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 IL PRIMO SCRITTO UMANO
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zanin roberto
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Inserito - 29/05/2006 :  21:22:38  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
IL PRIMO SCRITTO UMANO

Prima della parola scritta, prima di ogni alfabeto, prima di ogni lettera, prima di ogni disegno, c'erano solo semplici segni, impronte, macchie, giochi di colore, graffi, incisioni senza senso.
Forse una mano sporca del sangue d'una caccia e della successiva macellazione, per pulizia, è stata strofinata sulla parete di una grotta, su una roccia o su un pezzo di legno, lasciando una striscia confusa e intermittente.
Forse delle mani infangate si sono strofinate su delle larghe foglie palmate, lasciando linee, canali incurvati o rettilinei e per anni nessuno si è accorto della stesura di quei segni occasionali.
Forse, dopo la scoperta del fuoco,o forse prima, trovato dei legni carbonizzati da un fulmine o da incendi provocati da lava incandescente, qualche uomo scimmia inavvertitamente l'ha sbattuto su una superficie liscia, chiara, scarabocchiando segni occasionali.
Forse la raccolta di alcune bacche, rosse o blu, una volta pestate, coloravano la pelle,ma si potevano usare per macchiare o per decorare.
Forse scheggiando la selce, con improvvisati raschiatoi si potevano incidere pietre più tenere, gessose,tuffacee, e le decorazioni potevano essere geometriche. Ma la scrittura aveva bisogno di una fucina e di lunghi tempi di maturazione.
La scrittura era un'invenzione che doveva essere generata da un'idea.

......." Dal deserto arabico, una lunga colonna di homo sapiens stava lasciando le sabbie roventi e si dirigeva verso la Terra di Mezzo tra i due fiumi mitici, la Mesopotamia, allora lussureggiante e attraversata da Tigri e Eufrate, era il 12500 a.c.-
I bivacchi erano illuminati da grandi falò, con lunghe colonne di fumo che si levavano a impregnare l'aria di carne bruciacchiata e di resina legnosa. Erano sempre stati nomadi, da generazioni e generazioni, avevano la pelle olivastra e gli occhi grandi e neri, con folte sopraciglie e arcate spesse, si sentivano forti e dominatori. Alcuni vecchi, sdentati e ingobbiti, si ricordavano che erano nati in una terra di savane dal color rosso scuro e dove i predatori erano mirabili competitori per il cibo.
UREL era un ragazzo di sedici anni che se ne stava sempre da solo, armeggiava per ore con un osso lungo e fino, appuntito, cercando di elaborare sulla sabbia, disegni di animali o di cose stilizzate, ma poi doveva partire e non poteva portare con se i suoi schizzi, preda sacrificale del vento impetuoso.
Tutti lo denigravano, dicevano che non era un cacciatore coraggioso, che non era un uomo di cui avere fiducia, uno strano che non veniva mai preso sul serio, parlava troppo ma poco di cibo e di donne.
UREL non se la prendeva, anzi in qualche modo era contento di essere diverso, lui affermava che sentiva le voci dentro la scatola della testa, era uno che aveva imparato a pensare con logica, a dare forma alle prime elementari idee.
Quando la sua tribù si trovò ad affrontarne una rivale, per il possesso di un territorio fertile, ci fu uno scontro violento ma non decisivo, le armi di legno e pietra, erano conosciute da entrambe le parti, alla sera le tribù si ritirarono senza alcun risultato, lo sconforto aveva pervaso gli animi, non c'era soluzione possibile.
Il consiglio dei capi discutteva se era meglio desistere l'indomani o affidarsi ad un'ulteriore prova che poteva rivelarsi catastrofica per l'esistenza della tribù stessa. UREL che aveva ascoltato tutto si intromise con quel suo fare bonario e scontato, gli occhi lucidi e un sorriso appena accennato, disse con semplicità disarmante:
- " Miei padri, permettetemi di suggerirvi una tattica che ci farà vincere, ne sono sicuro, ... basterà che una decina di uomini seguano i miei ordini!...semplice!"
Due alti guerrieri lo sollevarono in aria come una foglia dal vento di tramontana, e lo fecero volare lontano, tutti lo derisero, chi gli lanciò ossa di volatile, chi sputò, chi lo sgridò con gestacci, nella polvere si lasciò distendere a terra deluso e rassegnato.
Ma il loro capo HAMUM che fiutava lontano, lo fece alzare e lo pregò di spiegare il suo piano, ammonendolo che se faceva perdere tempo lo avrebbero cucinato come un coniglio selvatico.
UREL rincuorato cosi argomentò:
-" Bè, mentre i due schieramenti si allineano l'uno di fronte all'altro, i dieci uomini striscieranno nelle alte erbe spigate non visti, in cerchio attorno al nemico, mentre le grida di battaglia echeggeranno, loro appiccheranno il fuoco alle erbe secche e il fumo con il fuoco renderà il nemico inoffensivo!"
HAMUM si grattò la ispida chioma, sputò con violenza e diede una pacca pesante a UREL.
Il giorno dopo, cosi fecero, fu una vittoria facile, totale. Ora avevano fatto prigionieri e bottino ma avevano il problema di fare una divisone equa, di fare una conta degli animali e delle armi catturate, del cibo e degli schiavi, si trattava di trovare il modo di avere una contabilità.
UREL trovò una pelle fina e liscia, la fissò a un telaio e la tese per bene, poi si fermò a pensare, aveva sempre l'osso appuntito tra le mani, lo premette contro la pelle ma non vide che una zona più chiara nel punto di pressione, ma qualche cosa ancora gli sfuggiva.
HAMUM lo fece chiamare, per sapere se si poteva contare il bottino. Il ragazzo corse verso la capanna del capo, vide che un paio di schiave giovani erano legate e aspettavano di essere introdotte da HAMUM, erano belle, la pelle chiara e i capelli lunghi a coprire il seno, si avvicinò alla prima, le sfiorò le guance e quando si guardò le dita, erano sporche di rosso, si girò verso le donne, scrutando la sostanza che colorava i suoi polpastrelli. Chiese dove avevano preso quella sostanza, dell'ematite, ossido di ferro, e ottenne un guscio di tartaruga pieno di polvere finissima di minerale.
UREL si inchinò in ginocchio davanti a HAMUM, spiegò che stava lavorando al problema e che presto avrebbe risolto il problema.
La caverna era male illuminata e la luna piena era più luminosa all'esterno, rigirava l'osso appuntito sulla polvere rossa, ma non era soddisfatto, non riusciva a lasciare un segno lineare e omogeneo, la pelle non si adattava alla polvere, nessuna continuità.
Prese la sua sacca di pelle, si dissetò bevendo un sorso d'acqua e ne versò sbadatamente una chiazza sulla pelle che si dilavò di rosso,....eccoooooo....ora aveva capito, con l'acqua si poteva ottenere un liquido scorrevole per la pelle.
Ottenne un'inchiostro molto fluido e rosso sangue, aveva segnato con le mani varie linee nella pelle ma non aveva idea di cosa scrivere.
Il giorno dopo, con l'aiuto di un paio di grossi aiutanti, iniziò a vedere il bottino, vide tante capre, tanti cani, tante pelli, otri pieni di bacche e frutti selvatici, e via, via tutto quello che il grosso villaggio possedeva.
Prese coraggio e iniziò a fare un segno verticale sulla pelle, poi ne fece un'altro sotto e ogni volta faceva spostare in una grossa capanna l'animale contato, alla fine aveva segnato 15 linee verticali, tante quante erano le capre. Poi fu il turno dei cani, pensò a lungo, poi iniziò a fare delle linee orizzontali ma le fece, dopo una serie, più piccole, quindi iniziò con i prigionieri che erano tanti, sorrise ormai eccitato e iniziò a fare dei semplici punti, alla fine la pelle grande era colma di sbarre e punti. Il sudore gli colava dalle tempie e in lui era chiaro che aveva scoperto un nuovo metodo di controllo.
Felice come "un grande uomo" si precipitò dal suo capo tribù, si gettò ai suoi piedi mentre le schiave lo scaldavano e con orgoglio esibì il suo elaborato.
- " Mio grande padre HAMUM ammiri il mio ingegno, ho segnato su questa pelle, tutto il bottino che abbiamo conquistato!"
- " Mah , UREL, che vuol dire? Cos'è tutto quello sporco, su una pelle cosi preziosa, perchè hai sprecato due pelli cosi grandi?"
- " Semplice, la linea seduta è una capra, la linea in piedi è un cane, il punto è uno schiavo, dunque sono tante linee, che si possono ricordare nel tempo, questo liquido è facile da spostare sulla pelle, con un osso fino e appuntito..."
- " Tu vuoi prendermi in giro, io grande capo di una grande tribù, tu sei un animale, sei come la tartaruga, lento e inutile, sarai cacciato e rimarrai da solo...codardo"
Prese la pelle e la gettò nel fiume, dove l'acqua sciolse il primo inventario della storia.
UREL venne lasciato solo, abbandonato e deriso.
Ma il ragazzo continuò a perfezzionare il suo alfabeto e anche se abbandonato, trovò altri uomini disposti ad ascoltarlo, aveva una manualità ormai affinata e molte volte veniva chiamato per disegnare animali e scende di caccia, sulle pareti delle grotte, ma il suo ricordo era sempre per quella pelle colorata di segni rossi che lo aveva umiliato.
Quando morì di malattia ormai vecchio, lo trovarono in una capanna con in mano un osso dalla fine punta rossa e una pelle in cui era disegnata una strana serie di segni, tondi, aste, e altri simboli più vicini alla figura, per anni e anni si favoleggiò che un uomo straordinario era riuscito a disegnare la parola, ma di lui si era persa ogni traccia.
Il genio è l'uomo più solo.


di Zanin Roberto

   
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