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 LE MASCHERE
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zanin roberto
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Inserito - 09/02/2009 :  21:46:13  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
LE VOCI DEL CARNEVALE

Il silenzio era appena ritornato, l'eco degli applausi s'era perso nel teatro, gli spettatori frettolosi avevano guadagnato l'uscita, dove una leggera nevicciola cadeva quasi timida e impacciata, la mezzanotte dominava il stanco spegnersi della città.
Sentivo il mio cuore ritmare cadenzato e una frotta di pensieri si arginavano a malapena, camminavo solitario fino a raggiungere il palcoscenico, mi fermai al centro del proscenio per dominare la platea, deboli luci esterne rimbalzavano ad illuminare un pò lo spazio intorno, mi girai soddisfatto di aver avuto un attimo di centralità, uscii lateralmente nelle quinte e girovagai assorto. Mi sarebbe piaciuto recitare quel bel testo, metafisico, Primo Amore, ma non incontravo il favore dei miei amici attori, eppure prima o poi lo avrei recitato, mi convincevo.
Sentii, appena per una frazione di secondo, un rumore provenire dal magazzino sotterraneo, quasi un singhiozzo, un pianto lievemente accennato, mi incuriosii ma allo stesso tempo ebbi paura, esitai, presi un bastone e senza far rumore scesi le ripide scale di legno. Entrai in un vasto stanzone ingombro di costumi, mobili di scena, materiali in cartongesso, riflettori, lunghi tappeti e grandi arazzi scenici, accatastati in un guazzabuglio di oggetti a formare un labirinto, in un dedalo di percorsi stretti e ciechi, dal fondo sentii distintamente uno strano vocio, metallico, quasi un suono da vecchio disco anni trenta, non riuscivo però a vedere nessuno.
Mi avvicinai, in preda a un'eccitamento involontario, mi aspettavo uno scherzo di qualche burlone, forse un galeotto incontro di amanti, magari trovavo un rifugio di losche figure o di emigranti illegali, forse era solo la mia fantasia che cercava sempre utopie. Finalmente raggiunsi uno spiazzo dove c'era una scaletta e la salii fino all'ultimo scalino, dall'alto ora dominavo il fondo della stanza, irragiungibile apparentemente a piedi.
La luce incerta delle uscite di sicurezza e un paio di aranciate lampadine illuminavano un'atmosfera irreale e magica, un ragazzo si agitava, saltellando tutt'intorno a un'assemblea di strane persone sedute a cerchio, aveva una strana divisa multicolore, fatta di triangoli variamente colorati e sul volto aveva calata una maschera nera che ne celava l'età e la fisionomia.
- " Fioi, sentime, che xon sincero...no gavemo futuro, non ghe xe più passion, non ghe xe più arte, ostrega...capime! fasemo la fine dei burattini lassai tal casson ! " - il dialetto veneziano arrivava al mio orecchio musicale e barocco con quel suo tono antico e la passione d'altri tempi, era una maschera, era Arlecchino!
- " Vattinne...ma che stai dicendo, a ca nisciuno è fesso...muorto io non saria già mai ! " - ribattè in un largo dialetto napoletano lo scocciato uomo che vestiva un abito bianco da piazzaiolo con un lungo cappello floscio che gli cascava sulle spalle, agitava una clava o mo di bastone e si agitava irrequieto.
_ " Signori, signori,...sorbole! calma e riflettiamo! Sono tempi duri, è vero Arlecchino ma supereremo anche questo periodo di decandentismo morale e ideale, però perdindirindina rimaniamo uniti, Pulcinella hai ragione, tu che ne hai passate tante devi incoraggiarci a resistere, sine qua non nel qui pro quò! " - concluse il dotto o almeno nelle intenzioni, panciuto personaggio.
- " Eh,...voi dottor Balanzone avete studiato, noi siam servi, che volete che capiamo di, di...filosofia, di teatro, noi siam personaggi che nessun bambino vuole più, non ci amano più, non ci cercano più, a carnevale ci sono i nuovi personaggi dei fumetti, dei cartoni animati, si sono....tutte la TV...ci sono..." - non fini la frase perchè i singhiozzi di un pianto trattenuto lo avevano travolto emotivamente. Il suo costume bianco con i galloni verdi lo distiguevano dagli altri per un mantello portato con maestria sulle spalle e l'immancabile maschera come tutti al volto.
- " Amico Brighella, fedele compagno de tante avventure ghe la fasemo, su su...non sta ad angustiarte che vegnarà el seren ! " - disse Arlecchino sinceramente commosso battendo una mano sulla spalla del prestante amico.
Non riuscivo a capire dove mi trovavo, cosa erano quelle persone, spettri o fantasie del mio inconscio! Ero rapito dal loro dinamico partecipare, dal coinvolgimento emotivo che trasmettevano, dal loro genuino essere maschere, dignitose e sincere. Arlecchino, Pulcinella, dottor Balanzone, Brighella, erano gli eroi dei miei lontani carnevali di ragazzo, erano le icone delle mie maschere, mi chiedevo che cosa fosse successo loro, scomparse, dimenticate o peggio eliminate in nome di un moderno apparire. Volevo intervenire, dire quanto mi dispiaceva che il carnevale si stesse dimenticando di loro ma ero distante e forse non mi capivano e magari non mi vedevano. Il tempo si era dilatato, una luce rossastra avvolgeva con intrigante magia l'atmosfera, sentii il rintocco dell'una di notte, cercai di avvicinarmi maggiormente a loro, scostai delle tavole, avanzai con difficoltà, salii sopra un cavallo di scena e ripresi ad ascoltare.
- " Maschere che stammo a di, semo o non semo er meio della commedia dell'arte ? Semo o non semo figli der Goldoni, eh si, der grande Goldoni, riprendemose er nostro ruolo, ve invito a far na dimostrazione de protesta al prosemo spettacolo...na improvvisata coi fiocchi !"- sicuro e aristocratico avvolto nel suo rosso costume incise sull'umore di tutti.
- " Ma Rugantino, che possiamo fare noi maschere senza l'appoggio d'un impresario, di un regista, senza gli attori che ci impersonano...ah, per me non c'è via d'uscita, parola di Meneghino! " -
- " Non diamoci per vinti, una via d'uscita ci sarà pure, ma certo non è facile, dobbiamo trovare il modo di farci vedere e sentire, ad ogni costo! " - aggiunse Gianduia, con il tono di un novello Pietro Micca, che a Torino tutti conoscevano come uomo schietto e per niente sciocco.
I colori dei loro costumi che si alternavano al centro dello spazio, i loro accativanti dialetti, i loro vezzi, le movenze teatrali, le piroette, mi incantavano, mi facevano essere al più bel carnevale del mondo. Nessuno lasciava mai cadere il discorso, Arlecchino danzava sulle parole dei colleghi e prendeva per mano Brighella, Meneghino e Pulcinella in una sorta di girotondo da iniziazione, Gianduia e Rugantino ritmavano il ballo con le percussioni delle mani su dei bidoni, mentre il dottor Balanzone fumava pensieroso il suo sigaro enorme. Prese la parola il più anziano del gruppo, Pantalone:
- " Sentì, fioi miei, quà non xe và da nessuna parte, sentì un vecio che la sa lunga sulla vita, metteve el cor in pase e dismentegheve chi che gieri, nissun ne vol più, miseria e disgrasia! " - l'intervento del vecchio, dall'uncinato naso, indispettì tutti, di colpo scese il silenzio, si senti solo il ghigno dell'arido Pantalone che si rannicchiava in un angolo.
- " Arlecchino,Pulcinella,Brighella,Meneghino e voi tutti maschere della commedia dell'arte sentite, tra dieci giorni il teatro farà esordire dei bambini con monologhi sulla luna, poco prima che lo spettacolo inizi, uno alla volta ci caleremo sulle vesti dei piccoli attori, entreremo con loro sul palco. Condizioneremo la loro plasmabile fantasia e li faremo dire il nome e la città di appartenenza della maschera, con la supplica di ricordarsi che esistiamo, che facciamo parte della storia del carnevale, ne siamo l'iconografia tradizionale, con dignità senza dimenticare la nobiltà che ci ha caratterizato nei secoli. " disse Stenterello, appena denunciando la sua cadenza fiorentina, con slancio e determinata fiducia.
- " Siamo a questo...purtroppo...è una violenza ma non vedo altro modo! " - commentò Balanzone.
Capitan Spaventa, Colombina, Ruzante, Tartaglia e Scapino, applaudirono in segno di approvazione, Arlecchino abbracciò Pulcinella, Brighella fece una capriola, Meneghino alzò sulle spalle Rugantino, dottor Balanzone riportò tutti alla calma.
- " Maschere, cosi sia, che il carnevale ritorni nei nostri cuori, che le stelle filanti e i coriandoli ritornino a incipriarci il costume, siamo orfani da troppi anni del nostro ruolo... maschere alla scena, mai più senza di noi! " - disse sforzandosi di non allargare troppo il tono dialettale bolognese e producendo un sonoro applauso.
Mi feci largo tra le cassepanche, inciampai su uno strano sgabello, arrivai finalmente nello spiazzo dove erano riunite le maschere pochi minuti prima ma ... non c'era nessuno, chiamai ad alta voce ma nessuno rispose, mi sforzai di trovare traccia di loro ma non c'era niente. Disperato per aver trattenuto il mio solidale compiacimento, per non essere riuscito a dir loro che io ero assolutamente daccordo, che avevano ragione, che il loro risentimento era il mio mi rammaricai dell'occasione perduta. Soprattutto non ero riuscito a dire ad Arlecchino che quando avevo sei anni mi regalarono un nuovo vestito di raso, del suo costume e io lo ricordavo con orgoglio, con la felicità e la gioia del condividere il mestiere della maschera, mi era rimasto dentro, nell'animo, come un compagno che nelle avversità della vita mi aveva ricordato il sorriso.
Dov'erano, mio Dio, dov'erano andati?
- " Ho bisogno di voi, ragazzi, amici miei non nascondetevi, perchè, perchè non mi ascoltate! " - dissi disperando di incontrarli, mi sedetti su una poltroncina e mi portai le mani al viso, poi sentii l'aroma di un sigaro, su una scatola di alluminio c'era un mozzicone che si spegneva, come la mia speranza di vedere le maschere del carnevale.

zanin roberto

   
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