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 Il Sogno
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luisa camponesco
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Inserito - 27/08/2007 :  16:24:01  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Il sogno

Il sole era caldo, sdraiata sulla riva osservavo il mare e con le braccia mimavo il battere delle ali disegnando semicerchi sulla sabbia. Avrei voluto fermare il tempo tanta era la pace e la serenità. Accadde all’improvviso, il mare cambiò divenne limaccioso un’onda si alzò sinistra e venne verso di me. Il cuore smise di battere per un istante mi alzai ed incominciai a correre, correre, correre, l’onda stava per raggiungermi, per travolgermi….

- Questo sogno lo ha fatto di recente?
La dottoressa Maddaleine Sharp mi osservava da dietro le spesse lenti dei suoi occhiali. Non ero ancora riuscita a capire di che colore avesse gli occhi.
- Questo sogno mi sta perseguitando da mesi. Ogni notte sempre lo stesso. Cerco di dormire meno possibile, mi creda la mia vita è diventata un inferno.
La dottoressa annotava tutto su di un taccuino, il volto inespressivo, professionale se non fossi stata così disperata non mi sarei rivolta ad una strizzacervelli.
Mi era stata raccomandata da Mary la mia amica, suo figlio aveva avuto problemi in passato ed ora era perfettamente guarito.
- Adesso ho un altro appuntamento, l’aspetto domani alle 17.
Si alzò segno che l’incontro doveva ritenersi concluso.
- Pensa che finirà questa storia? Si è fatta un idea del problema?
- Presto per dirlo dovremo fare altre sedute, nel frattempo faccia le cose che è solita fare. Non si fissi sul sogno, si concentri sul lavoro, esca con gli amici, vada al cinema, cerchi di condurre una vita normale.
- E se stanotte dovessi rifarlo?
- In questo caso avremo modo di riparlarne.

Il pomeriggio si preannunciava fresco, alzai il colletto della giacca, avevo preso un giorno di ferie e sinceramente speravo di risolvere la faccenda al più presto. Forse il problema era più serio ma la dottoressa sapeva cosa fare.
Non avevo voglia di tornare a casa, così mi misi girovagare per la strada guardando le vetrine dei negozi.
L’abito esposto era carino cercai di immaginarlo indossato, mi sentivo depressa e quando sono depressa devo farmi dei regali, così entrai.
Nella cabina di prova, davanti allo specchio mi girai e rigirai.
- Va tutto bene signora? – la voce della commessa pareva un cinguettio.
- Beh si, però in vetrina faceva un altro effetto.
- Permette che le dia un’occhiata?

“Ecco” pensai “adesso dirà che è perfetto e sembra fatto su misura per me”
Nel negozio erano entrate nel frattempo altre persone ma la commessa le ignorò.
- In effetti ha ragione, bisognerebbe accorciarlo, aggiustare le maniche e fare le pence più pronunciate.
Prese alcuni spilli fece le modifiche ed in effetti l’abito migliorò. Non avevo intenzione di acquistarlo ma non volevo deluderla.

Uscii dal negozio con un senso d’insoddisfazione ma avevo altro a cui pensare.
- Allora sei andata? Come ti sembra la dottoressa? – la voce di Mary attraverso la cornetta aveva un timbro metallico.
Mary continuò ad imbastire le lodi per quella donna mentre io pensavo a come dormire senza sognare. Guardai il letto come un nemico e presi a pugni il cuscino scoppiando in un pianto liberatore.

La sabbia era calda e il mare tranquillo, un gabbiamo volò sopra di me, le braccia spalancata le mani strette a pugni cercavano di trattenere la sabbia che sfuggiva fra le dita. Poi il sole impallidì il mare mutò colore e l’onda si sollevò gigantesca per scagliarsi contro di me.

Mi svegliai col fiatone come dopo una gran corsa. I capelli bagnati, andai in cucina bevvi dell’acqua mi sedetti in attesa dell’alba.

- C’è un elemento nuovo nel suo sogno, il gabbiano e lo ha ricordato. Interessante!
- Non capisco.
- Vuol dire che si sta evolvendo. Senta, voglio farle una proposta, quando sognerà di nuovo non cerchi di scappare si lasci investire dall’onda. Non può accaderle nulla è solo un sogno..

Già, per lei era facile dirlo non sapeva quale angoscia provocasse, avevo forse una scelta? Uscendo dallo studio percepii un brivido nonostante fosse primavera inoltrata. Camminai con le mani sprofondate nelle tasche, ero quasi sulla porta di casa quando ricordai l’abito da ritirare.
La commessa mi accolse col solito sorriso, probabilmente sollevata.
- E’ tutto pronto! Vuole provarlo ancora?
Scossi la testa vigorosamente.
- Non importa, sono sicura andrà benissimo.
La commessa non sembrava convinta.
- Eppure lei non è contenta, se ci ha ripensato….
Ero infastidita si stava impicciando troppo ed io ebbi uno scatto nervoso.
- Mi scusi non voglio essere sgarbata ma ho molta fretta.
La donna mi fissò con occhi penetranti.
- Non riesce a dormire bene vero?
Adesso stava esagerando, volevo replicare quando….
- Fa per caso un sogno ricorrente?
Ora ero io ad essere sorpresa.
- Da cosa lo deduce? - chiesi
Per tutta risposta mi porse un biglietto sul quale era scritto un numero di cellulare.
- Chiami! Se cerca una risposta la troverà qui!
Scomparve nel retrobottega lasciandomi sbigottita.
Con l’abito sul braccio tornai a casa.

Il sole era più caldo del solito, bruciava sulla pelle, il rumore della risacca conciliava il sonno. Un gabbiano si tuffò ed emerse con un pesce stretto nel becco. Nella sabbia umida un granchio lasciava segni del suo passaggio. Che pace, che tranquillità…. Aprii gli occhi, il sole era scomparso dietro un muro d’acqua. Il terrore mi ghermì alla gola come un artiglio, presi a correre all’impazzata, poi rammentai il suggerimento della dottoressa di lasciarmi raggiungere dall’onda.
“Scappa!” – una voce d’uomo, lontana, anzi lontanissima. Ed io ubbidii.

Mi destai con la sensazione di non essere sola, questa volta era stato diverso, nel sogno o incubo che dir si voglia, c’era qualcun altro.
- Vedo che non mi ha ascoltato, se non si fida di me lo dica apertamente.
Stesa sul lettino osservavo il viso scuro di Maddaleine Sharp chino su di me, sembrava un avvoltoio in attesa del suo pasto. Feci uno sforzo per non ridere e compresi l’inutilità di quelle sedute.
Staccai l’assegno con un senso di sollievo e lei mi consegnò la parcella quietanzata.
- Se dovesse ripensarci e tornare si ricordi che dovrà fare ciò che le dico.
Avevo deciso, comunque fossero andate le cose avrei cercato una soluzione a modo mio.
Quella sera l’aria mi parve più frizzante.

- Si può sapere cosa hai combinato? – la voce di Mary era alterata. – La dottoressa Sharp mi ha detto che non vai più alle sedute, cosa pensi di risolvere?
- Scusa Mary ma stasera non sono di umore giusto, ti chiamerò io! – chiusi la comunicazione.
Discutere con Mary non sarebbe servito a nulla, era una cara persona anche se protettiva e a volte invadente nei confronti degli amici.
Frugando nella borsetta mi trovai fra le mani il biglietto della commessa, certo che di matti ce ne sono a questo mondo. Scossi la testa e lo lasciai sul tavolo. Quella sera decisi di leggere, era un po’ che non lo facevo, lo trovo rilassante prima di addormentarmi. Amo i romanzi d’azione, ne scelsi uno di Wilbur Smith, il mio scrittore preferito e così, mentre col pensiero vagavo nell’antico Egitto alla ricerca di papiri mi addormentai.

Com’era bella quella spiaggia, respiravo quell’aria incredibilmente pura, serrai la sabbia nei pugni, non mi ero mai sentita così bene. Poi mi alzai ed incomiciai a camminare lungo il bagnasciuga, guardavo il mare e attendevo mentre l’ansia aumentava ad ogni passo. Lo vidi, avanzare verso di me era ancora troppo lontano per capirne i lineamenti ma sembrava mi stesse sorridendo, poi ad un tratto…..
- Scappa! – e l’onda si levò fino ad oscurare il cielo

Dovevo por fine a questo incubo, cercai il biglietto datomi dalla commessa del negozio, lo soppesai prima di fare quel numero. Mi rispose una voce calda, maschile.
- Mi scusi, ho avuto questo numero da una commessa di un negozio di abbigliamento, e….mi sento una sciocca non so nemmeno con chi sto parlando.
- Ho capito, ha avuto il numero da Susan una mia carissima amica e allora lei deve essere una persona speciale. Questa sera ci troviamo alle 21 scriva l’indirizzo per favore.
Scrissi l’indirizzo sul blocchetto e dopo aver chiuso la comunicazione mi domandai perché mai l’avessi fatto. Nessuno, in fondo, mi obbligava ad andare a quell’incontro, mi sentii sollevata e soprattutto libera.
La giornata proseguì col solito ritmo, niente di particolare, ufficio, casa e ancora ufficio. Ma il pensiero di trascorrere un’altra notte da incubo mi innervosì e quando si fece sera mi trovai, senza nemmeno accorgermene, davanti a quella casa sconosciuta.
Venne ad aprirmi un ometto con i capelli radi e grigi, rimasi delusa, inconsciamente mi aspettavo qualcun altro.
- Ci siamo sentiti stamattina, entri pure!
La sala era in penombra ma era già gremita di persone.
- Sono contenta che sia qui! – La commessa del negozio mi venne incontro – Venga! Le presento gli altri.
Di mani ne strinsi parecchie ma non rammentai nessun nome. Fummo tutti invitati a sederci, l’ometto, l’unico a rimanere in piedi, iniziò a parlare.
- Stasera fra di noi c’è una nuova amica, è necessario spiegarle il senso di questo nostro incontro.
Si mise a parlare della “vita onirica” di come essa fosse reale e parallela a quella vissuta durante il giorno.
- Ognuno di voi, qui presenti, sa che sto dicendo il vero e vorrei invitarvi a descrivere le vostre esperienze, le vostre sensazioni e perché no! Anche le vostre paure.
Poi si rivolse a me.
- Ascolti, non abbia timore e capirà che non è sola.
Mi colpì la serenità e la tranquillità con cui ognuno raccontava la sua storia e poi non so come anch’io raccontai la mia. Ascoltavo la mia voce e quasi non la riconoscevo come appartenesse ad un’altra persona. Mi guardavano con simpatia ed io un po’ mi vergognai. Il padrone di casa si avvicinò e mi prese le mani.
- Questa volta, su quella spiaggia ci saremo tutti.
- Prego! Vuol dire che questa notte sarete tutti nel mio sogno?
- Proprio così!

Era troppo, anche peggio delle sedute dalla dottoressa Sharp. Comunque avevo provato, me ne andai delusa e a casa cercai i romanzi acquistati di recente, li misi sul comodino, avrei letto per tutta la notte se fosse stato necessario.
Non so quando il libro scivolò sul tappeto ed io mi ritrovai su quella spiaggia.

Il vento mi accarezzava la pelle, la sabbia asciutta e tiepida, piacevolissima al tatto. Il chiacchierio della gente mi indusse a guardarmi attorno, erano tutti lì. Alcuni alzarono la mano in segno di saluto, altri sorrisero semplicemente.
- Ma voi siete…..
- Proprio così! Glielo avevo detto che saremmo venuti.
- Ma è impossibile, questo è il mio sogno!
- Ne è proprio sicura? – L’ometto strizzò gli occhi – Posso sedermi?- Si mise accanto a me
- E adesso cosa succede? – chiesi
Indicò il mare e l’onda che stava per abbattersi.
- Rimanga! – Mi afferrò per un braccio e mi trattenne mentre tutti gli altri si stringevano attorno a me ………………..…..e l’onda passò oltre.

°°°°°°

La spiaggia era scomparsa, monti ricoperti da boschi erano tutt’intorno, ero nuovamente sola, no, errore! Qualcuno si stava avvicinando, un uomo.
Saliva per un ripido sentiero, incredibile, era lo stesso della spiaggia, quello che mi diceva di fuggire.
- Salve! – Gli dissi andandogli incontro
- Salve! - rispose - Anche lei ama l’alba? Vengo qui ogni mattina per non perdermi lo spettacolo.
Lo osservai, ero sicura di non averlo visto alla riunione, avrei voluto fargli altre domande ma lui era incantato a guardare il sole nascente.
C’era una ragione precisa per quello che stava accadendo ed io incominciavo a comprenderla.
Il sole si era alzato sopra la cime del monte, l’uomo si alzò spazzolandosi i pantaloni.
- La rivedrò domani?- Mi chiese – Niente spiaggia?
- Niente spiaggia! - risposi
E mentre lo guardavo allontanarsi sperai di non svegliarmi troppo in fretta.







Luisa Camponesco

   
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