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 Zona d'Ombra
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luisa camponesco
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Inserito - 24/02/2005 :  15:21:42  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Zona d’ombra

"Esiste nella mente umana una zona misteriosa e buia dove tutto ciò che è improbabile o impossibile può accadere. Qualcuno può penetrarla e vedere cose che altri non vedono. I monaci buddisti attraverso le loro tecniche di meditazione erano in grado di aprire il cosiddetto terzo occhio e vedere l’aurea energetica attorno alle cose e agli essere viventi. Qualcuno suppose che questa aurea attorno agli uomini fosse in realtà la loro stessa anima.”
- Bene signori, con questo oggi ho terminato, ci vediamo alla prossima lezione. - Il professor Boyer raccolse i suoi appunti e salutò gli studenti.
Un mormorio si diffuse nell’aula, le lezioni del professore erano sempre seguite con attenzione, proprio per il tema che trattato. Rebecca Moore rimase seduta mentre tutti si accingevano a lasciare
- Rebecca! Allora vieni? – Martin il suo ragazzo la scosse dai suoi pensieri.
- Eccomi Martin.
- Sempre pensierosa… ma c’è posto anche per me?
- Certo! Ma cosa dici!- Rebecca lo abbracciò.
- Ma sai quanto mi affascinano le filosofie orientali…
- Spero non più di me! – rispose Martin ridendo.
Abbracciati di diressero verso il campus.
Quella sera Rebecca prima di ritirarsi nella sua camera si recò in biblioteca, prese in prestito alcuni libri che ritenne particolarmente significativi in relazione alle pratiche esoteriche.
Incominciò con il Kundalini Yoga, una ginnastica che avrebbe potuto consentire, a detta dell’autore, la percezione delle “essenze, ossia, l’immateriale del materiale. ”
Le ore trascorsero senza che se ne accorgesse, fino a quando il chiarore dell’alba filtrò attraverso le persiane. Si preparò in fretta per le lezioni della giornata, ma ciò che aveva letto quella notte era, a dir poco, sconvolgente.
- Rebecca! Hai una faccia stanca!Che ti succede? – Allison la sua più cara amica la osservava pensierosa
- Non ho dormito molto bene. – mentì Rebecca che non aveva dormito affatto.
La giornata trascorse monotona, la ragazza non vedeva l’ora di ritirarsi nella sua stanza e riprendere la lettura. Affascinata da queste antiche pratiche voleva sperimentarne qualcuna, ma poteva farlo solo nella tranquillità delle ore notturne.
Ci provò quella sera, seguì le istruzione, la respirazione, le posizioni del corpo, liberare la mente da ogni pensiero e concentrarsi sul colore bianco. Non successe nulla, probabilmente la stanchezza le impediva il raccoglimento. Spense la luce e cercò di dormire. Fece un sogno stranissimo, vide antiche mura di una città in mezzo all’oceano, la gente le passava accanto senza notarla, il sole aveva una colorazione di un giallo intenso, la lingua parlata era assolutamente sconosciuta. Un mondo bello, le pareva di camminare galleggiando nell’aria, un dolce tepore la avvolgeva con una sensazione di ancestrale serenità.
Si destò che il sole era già alto, non aveva mai dormito così tanto, guardò l’ora, aveva perso ben due lezioni importanti. Rammaricandosi per aver scordato di caricare la sveglia, si vestì alla bene meglio e uscì di corsa verso l’ateneo.
- Rebecca!! Sei in ritardo, cosa ti è accaduto? Stavo per venire nella tua stanza. – Martin era visibilmente preoccupato
- Mi sono semplicemente addormentata e la cosa più grave è che non ho seguito le lezioni di filosofia e letteratura inglese.
- Poco male, Allison ti passerà i suoi appunti. Hai fatto colazione? Sei pallida.
- No! Andiamo Martin ho veramente fame.
I due ragazzi si diressero verso la mensa tenendosi per mano. La giornata trascorse tranquillamente anche se Rebecca attendeva con impazienza la sera, in momento in cui poteva dedicarsi alla ricerca della parte più nascosta di sé stessa.
Studiò nuove posizioni meditative, posizioni yoga come diceva il testo, rilassò ogni parte del suo corpo. Per un istante, un solo istante le parve di fluttuare nell’aria. Si spaventò, si rialzò di colpo scuotendo il capo, poi prese in mano il libro di chimica e si mise a preparare la lezione, facendo anche qualche esercizio. Non era portata per quella disciplina, ma quella sera, stranamente, gli riusciva di facile comprensione. “Sto diventando intelligente” pensò e sorrise. Quando gli occhi si fecero pesanti si disse che era ora di andare a dormire e subito si addormentò.

La foresta era fitta e verdissima ricolma di fiori colorati e profumati, camminava sul sentiero senza sapere dove conducesse, la radura apparve all’improvviso e nel centro una capanna.
Uomini e donne seminudi accendevano fuochi attorno ad essa, Rebecca era stupita nessuno pareva notarla, allora si avvicinò incuriosita, si affacciò all’ingresso della capanna. Un uomo con la pelle scura coperto di piume stendeva le mani su di un corpo apparentemente senza vita, mormorando strane parole. Dalle sue mani uscì una specie di fumo grigio che avvolse l’uomo steso sulla paglia sino a farlo scomparire dalla vista di tutti.
Quando il fumo si dissolse, non c’era più nulla, solo la stuoia di paglia. Rebecca si stropicciò gli occhi, dov’era finito? Lo sciamano stramazzò al suolo, mentre fuori gli indigeni intonavano nenie in un crescendo continuo che terminarono in un urlo collettivo. Sul limitare della foresta apparve un uomo che Rebecca riconobbe in quello sdraiato nella capanna.

Si destò al mattino con la testa pesante, ma cosa le stava succedendo? Il suono del cellulare interruppe i suoi pensieri
- Rebecca ricordi il nostro appuntamento? – la voce di Martin la mise di buon umore
- Sarò pronta fra un attimo.
Trascorsero una bella giornata , passeggiando lungo il fiume e progettando le vacanze ormai vicine, quando osservando un fiore lo vide bordato di un viola intenso.
- Martin guarda com’è strano quel fiore?
- Cos’ha di strano? – chiese il ragazzo
- Ma come non vedi? Il contorno viola!
- Tesoro! Quella è una comunissima margherita, niente di speciale. Credo tu abbia bisogno di riposo. – la prese per mano e si avviarono verso casa.
Eppure Rebecca era sicura, quel fiore aveva un’aurea viola. AUREA, eccola la parola, che avesse visto un’aurea come diceva il professor Boyer??
Quella sera rilesse gli appunti del professore e poi riprese la meditazione secondo le tecniche del Kundalini. Dopo un’ora di concentrazione, gli oggetti attorno a lei mutarono di colore, alcuni sfumati altri più intensi. Si senti leggera, la parete di fronte sembrò dissolversi e percepì la presenza di persone nella stanza accanto. Durò poco poi tutto tornò come prima, ora era certa d’essere sulla strada giusta, quella che le avrebbe consentito di aprire il “terzo occhio”.

I sacerdoti celti iniziarono la loro cerimonia, Tuatha de Danaan, nel grande paiolo bollivano erbe misteriose dalle proprietà magiche, in essa venivano immersi i corpi dei guerrieri più valorosi perché riprendessero vita, Rebecca osservava dall’alto di un abete.

I vichinghi intonavano canti all’Odhin nella sacra runa per aver il potere di bloccare le frecce nemiche. Rebecca vestita d’una tunica bianca s’aggirava in mezzo a loro.

Non era un sogno, stava assistendo a cose passate, raccontate come leggende, descritte nei libri di mitologia. Ma lei era lì presente, reale, poteva toccare, sentire il profumo intenso dell’erba, dei pini e udire i canti propiziatori.
Era consapevole d’essere entrata nella Zona d’Ombra. Considerando l’esperimento finito, si concentrò per tornare nel mondo reale. Qualcosa non funzionò, forse mancava la concentrazione necessaria, si trovò in una specie di limbo senza apparente via d’uscita.
Con le mani tese in avanti annaspava, presa dal panico quando udì quella voce.
- L’energia vitale può placare le tempeste, guarire dai mali e far viaggiare con la mente. Le energie psicofisiche e cosmiche interagendo fra loro danno il potere di dominare gli elementi. Un potere immenso…
La voce continuava, pareva un nastro registrato, senza accenti senza alcuna inflessione. Rebecca non capiva tutto ciò che diceva, ma quelle parole provenivano da tempi, antichi, tanto antichi d’averne perduto il ricordo.
Cercò di controllare la paura, fece un profondo respiro svuotò la mente, si sentì galleggiare, una sensazione piacevole e lentamente, molto lentamente riapparvero le pareti della sua camera.
Fu felice di ritrovarsi fra le cose conosciute e familiari. Si alzò in piedi di scatto, raccolse il libro di pratiche yoga, e lo mise nella borsa, lo avrebbe restituito il mattino successivo.
Quella notte non fece sogni.

Si sentì più sollevata dopo aver restituito il libro alla biblioteca. Mai più avrebbe cercato di entrare nella zona d’ombra, molto meglio vivere fra le cose e rassicuranti di ogni giorno, vivere serenamente il suo rapporto con Martin, terminare gli studi, trovare un lavoro crearsi una famiglia, in fondo non chiedeva molto alla vita, solo un po’ di felicità.
Smise di frequentare le lezioni del professor Boyer.

Nei mesi seguenti non accadde nulla di strano, Rebecca, contenta di aver ritrovato la “normalità”, non pensò più a pratiche yoga fino a quando...
- Pronta per la cena Rebecca? – Allison la aspettava sulla porta della sua camera.
- Un attimo e sono da te.
Andò nel bagno, un filo di rossetto era quello che ci voleva per dare un po’ di colore, infatti da un po’ di tempo era più pallida del solito, si specchiò, vide qualcosa di scuro in mezzo alla fronte.
Prese del sapone e strofinò, nulla da fare, la macchia scura non se ne andava, osservò meglio e inorridita s’accorse che in realtà era un piccolissimo occhio. La scoperta la impietrì.
- Rebecca ti senti bene? – Allison era preoccupata non vedendola uscire.
Rebecca non rispose.
- Rebecca che ti succede? Apri!
Di nuovo silenzio, ma questa volta Allison non attese, aprì la porta con una spallata.
- Rebecca per l’amor di Dio perché non rispondevi?
Rebecca portò istintivamente la mano sulla fronte, ma Allison gliela tolse.
- Hai la febbre ? Non si direbbe sei fresca
- Non noti nulla di strano? – chiese Rebecca stupita
- Rebecca tu non hai assolutamente nulla, se non volevi venire con me a cena potevi dirlo subito, senza farmi spaventare. - Allison giratole le spalle la lasciò sola.
Rebecca si specchiò nuovamente ma la macchiolina nera era sempre lì, ma l’amica non l’aveva notata, forse era qualcosa che vedeva solo lei.
Allora prese una decisione, uscì di corsa dalla sua camera e si diresse verso lo studio del professor Boyer.

La porta era aperta, in professore col capo chino intento a leggere documenti.
- Chiudi la porta Rebecca Moore è da parecchio tempo che ti sto aspettando!
- Lei mi aspettava?
Boyer alzò il capo e lei gli vide, senza ombra di dubbio, una macchia scura al centro della fronte..





   
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