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luisa camponesco
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Inserito - 01/05/2012 :  15:11:42  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

“Jean-Claude Juncker ha deciso di lasciare la carica di presidente dell'Eurogruppo perche' "stanco" delle ingerenze franco-tedesche nella gestione della crisi.”
Questo è ciò che si legge nei notiziari. Juncker si dichiara stanco delle ingerenze franco-tedesche che si comportano come fossero gli unici membri del gruppo
Appoggerà Wolfgang Schaeuble dalle indubbie capacità, ma sarà in grado di coordinare e far dialogare i membri dell’UE?
E poi c’è la questione del fiscal compact, ma non tutte le regole funzionano allo stesso modo in ciascun paese allora ci si chiede se l’uniformazione potrebbe distruggere l’Europa. La causa di tutto questo qual’è? Quello che preoccupa è il futuro prossimo venturo di una Europa che va a due velocità.
Una minor pressione fiscale e un maggior coordinamento delle politiche economiche europee si rende essenziale.
Sono trascorsi molti anni dai miei esami di Economia Politica, ma se non ricordo male, alla base di ogni società c’è il soddisfacimento dei bisogni umani, le imprese producono beni necessari a tale soddisfacimento ma necessitano di investimenti creditizi e di servizi adeguati forniti dallo Stato. Il denaro torna in circolo in seguito ai consumi a va a remunerare i capitali investiti.
Pare una cosa semplice ma non lo è, le variabili sono molteplici, possono essere politiche o ideologiche alle quali si aggiunge anche la mancata solidarietà fra le nazioni.
Non so se esiste una ricetta che risollevi le sorti dell’Europa, ma parlarne mi stare meglio.


Luisa Camponesco

Roberto Mahlab
Amministratore



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Inserito - 05/05/2012 :  20:43:39  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Ironicamente si potrebbe osservare che forse Jean-Claude Junker ha annusato l'aria di protesta contro questa gestione dell'Europa, in attesa dei risultati delle elezioni politiche di domani in Francia e Grecia e delle amministrative parziali in Italia. Più probabilmente le pressioni tedesche per porre un uomo di Berlino al suo posto hanno avuto successo.

La grande crisi bancaria che ha condotto alla progressiva sparizione del credito alle imprese, esplosa quattro anni fa con il caso della Lehman Brothers, si è trasformata mese dopo mese nella tempesta perfetta che ha spazzato ogni riva di ogni sistema economico. Le nazioni che hanno la possibilità di stampare moneta perché dotate di una propria banca centrale, come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e anche diversi altri, hanno continuato ad annaffiare di denaro non solo le banche, ma soprattutto il sistema economico e commerciale dei loro mercati interni, gli Stati Uniti già hanno ritrovato una crescita seppur limitata del loro prodotto interno lordo e una discesa della disoccupazione, ieri ufficialmente al 8,1 percento. L'Europa ha una banca centrale unica sovente ridotta a strumento delle necessità economiche della Germania, motore che non si è mai fermato e che cresce di prodotto interno e decresce conseguentemente di disoccupazione e che vede come il fumo negli occhi qualsiasi tipo di politica monetaria espansiva e quindi inflattiva. Si tratta evidentemente di una posizione che è opposta alle necessità delle altre economie del continente, tutte in recessione a causa della mancanza di credito bancario alle imprese e con la disoccupazione in salita. Con la nuova gestione di Mario Draghi la banca centrale europea ha allentato i cordoni, ma è evidente che l'afflusso dal sistema bancario alle imprese non è sufficiente.
Di fatto si è creata una dicotomia tra la Germania e le altre nazioni europee in presenza di una valuta unica. E' interessante ricordare che comunque solo diciassette delle ventisette nazioni aderenti all'unione europea hanno adottato l'euro e appare improbabile che le dieci dotate di loro valuta si associno alla moneta unica.

La richiesta della Germania, che non ha alcuna intenzione di ridurre la sua progressione, è che i partner dell'euro risanino il loro debito pubblico senza il ricorso alla leva monetaria. Il risultato è la recessione negli altri paesi costretti all'austerità. L'austerità è una spirale negativa, la mancanza di credito bancario e la tassazione impediscono lo sviluppo delle aziende e il riassorbimento della disoccupazione.

I primi paesi ad esplodere nella crisi del debito sovrano, sono stati l'Islanda e l'Irlanda, che hanno operato un consolidamento di parte del debito bancario verso l'estero. La Grecia è sprofondata e, per ottenere prestiti da parte dei partners europei, ha dovuto accettare non solo una politica di austerità che ha schiantato la sua popolazione, ma addirittura si è ritrovata con un governo imposto da Bruxelles che verrà sostituito solo dopo le elezioni di domani. La Spagna è andata a votare dopo la recessione causata dalla bolla immobiliare degli scorsi anni e il nuovo governo sta tentando di arrestare la deriva dei conti pubblici e di quelli internazionali. Il Portogallo non è in condizioni migliori.

La scorsa settimana è caduto il governo olandese, il "cortile di casa della Germania", proprio sulle misure di austerità che diversi partiti non si sentono di appoggiare perché sgradite alla popolazione e le nuove elezioni politiche si terranno a settembre. Domani si svolgeranno anche indicative amministrative in Germania, con nuovi partiti antisistema che hanno fatto la loro comparsa e anche in Serbia gli elettori decideranno la sorte di un governo che si è avvicinato all'Europa. Senza dimenticare che ad un mese dalle elezioni presidenziali in Francia, si svolgeranno nel paese a giugno le elezioni per rinnovare il parlamento, con i partiti antieuropei che guadagneranno parecchio terreno.

L'Italia da dopodomani, dopo le elezioni in Grecia, rimarrà l'unico paese con un governo imposto dall'Unione Europea, non votato e con un programma non scelto dai cittadini e che sta devastando il tessuto sociale ed economico con tasse che hanno raggiunto una proporzione inverosimile rispetto a qualunque prospettiva di crescita.

Incombe sull'Europa intera la richiesta tedesca di un "fiscal compact", il pareggio in bilancio, il che significa, in assenza di politiche monetarie espansive, l'adozione massiccia della fiscalità con un risultato che gli articoli di fondo dei giornali americani definiscono assurdo e sgretolante dell'euro. Premi Nobel per l'economia, da Krugman a Stiglitz, lanciano strali furibondi contro quello che definiscono il suicidio dell'Europa, l'impedimento del credito e la distruzione del tessuto delle aziende e quindi dell'occupazione, mentre l'ovvia via di uscita sarebbe quella contraria, epsansione del credito alle aziende di modo che assumano e che l'occupazione conseguente generi la circolazione monetaria.
La Germania non appare neppure entusiasta dei cosiddetti eurobonds che alleggerirebbero la pressione sui titoli pubblici degli altri paesi europei, ma provocherebbero un aumento dei tassi sui titoli tedeschi che adesso sono assai inferiori a quelli dei partners.

L'Irlanda a fine maggio dovrà votare, in un referendum popolare, se accettare il fiscal compact. In Francia Nicholas Sarkozy rischia domani di perdere la presidenza a causa della politica economica che ha legato la Francia arrancante alla locomotiva tedesca. In Grecia domani la popolazione è chiamata a scegliere tra la fiducia ai due partiti maggiori che hanno appoggiato le decisioni recessive del precedente governo imposto da Bruxelles e quella ai movimenti antieuropeisti di destra e di sinistra.
In Italia domani e dopodomani gli elettori sono chiamati ad elezioni amministrative parziali che saranno il termometro dello sgomento della popolazione colpita da tasse e balzelli che rappresentano una persecuzione contro la libera impresa, mentre non viene attuata alcuna misura contro il mostro della spesa dello stato, responsabile di oltre il cinquanta percento del debito pubblico, in pratica gli italiani, quali individui, sono divenuti schiavi di una entità chiamata stato.

Nei prossimi giorni dunque comprenderemo se il limite di sopportazione dei cittadini ha superato il punto della scelta con il "portafoglio" e quindi dell'usuale male minore, piuttosto che quella del "tanto peggio, tanto meglio", provocata dalla rabbia diffusa e maggioritaria. Avremo cioé la reazione dei popoli, custodi ultimi della democrazia, a seguito di politiche verticistiche e di decisioni prese altrove, dagli stati per favorire una unione europea non più tra uguali e dagli enti burocratici dell'unione europea stessa.

A proposito di debito pubblico, esso si può definire in valore assoluto, quello italiano è di oltre millenovecento miliardi di euro e quello tedesco è oltre duemila miliardi di euro. Però la percentuale dell'indebitamento che interessa chi investe è calcolata con al denominatore il prodotto interno lordo, dunque la percentuale di debito pubblico della Germania è attorno all'ottanta percento, mentre quella italiana e vicina al centoventi percento. Apparrebbe sano aumentare il denominatore e cioé il prodotto interno lordo con politiche espansive, ma misteriosamente alcuni governi, tra cui quello italiano, non ci sentono, adducendo l'argomento degli interessi sul debito che aumentano perché gli investitori si allontanano dai titoli italiani. Non accettano la tesi che gli investitori si allontanano perché non vedono alcun futuro di sviluppo in un paese oppresso dalle tasse, dai balzelli e dalla burocrazia.

In Italia economisti del calibro di Oscar Giannino e di Antonio Martino tuonano ogni ora di più contro una politica governativa avulsa dalla realtà del paese, che necessita di tagli di tasse per le imprese e i cittadini e tagli di spesa dello stato. La sensazione, ascoltando i discorsi dei titolari di impresa e dei lavoratori in tutto il paese, è di incredulità e di furia, senza contare la sensazione di oppressione a causa della sospensione del diritto di voto politico e di scelta responsabile.

L'impressione è che i popoli europei siano in questo periodo storico assai più saggi dei loro governi e probabilmente stiamo per vivere un momento nel quale i cittadini si staccano dalle entità astratte imposte dall'alto e tornano a voler essere padroni del loro destino, nel bene o nel male.

Roberto Mahlab

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