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 Il mondo di Charlie
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luisa camponesco
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Inserito - 29/11/2004 :  16:41:25  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Il mondo di Charlie

Era steso bocconi sul prato, immobile, alcune nubi coprivano il sole, ma faceva piuttosto caldo nonostante un venticello muovesse le fronde. Susan sua madre lo osservava dalla finestra, il cuore stretto da un’angoscia indicibile. Era inutile chiamarlo, per portarlo in casa avrebbe dovuto sollevarlo di peso.
Quando era nato Charlie era un bambino sano e strillava in continuazione, poi crebbe sempre vivace e allegro, portando tanta gioia in casa. Aveva subito mostrato intelligenza e una sensibilità incredibile. Anche i rapporti con la sorella maggiore erano improntati ad un grande affetto legatissimi l’uno all’altra complici anche nelle marachelle.
Tutto andò bene fino a quel giorno, un giorno che nessuno avrebbe più dimenticato. Giocava con suo padre, Sam che gli insegnava a lanciare la palla ovale, erano già al terzo lancio quando la palla gli sfuggì di mano e rotolò in mezzo alla strada. Charlie si precipitò a rincorrerla e non vide la macchina che stava sopraggiungendo, suo padre, allora, si parò dinnanzi alla vettura spingendo il figlio da un lato. Charlie vide morire suo padre sulla strada sotto i suoi occhi.
- E’ colpa mia ! – continuava a ripetere, poi tacque, non disse più una sola parola.
Erano passati, cinque anni da quel giorno, il ragazzo si era chiuso in un mondo tutto suo, senza comunicare più con nessuno. Susan e Sara non si erano mai arrese, in tutti quegli anni avevano consultato medici, centri specializzati da New York a Los Angeles, ma senza risultati. Medici, psicologi, psichiatri scuotevano la testa…
- Non c’è nulla che possa impedirgli di parlare, non è un fatto fisico, ma solo mentale. Si è sentito responsabile della morte del padre, ha rimosso il ricordo, e si è rifugiato in un mondo dove si sente al sicuro – Susan e Sara conoscevano a memoria questa risposta
- Ma io sono sicura di una cosa – replicava la madre
- In qualche parte, dietro quegli occhi che non mi guardano, c’è ancora il mio Charlie e io lo troverò- risoluta, prendeva per mano il figlio e lo portava a casa.

Charlie su quel prato osservava i minuscoli abitanti di quel mondo verde.
- Sta ancora guardando gli insetti vero mamma? – Sara si era nel frattempo avvicinata alla finestra
- Ormai è da parecchio che è lì ! vado prenderlo – Susan riposto l’ultimo piatto uscì.
Il ragazzo intento ad osservare una fila di formichine affaccendate attorno a briciole di pane, non si accorse della presenza della mamma. Susan lo guardò con un nodo alla gola.
- Charlie è ora di rientrare! – sapeva che non avrebbe risposto e forse nemmeno sentita, ma continuava a parlargli per fargli sentire che lei c’era, era presente.
Lo prese fra le braccia e sollevandolo lo portò in casa, la cena era quasi pronta. Fare mangiare Charlie era una di quelle cose che coinvolgevano madre e figlia, era necessario imboccare il ragazzo con cibi frullati e controllare che inghiottisse. Solo l’amore poteva tanto, infatti i medici si erano sempre espressi in questi termini: “Non siete in grado di gestirlo, vi consigliamo vivamente per il suo bene e il vostro di metterlo in un Istituto specializzato per questo genere di casi.
- Grazie, ma ci pensiamo noi – questa era risposta che Susan dava a tutti.

La telefonata arrivò inaspettata dall’amica Deborah,
- Senti Susan! Ho saputo proprio ora di uno specialista che vive proprio qui in città si chiama Brian Baker. Sta sperimentato nuove tecniche e pare abbia avuto, successo in più d’un caso se fossi in te… Prova a chiamarlo ti do l’indirizzo.
- Grazie Debby ! ti farò sapere- rispose Susan annotando il numero telefonico.
Prese l’appuntamento per la settimana successiva e fu con un misto d’ansia e speranza che attese quel giorno.

Lo studio del dottor Baker era diverso dagli altri che aveva visitato, ad una parete era appeso un enorme stampa raffigurante coloratissime farfalle e poi molte riviste, maggior parte delle quali trattavano del mondo animale. Ebbe la sensazione che lo sguardo di Charlie si fosse fatto meno assente e il presentimento che qualcosa stava cambiando, presentimento che solo una madre può avere. I suoi pensieri furono interrotti dall’assistente del dott Baker.
- Vuole accomodarsi? – la fece entrare in ampio studio, arioso e vivacemente colorato. Non aveva l’impressione di trovarsi in uno studio medico, ma piuttosto in una sala giochi. Ce n’erano parecchi sparsi per la stanza, dai trenini ai cubi alle biciclettine …
- Scusi il ritardo, un impegno urgente. Allora questo è il giovanotto? Ciao Charlie! – naturalmente il ragazzo non rispose. Baker sorrise e invitò Susan a sedersi.
- Mi racconti tutto, anche i particolari che le sembrano insignificanti, la ascolto!
Susan incominciò a narrare tutta la vicenda, le faceva male rievocare quella tragedia, ma Baker era irremovibile e la incitava a proseguire. Nessuno di loro si accorse che nel frattempo Charlie si era avvicinato ad una vetrinetta che racchiudeva in miniatura un termitaio.
Il dottor Baker studiava infatti anche il comportamento e l’aggregazione sociale di animali in particolare insetti come le termiti, ma non solo, anche ditteri, mantoidei , imenotteri e molti altri.
Charlie era fermo dinnanzi a quella porzione di termitaio, si vedevano le larve poste in una cavità del centro, le operaie muoversi rapidamente per accudirle e una serie di percorsi, un labirinto in miniatura.
Poi accadde qualcosa, una parte del nido franò ostruendo la via che conduceva alle uova, le termiti, allo sbando, andavano come impazzite da una parte all’altra, scontrandosi e sovrapponendosi. Allora Charlie fece qualcosa di assolutamente imprevisto, appoggiò l’indice sul vetro e seguendo una scanalatura segnò il percorso per aggirare l’ostacolo e giungere così alla cavità centrale. Baker, che, pur ascoltando Susan non aveva mai tolto gli occhi dal ragazzo, fece cenno alla madre di tacere e si avvicinò silenziosamente alle sue spalle.
Intanto le termiti, come seguendo un misterioso segnale, seguirono il tragitto indicato da Charlie fino ad arrivare nella cavità delle larve.
- Cosa succede dottore? – chiese Susan
- Un attimo! – Baker presa una telecamera filmò l’avvenimento.
- Per un motivo, che devo scoprire, suo figlio riesce ad interagire con il mondo degli insetti. E’ la prima volta che vedo una cosa simile. Mi dia tempo la prego, se è ciò che penso, c’è una speranza.
- Che genere di speranza?
- Devo studiare questa cosa. Potrebbe portarmi Charlie, diciamo… tra una settimana sempre a quest’ora?
Susan sospirò e fece un cenno d’assenso col capo. Tornò a casa con una sorta di ottimismo che incominciava a farsi strada. Ogni tanto osservava il figlio e le sembrava di scorgere negli occhi lampi di attenzione. Forse era solo la sua immaginazione o il desiderio di riaverlo come un tempo, chiacchierone e vivace.
- Allora mamma cosa mi dici?
- Ho la sensazione Sara che qualcosa succederà presto.
- Da cosa lo deduci?
- Oggi Charlie aveva qualcosa di diverso, ci sono stati dei momenti in cui era…presente
- Mamma! Non perdere la speranza è giusto, ma anche altre volte c’era parso che succedesse qualcosa e poi …nulla .
Susan si adirò molto con la figlia, accusandola di aver rinunciato, di essersi stancata di continuare, di aver perduto la fede. In realtà Sara temeva l’ennesima delusione, ma comprese lo sfogo della madre e preferì rimanere in silenzio mentre Charlie, ignorando la discussione uscì in giardino.
Dopo essersi calmata Susan si accorse dell’assenza del figlio e vista la porta aperta si precipitò fuori. Lui era ritto sul vialetto del giardino, il palmo della mano aperto e posato su di esso una farfalla e poco dopo se n’aggiunse un’altra e poi una terza. Anche Sara lo vide.
- Mamma cosa significa?
- Il dottore pensa che riesca a comunicare con gli insetti.
Sara non riuscì a mascherare un’espressione di ribrezzo, lei odiava gli insetti, non era mai riuscita a sopportarli.
- Se vogliamo riaverlo dobbiamo entrare nel suo mondo.
- Farò ciò che mi chiederai mamma!
Con delicatezza Sara si avvicinò al fratello.
- Sono bellissime Charlie, delicate e leggere volano insieme al vento – Charlie restò immobile ma, questa volta anche Sara ebbe la percezione di un lento cambiamento.
Nei giorni che seguirono Susan e Sara si procurarono parecchi libri illustrati, spesso si sedevano vicino a Charlie mostrandogli delle fotografie d’insetti e soprattutto leggendogli le loro abitudini. Entrambe erano consapevoli che questo era un tentativo, un modo per comprendere il ragazzo e il suo interesse per il mondo degli invertebrati.
La telefonata di Baker arrivò puntuale una settimana dopo e questa volta volle essere presente anche Sara.
- Signora! – iniziò Baker – ho rivisto il filmato parecchie volte e sono giunto alla conclusione che, in qualche modo, Charlie sia riuscito ad inviare un messaggio a quelle termiti. Vede! Noi abbiamo smesso di usare una parte del nostro cervello e ci siamo scordati di possederla anche perché non abbiamo bisogno di utilizzarla. Cosa che molto probabilmente facevano gli ominidi o l’homo erectus. Il progresso e l’evoluzione ci hanno portato ad utilizzare e stimolare solo una determinata zona cerebrale. Ma essa, esiste ancora ed in un qualche modo Charlie l’ha riscoperta.
Mentre parlavano un’ape entrò dalla finestra e subito il ragazzo la seguì con lo sguardo fino a quando uscì. Baker, sempre attento, si affacciò alla finestra e si accorse che uno sciame si era raccolto attorno ai rami di un pino.
- Mi permette di verificare la mia intuizione?
- Cosa intende fare?
- La prego mi dia questa opportunità.
- Se è per il bene di Charlie faccia pure!
Baker prese Charlie per mano e lo condusse nel giardino, poi disse qualcosa alla sua assistente.
- Charlie – disse inginocchiandosi vicino a lui – quelle api hanno seguito una nuova regina, ma devono trovare casa. Guarda Charlie! – gli prese la mano e la posò su di un arnia – Questa è la casa delle api, ma loro non lo sanno ancora. Vuoi provare a dirglielo tu?
Charlie guardò l’arnia e poi le api … Baker si allontanò.

Poco dopo un’ape si staccò dal gruppo e ronzò vicino al ragazzo, poi un po’ alla volta l’intero sciame avvolse Charlie come un mantello. Susan urlò ma Baker la trattenne. Fu questione di pochi minuti ed ecco prima una e poi tutte le altre la seguirono dentro l’arnia. Susan e Sara si precipitarono a controllare, ma non c’era ombra di punture, il viso di Charlie appariva roseo, il colorito di un ragazzo sano.
Da quel giorno gli incontri con Baker divennero giornalieri e tra entusiasmi e delusioni si compivano piccoli passi e grandi speranze.
Quel mattino Sara voleva giocare con Charlie. Tentava di lanciarli una palla che lui non la raccoglieva, finì così in mezzo alla strada, Sara con un sospiro la inseguì ma non vide la macchina che stava sopraggiungendo proprio in quel momento. Non c’era nessuno che potesse avvisarla, nessuno tranne Charlie. La vettura si avvicinava sempre più e Sara era ancora china in mezzo alla strada quando…
- Saaaraaaa – un urlo, una voce strana ma familiare costrinse la ragazza a sollevare il capo e schivare l’auto che poco dopo si fermò.
- Mio Dio non l’avevo vista!! – la donna che era al volante era visibilmente spaventata, ma Sara guardava il fratello che, ritto sul vialetto del giardino la guardava. Quella voce era la sua n’era sicura.
Corse da lui lo abbracciò.
- Charlie mi hai salvato la vita - lo scuoteva, lo stringeva, lui la guardava, poi sollevando una mano le accarezzò il viso.
Susan si era affacciata alla porta spaventata dal rumore.
- Vieni mamma! – disse Sara ad alta voce facendole cenno la mano
- Vieni! – ripetè sommessamente - Charlie è tornato!

Un vento lieve e carico di profumi entrò nelle finestre spalancate, portando aria nuova nella casa di Susan, Sara e Charlie, il sole era appena sorto e la lunga notte … finita.



   
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