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 Il canto di Selim
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luisa camponesco
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Inserito - 10/03/2006 :  15:26:37  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Il canto di Selim

Kabel era da poco tramontato e nel castello la vita si ridestava, i servi accorrevano a preparare il pasto del mattino dei Signori e già il profumo del tè di sucre si diffondeva nell’aria.
Selim si stirò le membra e si recò sul balcone per cantare il suo inno al giorno nascente.
La sua voce melodiosa raggiunse anche la valle e gli abitanti si fermarono ad ascoltarla. Ogni giorno una canzone nuova, persino le fronde degli alberi di Kum rimanevano immobili resistendo agli aliti del vento.
- Ascoltate gente! Questo è l’ultimo canto!
Apparve dal nulla, appoggiata ad un nodoso bastone, il volto scarno gli occhi gialli e le labbra viola, la conoscevano tutti come la maga del Pozzo Nero.
Era chiamato così perché non si vedeva il fondo e si diceva raggiungesse il centro del pianeta, nessuno osava avvicinarvisi. La donna, dall’età indefinibile, era temuta perché sapeva predire il futuro e, da qualche tempo guerre intestine sconvolgevano i regni di Allianz, l’obiettivo era il controllo della climosfera custodita nel tempio dei Misteri.
- Perché dici questo? – un bambino dall’aria impertinente guardava la maga.
- Tu non hai paura di me? – chiese la donna scrutandolo. Il piccolo sgranò gli occhi e corse via in cerca della madre.
- Questo è l’ultimo canto, dopo ci sarà il pianto. – puntò il bastone in direzione del castello prima di tornare donde era venuta.
- Mamma cos’ha voluto dire? – il bambino tirava la tunica della madre.
- Andiamo a casa e non parlare con nessuno- rispose la madre impaurita.
In breve, tutta la gente del villaggio lasciò i campi ed il lavoro e si rinchiuse in casa in attese degli eventi.

Selim, raggiunse i genitori nella sala, per la prima colazione, la madre era già lì e il padre giunse poco dopo.
- Buon giorno fiori del mio giardino. – le salutava sempre così e, mamma e figlia, lo ricambiavano con il loro sorriso.

Selim corse ad abbracciarlo, adorava sua padre e la cosa era reciproca. La colazione insieme era un momento di grande intimità per la famiglia, discorrevano, scambiandosi suggerimenti e consigli. Tutto si svolgeva nella serenità del quotidiano, con l’allegro cicaleccio di Selim. Il capo delle guardie entrò improvvisamente nella sala.
- Signore! Presto! Dovete lasciare il castello!
Il rumore delle armi risuonò in tutte le stanze, i combattimenti erano porta dopo porta. Selim abbracciò la madre, e il Signore le sospinse verso una parete della sala. Ad un comando vocale la parete si spostò mostrando un corridoio illuminato da torce.
- Andate seguite il corridoio vi porterà all’aperto, là qualcuno vi attende!
- Padre vieni con noi! –gridò Selim, ma venne sospinta con forza nell’apertura. La madre fu lesta e prima che si richiudesse tornò indietro accanto al marito.
- Perdonami figlia mia ma il mio posto è qui!
La parete si richiuse con un rumore sordo, la ragazza prese a tempestarla di pugni col volto rigato dalle lacrime, poi si accasciò al suolo.
Passò parecchio tempo e non si udivano più rumori dall’altro lato, stanca ed affamata Selim seguì il percorso del corridoio rasentandone il muro.
Un percorso lungo e tortuoso, vinse la paura e quando raggiunse lo sbocco, le cinque lune facevano da corona al pianeta illuminandolo.
- Ce ne hai messo del tempo ragazza!
L’ombra appariva sinistra e un bastone percosse il terreno.
- Ora seguimi!
Non ebbe il coraggio di ribadire, tutto le sembrava inutile, non le importava più nulla nemmeno della propria vita.
Giunsero ai piedi di una altura e la donna la guardò per la prima volta.
- La maga del Pozzo Nero! – esclamò Selim – è forse giunta la mia fine?
La maga non rispose e le fece un sorriso più simile ad un ghigno.
- Hai un compito difficile, ragazza! E il tempo…. – lasciò la frase in sospeso e abbracciò con lo sguardo tutto ciò che l’attorniava come fosse l’ultima volta.
Le fece cenno di seguirla, aggirarono la collina fino a giunge al Pozzo Nero. Selim restò impietrita.
- Cosa vuoi farmi? – chiese indicando il pozzo
- Presto lo saprai da te!
Levò il bastone in direzione del pozzo e un rumore sordo salì dal basso. Una gabbia apparve all’imbocco.
- Sali!
Selim esitò ma la donna la sospinse, poi richiuse il cancelletto ed iniziò la discesa.
Un budello nero, da incutere timore anche ai più coraggiosi, le inghiottì. Selim chiuse gli occhi e strinse i pugni ma non disse una parola.
La gabbia scese fin nelle viscere della terra per fermasi con un sobbalzo. Ci volle un po’ di tempo prima di mettere a fuoco i contorni di ciò che la circondava. Una tenue luce proveniva da un corridoio.
- Dove siamo? – chiese
- Dove tutto è cominciato – fu la risposta sibillina
Si trovò in una enorme caverna, al centro una sfera dai colori cangianti e mutevoli.
- La climosfera! – esclamò piena di stupore – ma allora questo è il Tempio dei Misteri?
- Non proprio, ma è sopra di noi.
- Come mai si trova qui? – chiese Selim
- Il tempio ora è in mano ai nemici, agli uomini del signore di Glue, io l’ho presa prima della loro venuta. Riportarla nel Tempio sarà compito tuo.
Un brivido scosse la giovane, conosceva l’importanza della sfera, un uso improprio avrebbe distrutto la vita tutti gli esseri viventi del pianeta. Era stata affidata molte ere prima agli antenati di Selim che l’avevano custodita e protetta fino a quel giorno.
- La sfera non può rimanere qui a lungo, ha bisogno della luce di Kabel altrimenti si spezzerà- – Tacque per prendere un profondo respiro.
- Selim! La storia del tuo popolo è legata alla sorte della sfera, se non tornerà nel tempio entro il decimo ciclo di Kabel, il mondo che tu conosci sparirà per sempre.
Un vociare provenne dall’alto.
- Non tarderanno a giungere qua! Prendi la sfera, dovrai portarla sulla cima del monte Taall, là troverai un altare dovrai riporla nel centro, ma, attenta dovrai prima attraversare la palude degli Uomini Ombra.
- Nessuno è mai uscito vivo dalla palude – rispose allarmata Selim.
- Tu hai un dono unico. Nessun altro lo possiede.
- Di quale dono parli?
- Lo scoprirai da te. Ora va, i nemici si stanno avvicinando.
- Prima dimmi che ne è stato dei miei genitori.
- Loro hanno sempre saputo che tu eri la speranza di Allianz, ora tutto dipende da te, vai ora, o il loro sacrificio sarà stato vano. Io cercherò di ostacolare gli invasori, rallentandone la marcia, ma non potrò farlo per molto tempo.

Con la climosfera dentro una borsa di tela saldamente legata in vita, Selim tornò in superficie. Il pianeta stava man mano perdendo il suo intenso colo viola e la vegetazione iniziava ad inaridire. Il clamore della battaglia giungeva smorzato da un vento impetuoso.
Pensò ai genitori, a quel mondo che non avrebbe più ritrovato e con questi sentimenti di angoscia si diresse verso la palude.
La palude degli Uomini Ombra, una distesa cupa ed inospitale, colma di insidie, era entrata nell’immaginario collettivo da generazioni, spesso era usata per minacciare chi non osservava le leggi, i condannati erano costretti ad entrarvi. Solo uno riuscì un giorno a fuggire, raccontando cose raccapriccianti e descrivendo gli Uomini Ombra come esseri fatti di materia incorporea che aggredivano chiunque osasse entrare nel loro mondo. Ed ora lì, davanti a lei ancor più spaventosa di quanto la immaginasse. Un nuvola di polvere viola all’orizzonte, segno che l’armata di Glue era sulle sue tracce, la convinse ad addentrarsi in quel luogo orrendo.
Strinse a sé la climosfera e gli sembrò di acquistare coraggio, di sicuro gli inseguitori non avrebbero osato addentrarsi in quel luogo maledetto.
L’aria era immobile e il silenzio era rotto, a tratti, da suoni agghiaccianti, da piccola le raccontavano storie di mostri che vivevano in quel luogo dove nemmeno la luce riusciva a penetrare.
Camminava con i piedi che affondavano in un fango rossastro la vegetazione, in alcuni tratti, era così fitta che doveva farsi strada strappandola con le unghie, raggiunse un acquitrino e, mentre rifletteva sul come attraversarlo, una testa triangolare emerse e due occhi rossi la fissarono.
Istintivamente si ritrasse stringendo la sfera, che emanò un lampo viola, il rettile scomparve immediatamente. Stanca e scoraggiata si sedette sulla riva. Da bambina, quando le tempeste si abbattevano sul castello, per farsi coraggio si metteva a cantare e subito la paura passava.
Fu così che senza rendersene conto le uscì dalla gola una canto triste e dolcissimo.
Cantava Selim con gli occhi chiusi e la sua voce che pareva una cascata d’acqua di sorgente.
Il suo canto raggiunse anche i confini della palude, ma quando riaprì gli occhi un grido di terrore le sfuggì dalle labbra.
Una moltitudine di ombre si muovevano veloci e la creatura della palude era riemersa ed ora strisciava verso di lei. Si rannicchiò stringendo la preziosa climosfera e attese. Il rettile si avvicinò ma non mostrò un comportamento aggressivo piuttosto sembrava incuriosito. Qualcosa le sfiorò il volto ma era un tocco delicato come una piccola spinta. Rammentò quanto le aveva detto la Maga del Pozzo Nero “tu hai un dono unico. Nessun altro lo possiede” allora comprese ed intonò un nuovo canto. All’inizio la voce tremava poi divenne più sicura e la palude l’ascoltò… incantata.
Gli Uomini Ombra si dondolavano al ritmo del canto ed il rettile muoveva la testa dall’alto in basso.

Un vociare confuso disturbò l’atmosfera che si era creata, Selim capì che gli uomini di Glue stavano sfidando la palude vincendo le paure, tanto era importante per loro la conquista della climosfera.
Accadde qualcosa di inaspettato, il grande rettile l’avvolse nelle sue spire e delicatamente la portò all’altro capo dell’acquitrino mentre gli Uomini Ombra circondavano gli invasori.
Dopo averla posata per terra il rettile si immerse e Selim percorse, indisturbata, l’ultimo tratto della palude.

Il monte Taall si ergeva dinnanzi a lei ultimo baluardo di un mondo morente, il color viola era quasi del tutto scomparso per far posto ad un grigio squallore. Doveva affrettarsi una sottile linea nera era apparsa sulla superficie della sfera e mancava poco al sorgere di Kabel

La salita faticosa e ogni tanto controllava che nessuno la inseguisse, ma era sola e la speranza aumentava ad ogni passo. Cadeva e si rialzava e ancora su, lungo il pendio mentre la prima luna era già all’orizzonte. Si fermò a riprendere fiato e la linea nera sulla sfera, dovuta ormai grigia, si era allargata, ebbe un istante di disperazione pensando che non avrebbe mai raggiunto la cima, poi pensò al sacrificio di molti e ai suoi genitori e la responsabilità di avere fra le mani le sorti di un mondo le dette la forza necessaria per continuare il cammino, e la seconda luna apparve.
Kaleb era la quinta luna, doveva affrettarsi. Mise tutto il suo vigore e le restanti forze per raggiungere la vetta. Una forza misteriosa la pervadeva e non si fermò fino a quando raggiunse la vetta del Taall.
Trasse un profondo respiro per calmare i battiti del cuore, il chiarore di Kaleb era ormai all’orizzonte. Selim si guardò attorno e vide un altare, con molta cautela prese la climosfera e posò nel centro.
La luce viola di Kaleb la colpì improvvisa e abbagliante, esplose una luce nuova, multicolore fatti di rosa, verde, azzurro… colori sconosciuti e, come i cerchi creati da un sasso gettato nell’acqua, la luce si sparse ovunque. Salim chiuse gli occhi per riaprirli poco dopo su di un mondo colorato, il suo canto si fuse con le mille sfumature create dalla sfera.

La gente del villaggio uscì dalle case per osservare le nebbie grigie ritirarsi, sopraffatte dal calore di un giorno nuovo.

°°°

In fondo al Pozzo Nero, la maga, nella grande caverna, sommessamente diceva: ciò che qui è un giorno iniziato ora è compiuto, potete finalmente riposare.
……………..e ombre dei Signori del castello si dissolsero in una nube viola.


Luisa Camponesco

   
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