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 IL VECCHIO OLMO PARLANTE
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zanin roberto
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Inserito - 07/05/2006 :  18:47:41  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
IL VECCHIO OLMO PARLANTE

Il pomeriggio di quel maggio cosi fresco, stava iniziando senza particolari traumi,nella via principale le auto scorrevano pigre, pochi passanti animavano il borgo e le acque limpide e placide scorrevano nella Roggia che attraversava il centro.
A un centinaio di metri dal Santuario della Madonna delle Grazie, a Cordovado, alla fine delle mura del settecentesco ex-convento domenicano, ora parco pubblico, dominava l'area un enorme olmo, pluricentenario.
Matteo, otto anni, era uscito subito dopo pranzo e inforcata la bicicletta si era diretto al parco e ora stava seduto sotto l'olmo nella panchina circolare di cemento che circondava la base del fusto, larga quattro metri di diametro.
Con un coltellino si divertiva a incidere la corteccia rugosa, fischiettava contento, i capelli biondi a riccioli che gli muovevano la testa, gli occhi azzurnari che balenavano furbi con una frequenza elevata, le mani in continua agitazione, era un'anima in pena, aveva una pulsione inesauribile di fare, una scontentezza insaziabile e forse un disagio che traboccava oltre l'età.
In alto, a otto metri, un picchio affondava il becco in un piccolo foro con un'alternanza sonora variabile ma sempre uguale per composizione, dalla terra contemporaneamente salivano alcune colonne di formiche che brulicavano sulle autostrade dei solchi della corteccia, si affacendavano con una smania simile al picchio e una determinazione uguale a quella di Matteo,ognuno si accaniva con l'olmo ignaro dell'altro e consapevole che quello era il destino.
La luce di maggio è particolare, la primavera è esplosa, l'aria si riempie di gradevoli fragranze, l'azzurro terso del cielo è pregno di speranza e la natura annuncia il miaracolo della vita.
L'olmo si sentiva umiliato, schernito e deriso, la chioma di trenta metri, la sua maestà, l'imponenza dei suoi volumi, il vergine verde fluorescente che aveva appena indossato dopo lo sviluppo delle nuove foglie, non incuteva nessun rispetto dunque?
Ma che si credevano questi animali...di poter fare quello che volevano con un "barone" della natura?
Le formiche lo solleticavano incessantemente, il picchio offendeva il suo fusto forandolo e procurandogli un fastidio doloroso e quel bambino discolo e maleducato insistente, incideva senza maestria la sua pelle, era sempre stato contrario ai tatuaggi, si diceva che alla lunga portassero micidiali micosi e infezioni anche gravi.
Ascoltò il vento, il gigante vegetale, si distrasse con un volo radente di rondini, senti il tocco della campana del duomo romanico e si irritò definitivamente quando un gatto randagio, dalle nere macchie a fragola, sali sui suoi rami bassi, fuggendo a una scarica di sassi di Matteo che lo bersagliavano per dispetto, allora non ne potè più, con uno scossone agitò tutti i rami, si schiari la voce e intervenne solenne e autoritario:
-" Maleducati!... Ehi, dico a voi, fauna varia, volatili superbi, insetti noiosi, mammiferi insolenti, mi sentite?....Io sono OLMO, OLMO IL VECCHIO, per tutte le edere rampicanti! ...Ho quattrocento anni e sono indignato per un comportamento cosi selvaggio e incivile!"-
Il picchio si fermò,chinò il capo in basso, scosse la coda, e volò via impaurito, le formiche si bloccarono, ridiscesero in assoluto ordine rapide e si eclissarono nella giungla d'erba, il gatto balzò a terra, si girò, miagolò incredulo e schizzò su un vecchio magazzino abbandonato, Matteo si era seduto e ancora turbato non osava credere che una voce umana lo avesse appostrofato dall'albero. Corse attorno alla pianta sicuro che qualche suo compagno lo stesse prendendo in giro, ma non c'era nessuno.
- " Bambino, sono io, l'albero che ti parla! "
- " Ma...gli alberi non parlano!..." disse sicuro ma non troppo, Matteo.
- " Oh, è vero...ehm, ma vedi, di tanto in tanto, in particolari situazioni, in tempi eccezzionali, con il giusto orecchio dell'anima, possiamo comunicare e ascoltare cose che normalmente non sentiremmo. Orbene ragazzo mio, perchè ti agiti cosi, perchè vuoi farmi del male con quel temperino, io ti faccio ombra e ti proteggo dal vento, perchè mi offendi? "
- " Bè, insomma, tu sei un albero, non senti male, nooo ?"
Matteo non sapeva che rispondere, era titubante, quella voce però lo rabboniva inspiegabilmente.
- " Caro ragazzo dai riccioli d'oro, io ho visto tante cose e pianto linfa in molte occasioni, ho tanti anni, sono ormai un vecchio saggio, desidero solo un pò di rispetto....ma lo sai che ero una piantina piccola e indifesa quando nel 1598 apparve la Madonna a Cordovado, che desiderò quel magnifico Santuario eretto per suo volere? Quante persone vidi cadere a terra fulminate dalla peste nel 1629, quanti pellegrini venivano a chiedere la grazia qui a Cordovado, oh....quanta miseria, quanta fame, quanto freddo nei rigidi inverni, e gli ululati dei lupi che sbranavano le persone isolate."
Matteo si era accucciato sulle sue radici e lo ascoltava incuriosito, l'Olmo tenne il tono della voce caldo e pacato, il bambino respirava lentamente, si era quietato, lo stupore si era trasformato in ammirazione.
- " Cordovado era un paesello agricolo, ma dopo il miracolo della apparizione della Madonna e con la costruzione del Santuario e poi del convento domenicano, assurse alle cronache e ampliò il suo raggio di interscambio culturale ed economico, ma la vita restava dura. Periodiche innondazioni del vicino fiume Tagliamento, una invasione di locuste...o per tutta la clorofilla del mondo....che strazio quell'anno, mi salvai perchè ero già grosso e vicino al centro urbano, mi divorarono le foglie, quasi tutte...polline divino...non farmi pensare, oh, quante tragedie questo vecchio legno ha dovuto resgistrare! "
- " Mio buon piccolo uomo, la vita è un dono incommensurabile, guai a non amarla, a rispettare tutte le forme di vita, è un miracolo! "
Una lucertola grigia si avvicinò a Matteo, sfiorò le scarpe da ginnastica del fanciullo e si rifugiò sotto una grossa radice esterna, nella mano stringeva ancora il coltellino, lo ripiegò e se lo mise in tasca, non aveva più voglia di intagliare la corteccia. Una lunga pausa sottolineò quel gesto, un paio di foglioline ondeggiando cadevano lente mentre una bianca piuma ancora alta, volteggiava ascensionale a sfidare la gravità.
- " Nel 1798 le truppe napoleoniche invasero il paese e si piazzarono proprio nelle chiese che avevano adibito a magazzini e ospedali. Molti soldati si addormentarono sotto la mia ombra, quanti incendi, e feriti e morti, mi ricordo di un volontario cisalpino milanese che aveva scelto di seguire Napoleone nella campagna d'Italia, era giovane e entusiasta, suonava un'armonica a bocca e inseguiva l'idea di libertà, s'era fatto convincere che il nuovo astro nascente della storia, avrebbe ridato libertà, uguaglianza e socialità alle genti,ai popoli che si fossero ribellati ai monarchi che soggiogavano l'Europa. Ma la nuova municipalità democratica a Cordovado era un gruppo di avidi che spogliarono la chiesa di ogni tesoro, il giovane cisalpino si oppose allora alle depredazioni ingiuste ma fu mortalmente ucciso da una scarica di fucilate che ferirono pure il mio fusto, scheggiando il mio legno in vari punti."
Un fruscio di foglie, agitate da un vento leggero, imitò un dignitoso lamento e Matteo si strinse nelle spalle.
- " OLMO, io non so se sto sognando o se invece ho la fortuna di sentire un albero parlare, ma credimi che mi dispiace tanto...non ti farò mai più male e non permetterò ad altri di fartene, ma ti prego...continua il tuo racconto, sono affascinato e incuriosito...dai amico mio...oggi il tempo si è fermato! "
L'olmo non aveva avuto il conforto di un giovane virgulto che gli facesse compagnia, era solo, senza compagni di bosco e quel bambino in fondo lo riempiva di tenerezza.
- " Oh , bè...gli anni passarono, venne la prima guerra mondiale, con le ritirate, le invasioni, il frastuono delle cannonate e il passaggio delle colonne di eserciti, poi la seconda guerra mondiale con i bombardamenti devastanti, una volta una bomba d'aereo, cadde vicino a me, la terrà tremò, schizzò su tutto il fogliame, mi lacerò la corteccia, ancora oggi sento il pungente odore dell'esplosivo, madre natura che atrocità....la guerra è il modo peggiore di essere uomo, è un atto che viola ogni senso logico, ragazzo la vita senza la pace è un giorno senza sole! "
Un passero si posò su un ramo, si stroffinò le piume, beccò su un rametto, voltò la testolina ad angolo molte volte e... sporcò con il suo guano alcune foglioline quindi volò via pacifico e contento.
- " Ehi, volatile imbelle, io sono OLMO, OLMO IL VECCHIO, non una latrina pubblica, ma insomma un pò di rispetto, questa gioventù non riconosce gli alberi decani dalle giovane piante! La colpa è del disboscamento continuo, gli uccelli trovano sempre meno alberi nei loro tragitti e allora...."
disse l'imponente albero indispettito e seccato.
- " Poi nel dopo guerra qui a Cordovado installarono una base missilistica, erano gli anni cinquanta e una sera d'estate mi accadde uno strano fenomeno, lentamente ma costantemente mi sentii prima uno strano pizzicorio generale, poi una fitta scarica di infinitesime punture, aghi che affondavano nel mio legno, uno stordimento, una interferenza lunga e sgradevole, un'accumulo di scorie e tossine che mi davano pesantezza e l'incapacità di pompare linfa, un calore che saliva inarrestabile, una sensazione di morte imminente...proprio io che sono il custode mitologico dell'ingresso all'Ade....erano le radiazioni, sprigionate da un deposito nucleare che alloggiava nella nuova base...Matteo se la guerra è il male assoluto, le armi nucleari ne sono l'abominevole conseguenza...Dio ha dato all'uomo la ragione, ma bisogna usarla per migliorare la vita non per inventare nuovi inferni!...."
Il ragazzo era impressionato, continuava a masticare una gomma con cadenza e s'intristiva nel sentire che anche in quast'angolo di campagna friulana, la storia era passata.
- " OLMO, ma allora la vita è brutta, ci sono solo dolore e morte? " disse con slancio e con un pò di rabbia il piccolo.
Il sole si era abbassato e il preludio della sera impercettibilmente si delineava, ma il traffico delle ore di fine lavoro non ostacolava il loro dialogo,le moto rombavano dispettose, i camion grondanti d'acqua, trasportavano le ghiaie delle cave, le corriere blu parcheggiavano sbuffando con le loro porte pneumatiche, il paese si riempiva dei suoi pendolari che rincasavano.
- " Bambino, candido bocciolo, la vita è una meraviglia, io ti sto solo raccontando le scelleratezze umane, ma ho ascoltato la musica dei vagiti di quando il miracolo della nascita si ripete in continuo, ho visto il coraggioso salvare la vita al debole, ho assistito alla solidarietà del ricco sul povero, ho trepidato per la vita di uomini curati da bravi medici, tante e tante occasioni in cui l'amore ha trionfato, no...non devi dubitare, il male è perdente...sempre...la speranza non muore mai, ma dobbiamo imparare dalle prove difficili, dagli errori per non ripeterli. Ho visto tanti arcobaleni che mi hanno colmato il cuore di gioia, quante splendide giornate mi hanno allietato, dopo ogni tempesta risplende il sole, non ha mai tradito un solo giorno! "
- " Alberone, vecchio amico mio, ora devo andare ma raccontami un'ultimo episodio poi ti saluto, è già tardi! "
- " Oh, capisco...già che sbadato, le ore passano e io son qui che borbotto...sai con gli anziani bisogna aver pazienza, va bene...chiudiamo con il....si, era il 6 maggio 1976, la sera era calda, troppo calda, l'ombra aveva invaso ogni angolo, il sole s'era insaccato all'orizzonte, un paio di poiane avevano ultimato il loro nido sui miei rami alti, avevo sviluppato una chioma davvero splendida, ero un fulgore di Urticale, avevo ovunque le samare, i miei frutti, nucule alate che mi adornavano come un nobile d'altri tempi, emanavo il mio umore ovunque intorno, quando passate le 20.30 avvertii un leggero brontolio sotterraneo, le mie viscere avvertirono strani tremori, poi uno strano silenzio. Passarono minuti interminabili di pesante atmosfera. Alle 21.09 iniziò un sobbalzo tremendo, le mie radici nuotarono per infiniti secondi, uno stordimento acuto, un vuoto momentaneo mi lasciò indifeso, non avevo più presa al terreno, sbandavo paurosamente, ondeggiavo di metri, mi inclinavo innaturalmente, tutto ruotava, mi sentivo perduto, non c'era più un alto e un basso. Quanta paura! Gli scossoni si susseguirono con una frequenza sempre più veloce, vibravo, il fogliame frusciava intenso, persi pezzi di corteccia, squamandomi, una scossa violenta mi fece perdere ogni senso percettivo, quel fenomeno finale era stato di una potenza assoluta, le onde che passarono alle mie fibre scuassarono il mio essere senza pietà. Poi un silenzio mistico colmo di tragicità. Il terremoto del 1976 colpi il Friuli con intensità, nella bassa non ci furono danni rilevanti.
Quando ripresi coscienza di me e cercai di capire se stavo bene mi accorsi che le mie radici che prima affondavano fino alla falda acquifera, non sentivano più il prezioso liquido, la falda featica si era seccata e mi ci vollero mesi per trovare molto più in basso, una nuova fonte d'acqua, patendo di siccità."-
Il ragazzo si era disteso sulla panchina,coricato di lato e stava dormendo, le ombre avvolgevano quasi ogni spazio del parco, che tenerezza gli faceva quel bambino!
I suoi genitori poco tempo dopo, lo trovarono avvolto da una coperta di foglie, completamente protetto, in modo che non patisse il fresco della sera, l'Olmo era un pò spoglio ma non era autunno e la luna quasi piena, sorrideva complice, lei si che era vecchia e ne sapeva troppe di cose!


di Zanin Roberto


   
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