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 Una domenica nel palloncino
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Roberto Mahlab
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Inserito - 19/11/2006 :  20:55:50  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Il pubblico crede che i supereroi siano tali di costituzione, ma la realtà che accomuna Batman, Superman, le tartarughe Ninja e me è assai diversa : allenamento, questa è la parola chiave del nostro successo nel mantenere l'equilibrio del pianeta mentre i terrestri dormono sonni tranquilli. Chi non ricorda l'imbarazzo dell'intero genere umano quando l'Uomo Ragno, dopo una settimana di bagordi alle Maldive, sbagliò clamorosamente la mira della sua tela e invece di prendere nel sacco il cattivo di turno, imprigionò una navicella spaziale di innocui turisti da Mercurio? E Hugh Jackman, in uno degli episodi degli X-Man, era un pò che non adoperava le lame incorporate nelle sue mani e se le ritrovò arrugginite? Sono notizie che a volte passano innosservate sui grandi media, ma che possono risultare estremamente dannose alla stabilità dell'universo.

E così anche io mi devo sobbarcare lunghi allenamenti in palestra e proprio stamane ci sono arrivato con largo anticipo e mi sono messo a sedere nel salottino dell'ingresso, in attesa dell'apertura degli ascensori che conducono al centro sportivo vero e proprio. Ho estratto dal borsone che contiene la tuta da palestra e, nascosto, il supercostume delle emergenze, un quotidiano finanziario e mi sono messo a far finta di leggere con attenzione il grafico del valore dei lino alla borsa di Winnipeg, mentre in verità con la supervista davo un'occhiata all'esterno del vialone, per verificare che tutto fosse in ordine.

Poco dopo sono entrati nel salottino una mamma con il suo bambino, una adorabilissima creatura di poco più di tre anni, che camminava faticosamente ma con decisione fino ad arrivare al divanetto, intanto borbottava suoni apparentemente incomprensibili, tipo :"ghe, gho", ora io conosco a memoria il vocabolario italiano-bambino e il piccolo diceva semplicemente :"adesso che sto imparando a camminare voglio vedere se riusciranno ancora a mettermi in quel passeggino dal quale non posso mai scendere senza dover far la finta di piangere e dal quale non riesco neppure a lanciare uno sguardo alle belle ragazze che passano perchè mi ci mettono in modo tale che mi risulta scomodo alzare la testa". Insomma, per chi non lo sapesse, esiste una ragione precisa quando un bambino comincia a camminare e, scoprendo le bellezze del mondo, si ribella se cercano di rimetterlo in passeggino.

Il bambino teneva al braccio un palloncino bianco, all'improvviso le sue dita non riuscirono a trattenere lo spago sottile e il palloncino volò in alto fino a fermarsi sul soffito di legno, cinque metri più in alto. "E adesso?", disse la sua mammina osservando desolata che non c'era più modo di recuperare il gioco. Il gioco? Mi bastò esercitare il supercontrollo a raggi delta per verificare che all'interno del palloncino era stata inserita una miscela di un gas di idrogeno che non avrebbe mai permesso al palloncino di scendere spontaneamente, quell'oggetto era evidentemente distribuito alle mamme ignare dal perfido Pinguino, il personaggio delle avventure di Batman che se la prende sempre con i bambini.
"Geho!", esclamò il bambino con uno sguardo implorante rivolto verso la mamma e poi, lentamente, si voltò verso di me e io rabbrividii, forse mi aveva riconosciuto o forse aveva solo dei sospetti, ma il suo sguardo era una preghiera alla quale non ero in grado di offrire resistenza. Dovevo escogitare un piano per recuperare il palloncino ma senza far scoprire i miei superpoteri nascosti, non potevo certo infilarmi la supertuta lì, in pubblico. Mi lisciai il volto e il mento con le mani come se avessi una lunga barba da saggio e mi venne un'idea :"provi a premere il pulsante di emergenza, entri nell'ascensore, scenda al club e informi qualcuno di quanto è accaduto, si faccia dare un lungo bastone e vedrà che con quello lo raggiungiamo il palloncino", chiesi alla signora. Lei annuì e fece quanto le avevo suggerito senza neppure porsi il dubbio che poteva essere solo un modo per allontanarla e permettermi di utilizzare i miei superpoteri, mi preparai e poi mi paralizzai sorpreso, la mamma era entrata nell'ascensore lasciando lì con me il bambino, mi aveva lasciato lì da solo con un bambino sconosciuto, con quel che si legge oggi sui giornali di quanto i bambini fanno agli adulti, non mi sentivo certo tranquillo.

Sospirai, dovevo cambiare il progetto in corsa, come farebbe qualsiasi buon chirurgo quando si accorge in sala operatoria di avere sbagliato diagnosi, così mi avvicinai al bimbo e lo sollevai dalle gambe e gli dissi :"oh ghoeo", il che significa ":Ok amico, coraggio, siamo solo noi due qui, adesso ti sollevo e tu cerchi di agguantare il tuo palloncino". Il bimbo non fece una piega e si allungò verso il palloncino, ma mancava un metro buono. Mi venne un'altra idea, trassi dal borsone l'ombrello portatile, tirai in fuori l'asta di metallo e la diedi in mano al bambino, risollevandolo, e gli chiesi di tentare di accalappiare il palloncino con la testa dell'ombrello, c'è da dire a suo merito che non solo non fece una piega, ma collaborò con una volontà che lo rendeva ancora più adorabile. Sfiorò ripetutamente il palloncino, ma mancavano ancora una decina di centimetri.
In quella la madre tornò su e uscì dall'ascensore e rimase impietrita di fronte alla scena che si svolgeva, il bambino che volteggiava avanti e indietro l'ombrello con l'asta completamente estratta, mentre io lo tenevo saldamente in alto dalle gambe. "Vedo che tu e il mio Riccardo ce la state mettendo tutta!", rispose con un'accettazione della realtà che mi meravigliò e poi aggiunse che nel club non erano riusciti a procurarle un bastone. Non volli scoraggiarla, ma non avevo mai pensato che le avrebbero creduto quando si era presentata chiedendo un bastone lungo per tirar giù un palloncino del suo bambino finito sul soffitto dell'ingresso, non esiste da nessuna parte del mondo un bastone lungo cinque metri predisposto a tale necessità, certo sarebbe un buon suggerimento per i costruttori di gadget : un bastone portatile e snodabile e allungabile di molti metri per agganciare i palloncini lasciati andare dai bambini, non ci sarebbero limiti alle differenti qualità, ci sarebbe quello, a prezzo contenuto, per i soffitti fino a quello, certamente molto più caro e con capsula spaziale incorporata, per recuperare i palloncini finiti nell'atmosfera.

Misi giù il bambino e riflettei ad alta voce :"amici miei, dobbiamo cambiare strategia" e tutti e tre ci sedemmo sul divanetto e ci concentrammo, con il palloncino che ci guardava beffardo dall'alto e, ma questo non lo dissi, con il perfido Pinguino che certamente stava gongolando di piacere al pensiero di aver messo in difficoltà uno dei supereroi della galassia che detestava di più.
"Il divanetto!", esclamai e mi alzai, "ma certo, lo spostiamo, uno di noi ci sale sopra e poi con l'aiuto dell'ombrello colpisce il palloncino e lo spinge verso il basso e l'altro lo prende al volo!".
"Ok, vado io!", si fece avanti la mammina con lo stesso piglio del colonnello Dolittle quando il capo di stato maggiore dell'aviazione americana domandò chi si offrisse volontario per il primo attacco a Tokio durante la seconda guerra mondiale.
Si impossessò del divanetto, ma ovviamente non potè spostarlo da sola, anche il suo bimbo si mise a spingere, ma senza mutare il risultato, io feci finta di sforzarmi, ma ovviamente applicai la superforza e il divanetto si spostò nel punto giusto proprio sulla verticale del palloncino, recitai con la dovuta scena :"però, complimenti a tutti e due, che forza avete, io non sarei mai riuscito a spostare di un solo millimetro questo spesso mobile!".

La donna si tolse le scarpe e salì, ma anche questa volta non ci fu nulla da fare, neppure con l'aiuto dell'ombrello, mancavano cinque centimetri buoni. Fu il mio momento :"ci provo io", era l'ultima possibilità, l'ultimo tentativo, la mamma e il piccolo Riccardo mi osservarono adoranti e mi sentii consapevole dell'importanza della missione, se avessi fallito, il mondo si sarebbe trasformato in un luogo assai diverso da come eravamo abituati a conoscerlo dalle origini dei tempi ai giorni nostri.

Fallii, di un centimetro. La mamma si abbassò verso il bambino e gli passò un braccio attorno al corpicino :"senti figlio mio, mi spiace che tu abbia dovuto apprenderlo già oggi, così presto nella tua giovane vita, ma ci sono alcuni eventi contro i quali l'essere umano non può fare nulla, si deve accettarli", l'animo del bambino parve ripegarsi su sè stesso, un peso improvviso e imprevisto lo sovrastava, ma non una lacrima sfuggì ai suoi occhi, le circostanze lo avevano tramutato in uomo.

Non mi guardavano, era il momento che aspettavo con ansia. Lanciai il supersoffio direzionale giroscopico, il palloncino ruotò più volte sul proprio asse, la mia mente si tramutò in un supercomputer di decima generazione, le tracce si susseguivano sullo schermo virtuale interiore, i calcoli matematici con equazioni di ennesimo grado ad ennesima incognita scorrevano velocissimi, l'impercettibile moto delle particelle d'aria parve raccogliere come su un cucchiaio il palloncino fino a farlo appoggiare sulla mia mano aperta.
Il tutto era durato lo spazio di un battito di ciglia della mamma e del bambino, di modo che non potessero accorgersi di quanto e soprattutto come, accadeva. Scesi dal divanetto, neppure il tempo del passaggio dalla speranza all'esultanza nei loro occhi, e consegnai al bambino il suo palloncino, la mamma si riscosse dallo stupore e provvide subito a legarglielo con il sottile spago al polso. Poi, sollecita, si precipitò ad aiutarmi a rimettere al suo posto il divanetto, sorridevo alla sua fatica, e dovetti fare uno sforzo di volontà per non esercitare subito la superforza, per non farla insospettire.

Mi osservarono senza dire nulla, non esistevano evidentemente parole adeguate nel vocabolario degli esseri umani, erano visibilmente commossi, la mamma prese il bambino mano nella mano e, con un cenno del capo, mi salutò :"ora torniamo a casa perchè si è fatta l'ora dei pannolini, torneremo più tardi e... grazie".

"Gohegho!", sussurrò il bambino sottovoce voltandosi un istante verso di me prima di uscire dal salottino :"lo so che ti sei chiesto perchè mai io non abbia versato una sola lacrima di disappunto, lo so che hai capito che io avevo capito".
"Gheo!", risposi a quell'incredibile e meraviglioso sorriso sussurrando :"un giorno toccherà a te".

Il salottino era di nuovo deserto, ancora pochi minuti prima dell'apertura del centro sportivo, mi sedetti e tornai alle quotazioni dei semi di lino a Vancouver, chissà quanti esseri umani in quel preciso istante stavano leggendo la stessa pagina, sereni e tranquilli, senza sapere che sulla loro serenità e tranquillità vegliavano i supereroi della galassia.

"E pensare che invece di far fatica a tirare su il bilancere, potrei sollevarlo con la superforza, ma l'istruttore che controlla che io segua il programma mi scoprirebbe, e così mi tocca sudare", riflettevo poco dopo in palestra, ansante sulla panca.

Roberto Mahlab


   
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