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 La bottega dell'antiquario
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luisa camponesco
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La bottega dell’antiquario

Adam Wesley aprì, alle nove in punto, il negozio situato nel quartiere di Chelsea sulla 25esima. Lo faceva da 30 anni e prima di lui lo avevano fatto suo padre e suo nonno.
Sempre gli stessi gesti ripetuti nella medesima sequenza, un’occhiata alla strada, un saluto con la mano al venditore di hot dog e poi appendere in bella vista il cartello con scritto:

OPEN SEVEN DAYS

Accese tutte le luci, per dare più effetto ai pezzi esposti, alcuni davvero pregevoli. Da quando era iniziata questa attività, la sua famiglia aveva fatto parecchia strada, suo nonno aveva percorso in largo e in lungo tutto il Maryland, la Virginia e la Pennsylvania, su di un carro trainato da un vecchio ronzino di nome Arthur. Un giorno Adam chiese al nonno come mai avesse dato, ad un cavallo, proprio quel nome.
- Arthur era il nome del mio cane, fedele compagno della mia infanzia. – gli aveva risposto.
Adam aveva un certa soggezione del nonno, del quale ammirava la fluente e candida barba. Negli anni del suo vagabondare, il nonno aveva raccolta roba vecchia dappertutto, lanterne, calamai, statuette, ruote di carri e a volte si vantava di possedere oggetti appartenuti a personaggi celebri. Il calamaio di Jefferson, la sella di David Crockett, la carabina di Bufalo Bill e via dicendo, nessuno ci credeva, tranne Adam.
- Lo sai Adam, noi discendiamo dai Padri Pellegrini. – lo diceva con fare pomposo.
Neppure questo era vero, ma era bello pensarlo. Passò con un panno morbido sul tavolino intarsiato in ciliegio americano dei primi del novecento, poi su di un paralume liberty. Si allontanò per ammirare gli oggetti appoggiati, a regola d’arte, su tavoli e ripiani. Un pezzo di storia americana era proprio lì, nella sua bottega. Anche i Vanderbilt avevano acquistato parecchi oggetti. Suo padre ne parlava spesso con orgoglio. A parte il periodo della recessione gli affari erano sempre andati bene e la bottega era diventata un negozio elegante. Adam era cresciuto negli agi, la sua famiglia possedeva una bella villa a Long Island circondata da un parco con un campo da tennis e piscina. Nonostante fosse uno spettacolo noto, Adam s’incantava, ogni mattina, ad ammirare i grattacieli di Manhattan quando percorreva la 495 con la sua auto d’epoca, una Bentley Torpedo del 1927, un vero capolavoro.
Si, poteva dirsi soddisfatto della sua vita, aveva avuto tutto, quasi tutto. Non si era mai sposato ed ora aveva 62 anni, portati bene, ma erano 62. Il motivo di questa sua scelta si trovava in fondo al negozio, celato da un panno grigio. Eppure di occasioni ne aveva avute più d’una e tutte della “buona società”. Suo fratello era morto durante l’attacco di Pearl Harbor, così, a lui era rimasta la responsabilità di condurre gli affari di famiglia. Gli unici parenti rimasti, lontani cugini, vivevano nel Maine, i loro incontri erano sempre sporadici, il più delle volte si limitavano ad una telefonata nel giorno del Ringraziamento e a qualche cartolina. Tutto sommato la cosa non gli dispiaceva, non avevano una gran confidenza, ognuno viveva la propria vita.
Il rumore della città era musica per lui, la sua vita era lì, fra quelle pareti e quegli oggetti. Andò dietro al bancone, controllò la cassa. C’erano solo pochi spiccioli, aveva versato tutto l’incasso della settimana la sera precedente, controllò alcune fatture dopo essersi inforcato gli occhiali.
Stava sistemando alcune statuette d’alabastro arrivate dall’Italia quando il campanello segnalò l’ingresso di un cliente. La donna era elegantemente vestita, si guardava attorno, esaminava suppellettili e abatjour.
- Posso esserle utile?
- Lo spero! – rispose la donna – sto arredando il mio attico e voglio dargli un’impronta di classe, le mi capisce vero?
Adam sospirò, aveva imparato a conoscere le persone, e quella signora era la tipica arricchita che voleva far sfoggio del proprio denaro. Ma si sa, gli affari sono affari e lui era lì per vendere.
Le mostrò ciò che riteneva adatto a lei, una serie di gridolini, sottolineavano, ogni pezzo che mostrava. Alla fine, quando se n’andò, si congratulò con sé stesso, aveva venduto i pezzi che riteneva i meno belli.
Di nuovo la porta, era Bobby, il ragazzo del giornale, glielo lanciò e Adam lo prese al volo.
- Ha sempre una bella presa signor Wesley – disse il ragazzo e Adam sorrise compiaciuto.
Sistemò alcuni oggetti esposti in vetrina, dall’altra parte della strada, si affacciava la filiale della Stoysand Bank, il poliziotto di guardia, appena lo vide alzò il braccio in segno di saluto. Lo conosceva da anni ormai, ogni volta che Adam entrava in banca, chiedeva sempre della sua famiglia e si interessava dei progressi dei figli negli studi.
Un giorno come tanti, il solito traffico, il solito movimento nei negozi vicini. Adam amava la normalità e lo rassicurava il vedere le stesse persone. Viveva solo da anni, e quel negozio era la sua vita. Di nuovo il campanello, questa volta era un cliente abituale, il signor Thomson.
- Buon giorno Wesley! La mia ordinazione è pronta?
- È arrivata proprio ieri! - aprì una cassetta di legno scuro, avvolto nella bambagia uno splendido vaso cinese, dinastia Quing.
- Fantastico Wesley! Da lei non potevo aspettarmi di meno.
Parlarono un po’ della situazione politica, dell’emergenza inquinamento, e delle ultime quotazioni di borsa.
Più tardi Adam prese una scopa e si mise a pulire il marciapiede antistante, non che fosse sporco, ma era un modo per incontrare, casualmente, Sofie, la commessa del negozio di abbigliamento situato accanto al suo.
Erano sincronizzati, sempre alla stessa ora.
- Buon giorno Sofie, come va oggi?
- Ohhh signor Wesley, buon giorno anche a lei. Diciamo che va abbastanza bene.
- Qualcosa la turba? – chiese Adam mostrando interesse
- È una cosa un po’ lunga…
- Cosa ne dice di parlarne durante la pausa pranzo? – Adam si stupì di quanto aveva appena detto. Era la prima volta che azzardava un invito ed era pronto ad aspettarsi un rifiuto.
Il volto della donna espresse sorpresa, ma poi con un sorriso….
- Volentieri signor Wesley. ….Allora ci vediamo alle 12 e 30 – Sofie rientrò in fretta nel suo negozio con le gote arrossate.
Anche Adam tornò nel negozio, ancora sorpreso della sua iniziativa. Ancora turbato si recò in un angolo del negozio, si sedette su di uno sgabello con i piedi a forma di leone per osservare il quadro coperto dal panno grigio. Passarono alcuni minuti prima di decidersi a scoprirlo. Il volto di lei, impresso nella tela ed immutato, lo guardava da un tempo lontano, con lo stesso sorriso, con lo stesso sguardo dolce e malinconico.
- Scusami – sussurrò – non so cosa mi sia successo oggi, non ho mai fatto una cosa simile. Nessuna altra è entrata nella mia vita dopo di te, Adelaide.
Adelaide Johnson, figlia di un fornaio, conosciuta in giovane età, un amore contrastato dalla famiglia in tutti i modi. Avevano progettato una fuga verso il Canadà, pur di rimanere insieme avrebbero sfidato chiunque, ma la morte non accetta sfide. Adelaide morì di polmonite, dopo aver trascorso una notte con lui, in pieno inverno, sulla spiaggia di Coney Island. Adam si sentì responsabile di questo fatto e da allora non volle più nessuna donna accanto a sé.
Fece fare quel ritratto da un amico pittore, dandogli il medaglione che lei gli aveva donato in occasione del suo 20esimo compleanno. Stette ad ammirarla per un po’, lo faceva ogni giorno, ma in quel momento si sentiva in colpa, in colpa per aver invitato a pranzo un’altra donna.
Di nuovo il campanello all’ingresso, coprì il quadro per andare incontro al nuovo cliente.
Stranamente nessuno era al bancone, eppure qualcuno era entrato. Le sirene della polizia riempirono l’aria, tre autovetture si fermarono davanti alla banca, la gente correva.
- Cosa è successo?- chiese al venditore di hot dog che stava chiudendo velocemente il camioncino.
- C’è stata una rapina in banca! – rispose di rimando – il rapinatore è fuggito da questa parte!
Adam chiude subito il negozio a doppia mandata, tirò le tende e rimase in attesa. Erano le 10 del mattino
Mentre spiava fra le pieghe della tenda una voce alle sue spalle lo colse di sorpresa.
- Allontanati da lì! – Adam si girò di scatto.
Non poteva avere più di 30anni, espressione determinata, una pistola in una mano e una sacca rigonfia nell’altra. Non ci volle molto ad Adam per capire di trovarsi nei guai.
- Metti il cartello “Torno subito”!
- Non servirebbe, verranno a cercarti, stanno setacciando tutti i negozi vicini. Credimi ragazzo, meglio ti costituisca.
- Non dirmi quello che debbo fare e soprattutto non chiamarmi ragazzo! – mosse pericolosamente l’arma nella sua direzione.
Adam capì che non stava scherzando.
- Se metto il cartello “Torno subito” si insospettiranno.
Il rapinatore rifletté.
- Credo tu abbia ragione, anzi apri la porta e fa come se nulla fosse. Ma attento, niente mosse avventate.
Con la pistola gli fece cenno di arretrare verso il fondo del negozio.
- Quanto hai nella cassa?
- Perché? Non ti basta quello che hai preso in banca?
- Non fare dello spirito e non darmi lezioni di morale! È facile per te sentenziare, tu sei un uomo ricco. - fece un ampio gesto per indicare la merce esposta. Prese una zuppiera di Sèvres datata 1815 Adam fece un gesto disperato.
- Ne deduco che ha un grande valore, pensa se mi sfuggisse dalle mani!- e fece un gesto come per farla cadere. Poi fu la volta di una statuetta di Capodimonte del 1803.
Adam non poteva sopportare tutto questo.
- Cosa credi tu, che tutto questo sia nato dal nulla? La mia famiglia ha lavorato per anni da generazioni. Potrai anche rompere tutto, ma non cambierà il fatto che tu sei solo un ladro e prima o poi qualcuno ti fermerà. – aveva alzato la voce quasi senza accorgersene.
- Chi sei tu per giudicarmi? Tu non sai nulla di me! – rispose il giovane
- Io so che sei davanti a me e mi minacci con una pistola.
- Allora dimmi sapientone che soluzioni mi proporresti?
- Restituisci il denaro rubato e costituisciti.
Una risata fu la risposta ma proprio in quell’istante un poliziotto chiamò dall’esterno.
- Se non apro si insospettiranno – si diresse deciso verso la porta d’ingresso.
Tranquillizzò il poliziotto dicendo che tutto era a posto e nel caso fosse venuto a conoscenza di informazioni utili per le indagini, le avrebbe trasmesse subito alla centrale. Richiuse la porta nonostante il poliziotto cercasse di spiare l’interno del negozio.
Quando Adam si girò non vide più il giovane, si domandò dove fosse finito, forse fuggito dal retrobottega. Mentre stava andando a controllare lo vide seduto per terra davanti al ritratto di Adelaide.
- Se tocchi quel quadro t’ammazzo!
Il ragazzo non lo sentì nemmeno ma allungò un braccio verso il ritratto.
- Io so chi è! – disse all’improvviso
- Tu non sai nulla! – Adam era esasperato
Mise una mano nel giubbotto ed estrasse un orologio argentato con la cassa. Adam lo riconobbe subito.
- Come l’hai avuto?
Il giovane non rispose, ma quando Adam lo aprì trovò nell’interno la fotografia di Adelaide con accanto un bambino di pochi anni.
- Me lo ha dato lei. – rispose – era la sorella di mia madre.
Impossibile, quel ladruncolo era il nipote di Adelaide. Lo stupore della scoperta tolse la parola ad entrambi.
- Credo dobbiamo parlare – riuscì a dire Adam alla fine.

Il giovane raccontò tutta la storia, dall’inizio, di come la zia gli avesse parlato spesso dell’uomo che amava, di quanto fosse buono e generoso. Lui era troppo piccolo per capire ma ricordava bene quelle parole. Una storia di povertà dignitosa, che lui, ribelle, non accettava. Aveva cominciato con piccoli furti, ma fu al Riformatorio che imparò a rapinare banche.

- Devi costituirti! – esclamò Adam
- Non ho mai ucciso nessuno. – rispose il giovane
- Un motivo in più per arrenderti ora che sei ancora in tempo.
- Non voglio andare in prigione!
- Non ci dovrai stare per molto, con un buon avvocato te la caverai in pochi anni.
- Un avvocato? Con quelli d’ufficio, avrei come minimo l’ergastolo.
- A quello ci penserei io! – Adam sapeva di aver imboccato la strada giusta.
- E dopo cosa farebbe un ex galeotto?
- Anche a quello ci penserò io!
Tacquero entrambi, il tempo per riflettere, mentre Adelaide continuava a sorridere dal ritratto.
- Zia Adelaide, non si sarebbe mai innamorata di un uomo che non fosse di parola.

Tutto finì nel giro di mezzora.
- Potete evitargli le manette? Non fuggirà!
- Mi spiace signor Wesley ma questa è la legge.

Si salutarono con uno sguardo che era anche una promessa. Un’antica pendola del negozio scandì le 12 e 30 e allora Adam si ricordò dell’invito a pranzo.
Una spazzolata ai capelli e uno sguardo al suo abbigliamento nello specchio Luigi XVI.

Sofie lo attendeva sul marciapiede, un’occhiata al negozio, anzi alla bottega come la chiamavano suo padre e il nonno. Qualcosa stava nascendo nella sua vita… appese, con uno spirito nuovo, il cartello…

CLOSED FOR LUNCH BREAK









Luisa Camponesco

Edited by - luisa camponesco on 08/02/2006 16:26:47

   
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