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 Il ritorno di Mr. Scrooge
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Renato Attolini
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Inserito - 13/01/2004 :  23:08:42  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
IL RITORNO DI MR. SCROOGE.

Era una di quelle sere in cui la noia e la pigrizia la facevano da padrone. La TV emanava stomachevoli immagini di comici presunti e idioti reali che tentavano di far ridere propinando abominevoli battute o in alternativa, cambiando canale, talk show dove vinceva chi urlava e, in qualche caso, menava di più. Neanche la radio "del cuore", amica di tanti momenti riusciva a rivitalizzare una mente, in quel frangente, completamente apatica. Le sigarette si consumavano velocemente cominciando ad essere in numero notevolmente superiore alla media, mentre bicchierini di "Havana Club" facevano capolino qua e là. Lo sguardo corse alla libreria, alla lunga fila di opere letterarie raggruppate per autore: Stephen King, Sidney Sheldon, Jaquelin Briskin e via discorrendo, ma l'attenzione fu attirata da un piccolo libro seminascosto, quasi dimenticato, comprato chissà quando, forse regalato o più probabile trovato in omaggio con qualche rivista , "Canto di Natale" di Charles Dickens La festività in questione era passata da un pezzo, ma nondimeno mi cadde fra le mani. E' sicuramente un racconto valido per tutte le stagioni, in cui il Natale è solo il pretesto per una morale assai profonda. Mi ha sempre affascinato, non so quante riduzioni cinematografiche ne ho viste, una memorabile a cartoni animati interpretata dai personaggi di Walt Disney con Paperone nei panni di Mr. Scrooge e a quel pensiero un sorriso m'increspò le labbra, per la prima volta in quella serata. Cominciai a rileggerlo sprofondato in poltrona, incurante delle scempiaggini della televisione che era rimasta sbadatamente accesa. Mi catapultai nel racconto, divorando le parole, mentre le Marlboro si susseguivano una dietro l'altra. Ormai mi ero immedesimato nel racconto, ne facevo parte, non sapendo però quale fosse il mio ruolo se Mr. Scrooge, il suo sfortunato ma sempre allegro nipote, o i fantasmi che a turno visitavano il protagonista. La confusione era totale complice anche il rum che copiosamente scendeva gorgogliando nella mia gola mentre gli occhi cominciavano a bruciarmi per via del denso fumo che aveva invaso la stanza, rendendo irrespirabile l'aria. Fu un attimo e il libro mi scivolò sulle ginocchia mentre precipitai in un sonno profondo. Cominciai a sognare o così credetti. Tutto era indistinto, confusionario: la trama del racconto si sovrapponeva alla mia vita passata e presente. Episodi, persone che avevano attraversato il mio cammino, chi mi aveva fatto del male ma anche coloro cui ne avevo fatto io, forse inconsciamente (siamo sempre pronti ad assolverci!) o forse no, danzavano intorno a me in una specie di girotondo surreale sempre più veloce, mentre la nausea cominciava a serpeggiare in me. Mi sentii chiamare: "Ehi, Scrooge!" Mi voltai e vidi un ragazzo sui vent'anni, coi capelli lunghi, blu jeans e un pacco di libri sotto il braccio. "Chi sei? Non ti conosco", lo apostrofai in malo modo, "E poi non mi chiamo Scrooge". "Lo so bene", mi rispose, "Come so molto bene che anche tu mi conosci. Guardami attentamente!". Mio Dio! pensai, c'è una rassomiglianza fortissima con quella faccia che vedo tutte le mattine nello specchio quando mi faccio la barba, solo più giovane di tanti e tanti anni. "Sai una cosa?" - mi disse il ragazzo - "Non è esattamente questo che volevo da te. Mi aspettavo ben altro!" "Vai via!" - gli urlai -"non sei altro che un pezzo di stufato che mi è rimasto sullo stomaco!". Avevo usato le stesse parole di Scrooge quando scaccia via il fantasma del suo socio, senza che me ne accorgessi, ignorando che la sera prima non avevo mangiato stufato bensì bevuto rum in abbondanza. Il ragazzo scosse la testa in segno di compatimento e disapprovazione e si dissolse nell'aria. Il girotondo riprese, volti che credevo dimenticati per sempre o che la mia memoria aveva solo accantonato, si riaffacciarono alla vista. Una donna mi fissò ridendo, burlandosi di me, come fece tanti anni prima. La insultai, come feci tanti anni prima. Un'altra, un po' sfiorita, mi sorrise tristemente ma con dolcezza "Sai, dopo che mi hai abbandonato, non ho avuto più nessuno" e scomparve nel nulla, lasciandomi un gelido e opprimente senso di rimorso. Un'altra ancora apparve urlandomi fra i singhiozzi "Mi stai deludendo!". La nausea aveva ormai raggiunto il livello di guardia. Mi svegliai di colpo così come mi ero addormentato. Mi sentivo intontito, mi alzai barcollando mentre non si erano ancora dissolti gli echi di quel sogno, ma lo era poi?. Raggiunsi il balcone mentre l'aria fredda del mattino mi sferzava il viso. Guardai di sotto da un'altezza di sei piani: il vuoto si riempì per un attimo dei volti evanescenti che mi avevano tormentato per tutta la notte: "Vieni, vieni", mi sussurravano, invitandomi con i gesti delle mani a raggiungerli. La testa mi girò, mi afferrai al balcone colto da vertigini, sentendomi come risucchiare da quella specie di precipizio. In quell'attimo una voce forte risuonò alle mie spalle, "Chi diavolo è?" - urlai girandomi. "Il Sudan sta morendo di fame, aiutatelo!", le parole dello speaker uscite dalla televisione, dimenticata accesa, rimbombarono nella stanza. Un volto scavato di un bambino negro con gli occhi mostruosamente grande con un nugolo di mosche che gli ronzavano intorno mi fissava attraverso lo schermo. Seguì un numero di conto corrente postale. Mi girai guardando in alto: era una splendida giornata, fredda ma splendida e il cielo di Lombardia così bello quando è bello, come declamava il Manzoni, mi infuse un senso di quiete. L'immagine del bimbo era scomparsa dal video ma non dalla mia mente. Prima o poi, dissi fra me, ritrasmetteranno quello spot ed allora annotterò il numero di quel conto. Una doccia bollente (mai sopportate quelle fredde, neanche in estate) ed ero già in forma. Uscii per strada, camminando pieno d'energia. Una piccola bicicletta veloce come un missile mi sfiorò quasi travolgendomi per poi arrestarsi immediatamente. Il bambino che la guidava era più terrorizzato di me. Lo guardai: era un negretto e per un attimo il suo volto si sovrappose a quello visto prima in televisione. "Mi scusi, signore", balbettò. Gli sorrisi: "Non fa nulla, cioccolatino" aggiungendo poi in tono di falso rimprovero "Ma stai più attento!". Il bimbo ripartì a razzo ridacchiando sommessamente. Mi strinsi nel cappotto, respirai a pieni polmoni e pensai fra me: "Addio Mr. Scrooge, oggi è un altro giorno, domani si vedrà!".


   
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