ketchup e la salsa al pomodoro Heinz, sono prodotte dall’azienda di cui è proprierario il padre della signora Heinz, la moglie del candidato sconfitto alla presidenza degli Stati Uniti”, ero salito in cattedra, come i capi squadriglia della Royal Air Force britannica prima di ogni missione sulla Germania, “nessuna informazione è ridondante sul nemico, ogni dettaglio può salvarci la vita al momento del lancio”, mi ero lasciato trascinare e Jack mi osservò frastornato. “Insomma”, proseguii, :”adesso ci rimettiamo in cammino verso la funivia della città bassa e, poco prima del parcheggio, c’è la Coop, ci entriamo, ci appropriamo del barattolo della maionese Heinz e ritorniamo senza perdite alla base di partenza, questo è il piano!”. Jack decise di darmi corda e non disse quello che pensava della mia mente, era troppo occupato del resto ad ammirare il nuovo panorama che si stagliava di fronte a noi, la strada che ci riconduceva alla città bassa era contornata da numerose bellissime case di legno in stile montano svizzero, con i balconi ricolmi di fiori colorati e grandi giardini con meravigliosi e altissimi alberi, e i negozi di dolciumi, fragranze irresistibili ci rapivano e inseguivano, i nostri occhi incollati alle vetrine dove facevano bella mostra di sé le torte alle noci e alle pere, i pasticcini di pastafrolla ricolmi di cioccolata e di crema di limone e ricoperti di glassa verde o gialla, le centinaia di diverse barrette di cioccolata farcite di noccioline e di ciliegie, di bucce d’arancia e di caramello.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando giungemmo all’entrata del supermercato, i nostri animi in tumulto, il senso di tutto quanto avevamo affrontato, finalmente, dopo ore di cammino che avremmo potuto evitare semplicemente prendendo la direzione opposta a quella che avevamo scelto di prendere, la corsia delle salse era di fronte a noi.
“Senti”, il tono del mio amico Jack era un bisbiglio, come se non volesse spaventarmi, come se volesse prepararmi ad una notizia penosa da sopportare, :”non c’è, ci sono tutte le marche possibili e immaginabili, ma la maionese Heinz non c’è, guarda tu stesso”, mi invitò. Fui preso dal panico, girai molte volte attorno al bancone, poi fermai una addetta e le chiesi dove potevo trovare la maionese Heinz e lei mi indicò con sguardo dubbioso di provare dall’altro lato, corsi ma non c’era neppure lì, c’erano solo grossi barattoli di maionese Thomy, i contenitori marcati Heinz contenevano solo Ketchup e salse di pomodoro, ma non maionese. “Vi arriva? Quando vi arriva?”, quasi gridai disperato all’addetta, “cerca di calmarti”, intanto mi confortava Jack, :”come posso ritornare senza la maionese Heinz! Sarà la fine per me!”, mi accasciai in un angolo sconfortato.
“Non esiste, non è mai esistita la maionese Heinz in barattolo”.
Ci vollero minuti interi perché le parole di Jack si facessero strada nei miei sensi, :”che cosa?”, balbettai, :”non è una buona scusa, non verrà mai accettata come scusa, la devo trovare anche se non esiste, ti rendi conto?”. “Comprale un barattolo di maionese Thomy, magari è buono lo stesso e forse ti risparmierà”. La saggezza di Jack fu il bastone che mi permise di tirarmi fuori dal fondo dell’abisso, anche se una remora mi attanagliava l’animo :”ma la senape, solo la maionese Heinz ha la senape”, “ma come fa la maionese Heinz ad avere la senape se la maionese Heinz non esiste”, mi spiegò con pazienza Jack, per qualche istante mi calmò, ma poi la realtà prese il sopravvento nuovamente, :”Jack, se non venissi perdonato, scrivi di questa avventura, che almeno rimanga qualcosa alle prossime generazioni”, "te lo prometto”, mi diede una pacca sulle spalle e appariva commosso.
“Allora prendo questa” e afferrai dal bancone il barattolo di maionese Thomy da cinquecento grammi, “ma perché non le prendi quella più grande?”, mi domandò sorpreso Jack, “perché se me la tira in testa, è meglio che succeda con quella più piccola”, Jack rimase ammirato dalla mia sagacia, anche se concluse con tono dubbioso :”certo aumenti dello zero virgola zero uno percento la probabilità che la tua testa non subisca danni”.

Il tramonto illuminava la strada del ritorno attraverso il passo del Maloja, ripercorrevamo con un misto di gioia e trepidazione le montagne e le vallate che avevamo attraversato dalla parte opposta con gioia e trepidazione quel mattino. “Le patatine, Jack, le patatine, non abbiamo pensato alle patatine”, Jack sobbalzò perché si era appisolato mentre guidavo, “mi ricordo che quando ordini le patatine fritte in Svizzera ti portano delle bustine di maionese e di senape e di ketchup, bustine separate, almeno il ketchup è marcato Heinz, avremmo potuto richiedere al cuoco l’indirizzo del grossista da cui si rifornisce, forse ha ancora in magazzino delle confezioni prova di maionese Heinz di prima che smettessero di produrla, anche se forse sarebbero di molti e molti anni fa”. “Lei non ti ha chiesto di portarle una maionese non scaduta, la tua è una buona idea! Anche se adesso è troppo tardi per tornare indietro, porta alla tua segretaria il barattolo che hai comprato e semmai torniamo un’altra volta” suggerì Jack, paziente all’inverosimile.

C’era traffico al rientro in città, ero contento, “se rimaniamo in questo traffico per sempre, non mi sarà possibile tornare in ufficio e non correrò così rischi”, proposi a Jack, “non se ne parla neppure, io stasera devo salvare dalla disperazione due amiche, anzi, se vuoi, vieni anche tu così mi dai una mano”, mi rispose Jack, ma poi osservò il mio viso pallido e lo sguardo vitreo al pensiero di che cosa mi sarebbe accaduto il lunedì in ufficio e aggiunse :”no, è meglio di no, me le abbatteresti definitivamente se ti metti a piangere per la maionese che non esiste”.
Quando ci salutammo sotto casa, prima che inforcasse nuovamente la sua moto, Jack mi disse di essere disponibile a confermare alla mia segretaria che avevo fatto di tutto per trovarle la maionese Heinz, lo ringraziai, ma la sua stretta di mano fu simile a quella che il generale McArthur diede ai reparti che rimasero indietro nelle Filippine, per consentire al grosso dei marines di salvarsi dall’invasione giapponese durante la seconda guerra mondiale.

Quella sera stessa riposi il barattolo di maionese Thomy nel frigorifero dell’ufficio.

“Oh grazie, è proprio buona questa”, la voce della mia segretaria risuonò gioiosa e ricolorò quell’alba che io mi ero prefigurato livida, senza contare il livido che temevo mi sarebbe comparso sulla testa colpita dal barattolo.

“Ma non è Heinz, Jack e io abbiamo fatto di tutto per trovarla, abbiamo attraversato monti e pianure, foreste e negozi di cioccolata, laghi e supermercati, abbiamo superato passi alpini e il traffico del rientro, ma la maionese Heinz pare che non esista neppure” osai, chiudendo gli occhi.

“Certo che non esiste la maionese Heinz, lo sapevo e quella che mi hai comprato... oh guarda!, ha anche la senape”, rispose lei con tono allegro e si mise al lavoro, con una mano sulle mille pratiche della scrivania e l’altra alla cornetta del telefono in attesa dei dati sui semi di lino alla borsa di Vancouver.

Anne Hathaway, nel film “Il diavolo veste Prada”, riuscì a trovare il manoscritto non ancora pubblicato delle nuove avventure di Harry Potter, lo portò a Meryl Streep e salvò il suo posto di lavoro. Anne e io eravamo due esseri umani con così tanto in comune che iniziai a chiedermi se non avremmo dovuto conoscerci, sarebbe stato amore a prima vista.

Passarono le settimane e ripresi la vita di sempre, fino a che, un altro venerdì, la mia segretaria e braccio destro e sinistro e mente pensante, disse :“Ho finito la salsa di pomodoro in casa, chissà che buona quella delle confezioni Campbell’s disegnate da Andy Warhol”, era una constatazione, non una domanda, un brivido di gelo mi paralizzò, mi precipitai a telefonare a Jack :”Jack, non ci crederai! Altro che il manoscritto di Harry Potter o la maionese con la senape Heinz, adesso si tratta delle famose confezioni storiche dei pomodori pelati Campbell’s, quelle di Andy Warhol, le dico che non se ne parla”, affermai deciso. “Ma che dici?”, rispose con tono arrabbiato Jack, “ma vuoi scherzare?” “Ma è una missione impossibile! Non ne esistono più di quei barattoli!”, pregai io, “E ti pare una buona ragione?, ci vediamo domani all’alba!” e chiuse la comunicazione.

Il rombo della sua moto lacerò il silenzio del mattino, Jack cavalcava il mostro meccanico con sguardo fiero e deciso, addosso aveva il giubbotto nero, quel giubbotto nero, mi venne incontro, la cerniera pareva essere stata aggiustata :”l’ho riportata alla fabbrica, non ne fanno più di queste, me l’hanno messa a posto perché hanno riconosciuto il mio merito, ora coraggio, non esistono missioni impossibili, pomodori Campbell’s, arriviamo noi”.

Io non sapevo come avremmo fatto, come ne saremo usciti stavolta, non sapevo neppure quale sarebbe stata la direzione, ma se si poteva aggiustare il giubbotto di Jack, da qualche parte una confezione Campbell’s l’avremmo trovata e, se non proprio Campbell’s, una simile, così come era accaduto per la maionese Heinz.

Premetti con decisione l’acceleratore dell’auto, lo sguardo di complicità di Jack dal sedile davanti e di Anne da quello posteriore, e partimmo sgommando verso l'orizzonte della nostra nuova missione.

Roberto Mahlab
I racconti dell'ufficio




   
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