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 IL SALUTO DEI FIORI
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zanin roberto
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Inserito - 25/06/2006 :  12:00:13  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
IL SALUTO DEI FIORI

La bara di legno verniciato si lasciava cadere nella tomba, mentre la luce del sole affievoliva la sua intensità, coperta da nuvole grigie, il profumo dei fiori si spandeva nel cimitero austero come una preghiera di perdono.
I partecipanti al funerale si erano vestiti di scuro, con un'eleganza particolare, i veli coprivano il volto alle signore e i taschini degli uomini si adornavano di fini fazzolettini di seta bianca, qualcuno piangeva lacrimoni caldi, altri pregavano estraniati, molti gettavano un omaggio floreale prima che la terra coprisse la bara.
La morte accentua i sentimenti di amore, di fratellanza, di amicizia, da secoli siamo abituati a fare, ad eseguire gesti consueti, cerimoniali ripetuti, a staccarci dal morto con un coinvolgimento di provata socialità.
Quale migliore simbolo del fiore, che a mazzi o singolo, in corone o cuscini, utilizziamo per spedire oltre la materia, il nostro saluto commosso, sincero, all'anima che se ne va nel mondo dei morti.
Ma da quando lo facciamo? Chi ci ha pensato per primo?
Saliamo insieme nella mia consueta macchina del tempo, che ho utilizzato per il mio vagabondare nella storia antica e andiamo a ritroso, ok, si parte.
Eccoci in età antica, al tempo dei Romani, dove pigne, petali, grappoli, fiori vari vengono scolpiti e dipinti nelle tombe, dove in ogni decorazione si fa uso del floreale, indietro, indietro, eccoci con gli Etruschi, nel IV secolo avanti cristo, con piante di ulivo e melograni vai vermigli fiori, fiori di rosa e di gelsomino dipinti alle pareti delle tombe, ma andiamo indietro, indietro, fino ai Fenici e ai Greci, siamo nel I millenio avanti cristo, ancora fiori, gigli e nasturzi a salutare i defunti, indietro, indietro, siamo in Mesopotamia nel V millenio avanti cristo e in Egitto, si abbonda in fiori di Loto e in piante di Papiro, in spighe dorate e in papaveri rossi, poi ancora indietro e indietro, nel semibuio dell'età del bronzo.
Il nostro orologio di bordo si ferma al 20.000 avanti cristo, nelle grotte francesi, dove le incisioni rupestri di graffiti si caratterizzano per le descrizioni della fauna di cavalli, stambecchi, bisonti, antilopi, lupi, uri, ma non ci sono fiori o piante, l'interesse dei nostri progenitori svanisce, non include il mondo floreale.
Riprendiamo la macchina del tempo, andiamo ancora indietro,indietro, tra glaciazioni ed eruzioni vulcaniche spettacolari, dove l'uomo ha imparato a diventare Sapiens.
L'uomo coperto di pelli di capra è triste, la lunga barba lo invecchia più di quanto i suoi ventotto anni dimostrino, accanto giace il corpo della sua compagna, morta.
Le luci del giorno si stanno per spegnere, all'ombra di un alto cipresso una esigua fila di uomini scava una fossa nella rossa terra polverosa.
Siamo nel 50125 avanti cristo, questo gruppo di Neandertaliani, nostri cugini, sono accampati nelle colline che sono attraversate dallo Zab, un'affluente del grande fiumi Tigri e le loro capanne si dispongono a cerchio nel pianoro a 750 metri sul livello del mare, a SHANIDAR, un villaggio dell'IRAQ settentrionale.
Il volto scuro dell'uomo si riga per qualche minuto di umore, piange senza accorgersene, sta rivedendo i suoi dieci figli, che la sua compagna ha cresciuto, quattro maschi e una femmina che gli assomiglia, gli altri se ne sono andati prima, malattie, predati, malnutriti, congelati. Stavano insieme fin da ragazzi, era stata la sua compagna per tanti anni, ora non si rassegnava a perderla cosi, per un morso di serpente che l'aveva colta ad una fonte mentre si dissetava.
Aveva lottato per due giorni, contro quel veleno, che l'aveva paralizzata, poi nonostante lo sciamano le avesse praticato una profonda incisione salassante, non c'è l'aveva fatta, il cuore aveva ceduto e lei si era addormentata in una notte profonda e infinita.
Lo scuotevano le manate dei suoi parenti ma lui non si destava da un torpore simile a quello che ti prende quando il gelo vince le ultime residue forze, d'improvviso guardò come un felino ferito gli amici che iniziavano a trasportare il corpo esangue per seppellirlo,li fermò perentorio e li scongiurò di aspettare.
Si diede ad una corsa eccitata, lo vedevano correre poi fermarsi, chinarsi, riprendere a correre quindi di nuovo chino al terreno, finchè dopo una mezz'ora ritornò con un fascio di fiori di campo, gialli, azzurri, arancioni, viola, blu, bianchi, una grande varietà floreale, si fermò davanti alla fossa, chiuse gli occhi e annusò con intensità gli aromi che si sprigionavano, le fragranze dai tanti toni speziati, dolci, stuzzicanti, alzò gli occhi al cielo e si sciolse in un gesto liberatorio, gettando l'arcobaleno arboreo sul letto della tomba.
Cadde a terra, battè i pugni sulla polvere argillosa e chinò la testa come un feto appena nato.
Tutti rimasero in silenzio, due donne gli si avvicinarono e lo baciarono sulla fronte, mentre dei ragazzini veloci si procurarono dei fiori e imitando il vedovo, gettarono a loro volta quel dono del cuore.
Quando adagiarono la salma sulla buca, si posò su un materasso di fiori, profumati, dai colori vivaci che resero la sepoltura più umana, l'addio meno doloroso, la morte un sentimento mistico e rispettoso.
Quando gli archeologi, pochi anni fa, trovarono otto scheletri neandertaliani in quel sito di SHANIDAR ed iniziarono le analisi, fu grande l'emozione nello scoprire che sotto lo scheletro di una donna vi erano grandi quantità di pollini di specialità floreali, quale prova di una delle più antiche tracce di attività emotiva e spirituale di ominidi sinora note.
Quando anche l'ultimo lembo di sole si era eclissato e la sera si accingeva ad avvolgere ogni forma con la sua ombra grigia, quell'uomo aveva capito che aveva perso la donna che amava, la madre dei suo figli, e non conosceva un lessico ricco per gridare il suo dolore, non sapeva ancora cos'era la scrittura, ne sapeva cantare melodie intonate, o scolpire statue ma aveva tradotto il suo sentimento con un gesto che diventerà uno dei più significativi dell'uomo, aveva portato fiori a un morto per onorarlo e salutarlo amorevolmente.
50.000 anni fa, le lacrime prersero anima.


di Zanin Roberto

   
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