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 Lettera dal passato
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luisa camponesco
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Lettera dal passato


Silvia si stiracchiò, il sole filtrava dalla tapparella, si sentiva meravigliosamente bene, l’anno scolastico era terminato e poteva, finalmente, rimanere nel suo letto fino a tardi.
- Mammaaaa -
Ecco l’incanto era finito, i figli reclamavano la colazione, la scuola era finita anche per loro ma erano abituati ad alzarsi presto, ci sarebbero voluti un po’ di giorni prima che tutta la famiglia riprendesse la sana abitudine di dormire un po’ di più.
- Vengo ragazzi! – Silvia con un sospiro si alzò.
In fondo era colpa sua li aveva abituati ad essere serviti, ma ora non erano più così piccoli. Marina aveva già 16 anni e Giovanni quasi10.
Scese in cucina sbadigliando, ma rimase a bocca aperta Marina aveva preparato tutto, le tazze fumanti di caffè erano già in tavola.
- Cosa succede ragazzi? –la cosa la insospettiva non poco – scommetto che volete qualcosa! - esclamò sedendosi a tavola. - Socchiuse, per un istante, gli occhi per cogliere il gusto di quella giornata.
- Sei fuori strada mamma, non vogliamo chiederti nulla.- Marina dietro la schiena incrociò le dita
Li osservò, quei suoi amati figli seduti accanto a lei, già lavati e vestiti., il fatto era, comunque assai strano. Il motore di una macchina nel vialetto, annunciò l’arrivo di Sergio che entrando in casa..
- Caffè! – esclamò - proprio quello che mi ci voleva. – Giovanni prontamente gli porse una tazza.
- Che succede stamattina!! Ahh scommetto che volete un aumento della paghetta.
- Sbagliato papà – e i due ragazzi sorrisero complici.
- Come è andata stanotte! – chiese Silvia posandogli un bacio sulla punta del naso.
- Nottata tranquilla. Un paio di ubriachi hanno avuto un piccolo incidente, un reflusso gastrico scambiato per infarto e per finire il femore fratturato di una arzilla ottantenne.
- Arzilla hai detto?
- Certo si è fratturata salendo su di un albero per recuperare il suo gatto. Ma si rimetterà presto.
Sergio e Silvia guardarono sorpresi i figli che sparecchiavano la tavola.
- Vai pure a riposare papà, non accenderemo lo stereo.
- Aspettati una montagna di richieste – sussurrò Sergio all’orecchio della moglie indicando i figli.
I turni al pronto soccorso erano estenuanti, Sergio amava il suo lavoro, non si limitava a curare il fisico ma sapeva anche rincuorare i pazienti. Questo era un aspetto importante e lo ribadiva ogni volta che teneva le lezioni alla facoltà di medicina.

La casa era silenziosa per rispettare il meritato riposo di Sergio. Il campanello suonò un paio di volte.
- Chi può essere? – domandò Silvia
- Il postino! - rispose Marina – vado io mamma!
La corrispondenza era posata su di un mobiletto dell’ingresso, Silvia si proponeva di esaminarla più tardi prima doveva pensare a cosa preparare per il pranzo.
- Mamma! Posso tenerlo io questo francobollo? – Giovanni teneva in mano una delle lettere.
- Fammi vedere Giovanni!
Esaminò la lettera, l’indirizzo era esatto, ma il destinatario…
- Allora mamma!
- Prima la devo mostrare a tuo padre, ma non ora, voglio che riposi un po’ prima pranzo.
Il pranzo si svolse con la consueta allegria, i due ragazzi si facevano i dispetti e si rubavano le patatine dai rispettivi piatti, il tutto sotto lo sguardo benevolo dei genitori.
- Oggi i piatti li lavo io! – Marina incominciò a sparecchiare
- Mah! – Silvia era sempre più perplessa
- Lasciala fare Silvia! Sono proprio curioso di sapere cosa vorranno in cambio di questo trattamento. Intanto godiamocela. – invitò la moglie a sedersi , sul divano, accanto a lui.
- D’accordo Sergio, a proposito guarda qua, è arrivata questa lettera, la trovo strana.
Sergio la girò e rigirò più volte fra le dita.
- E’ indirizzata a Giovanni Sergio Arcuati, è mio padre. E guarda il francobollo! C’è scritto Regno d’Italia. Sinceramente non so cosa pensare se non ad un disguido postale durato sessant’anni.
- Devi aprirla Sergio sento che è importante!
Una specie di timore prese Sergio, forse quella lettera conteneva notizie che non voleva sapere.
Poi si decise, preso un tagliacarte l’aprì lentamente. Conteneva un foglio a quadretti che il tempo aveva ingiallito.
- Allora? Cosa dice – incalzò Silvia
- Non so se facciamo bene!
- Fatti coraggio e leggi!
Finalmente lesse quella lettera che veniva dal passato, Silvia lo osservava, pensando che le espressioni del marito potessero farle comprendere il contenuto. Trascorsero minuti che parvero interminabili, poi Sergio lasciò cadere le mani in grembo e chiuse gli occhi.
- Sergio! Dimmi non tenermi sulle spine!
Per tutta risposta Sergio le passò la lettera, Silvia la prese e si accostò alla finestra.
La lettera portava la data del 14 agosto l’anno non era indicato ma il timbro della busta non lasciava dubbi era il 1942.
Lo scritto parlava di un giorno sereno, alla vigilia della festa della Madonna, descriveva le bellezze naturali di un paese chiamato Saviore situato in val Camonica. Ma quello era solo il preludio. Nella pagina seguente il contenuto era di ben altra natura.

Mio caro figlio, spero che un giorno, quando sarai più grande, tu mi possa capire e perdonare, questa tua mamma che non ha mai smesso un solo attimo di volerti bene. Quello che sto per dirti non lo sa nessuno, nemmeno tuo padre. La tua mamma, quando era molto giovane, si era innamorata, di un giovane di qualche anno più vecchio. Ma un bel giorno, però, lui partì volontario per l’Africa orientale, io avevo 16 anni e non sapevo quello che facevo, quando mi accorsi di aspettare un bambino avrei voluto morire. I miei genitori mi portarono in questo paese fino alla nascita della bambina. Si mio caro! Hai una sorella ed è più grande di te, fu affidata appena nata ad una famiglia di contadini. Ma un figlio è sempre un figlio e non si può dimenticare, ora lei ha bisogno di me, la famiglia adottiva non può più occuparsene e io non voglio che finisca in un orfanotrofio. Devo rimanere con lei ora che è molto ammalata, ma tu hai un padre stupendo e saprà crescerti ed amarti fino a quando, se voi me lo permetterete, io potrò ritornare a casa. In questo momento, che è il più doloroso della mia vita, io ti abbraccio forte al cuore. Aspettami se puoi.

Seguivano altre informazioni sull’identità di quella bambina.
- Sergio! Hai una zia e non lo sapevi e forse hai anche dei cugini.
- Non è più tornata. La nonna non è più tornata e mio padre allora aveva solo otto anni. – i pensieri di Sergio erano lontani persi nei ricordi.
- Distruggila! – disse rivolto alla moglie e stringendo i pugni
- Ma perché caro?
- Perché? Allora non hai idea di come ha sofferto mio padre e il nonno! Papà non l’avrebbe perdonata.
- Ne sei sicuro?
- Non voglio più parlare di questa storia. – il tono era duro, di quelli che non ammettevano repliche.
Silvia preferì lasciare cadere l’argomento, almeno per il momento, ma si proponeva di riprenderlo quanto prima.
La serata trascorse silenziosa, i ragazzi se ne accorsero.
- Mamma è successo qualcosa a papà
- Se fossi in voi eviterei di fargli richieste di qualsiasi genere, stasera.
- Avete litigato? – chiese Giovanni
- No tesoro nessun litigio, è una cosa che passerà.
Quella notte non era di turno in ospedale, ma Sergio non riuscì a prendere sonno. Camminava in continuazione passando da una finestra all’altra.
- Non dormi caro? Potrei prepararti qualcosa caldo…
- Non importa Silvia vai a dormire è tardi.
Silvia lo guardò mentre i fantasmi del passato lo distruggevano. Lui, che sapeva dare speranza a chi l’aveva perduta, ora non poteva aiutare sé stesso.
Passarono alcuni giorni e nulla cambiò. Sergio sempre accigliato parlava nervosamente e scattava per un nonnulla. Anche le infermiere se n’erano accorte. Trattò male anche un’anziana paziente e questo non se lo perdonò.
Tornò a casa quella sera irritato per aver perduto il controllo della situazione.
- Non posso andare avanti così devo fare qualcosa – disse a Silvia
- C’è una sola cosa che puoi fare!
- Che cosa?
- Scoprire la verità e affrontarla.
- Lo sai cosa mi chiedi?
- Si! Ti chiedo di tornare l’uomo che ho amato e sposato.
Sergio l’abbracciò e scoppiò in un pianto liberatorio.
Il mattino seguente l’atmosfera era più tranquilla e i ragazzi si sentirono incoraggiati.
- Mamma! Papà! – Marina fece una pausa - ecco…noi avremmo una richiesta. – lo disse tutto in un fiato
- Che genere di richiesta? – chiese Silvia
- Vi ricordate di Simona la mia amica? Ecco lei e la sua famiglia trascorreranno le vacanze in val di Fassa e….
- E…. – proseguì Sergio
- Pensavamo, io e Giovanni che, magari, per un volta potremmo anche noi andare in montagna.
- Ma come? Non eravate voi quelli che dicevano “il mare e nulla più!”
Marina ammutolì
- Vedremo quel che si può fare! – Sergio si alzò dal tavolo e si diresse nello studio
Poco dopo Silvia lo raggiunse.
- Io lo prenderei come un segno del destino.
Parlarono per parecchio e ritrovarono la sintonia di un tempo.
- Andiamo a dirlo ai ragazzi. – mano nella mano Sergio e Silvia chiamarono i figli
- Io e vostra madre abbiamo deciso di accontentarvi, quest’anno niente mare si va in montagna.
Marina lanciò un urrà
- Vado subito a dirlo a Simona
- Ferma ragazza! Ho detto che andremo in montagna, ma non dove.
- Cosa vuoi dire papà?
- Che andremo in montagna, in un bel paesino della Valle Camonica.
La delusione di dipinse sul volto della ragazza.
- Valle Camonica,, - ripetè Silvia - prendere o lasciare. Ma se direte di no, rimarremo a casa e sapete bene che mantengo sempre le promesse.
- Deve essere proprio una bella valle mamma, ne ha parlato anche la maestra a scuola - Giovanni ruppe gli indugi. Fu così che si preparano per quella inconsueta vacanza.

°°°°

Il paesino era delizioso, l’aria profumava di legno e pino, e i boschi una meraviglia. Anche Marina, nonostante fosse ancora immusonita, incominciava a guardasi attorno. Poi giunsero a destinazione.
- Ragazzi io e vostra madre dobbiamo fare una cosa molto importante.
- Che cosa papà?- chiese Giovanni
- Ve lo diremo e spero tanto di poterlo far presto. Ma ora dovete aspettaci qui!
Li lasciarono con una espressione sorpresa nel giardino dell’albergo.
Si avviarono lungo un viottolo, poco più di un sentiero, ma attorniato dai prati più belli che avessero visto. Sergio colse una margherita e la diede alla moglie.
- Chissà se la troveremo, forse non vive più da queste parti.
- Lo sapremo presto – rispose Silvia

Controllarono l’indirizzo della lettera, la casa era proprio dinnanzi a loro. Bianca con le ante verdi, alcune galline razzolavano nell’aia, e un cavallo pascolava lì vicino. Tutto era silenzio e quiete, poi un giovane dal volto abbronzato uscì dalla stalla portando un altro cavallo.
- Mi scusi – la voce di Sergio tremava un po’
- Dica! – rispose
- Abita qui la signora Maria Ferrari?
- E’ mia nonna! Chi la cerca?
- Mi chiamo Sergio Arcuati.
Il giovane rimase come impietrito, poi legò il cavallo ad una staccionata e si precipitò in casa.
Poco dopo riapparve accompagnando una donna, che pareva sofferente e camminava a fatica.
Fu la volta di Sergio a rimanere sorpreso, era come se suo padre fosse tornato in vita, tanto era impressionante la somiglianza.
La donna si avvicinò e volle farlo da sola. Silvia osservava la scena con il cuore in subbuglio.
- Non ci speravo più. – disse con voce ferma. Fece per accarezzarlo ma si trattenne
- Vieni ! Ho qualcosa da consegnarti!
Il nipote volle aiutarla ma lei lo fermò, si appoggiò al bastone e drizzò la schiena. Tutti la seguirono dentro casa.
Scomparve in una stanza e tornò con un libro rilegato in pelle nera fra le mani .
- L’ho conservato per te! – e lo mise nelle mani di Sergio
Silvia ritornò nell’aia mentre il marito leggeva e Maria lo osservava in silenzio.
- Cos’ha tua nonna? – chiese Silvia rivolta al giovane
- Secondo i medici avrebbe dovuto essere già morta da tempo. Ma lei ha detto che prima aveva ancora qualcosa da fare.
- Questa casa è vostra?
- Si e anche il terreno fin sotto la montagna. Vogliamo trasformarlo in un agriturismo
- Ottima idea – rispose Silvia

Sergio si affacciò alla porta di casa, il volto pallido ma fra le mani stringeva ancora il libro, Silvia le corse accanto.
- Ti senti bene?
- Si! Adesso si, ora so perché la nonna non è tornata. Se solo quella lettera fosse giunta prima, ci saremmo risparmiati anni di angoscia e di rancore. Domani torneremo con i ragazzi.

Parlarono a lungo, quella sera con i figli, raccontarono loro una storia di molti anni prima, delle persone coinvolte e delle loro sofferenze e della nonna che morì una sera, all’improvviso, proprio alla vigilia del suo ritorno a casa e nessuno lo seppe mai.

Maria seduta sotto il porticato guardava con ansia l’arrivo della famiglia Arcuati.
- Ecco! – disse Sergio quando giunse dinnanzi a lei – questi sono i miei figli, Marina e Giovanni. Come vedi siamo tornati…zia e torneremo ancora, se ti farà piacere.

Quella sera, sotto il portico, si aggiunsero altre seggiole alla tavola preparata per la cena.
Attorno a Maria si riunì la famiglia al completo
… mentre il vento portava il profumo del fieno.




Edited by - luisa camponesco on 25/06/2005 14:46:20

   
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