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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 LA LUCCIOLA E IL COMMESSO VIAGGIATORE
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Amorina
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Inserito - 27/09/2004 :  02:08:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Amorina Invia un Messaggio Privato a Amorina
La storia è semplice, quasi banale. Ai giorni nostri può sembrare anche surreale, me ne rendo conto. Ma se cogliamo la metafora e il senso del messaggio, ci ritroveremo in tanti davanti allo specchio con la consapevolezza di aver provato le stesse cose nella vita di tutti i giorni. L'amore ha mille sfaccettature, è composto dall'Amore universale , che comprende l'amore per il prossimo e per tutto ciò che di bello e buono questa terra pruriginosa ci propina. e..poi c'è l'amore universalmente cantato dai poeti dagli scrittori, dagli scultori e dai pittori. Si dice che anche Mino Reitano provò a descrivere il sentimento. Piansero tutti

LA STORIA DELLA LUCCIOLA E DEL COMMESSO VIAGGIATORE
Una delle migliaia microscopiche storie nell'universo dello stagno vicino al lago delle rane. Si narra di una lucciola che perse padre madre e fratelli in una nube di pesticida, una notte di agosto, la fine di agosto, di un anno che fu molto fruttuoso per i cacciatori e mortale per gli animali che non vollero migrare. Avevano coraggio, si dicevano l'un l'altro " gli uomini nn sono poi così cattivi, l'aria che respirano è inquinata ed i loro pensieri diventano come piombo fuso sulle dita. Proviamo a stare con loro. Si mescoleranno a noi e parleremo la stessa lingua." Non fu così ,purtroppo, e tutti perirono in un lago di sangue innocente. Solo la lucciola si salvò, piccola e insignificante animaletto con un neon sulla schiena. Sola e abbandonata da tutti, realizzò presto di dover partire dal magico lago delle rane alla volta dell'incivile mondo che nn sa. Si armò di coraggio e si vestì da prostituta, per confondersi con la maggior parte degli umani, che se non lo sono esteriormente , nell'anima sono peggio. Si diresse verso la Stazione ferroviaria, non sapendo cosa fossero i treni nè a cosa servissero. Le piacevano,però, le piaceva il rumore che ascoltava e l'odore della stazione. Vicino al muretto antistante i bagni, ogni giorno si sedeva un uomo vestito di scuro, con un cappello a larga falda, una borsa di pelle nera e un sacchetto in mano. Era un commesso viaggiatore, un triste e pensoso uomo di questa civiltà che corre e non vede nulla, che non sa neppure il significato di uno sguardo, di una lacrima di dolore, di un cenno d'amicizia. Arrivava tutti i giorni alla stazione per mangiare, alle 12.30, un toast. Lei lo guardava mangiare mentre con la sua borsettina di raso rosso tra le mani cercava di farsi notare da qualche passante, ma lui no. Lui era preso da mille pensieri, dietro gli occhiali scuri, e mangiava lentamente, ritmicamrente muoveva le mandibole come se stesse pensando a come muoverle , e non la guardava. Passavano i giorni, cambiavano le stagioni. Lei ricordò che il padre le diceva sempre che un amore può chiamarsi tale se resiste allo scorrere delle quattro stagioni.Ormai era inverno, la lucciola continuava a cercare, cercare, cercare. Cercava amore dal commesso viaggiatore e di sopravvivere in mezzo ai lupi che stazionavano vicino a lei. Ma la luce stava estinguendosi inesorabilmente, e piano piano svanì.Senza luce, senza amore la piccola lucciola si trascinò fuori dal bailamme. La trovarono morta, sotto l'unico vagone fermo da anni. Non voleva farsi vedere da lui, non avrebbe sopportato la sua espressione indifferente. Guardava sempre lontano ,lui, e gli occhi nn si incrociarono mai.. E poi, chissà mai se l'avesse notata nel tempo, magari lei non se n' era nemmeno accorta Negli ultimi istanti di vita,la povera ingenua piccola lucciola si chiese se veramente cibo acqua e pensieri potessero averlo talmente impegnato da non poter provare a vivere un sogno con lei. Vivere, non sognare!. Alle dodici e trenta, puntualissimo, il commesso viaggiatore arrivò alla stazione si avvicinò al muretto antistante i bagni, si sedette per mangiare il toast e..in quell'attimo relizzò un disagio. Il panorama era monco. Si guardò intorno, vedendo le solite case, le cose, grigie. I passanti correre con le valigie, Strano, tutto era sempre uguale che mancava allora, si domandò quasi a voce alta.. Si guardòle mani, si toccò il cappello, vide se il portafogli era nella tasca interna della giacca, aprì il sacchetto temendo non ci fosse il toast. Niente. Non mancava nulla . Eppure non riusciva a mangiare, era più solo e triste del solito. Si accorse , allora ,che gli mancava il profumo di viola e il colore rosso squillante dell'abito e della borsettina della graziosissima fanciulla che vedeva tutti i giorni. Ma, si chiese, erano i colori che lo attiravano, che gli mancavano, o lei, lo sguardo, l'aura di semplicità che sprigionava quella piccola ragazza che vestiva così eccentricamente. All'improvviso si sentì talmente solo da non poter più sopportare neppure il rumore abituale della stazione. Buttò il toast, dimenticò la borsa scura ai piedi del muretto, si mise acorrere cercando la ragazza della quale non sapeva il nome e che gli mancava come un pezzo del corpo, una mano ad esempio, o un pezzetto di cuore, se lo aveva, nn sapeva. Non la trovò, naturalmente, non pensò di guardare sotto l'ultimo vagone fermo da anni in fondo al binario morto. Rimase lì, attonito, secco come un giunco rinsecchito. Fece uscire da una tasca un'armonica, dio quelle che neppure i bambini suonano , e intonò una musica fatta di due sole note, che divennero ben presto tante, un accordo perfetto.Le dedicò a lei, mentre piangeva lacrime di gesso e gli si apriva un buco negli occhi, occhi che non avevano saputo cogliere nei colori l'anima e l'energia della lucciola del lago delle rane. Si narra che a volte, nelle notti di agosto, di fine agosto, al lago delle rane, nella stradina che dalla statale svolta a sinistra, si odano degli strani rumori, una musica quasi monocorde, e si veda una lucina fioca danzare, buffa e sgraziata, in mezzo a nubi di pesticidi nel mondo della gente che nn sa in un anno che forse mai ci fu..ma sì,neppure la lucciola è mai esistita e questa è una storia senza capo ne coda. Come l'armonica del commesso viaggiatore, che suonerà all'infinito la sua nenia monocorde, sola,e lui con lei.

   
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