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 IL TRONCO DELLA PACE
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zanin roberto
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Inserito - 13/12/2009 :  12:42:03  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
Il Venchieredo, a Dicembre, è una campagna muschiosa e umidida, avvolta da un eterno velo di foschia fine e opaca che la rende simile alle lande scozzesi, i viottoli che si perdono nei campi, i fiumiciattoli che scorrono mimetici tra salici e frassini, i fossi limacciosi e madidi di umori invernali, gli animali che la vivono tra fruscii e scricchiolii , tra voli elegantemente planati o saltelli impacciati la caratterizzano e la muovono. Superata la fontana Nieviana con il fascino del tempio misterioso e magnetico, lasciate alle spalle le ultime case ci si immerge nella natura, le viti potate e scheletriche di vigne allungate e incurvate da un terreno leggermente rialzato da un antico letto del fiume Tagliamento, i campi arati con la terra grigia e marrone spruzzata dai ciottoli alluvionali, cataste di legna tagliata ai bordi in prossimità dei confini dei terreni, file di gelsi e di acacie spinose e rugose con il tronco disadorno dalle periodiche potature invernali, le ultime foglie rinsecchite cadono scricchiolando sulla strada sterrata, a ghiaino fino e bianco, che si macchia di pozze profonde con l'acqua piovana in un labirinto fantastico.
La luce del primo pomeriggio è una torcia che cerca di farsi strada tra le condense dei prati, con le stoppie del granoturco che tappetano il terreno, zolle verdi si ergono a frammentare la morfologia dei fondi agricoli, quando quella domenica di dicembre ci siamo incamminati, mia moglie ed io avevamo in testa un'idea. Tra quindici giorni sarebbe arrivato il Natale e lei aveva intenzione di trovare una corteccia di tronco d'albero cavo per costruirvi il nostro presepio, ma purtroppo tutto quello che trovavamo era materiale friabile, talmente marcescente che non resisteva al contatto e alla pressione con le mani, si rompeva inesorabilmente e cominciavamo a dubitare di poter trovare quello che ci serviva.
Il nostro alito condensava all'aria indicandoci una bassa temperatura, proseguimmo per una stradina laterale più piccola, dalle grandi pozze d'acqua che ci obbligava ad un incedere a zig-zag e proprio in quell'istante sentimmo una impercettibile pioggerellina fine e atomizzata che si lasciava cadere quasi con noia e fatica, andava a formare una patina bagnata sul mio cappellino di pile grigio, non era pioggia ma un trasudamento continuo e insistito di quella giornata tipicamente invernale. L'odore di muschi e licheni ora si diffondeva come una fumata di pipa, curvava spesso la stradina e quà e là si vedevano sempre più cataste di legni segati, facendoci intendere che prima o poi avremmo trovato il boscaiolo.L'orizzonte s'ingrigiva ma lo spettacolo fu travolgente allor quando il nostro incedere fu sbarrato dalla ansa del fiume Lemene, largo e profondo come si conviene al signore incontrastato di queste terre di risorgiva, che ci obbligava a cambiare direzione per non finirgli dentro. Le sue acque placide ma possenti si tingevano d'un color cenere argenteo, le sponde rinforzate dalle radici di pioppi e di ontani slanciati ne contenevano il dinamismo, galeggiava ogni tanto un ramo che indicava la vena della corrente che si allontanava per sparire oltre gli allevamenti ittici di Bagnara.
Rimanemmo incantati a guardare il flusso quasi animato di quel fiume, due merli neri uscirono da un roveto saltellando sull'erba bagnata con il loro verme nel becco, ci guardarono, stettero attimi immobili a considerare cosa mai ci facessimo li, sperduti in un angolo cieco della remota campagna, si voltarono stizziti e volarono sopra un carpino, lasciando al tempo ogni risposta. In fondo, un anziano uomo si apprestava a tagliare dei tronchi con un motosega, solitario e stonato come noi che volevamo solo trovare un pezzo di tronco cavo d'albero per il nostro presepio 2009. Ora le nostre scarpe da ginnastica si erano impantanate, erano tutt'uno con il terreno fangoso, le orecchie gelavano, un venticello fastidioso spruzzava quella pioggerella sugli occhi irriverente e dispettoso come i suoi fratelli marzolini, ma ancora il disagio non era importante per la nostra missione. Proseguimmo verso il fondo del campo, dove un pioppeto ci accolse come un picchetto da parata, salutammo il taglialegna sorpreso di veder anima viva in quell'angolo di natura, ma a parte grosse radici e tronchi troppo grandi non trovammo il nostro legno. Decidemmo di fare una conversione verso una zona coltivata a foraggio, dai verdi fazzoletti intervallati dai bassi fossi in successione numerosa, e li ai lati di un bel prato triangolare il fosso era stato pulito in tutta la sua lunghezza di duecento metri, dai tronchi marciti, finalmente trovammo un bellissimo tronco cavo con una spessa corteccia in cui faceva bella mostra una edera avvinghiata, lungo mezzo metro e alto trenta centimetri, era veramente ottimo per fare la grotta del Bambino Gesù. Eravamo felici di aver realizzato la nostra idea. Lo ripulimmo, tastammo la sua solidità, decidemmo di "imboscarlo" in un fosso asciutto per poi recuperarlo con l'automobile visto il suo peso elevato. Il pomeriggio scendeva veloce, il Venchieredo comunque regalava sempre il suo mistico fascino, il mistero del tempo e della natura, ci aveva appena donato un suo frutto nel grande silenzio, in quella intimità bucolica unica di speciali posti, con la compagnia di saggi volatili, o la curiosa presenza di animaletti semplici, con la complicità della luce e degli odori. Superammo il vecchio Molino di Stalis e proseguimmo verso il centro abitato inseguiti da una pioggia che ora si innervosiva e ingrossava il suo lacrimare lento e ora copioso. Ci affrettammo con un passo spedito, felici di aver iniziato il Natale con la realizzazione di un nostro progetto, onorare la nascita del Redentore con un presepio diverso e personalizzato, insieme rapiti dalla pace e dalla serenità, preludio d'amore, vera essenza della festa cristiana. Un gatto nero si rannicchiava sotto una pianta di sempreverde, una cornacchia si posava su uno spoglio platano dal tronco maculato, mentre attraversavamo il ponticello che ci riuniva al centro abitato, il nostro cuore sorrideva soddisfatto, Buon Natale a tutti.

zanin roberto

   
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