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 Dick
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luisa camponesco
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Inserito - 22/05/2003 :  16:36:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Quel giorno riordinavo i vecchi album di famiglia, quando da uno di essi scivolò fuori la foto di Dick. Mi prese un nodo alla gola pensando al mio cane. Quandi ricordi mi affioravano alla mente dei suoi sedici anni di vita.
Quando lo vidi per la prima volta era un batuffolo nero tutto ricciolino, mi leccò la faccia, era adorabile. Doveva essere di piccola taglia, così almeno disse chi ce lo diede, adatto a vivere in un appartamento, ma crescendo si trasformò in un cane che pareva l'incrocio tra un barboncino e un san bernardo.
Le sue manifestazioni d'affetto erano travolgenti nel vero senso della parola. Provate ad immaginare 30 kg lanciati in corsa, se non si era pronti a parare l'impatto le conseguenze erano devastanti.
Guardando la sua mole fantasticavo - gli attacco un calesse o gli metto una sella?.
Dick masticava tutto ciò che era commestibile, comprese le caramelle alla menta. Quando sfuggiva alla sorveglianza, (era abilissimo nel eluderla) faceva il giro di tutti i bar della zona e spazzolava le briciole dai tavolini, era l'incubo di ogni negoziante fino al giorno in cui divenne amico del cuoco della trattoria di fronte:
- ma gli date da mangiare a questo cane?
- certo - rispondevo un pò indignata- la sua ciotola è sempre piena.
Evidentemente scorazzando per la città bruciava molte calorie. Un giorno tornò a casa accompagnato da un vigile urbano (il vigile lo aveva pedinato):
- è vostro questo cane? - non potevamo negare, Dick era entrato sicuro in casa e si era diretto alla ciotola dell'acqua - tenetelo legato, ha disturbato una partita di calcio.
Un conoscente ci raccontò, il giorno dopo, che Dick si era messo a rincorrere il pallone durante un'amichevole fra due squadre locali. Almeno il pubblico si era divertito. Da quella volta in poi lo tenemmo rigorosamente al guinzaglio. Per lui fu una penitenza e anche per me che alla sera avevo tutti i muscoli indolenziti.
Tutte le mattine veniva a svegliarmi alle 7 precise, ma non era per farmi un favore, voleva solo prendere il mio posto. Dick però era anche l'unico che, fresca di patente, venisse in macchina con me. Infatti non appena aprivo la portiera si precipitava dentro con tutta la sua ingombrante mole fino al giorno in cui una mia improvvisa frenata lo catapultò sul parabrezza. Da quel giorno ogni volta che salivo in macchina fingeva di guardare da un'altra parte, si fidava solo se al volante vedeva mio padre.
Dick comunque era simpatico a tutti , ma non tutti erano simpatici a lui, in particolar modo non sopportava il portalettere, l'uomo che leggeva i contatori e i preti, quelli con le belle tonache lunghe svolazzanti. Quando ne vedeva uno lo inseguiva abbaiando furiosamente e per una famiglia cattolica come la mia la cosa era molto imbarazzante.
Una sera eludendo la vigilanza uscì di soppiatto, lo cercai per ore, poi uno squillo di campanello e mi precipitai giù dalle scale.
Era una vicina, maestra in pensione, viveva da sola nella casa a fianco con 30 gatti. La conoscevamo bene, amava moltissimo i suoi mici, infatti quando ne moriva uno gli faceva il funerale con tanto di candele, a me piaceva era una brava persona anche se un pò strana:
- signorina il suo cane è rimasto chiuso nel giardinetto dei frati, poverino cerca di saltar fuori ma potrebbe farsi male.
Corsi nella piazzetta, lui era lì , disperato correva avanti e in dietro , bisognava farlo uscire altrimenti avrebbe abbaiato tutta la notte.
Suonai alla porta del convento, mi aprì il frate portinaio:
- mi scusi tanto - dissi - ma il mio cane è rinchiuso del giardinetto dell'abside dovrebbe aprirmi per farlo uscire.
- mi spiace signorina ma i frati sono in Capitolo ed io non posso muovermi, torni domattina - e rinchiuse la porta.
Tornare il giorno dopo era impensabile, ma la sorte quella sera mi fù amica. Infatti un passante cercò con tanta pazienza e coraggio di farlo passare fra due sbarre un pò più larghe delle altre.
Dick se ne stava zitto zitto e lasciava fare, io trattenvo il fiato e rimanevo a debita distanza, certo che se fosse stato un pò più magro.....
Finalmente libero, ero tutto uno scodinzolare attorno al suo salvatore ed io lo ringraziai di cuore.
Tornando a casa pensai - questa volta gliele suono- ma lui si accovacciò ai miei piedi e mi guardò con quei suoi occhi teneri.
Finii per abbracciarlo e decisi anche di fargli un bel bagno. Quella in fondo era la sua vera punizione.
I giorni passavano mai uguali e mai monotoni, fino a quando un gattino randagio entrò in casa dalla porta socchiusa. Nessuno di noi se ne accorse, nessuno tranne Dick , ma quasta è un'altra storia.


   
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