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 Hathfertiti
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luisa camponesco
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Inserito - 23/03/2008 :  08:14:33  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Hathfertiti


Il fascino dell’antico è qualcosa che ti prende, che ti entra dentro, ti appassiona.
Cristina lo subì fin dal giorno in cui, con la sua classe, era andata in visita al Museo Egizio di Torino. I compagni ridacchiavano davanti alle mummie lei invece ne era ipnoticamente attratta. Quando terminò il liceo si iscrisse alla facoltà di lettere antiche e nel frattempo lesse tutto quanto riuscì a trovare sulla storia delle dinastie dell’antico Egitto, aveva letto e riletto il diario di Carter e sognato di riuscire un giorno in una simile scoperta.
Era avvantaggiata vivendo in un’epoca in cui la tecnologia faceva cose straordinarie, anche se, toglieva un po’ il fascino dell’avventura.
Conseguì la laurea e la specializzazione in archeologia con il massimo dei voti, ora si poneva il problema del lavoro. La vita dell’archeologo può sembrare eccitante se letta nei testi o vissuta all’Indiana Jones ma di sicuro non aiuta a pagare l’affitto, quindi, Cristina iniziò ad insegnare, come supplente in una scuola media.
Non gratificata nella professione aveva, per lo meno, uno stipendio sicuro e trascorreva le vacanze estive facendo recupero e restauro di reperti archeologici. Non erano vacanze riposanti dovendo stare tutto il giorno curva a ripulire anfore e suppellettili di epoca etrusca ma poteva mettere in pratica le sue conoscenze in materia. Conobbe Giuseppe Altieri, responsabile del campo, col quale condivideva l’interesse per la cultura egizia.
Giuseppe era stato in Egitto parecchie volte e aveva spesso collaborato con colleghi cairoti tutti convinti che ci fosse ancora molto da scoprire.
- Andare in Egitto è il mio sogno. –
- Perché non ci vai?
- Non è così semplice, prima devo risparmiare un po’ e poi le mie vacanze sono solo in estate, non credo sia la stagione migliore.
- Questo è vero, il periodo migliore è tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Senti Cristina dovrò incontrarmi con il direttore di una missione archeologica che si interessa alle piramidi minori.
- Piramidi minori? Ne ho sentito parlare.
- Si trovano in Nubia, sono i luoghi di sepoltura dei faraoni neri. Conosci la storia di Piankhy? I suoi cartigli li puoi ammirare al museo del Cairo, ma a parte questo, volevo chiederti di accompagnarmi, sarà nel periodo di Natale dovresti essere libera.
Cristina rimase sbalordita.
- Dici davvero!!!
- Mai stato più serio.
- Si però….
- Non pensare all’aspetto finanziario, saremo ospiti dell’amico Samir che è appunto l’archeologo di cui ti parlavo.
- È una proposta allettante, ma non vorrei approfittare….
- Il viaggio aereo è a tue spese per il resto non preoccuparti, sarai la mia assistente, ti farò lavorare. – le batté una mano sulla spalla prima di allontanarsi lasciando Cristina ancora incredula.

Ogni mese metteva in parte qualche soldino, risparmiava un po’ su tutto, tranne che sui libri, a quelli non rinunciava, cosicché nel mese di dicembre aveva raggranellato circa mille e cinquecento euro. Non riusciva a nascondere il suo nervosismo nell’attesa di una telefonata da Altieri.
Le vacanze di Natale si avvicinavano e lei non sapeva ancora nulla, pensò subito che l’amico archeologo avesse cambiato idea, d'altronde non lo aveva più sentito da mesi. Troppo bello per essere vero, ma aveva almeno sognato, si era cullata nelle sue fantasie, pazienza, le vacanze sono pur sempre vacanze e le avrebbe trascorse in famiglia.
Era quasi mezzogiorno, quando il cellulare vibrò.
- Cristina? Ciao sono Altieri, come stai?
- Altieri che piacere sentirti. – il cuore accelerò.
- Allora Cristina sei sempre dell’idea di accompagnarmi in Egitto?
- Io, io ….certo, ma non è un po’ tardi per i posti in aereo?
- Ho già i biglietti prenotati per il volo delle 12 e 30 del 24 dicembre il ritorno è previsto per il 4 gennaio. Samir verrà a prenderci all’aeroporto, poi e poi il resto te lo racconto stasera.
Cristina guardò il telefonino pensando di aver sognato, solo più tardi quando Giuseppe la richiamò per avvisarla che sarebbe venuto a prenderla alle 20 si rese conto che era tutto vero.

Il ristorante era più che altro una trattoria situata in una zona periferica.
- Questo non è un ristorante di lusso e non fanno nemmeno cucina internazionale. Ti dirò di più, è frequentato da camionisti. L’ho trovato per caso un giorno mentre tornavo da Torino e mi sono scoperto affamato. Il piazzale era pieno di tir tanto che ho fatto fatica a parcheggiare, ma è stata una vera scoperta. Non voglio dirti altro, anzi cambiamo proprio argomento.
Così, davanti ad un piatto fumante di ravioli, Giuseppe illustrò il programma del viaggio.
- Allora cosa ne pensi?
- Penso che sarà una esperienza indimenticabile.
- Mi riferivo alla cena!
- Ahahhaa! La cena è stata superlativa, ho ritrovato sapori che pensavo ormai persi.
- Visto! Coraggio, è ora di tornare a casa, abbiamo parecchio da fare.

I giorni seguenti furono tutti spesi nei preparativi, la partenza si avvicinava e Cristina era in uno stato di perenne agitazione.
- Datti una calmata, un respiro profondo e ripassa mentalmente ciò che hai messo in valigia. – disse a sé stessa. - Si rilassò solamente, quando, sull’aereo, si trovò fra le candide nubi.

Nonostante fosse pomeriggio inoltrato, il calore e la luce la avvolsero, come un caldo abbraccio, non appena mise piede sul suolo egiziano.
Fuori dall’aeroporto Samir li attendeva in una polverosa macchina di fabbricazione sovietica.
- Non è una limousine – disse Samir in un buon inglese. - Ma robusta è una UAZ 469 e per dove andremo noi è proprio quello che ci vuole.
Li condusse a casa sua.
- Ho fatto preparare una stanza per la signorina al piano superiore, tu invece dormirai qui! - Indicò un divano damascato in rosso.
- Samir non devi ospitarci abbiamo prenotato in albergo.
- Preferisco stiate qui, risparmieremo un sacco di tempo stando tutti insieme. Rashnà, Rashnà!
Apparve una donna da dietro una tenda.
- Lei è mia moglie si occuperà della tua assistente. Ed ora a cena!
Il cuscus aveva un gusto particolare, gradevolmente pepato. Cristina ammirò i modi garbati della moglie di Samir e fu felice di non pernottare in albergo.

Il mattino seguente Cristina trovò Giuseppe e Samir intenti a studiare una carta geografica.
- Ecco, percorreremo in auto il tratto di strada fino ad Asyut, qui ci imbarcheremo e navigheremo fino alla quinta cataratta.
- Quando arriveremo sul sito?
- Con le opportune soste dovranno farcela in quattro giorni. Sempre che…..
- Sempre che?
- Non si verifichino intoppi. Non sarà una passeggiata turistica e soprattutto Cristina dovrà acconciarsi in modo da non sembrare una donna.
- Potrei correre dei pericoli? - I due uomini si accorsero della sua presenza.
- Si tratta di una zona isolata la prudenza non è mai troppa! – Samir le sorrise poco convinto.
- Forse è meglio tu rimanga ad attenderci in un luogo più sicuro. – Soggiunse Giuseppe – ti promettiamo di raccontarti tutto e poi io documenterò ogni cosa.
- Ho capito non mi volete! Ma verrò ugualmente!
Rashnà le portò un copricapo di un blu intenso.
- Sembrerò un tuaereg! – esclamò ridendo
- Ma ti proteggerà dal sole. – rispose Giuseppe.
La misero al corrente del programma di viaggio e della necessità di partire al più presto.
- Se tutto va come previsto, al ritorno avrai il tempo necessario per visitare le piramidi di Ghiza!
Salutarono Rashnà e partirono alla volta di Asyut.. l’aria calda entrava dai finestrini ed il paesaggio era un susseguirsi di chiazze verdi e gialle, sullo sfondo azzurro del Nilo. Fecero una prima sosta ad Al Miniyà ed era già l’imbrunire. Cristina volle fare un giretto prima coricarsi e, con il capo coperto e scortata dai due uomini si addentrò nei vicoli della cittadella. Qualcosa la colpì subito davanti a quella bottega ed insistette per entrarvi. Alcune lampade illuminava vagamente l’ambiente pieno di mercanzia, tappeti, statuette, monili, tutto un po’ accatastato come se vendere non fosse poi così importante. Un anziano apparve da dietro una pesante tenda, Samir si fece subito avanti.
- Io e questi amici stiamo ammirando i tuoi tappeti.
- I tuoi amici sono europei?
- Sono italiani!
L’uomo scosse il capo.
- Non vediamo molti turisti da queste parti, guardate pure e ditemi se qualcosa vi interessa.
Cristina accarezzava anelli da varia fattura quando la sua mano di fermò su di una collana a forma di pettorale.
Brillava alla luce fioca della lampada, l’uomo se ne accorse.
- E’ un oggetto antico, forse unico. Rappresenta una storia di amore e di morte.
Samir fece subito da interprete
- Lei la conosce? – chiese Cristina – è la sposa di qualche faraone?
- Né sposa né concubina, lei era una donna speciale. Il suo nome era Hathfertiti sacerdotessa di Satis nel tempio di Elefantina. – Li invitò a sedersi, era evidente il suo desiderio di raccontare.

***

I palmeti coprivano gran parte del giardino, i fenicotteri donavano rosee sfumature al verde brillante delle piante, il Nilo scorreva lento lambendo la riva e guizzi dorati preannunciavano il sorgere del sole. Il vento sussurrava insinuandosi fra le piante di papiro, mentre dissolvenze colorate avvolgevano il tempio. La sacerdotessa avanzò sul sentiero alzando le braccia in un gesto ieratico di saluto all’alba.
La feluca fendeva veloce l’acqua del Nilo, gli ordini erano chiari, lui Menen architetto del faraone aveva un compito importante da svolgere: la costruzione di una nuova cappella.
Il capo rasato e un gonnellino bianco attorno ai fianchi che faceva risaltare il fisico asciutto, ai suoi piedi uno scriba pronto ad annotare le istruzioni. Una leggera nebbiolina era scesa sull’isola e quando Menen sbarcò alla sacerdotessa sembrò la visione di un dio. Solo quando le si avvicinò comprese il motivo di quella presenza.
- Sono qui per ordine del faraone.
- Si, la tua visita ci era stata annunciata. Io sono Hathfertiti consacrata a Satis, il tuo lavoro non dovrà in nessun modo interferire con le attività del tempio.
- So quali sono i miei doveri e il primo è la fedeltà al faraone.
Hatfertiti si diresse verso il tempio per i riti del mattino.
Menen la osservò allontanarsi con portamento flessuoso come una giunca accarezzata dal vento. Mai aveva visto donna più bella.
Menen fece un primo sopraluogo e dettò le misure allo scriba nonché l’elenco dei materiali occorrenti, presto sarebbe tornato con gli operai e le pietra da costruzione.
Hathfertiti lo guardò allontanarsi dall’isola leggermente turbata.
Qualche mese dopo Elefantina venne invasa da operai, scalpellini, decoratori, un piccolo esercito che sconvolse il quieto vivere di quel luogo. La sacerdotessa decise di parlare a Menen della situazione che si era creata.
Si incontrarono sul far della sera, camminarono sotto le palme del giardino. Un sottile strato di polvere calcarea copriva il sentiero, residuo della lavorazione delle pietra per la nuova cappella.
- Vieni Hathfertiti voglio mostrarti una cosa!
La condusse nel cortile dietro il tempio, dove stavano lavorando. Le colonne della cappella si stagliano sullo sfondo della luna, i fuochi accesi dagli operai creavano una strana atmosfera.
- Questa è la prima di una serie di cappelle, qui riposeranno le spose dei faraoni, e da qui intraprenderanno l’ultimo viaggio.
Mentre parlava, Hathfertiti rimase colpita dalle maestosità delle colonne.
- Le altre cappelle sorgeranno attorno al cortile, e al centro una fontana….
Mentre parlava il volto di Menen si illuminava infervorandosi nell’illustrare il progetto, ad Hathfertiti parve vedere tutte quelle opere. Così discorrendo Menen le sfiorò un braccio, un brivido scosse il corpo della sacerdotessa. Hathfertiti fuggì verso il tempio lasciando Menen sbigottito. Non si videro per alcuni giorni, poi si incontrarono sulla riva sud-orientale vicino al ripido sentiero che portava al fiume.
- Devo partire, il faraone mi ha mandato a chiamare.
Il cuore di Hathtfertiti accelerò.
- La cappella non è ancora finita….
- Tornerò anche se non so quando, non lascio mai un lavoro incompiuto, volevo vederti, parlarti.
- Sono la sacerdotessa di Satis sai cosa significa, non dovresti neppure alzare gli occhi su di me.
Cercò di allontanarsi ma Menen la trattene per un braccio.
- Potrei farti uccidere per questo!
- Mai morte sarebbe più dolce. – le rispose Menen
Pericolosamente i loro occhi si incontrarono e quello fu l’inizio.
Nei mesi seguenti la loro passione crebbe fino a diventare un fuoco inestinguibile, ma….nell’ombra qualcuno li spiava.
Il sacrilegio giunse all’orecchio del gran sacerdote che informò subito il faraone, la sentenza era la morte. Per quanto potente fosse il faraone non poteva inimicarsi la casta dei sacerdoti, ma fece in modo che Menen fosse avvertito.
- Siamo stati scoperti mia adorata, domani verranno ad arrestarmi.
- Sarai messo a morte…fuggi!
- Non senza di te. Sai bene cosa ti attende per tutto questo.
- Allora saliremo insieme sulla barca di Ra.
La canoa di giunchi nascosta dai papiri li attendeva, Hathfertiti e Menen, mano nella mano, vi salirono, costeggiarono per poco l’isola e con l’aiuto della notte si diressero verso l’ignoto. Da allora nessuno li vide più.

***

Cristina ascoltava con le labbra socchiuse.
- Questa collana è tutto ciò che rimane di lei, una delle sue serve la nascose prima che i sacerdoti cancellassero anche il suo ricordo.
Il racconto era finito e si era fatto buio, non si erano accorti del tempo trascorso.
- Quanto vuoi per questa collana? – chiese Cristina.
Samir contrattò il prezzo e il mercante finse rammarico nel vendere il monile.
- Probabilmente quello che ha raccontato è solo una leggenda. – commentò Giuseppe. – Meglio andare a dormire domani partiremo all’alba.
Cristina si mise la collana e non chiuse occhio.

Si imbarcarono ad Asyut su una chiatta che trasportava merce ed iniziò il viaggio sul Nilo.
Il paesaggio scorreva sotto i loro occhi e le sue acque narravano antiche storie. Cristina era incantata ma quando avvistarono l’isola di Elefantina volle sbarcare.
- Non possiamo fermarci. – le disse Giuseppe
- Lasciatemi qui, passerete a prendermi al ritorno.
- Forse è la cosa migliore. – intervenne Samir – il deserto della Nubia non è adatto ad una donna.
- Sei sicura Cristina? Rimarrai sola!
- Io vi aspetto qui, credetemi starò benissimo.
Giuseppe non era del tutto convinto, ma Samir lo rassicurò e provvide anche a trovare una sistemazione per la donna fino al loro ritorno.
Cristina si sentiva tranquilla e dopo aver augurato loro buon viaggio si fece portare sull’isola.
Si unì ad un gruppo di turisti, visitò il museo, studiò i reperti sperando di trovare qualche indizio, poi si diresse verso la riva sud-orientale, trovò le tracce del tempio di Satis e delle cappelle di Heqaib. Per un istante ebbe l’impressione che la collana che portava al collo si animasse. Volse lo sguardo verso il Nilo nella direzione di Abu Simbel pensò intensamente ad Hathfertiti e a Menen cercando di immaginare di intuire. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e quando li riaprì le parve scorgere, sulla linea dell’orizzonte, una canoa di giunchi, un uomo e una donna abbracciati dirigersi verso le cateratte.
Miraggio? Scherzo della sua fantasia? O… forse qualcos’altro?
Nessuno può dirlo, come nessuno può dire se Hathfertitit e Menen siano realmente esistiti. Quello che è certo è l’esistenza di una collana con l’effige di una donna,












Luisa Camponesco

   
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