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 Il sogno di Claudia
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 14/03/2005 :  08:05:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Il sogno di Claudia

Claudia aveva perso di recente il fratello Saverio. Una notte si era coricata stanchissima e aveva fatto un sogno strano e particolare. Vedeva che stavano preparando il corpo del defunto per la sepoltura. Lo pulivano, lo componevano e lo vestivano di tutto punto; lo deponevano nella bara e lo portavano in chiesa. Poi sognò suo figlio Fabrizio che si travestiva e indossava gli abiti dello zio deceduto. Si metteva una parrucca e si distendeva sul letto del morto, aggiustandosi così bene da sembrare proprio il cadavere di Saverio. Delle persone entravano nella stanza e urlavano terrorizzate. La moglie del defunto si precipitava e mandava a chiamare il prete, convinta che si trattasse di un maleficio.
Claudia nel sogno, vide arrivare il parroco che cominciò a spruzzare la salma con l’acqua benedetta. Il morto non appena bagnato, balzò dal letto. Ma il fatto strano era che si trattava proprio di Saverio vivo e vegeto e non più di Fabrizio. Si muoveva come un automa ed entrava in un magazzino pieno di alveari. L’ingresso era però sbarrato da un mostro. Il sogno cominciava a diventare un incubo. Saverio l’uccideva ed entrava nel magazzino. Lì dentro vi era un altro mostro. Con una spada tagliante gli tagliava di netto la testa. Il capo mozzato rotolò inzuppando la terra di sangue vischioso e fumante. Da quel sangue venne fuori Fabrizio, il quale si precipitò ad aprire gli alveari e a liberare tutte le api. A questo punto, innumerevoli sciami volarono come grosse nubi e si precipitarono verso la moglie di Saverio. L’assalirono e quando s’allontanarono, quella era talmente gonfia che esplose con un botto assordante.
Claudia si svegliò di soprassalto ansante e trafelata. Dovette alzarsi per calmarsi e sciacquarsi il viso.
Era già l’alba e si distese sul divano del soggiorno. Lo sguardo le cadde su una foto di molti anni prima, quando era ancora bambina.
Si riaddormentò e continuò a sognare, ma questa volta rivisse il periodo sereno della fanciullezza, quando si recava nella campagna del nonno. Le sembrò di essere immersa nel silenzio agreste durante la calura estiva. Quel silenzio aveva delle proprie sonorità ed era interrotto solo dal frinire delle cicale. Vi era il verde argenteo dei pioppi e il verde acceso dei vigneti colmi d’uva, il profumo aspro della stoppia che pervadeva l’aria e l’odore dei campi bruciati.
A quei tempi, Claudia raggiungeva anche le spiagge della riviera
con la madre. Sognò il litorale pieno di stabilimenti. Il sole tramontava e ogni cosa appariva meravigliosa. Si ballava ovunque alla luce fioca delle lampade che illuminavano gli arenili e il mare era lì presente a vegliare le coste.
Sognò di quando aveva dieci anni e il nonno le aveva regalato una collanina d’oro. Era un oggetto bellissimo e la sfoggiava con orgoglio. Ma poi aveva conosciuto Ernesto e aveva voluto fare amicizia con quel bambino singolare e intelligente. Si era accorta che era timido e bisognoso di amicizia e gli aveva regalata la collanina. Quando il nonno si era accorto che non la portava più, si era meravigliato ed aveva chiesto cosa ne avesse fatto. Lei aveva mentito e aveva risposto di averla persa.
Nel sogno ricordò che un giorno le avevano detto che Ernesto era molto malato e sarebbe morto. Aveva pianto disperatamente ed era rimasta accanto al suo letto. Lo aveva fatto giocare con le figurine e i soldatini.
Lentamente aveva visto spegnersi la vita in quegli occhi neri che le sorridevano sempre.
Rivisse quei momenti. Riprovò quel dolore. Adesso, perdendo il fratello, aveva provato un dolore maggiore, ma il sogno le aveva rammentato che la perdita delle persone care ci accompagna per tutta la vita.
Solo molti anni dopo aveva capito perché Ernesto era morto. Infatti quando giocavano insieme, si era accorta che uno strano individuo si interessava al bambino e che spesso gli dava caramelle e dolciumi. Lo invitava ad andare con lui e lo lusingava in vari modi. Lo avvicinava con la scusa di una palla con cui lo faceva giocare. Gli regalava giornaletti e biglie colorate. Il bambino lo seguiva e nessuno s’era accorto che fosse un pericoloso pedofilo. Il mascalzone si approfittava del fatto che il ragazzo non avesse padre.
Ernesto non aveva mai detto niente a nessuno e meno che mai si era confidato con la madre. Neppure a Claudia aveva detto nulla. Si era tenuto tutto dentro. Quando sua mamma s’era accorta di tutto, non c’era più nulla da fare. Il ragazzo aveva subito un lento, pernicioso trauma che l’aveva condotto alla morte.
Claudia s’era svegliata, aveva ripensato a quei sogni e aveva ricordato ciò che diceva il poeta Tibullo ovvero che, nelle notti ingannevoli, i lievi sogni si prendono gioco di noi, fanno trepidare di falsi terrori le nostre menti spaventate.


Gabriella Cuscinà

   
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