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zanin roberto
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Inserito - 13/06/2007 :  22:52:25  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
VENEZIA ARABA FENICE

L'aria era ancora fresca, il mattino non era limpido ma le nuvole si lasciavano attraversare da un sole già estivo, il treno si insinuò, come uno sconosciuto nei terminali, frenando con una infinitesima volontà e trascinandosi lentissimamente fino al punto di fermo. Scendendo, quel venerdi, pregai affinchè non ci aspettasse una città affollata e caotica ma la tanta gente che formicolava nell'ingresso non lasciava dubbi: Venezia è città del turismo, non conosce pause, non fa tregue, non viene a patti.
Mia moglie e mia cognata si lasciavano trasportare con pazienza dal flusso dei passeggeri scesi sul marciapiede, ci trovammo tutti e tre a scartare le persone più lente e impacciate, per poi ritrovarci al bar dove dovevamo recuperare una colazione.
Il dialetto veneziano è svogliato, grasso, a tratti odioso ma se ti lasci convincere dalla sua inflessione e dal suo ritmo può diventare divertente e ironico, informale e quasi confidenziale, cosi nella mia mente ritornavano i timbri delle parole che diceva la mia nonna paterna. Giulia, nativa di Venezia: - " va remengo!" - era il massimo della sua scurrilità, cosi raccolta nella sua educazione romantica di fine ottocento.
Una folata di vento, profumata dal mare, ci accolse all'uscita dalla stazione, i volti delle tante etnie che ci circondavano, aggiungevano solo scena, allo spettacolo dei canali percorsi dai mille natanti, dai suggestivi ponti che univano in un unico merletto le isole ormai compattate da secoli di bonifiche e costruzioni.
Subito attraversammo il ponte che unisce Canareggio con S.Polo e Dorsoduro, il ponte degli Scalzi, appunto con la chiesa a far da sentinella, subito sopra il Canal Grande, spettacolo di una città che si muove su questa superstrada, serpente di incredibile bellezza, con gli spettacolari palazzi patrizi a ciarlare della confusione, a stupire chi non immagina la grandiosità raggiunta dall'aristocrazia veneziana, quando la Serenissima dominava i commerci con l'oriente, in quel 1400 che la vide raggiungere l'apice della sua potenza. Il Canal Grande con le bandiere rosso porpora con il dorato leone di San Marco, con gli striscioni multicolori che annunciano mostre, avvenimenti culturali, a livello mondiale, con le gondole nere e brillanti a lievitare leggere sulle acque dei canali, con i campi che si allargano improvvisi da calli strette e buie, con i pozzi centrali a punteggiare quegli splendidi spazi che ti fanno dimenticare di essere su una grande zattera ancorata nella Laguna Veneta.
Noi non cerchiamo Piazza San Marco, con i suoi gioielli di Palazzo Ducale e Correr, Basilica di S.Marco, con il Ponte dei Sospiri che deve essere stato un'esclamazione non solo per il carcere durissimo ma per quella bellissima vista che si apprestavano ad obliare in una cella umida ed inospitale, cerchiamo i veneziani, cerchiamo il respiro di una vecchia signora che ha cavalcato la storia da protagonista per secoli, cerchiamo la liricità dei riflessi del sole sugli stretti rii angusti, i cortili alberati, miracolose macchie verdi su un'orizzonte azzurro di mare, cerchiamo la magia di una città che non ha eguali.
Ecco ergersi oltre i tetti, Santa Maria dei Frari,con la sua mole esagerata, il suo magnifico interno, i suoi tesori artistici, con la tomba di quel genio del Canova, con i suoi dipinti del Tiepolo e quella Madonna con il Bambino del Bellini, miracolo di pittura, degno commento a un culto popolare molto sentito. Mi sento in qualche modo soddisfatto, ogni volta che mi ritrovo a Venezia, c'è sempre uno scorcio nuovo da vedere, c'è sempre una luce nuova, c'è una memoria diversa, la nonna negli ultimi anni di vita ritornata alla sua città natale, mi diceva rassegnata ma sempre orgogliosa: - " bambin mio, non xe più Venexia come un tempo, la xe sporca sa...la spussa! " - lei che aveva visto il Dannunzio agli inizi del secolo, passeggiare nel salotto d'Italia che era Piazza San Marco, ma si sa che il progresso vuole i suoi sacriifici, in fondo nessuno poteva parlar male della sua terra.
Mia moglie e mia cognata mi fanno presente che i piedi iniziano a far male, bisogna fermarsi, sedersi e pranzare, anche se...siamo solo in Campo S.Zaccaria con la splendida facciata in marmo rosato, non lontano dalla centrale piazza S.Marco, con la seria possibilità di prendere una "fregata economica". Un piatto di pastasciutta, un bicchiere d'acqua minerale, un caffè, fanno cento euro in tre, bè ce la siamo cercata, viva il turismo !
Quando raggiungiamo l'isola di San Pietro in Castello, all'estremo est della città, ci lasciamo conquistare dalla marina, dai gabbiani candidi, dalle navi in lontananza, dalle case popolari ormai cadenti di un quartiere povero, con alle spalle l'Arsenale, poi contempliamo la facciata in marmo d'Istria bianco neve, ristrutturata dal Palladio, della cattedrale di San Pietro di Castello dell'VIII secolo, e ci arrivano gli echi della Biennale non lontana ai Giardini.
I gatti scappano lungo i muri, all'ombra di un enorme platano e i veneziani continuano a vivere senza degnarti di uno sguardo, saturi di compagnia, il sole scivola ora basso, quasi appagato dal suo lungo accecare e nel rio interno S.Margherita, adiacente alla barocca chiesa dei Carmini, sfila una barca con un uomo con una valigetta in mano, mentre rientra a casa dal lavoro, accosta sicuro, lega l'imbarcazione ad un palo, estrae dalla tasca le chiavi di casa e scende nel gradino asciutto, disinvolto e stanco del suo lavoro, sparisce oltre inghiottito in una casa che non ricorda nemmeno quando è stata costruita.
Venezia è viva perchè risorge con il sole ogni giorno, diversa e uguale, magica e eterna, mistica e venale, scrigno di memorie per chi le vuole cercare.

di zanin roberto

zanin roberto

   
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