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 La Montagna Oscura
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luisa camponesco
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Inserito - 03/10/2007 :  14:31:34  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


La montagna oscura

Tutte le sere la osservava dalla sua capanna, giù nella valle. Quante storie gli avevano narrato, alcune belle, altre terrificanti, fin da quando era molto piccolo e faceva i capricci. Spesso si addormentava coprendosi il capo con la folta pelliccia che gli faceva da coperta nelle notti d’inverno, pensando a draghi alati e, nelle sere estive, guardando il sole tramontare sognava di vivere straordinarie avventure.
- Olaf vieni! È ora di cena. – sulla porta di casa sua madre Irima lo attendeva, allora piantò il forcone nella paglia e si pulì le mani nei pantaloni.
Erano seduti a tavola davanti ad una ciotola di brodo fumante, quando udirono bussare alla porta.
- Chi sarà mai a quest’ora?- domandò la madre.
- Vado io ad aprire. – disse Olaf
Il viandante, avvolto in un mantello che aveva visto tempi migliori, appoggiato ad un nodoso bastone mostrava in volto i segni della stanchezza.
- Chiedo solo un po’ d’acqua. Cammino da due giorni mi basterà sedermi un po’ qui fuori, solo per riprendere le forze.
- Fra un’ora sarà buio e le notti ora sono fredde, entri in casa, almeno starà accanto al fuoco.
Irima era sempre generosa con tutti e suo figlio non era da meno.
- Non voglio esservi di peso, credetemi mi basta solo un mescolo di acqua.
- Nessuno può resistere agli inviti di mia madre, poi non abbiamo mai ospiti con cui scambiare due chiacchiere. – Olaf gli tenne la porta aperta e quando lo vide zoppicare lo sorresse per un braccio.
- Siete persone caritatevoli e il bene entrerà in questa casa.
Irima lo fece sedere a tavola, gli diede del pane un po’ di formaggio e la minestra calda. L’uomo annusò il profumo di verdure e spezie che emanava il brodo e socchiuse gli occhi per assaporarlo meglio.
Mangiò con avidità e quando si accorse di essere osservato mostrò un certo imbarazzo.
- E’ da così tanto tempo che non siedo ad una tavola che dimentico anche le buone maniere.
- Non si preoccupi, fa piacere vedere qualcuno che apprezza ciò che cucino. – Dicendo questo Irima lanciò una occhiata di rimprovero ad Olaf, lui faceva sempre storie per mangiare.
- Deve aver camminato molto, ci racconti da dove viene!
- Lascialo in pace Olaf! – rimproverò la madre.
- No, va bene così, è giovane, è curioso ed è un bene, lo ero anch’io alla sua età. Abbi solo un po’ di pazienza e ti racconterò tutto.
L’ospite fece onore alla cena con una seconda tazza di minestra.
Finalmente si trovarono tutti seduti davanti al fuoco crepitante del camino, mentre fuori si scatenava una bufera di vento.
- Ragazzo, vuoi sapere da dove vengo?
Madre e figlio annuirono insieme e l’uomo sorrise mentre ripiegava con cura il mantello.
- Di strada ne ho fatta molta, ah i miei poveri piedi!!!!
- Prendo subito una bacinella con dell’acqua calda. – rispose Irima con solerzia.
- Ricorderò tutto quello che avete fatto per me stasera, ma ora vi racconto qualcosa di me. Mi chiamo Bryn vengo da una villaggio dall’altra parte della montagna e devo recarmi in un luogo chiamato Hivaill.
- Vieni dalla Montagna Oscura? – Olaf sgranò gli occhi.
- È così che la chiamate! Montagna Oscura, si, direi che il nome ben si addice.
- Hai visto i draghi?
- Draghi? Ahahahah - la risata di Bryn risuonò in tutta la casa – Ragazzo! ho visto molto di più! – La sua voce si fece più bassa, quasi bisbigliante.
- Avvicinatevi! Loro hanno orecchie ovunque!
- Loro? Chi sono loro? – Irima era visibilmente turbata.
- Ssssttt! Loro sono le ombre della foresta Tenebrosa.
- Ohhhhh – Olaf si portò la mano alla bocca e fece un sobbalzo quando il vento prese a fischiare giù per il camino facendo impazzire le fiamme.
Irima, inconsciamente si strinse lo scialle attorno alle spalle, mentre Olaf attendeva il resto della storia.
Bryn si protese verso il fuoco scaldandosi le mani mentre, tutt’intorno regnava un’atmosfera carica di mistero.
- Dovete sapere – proseguì Bryn – che molto tempo fa dovetti lasciare il mio villaggio, moglie e figlio, affidandoli a mio fratello e presi la strada della montagna. Tutti dicevano che ci fosse un tesoro nascosto nel fondo di una caverna situata proprio sotto il corno del Drago.
- Ma allora i draghi ci sono per davvero!! – Gli occhi di Olaf brillavano per l’emozione.
- Il corno del Drago è una roccia dalla forma strana, ma…..chi l’abbia scolpita questo nessuno lo sa.
- Allora, l’hai trovato il tesoro?
- Calma, calma ragazzo, è solo l’inizio della storia.
Il vento ora soffiava più forte e faceva tremare le ante di legno e, filtrando fra le fessure, portava con sé polvere e terra.
- Orbene. - proseguì Bryn – presi il sentiero che porta alla Vetta Alta. Ero già a metà strada quando un vento, proprio come questo, mi costrinse a fermarmi e cercare un riparo. Mi appoggiai alla parete aggrappandomi alle radici degli alberi che fuoriuscivano da essa. Ma non ci fu nulla da fare, il vento mi trascinò lontano sollevandomi in aria.
- Hai avuto paura? – Lo interruppe Olaf
- Ero terrorizzato, credevo d’esser giunto alla fine dei miei giorni. Vedevo il mondo dall’alto volavo come fossi un uccello.
- Allora cosa hai fatto? –
- Cosa ho fatto? Ho spalancato le braccia come ali ed ho seguito la corrente.
Bryn tacque ed attese di vedere l’effetto che il suo racconto faceva sui volti di Olaf e Irima.
- E dove sei arrivato volando? – incalzò Olaf
- Qui viene il bello, il vento mi depositò davanti all’ingresso di una grotta.
- La grotta sotto il corno del Drago! – esclamò il ragazzo al culmine dell’eccitazione.
- No, no! Quella grotta non portava da nessuna parte, e non era nemmeno molto grande.
Olaf lo guardò deluso perché si aspettava qualcosa di più eclatante, ma che Bryn avesse catturato l’attenzione di madre e figlio era più che evidente.
L’ululato del vento e il crepitio delle fiamme nel camino imprimevano al racconto un qualcosa di magico.
- E dopo? Cosa è accaduto in quella grotta?
- Ahhhh ! è accaduto un fatto incredibile. Mi ero rintanato nel punto più lontano dall’ingresso avvolto nel mio tabarro ma, siccome faceva troppo freddo decisi quindi di accendere un fuoco visto che la legna secca abbondava. Il calduccio incominciava a farsi sentire allora mi sdraiai e fu allora che la vidi.
- Cosa hai visto?
- L’ombra, mi osservava dall’alto del soffitto.
- Era la tua ombra? – chiese Irima
- Lo pensavo anch’io ma l’ombra si muoveva mentre io ero fermo. Incominciai ad avere paura. mentre l’ombra scivolava lungo la parete per poi sparire in una fessura.
- Poi cosa è successo? – chiese di nuovo Olaf
- Poi mi sono addormentato, sembra incredibile eppure è così! Solo che al mattino….
- Al mattino… - sollecitò Irima
- Al mattino, la caverna era piena di ombre minacciose.
Madre e figlio impallidirono. Bryn estrasse da sotto la giacca una pipa e, preso un bastoncino tolto dal fuoco, la accese. Una nuvoletta grigia e filiforme salì verso il soffitto. Il vento era cessato ma la pioggia batteva sul tetto della capanna, l’uomo tacque godendosi il profumo del tabacco.
- Continua! – Olaf si fece più vicino.
- Potete immaginare lo spavento che mi sono preso. Quelle ombre erano tutte sopra di me e poi accadde un fatto strano. Si radunarono tutte all’ingresso della grotta e mi fecero segno di seguirle. Beh, credo che nessun essere umano avesse mai calcato il sentiero che percorsi quel giorno. Non avevo mai visto alberi con i rami così contorti e spogli parevano braccia pronte a ghermirti. Fu così che seppi dell’esistenza della foresta Tenebrosa.
- Però dal momento che sei qui non ti è successo nulla di male.
- Sveglio il ragazzo! – esclamò Bryn con la pipa fra i denti. – Ma non è stato così semplice. Il sentiero che stavo percorrendo portava ad una altura dominata da un albero enorme. Non aveva mai visto nulla di simile. Le radici affioravano formando un mostruoso intreccio ma solo quando fui abbastanza vicino mi accorsi che nascondevano una cavità ed io venni spinto nell’interno. Era talmente buio che ho dovuto pizzicarmi il viso per sapere se ero sveglio o sognavo.
- E le ombre? – incalzò Olaf
- Le ombre al buio non si vedevano, ma c’erano. Io le sentivo, mi spingevano, mi costringevano ad andare avanti.
- Chissà che paura hai provato! – esclamò ad un tratto Irima.
- Puoi bene dirlo, ho camminato alla cieca per un buon tratto e all’improvviso…. Mi sono trovato in una caverna immensa e ben illuminata.
Madre e figlio lo guardavano a bocca aperta, talmente presi dal racconto di Bryn da non accorgersi che la pioggia era cessata e dalle fessure delle ante filtrava il chiarore di una timida luna.
- Allora è vero quello che si dice della Montagna Oscura!
- Non so, ragazzo mio, cosa si dica da queste parti, ma nessuno può immaginare cosa ho visto.
- Cosa hai visto? - Olaf spalancò gli occhi
Il fuoco si stava spegnendo, le braci parevano implorare d’essere ravvivate, Irima si mise a soffiare Bryn prese alcuni ramoscelli secchi e li pose su di esse a mo di cupola. Ed ecco le fiamme prendere vita, illuminare la stanza ed effondere calore. Le lingue di fuoco, danzando, catturarono l’attenzione di tutti e anche Bryn per un attimo si scordò del racconto, rapito com’era dal fascino del fuoco.
- Racconta! – dissero madre e figlio
- All’inizio non capii di cosa si trattasse, le ombre passavano veloci impedendomi di vedere chiaramente ma alla fine scorsi una serie di oggetti ammassati alla rifusa.
- Hai trovato il tesoro! – Olaf non si accorse di aver urlato.
- Qualcosa di simile, vedi ragazzo non era un tesoro fatto di perle, smeraldi, oro e argento, ma era ugualmente prezioso, forse anche di più.
- Ma cosa può esserci di più prezioso dell’oro?
- Hai ancora molto da imparare, in quella caverna c’erano tutte le cose che gli uomini hanno perduto durante la loro vita. Cose che hanno un valore speciale o che ci ricordano qualcuno. Un vecchio libro, un fazzoletto di lino, un abito stinto.
- Ma queste cose non valgono nulla!
- Forse per te e non è tutto, non c’erano solo oggetti materiali ma,in strani contenitori galleggiavano i sentimenti umani, come la speranza o l’amore perduto.
Olaf era visibilmente deluso, sperava in qualcosa sorprendente, però, rimaneva ancora domanda da fare.
- Come hai fatto ad uscire dalla caverna?
Bryn sospirò.
- Veramente non comprendo ancora del tutto ciò che mi accadde. Le ombre m’impedivano di vedere l’uscita. Stavo per rassegnarmi quando su di una ampolla dal colore rosato lessi il mio nome.
- Il tuo nome!!! – esclamò Irima
- Sull’ampolla c’era scritto “IL CORAGGIO DI BRYN”. Potete immaginare il mio stupore, presi l’ampolla e la strinsi a me. Un’energia nuova come una scossa elettrica mi pervase. Non avevo più paura delle ombre, mi cadde il velo che avevo sugli occhi e vidi la luce del giorno penetrare all’interno della caverna e poi ho trovato il sentiero che portava a valle fino a giungere davanti alla vostra casa.
- Allora – proseguì Olaf – se un uomo trova ciò che ha perduto può prenderlo e portarselo via!
- Proprio così ragazzo, ma attento se non lo trovi dovrai rimanere il quel luogo per sempre, prigioniero delle ombre.
Il racconto era finito, così come la legna nel camino, ma, il chiarore dell’alba si faceva strada e la nebbiolina del mattino si dissolveva man mano i raggi caldi del sole accarezzavano la vallata.
- E’ ora che io vada, il mio cammino è ancora lungo. Non ho molto con me, ma vorrei ringraziarvi per avermi accolto.
Frugò nella sacca di tela che aveva con sé, estrasse un sacchetto lo consegnò ad Olaf.
- Perché tu possa ricordarti di questa notte.
- Puoi rimanere se vuoi. – disse il ragazzo speranzoso.
Bryn sorrise e uscendo riempì i polmoni di aria fresca, poi, si incamminò per la sua strada, verso il suo destino.


Irima fece scaldare il latte appena munto e il profumo di focacce si diffuse nella cucina. Olef si accorse di avere fame ma prima volle vedere ciò che Bryn gli aveva donato. Estrasse dal sacchetto una pietra nera con impressi strani segni. Solo dopo una attenta osservazione comprese trattarsi di un disegno, il disegno della Montagna Oscura e dell’ingresso della caverna delle ombre.
Strinse la pietra nella mano, ora sapeva, sapeva dove cercare ciò che avrebbe potuto perdere un giorno nel corso della sua vita.
Guardò la montagna e gli parve meno buia, meno ostile e ……..meno oscura.










Luisa Camponesco

   
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