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 Le api
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 02/11/2005 :  09:35:18  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Le api
Annibale doveva collaborare con un cliente a portare avanti un allevamento di api. Il cliente si chiamava Salvatore ed era proprietario di un appezzamento di terra sul quale voleva avviare l’apicoltura. Lo conobbe e fraternizzarono subito. Aveva bisogno di un consulente commerciale per risolvere i problemi in questo affare. L’apicoltore conosceva i sistemi tradizionali utilizzati, ma era consapevole che oggi i procedimenti sono molto più avanzati ed efficienti. Dunque Annibale doveva documentarsi su quanto riguardava quel settore e poi contattare i rivenditori specializzati in attrezzature per questo tipo di allevamento.
Salvatore era un tipo simpatico, chiacchierone e ghiotto di miele; asseriva di averne sempre mangiato molto. Aveva spiegato ad Annibale che all’interno di un alveare, la vita è regolata da norme e tempi precisi, rispettati dalle api per istinto sin dal giorno della nascita. Esse comunicano con un loro linguaggio che è quello della danza. Se ad alcune api si offre una ricca fonte di nutrimento, esse lo comunicano e tornano in quell’esatto punto portando con sé altre compagne.
Annibale si appassionò a quell’argomento e cominciò a studiarlo. Scoprì che le api hanno un ottimo senso dell’orientamento e sanno calcolare se avranno luce per il tempo necessario a volare dall’alveare al nettare e viceversa. La regina depone le uova nel favo, una costruzione di cera costituita da piccole celle a forma esagonale. Dall’uovo può nascere un’ape operaia, una regina oppure un fuco, il maschio. In un solo giorno, può deporre un migliaio e mezzo di uova, scaricandosi di un peso pari al suo corpo. Le operaie per comunicare, usano due tipi di danza: la danza del cerchio o quella dell’addome.
Si documentò ulteriormente e seppe che nell’apicoltura rustica si usava, come arnia, una porzione di tronco d’albero chiusa superiormente. Lì le api costruivano i favi attaccati alle pareti. Per prendere il miele, si asfissiavano le api e si distruggevano i favi. Nell’apicoltura razionale moderna, si usano invece arnie a favo mobile, che non richiedono l’apicidio né la l’eliminazione dei favi. Essa è poi facilitata dallo smielatore e dal foglio cereo. La produzione del miele dipende anche dalle condizioni ambientali ed è strettamente legata all’abbondanza di piante nettarifere poste entro un raggio di tre chilometri dall’arnia. La smielatura deve essere fatta con cautela. Dopo che è stato tolto il miele dai favi, essi s’immergono in acqua calda per fare fondere la cera.
Queste nozioni Salvatore le conosceva bene ed era ferrato sull’argomento. Quindi ne discuteva con Annibale e lo faceva appassionare sempre più, dandogli ulteriori informazioni sulle varie qualità di miele. Secondo la predominanza della specie di fiori , le api producono tipi di miele dai diversi aromi. Esiste dunque il miele di prato, quello di bosco, di brughiera, di monte, di acacia, di tiglio. L’appezzamento di terra di Salvatore era molto ricco di prati, erba e fiori selvatici, dunque si sarebbe prestato a un buon allevamento. Nel giro di alcuni mesi, Annibale vi fece costruire un grande magazzino con le attrezzature indispensabili e furono impiantati i più moderni elementi necessari per l’apicoltura. Venne anche costruita una casetta dove il proprietario e la sua famiglia avrebbero potuto trascorrere alcuni periodi dell’anno.
Tutto procedeva per il meglio e l’attività era stata avviata bene.
Salvatore era contento e aveva comprato dell’altro terreno adiacente al suo. Lì, aveva fatto costruire dei gazebo e una grande cucina. Aveva infatti anche la passione per l’arte culinaria che condivideva con la moglie. Si era dunque fatto venire l’idea di ospitare delle persone per i ricevimenti di nozze. Il posto, circondato di verde e di fiori, si prestava a tale scopo. In occasione dei trattenimenti, avrebbe assoldato cuochi e camerieri.
Così una mattina, erano attesi molti invitati per un matrimonio.
Salvatore stava montando un rubinetto in una fontanella. La moglie era impegnata in cucina negli ultimi preparativi per il pranzo nuziale. Il figliolo era in casa a rivedere i conti di cassa.
Era entrata un’automobile nella proprietà. Ne era sceso un individuo, si era avvicinato a Salvatore e gli aveva sparato a bruciapelo. Poi era risalito in auto ed era fuggito.
Erano accorsi tutti, ma il poveretto era già morto. Poco dopo era arrivata la Polizia, e successivamente era arrivato anche il corteo degli sposi. Gli invitati non avevano capito niente di ciò che era accaduto poiché la moglie, nonostante lo shock, aveva deciso che tutto doveva continuare, per non rovinare la festa e per il bene degli sposini.
Gli inquirenti avevano fatto i rilievi sul luogo dell’omicidio mentre nelle vicinanze, la gente festeggiava. Era stato sparato un solo colpo mortale e il figlio era accorso giusto in tempo per vedere l’auto fuggire. L’omicida doveva essere un professionista e aveva agito con la massima
determinazione. Ma perché?
Apprendendo quella morte improvvisa e violenta, Annibale fu molto dispiaciuto. Aveva simpatizzato con Salvatore e lo considerava un tipo bonario e altruista. Conobbe invece tante verità nascoste e particolari inediti che le malelingue non tardarono a mettere in giro. Per esempio, si disse che la vittima si era arricchita ai danni della povera gente prestando denaro a usura. Si disse che il terreno dell’allevamento di api era maledetto, poiché vi sorgeva anticamente un cimitero e Salvatore ne aveva fatto distruggere i resti. Raccontarono che molte persone lo odiavano perché si fingeva filantropo ed era invece avaro, egoista e meschino.
L’apparenza inganna! pensava Annibale. E non si riesce mai a conoscere veramente il prossimo. Avrebbe scommesso a cuor leggero sull’affidabilità dell’individuo e invece si doveva ricredere.
Il figlio di Salvatore gli raccontò che il padre era quello che si definisce un self made man , cioè si era fatto da sé, anche calpestando i piedi di molti, ma non era vero che avesse fatto lo strozzino. La madre poi era una santa donna e si era dedicata alle opere di carità e beneficenza. Risparmiava su tutto, non si comprava abiti e accessori e portava i suoi risparmi negli orfanotrofi e nei centri di assistenza. A volte restava digiuna, metteva da parte e portava cibo e vestiario ai poveri.
Il cuore umano è un mistero profondo! rifletteva Annibale. La generosità delle persone può sfiorare l’inverosimile e non ce ne accorgiamo. Anzi spesso pensiamo di non riuscire a fare altrettanto.
La morte di Salvatore restò insoluta e di quel delitto non fu mai scoperto né l’autore, né il mandante.


Gabriella Cuscinà

   
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