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 Atlantide
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luisa camponesco
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Inserito - 10/04/2004 :  15:06:43  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

- Che gli dei ti siano propizi, mio re – il gran sacerdote del Tempio del Sole Nascente salutò così il sovrano
- Dimmi Zarok cosa dicono oggi gli oracoli? – re Malek avvolto in vesti dorate si sedette su di uno scranno e mentre aspettava il responso del sacerdote si lisciò la fluente barba.
Il Tempio era situato su di un’altura e dominava tutta l’isola, il paesaggio era, a dir poco incantevole. Dalle vaste terrazze adibite a coltivazioni, ai giardini pensili il regno di Atlantide si estendeva per un’ampiezza di circa 700 km quadrati ed era attraversato da un fiume che nasceva da un monte centrale, si snodava come un nastro azzurro per gettarsi nel mare con un ampio estuario. Molti ponti congiungevano le due sponde e la città fortificata era circondata da alte mura. Il porto era protetto da una barriera artificiale e al suo ingresso si ergeva un’imponente statua del dio Poseidone, protettore dell’isola.
Re Malek era fiero del suo regno e nella sua mente sognava la conquista di altre isole e magari di parte della terra ferma, di quella terra che si trovava al di là delle Colonne d’Ercole. Spesso raccoglievano naufraghi provenienti dalla Grecia o dalla Libia e subito venivano ridotti in schiavitù ed impiegati nelle miniere dove si estraeva un minerale misterioso e rarissimo simile all’oro.
Quel giorno il sovrano era particolarmente agitato, un marinaio egizio catturato al largo dell’isola si era vantato della grandezza del suo popolo e di quali e grandi costruzioni fossero in grado di fare.
- Allora attendo una risposta
- Certo mio signore, questa notte accadrà un fatto eccezionale, la posizione della luna e delle stelle sarà presagio dei futuri eventi.
- Bene Zarok dipende molto da questo responso – poi si alzò – nessun popolo può essere più grande del nostro, sono pronto a preparare la flotta, conquistare quella terra e a sottometterla.
Il re uscì dal tempio e il sacerdote si preparò al rito propiziatorio. La bellezza della città e la grandiosità delle sue statue contrastavano con un mondo sotterraneo e invisibile agli atlanteani era il mondo della miniera. Gli schiavi lavoravano senza sosta per estrarre il prezioso minerale che aveva fatto la ricchezza di quel regno. Molti non sopravvivevano agli stenti e alle fatiche, continuamente angariati e pungolati con dei lunghi bastoni dai sorveglianti. Lo schiavo egizio, ultimo arrivato, trascinava la pesante catena che gli stringeva la caviglia, si guardava attorno con circospezione.
- Se pensi di poter fuggire, amico mio, accantona il pensiero, da qui noi usciamo solo morti.
- Parla per te vecchio io da qui me ne andrò stanne certo.
Il vecchio, o almeno pareva tale, sghignazzò
- Sogna pure se ti fa piacere - soggiunse
- Io fuggirò, questo è un fatto – e non soggiunse altro.
Infatti, alcuni sorveglianti vedendoli parlare incominciarono a bastonarli.
- Metterò anche questo in conto – mormorò sommessamente l’egizio.
Venne finalmente il momento della pausa, una brodaglia maleodorante veniva servita come cibo, ognuno con la sua ciotola si avvicinava affamato, ma l’egiziano no, l’egiziano osservava in disparte con una espressione di disgusto.
- Dovrai imparare a mangiarla qualunque cosa sia, o non camperai tanto te lo assicuro.
Il vecchio si era seduto vicino a lui
- Posso sapere come ti chiami o è un segreto.
- Kafir è il mio nome. E il tuo vecchio?
Il vecchio rise
- Il mio l’ho scordato, ora non ha più importanza.
La pausa finì e i sorveglianti incitarono tutti al lavoro a colpi di scudisciate.

Sarima, sacerdotessa del Tempio del Sole Nascente osserva la verde vallata che si estendeva ai piedi del monte. In lontananza l’azzurro del mare contrastava con le nubi cupe che a tratti apparivano, alcune avevano la parvenza d’artigli pronti a colpire. Uno strano senso di malessere la pervase.
- Sarima dobbiamo preparare i bracieri per il rito di questa notte – la voce di Zarok la distolse dai suoi pensieri.
- Hai visto Zarok quelle strane nubi?
- Lascia stare le nubi, la congiunzione astrale di questa notte sarà decisiva per le sorti del regno.
Raggiunsero insieme il centro del tempio, sul pavimento era disegnata un’enorme stella dorata con nove punte e nel soffitto vi era, in corrispondenza di tale stella un’apertura circolare attraverso la quale si vedeva il cielo. Sarima e Zarok disposero grandi bracieri vicino a ciascuna delle nove punte della stella.
- Ora non ci resta che attendere – Zarok si allontanò per controllare che la disposizione fosse perfetta.
Intanto nelle miniere Kafir con un arnese appuntito scavava nella roccia e dopo aver messo il minerale in una specie di sacca di pelle la andava a vuotare in un contenitore molto grande. Davanti a lui un altro schiavo che portava la propria sacca, inciampò e cadde rovesciando il minerale per terra. Kafir prontamente si prodigò ad aiutarlo prima che i sorveglianti si accorgessero, fu così che si accorse che l’uomo era cieco.
- Grazie amico, ma aiutarmi potrebbe costarti la vita.
- Non credo che morirò intendo andarmene da qui.
Il cieco dopo un attimo di silenzio gli disse:
- Anch’io un tempo ho tentato la fuga e per punizione mi hanno accecato, ma io so qualcosa che loro non sanno… - non aggiunse altro, ma questo bastò a destare l’interesse dell’egiziano.

Verso sera nel porto di Atlantide ci fu un gran movimento, alcuni marinai appena sbarcati urlavano:
- Poseidone è in collera con noi, un’enorme onda si è all’improvviso sollevata, il mare pareva impazzito. Presto andiamo al tempio ad implorare il dio che plachi la sua ira!!! – una folla si diresse verso il Tempio del Sole Nascente.
Salima si era appena affacciata sulla terrazza richiamata dal clamore e subito si spaventò, ma Zarok aveva già provveduto a far sbarrare il grande portale e a schierare guardie armate a protezione del tempio.
- Presto Salima preparati tra un po’ tutto inizierà.
Entrambi si posizionarono dinnanzi ad uno strano oggetto riflettente e concavo che mostrava una parte del cielo fortemente ingrandita. La civiltà atlantea era tecnologicamente progredita e lo dimostravano le costruzioni degli edifici con le loro fontane zampillanti, erano riusciti ad imbrigliare l’energia del sole e del vento e con un sistema di carrucole riuscivano persino a spostarsi da un luogo all’altro seduti su degli strani seggiolini sospesi nell’aria. Questo naturalmente, era consentito solo alle persone di rango elevato, per tutti gli altri cittadini c’erano comunque strade ben tenute e lastricate, il lusso e il benessere erano una realtà. Ma quella notte era particolare, unica, la congiunzione astrale avrebbe deciso le sorti di quella terra. La luna stava sorgendo in tutto il suo splendore. Zarek e Salima con le mani congiunte attendevano. Il cielo divenne scuro all’improvviso, e la luna mandava bagliori lungo tutto l’allineamento dei pianeti, poi divenne rossa come il sangue. Salima svenne.
Nelle viscere della terra, nella miniera, Kafir, durante la pausa di riposo, si avvicinò al cieco:
- Dimmi amico, mi hai detto di sapere cose che altri non sanno.
Il cieco lo zittì. Poi preso un lungo respiro
- Conosco il modo per uscire di qui, l’ho scoperto per caso, prima che mi accecassero.
- Allora ce ne andremo insieme – rispose Kafir.
- Ti ringrazio ma ti sarei solo di ostacolo
L’ egiziano sorrise
- Io non me ne andrò senza di te.
- No, ti rallenterei la fuga, ma t’indicherò la via.
Kafir era riuscito a rompere la catena che gli stringeva la caviglia ed aiutandosi con il piccolo piccone che usava per estrarre il minerale fece altrettanto con quella del cieco. Inorridì nel vedere la grossa piaga che si era formata sulla gamba dell’amico.

Nel Tempio del Sole Nascente Zarok sollevò Sarima e la fece rinvenire.
- Sarima, devi lasciare subito l’isola, la sventura si sta per abbattere su questo regno, ma tu devi vivere.
- Quale sventura? – la voce della donna era incrinata dal pianto.
- Atlantide è destinata a scomparire, così hanno detto gli astri.
Presa Sarima per la mano la condusse dinnanzi al simbolo del sole e posata la mano nel centro fece aprire una porta segreta.
- Segui il percorso di questo corridoio, ti condurrà fino al porto. Lì troverai un’imbarcazione, non esitare sali e Poseidone saprà condurti in un luogo sicuro. Ora va figliola e chi gli dei ti proteggano.
Senza darle in tempo di ribattere Zarok la sospinse nel cunicolo e chiuse la porta.

Nella miniera, l’egiziano sorreggendo l’amico ed approfittando del sonno dei compagni e della distrazione dei sorveglianti, si avviò verso una piccola caverna naturale chiusa, però, da ogni lato.
- Non c’è via d’uscita, sei sicuro che sia la strada giusta – Kafir era preoccupato, se li avessero trovati ora, sarebbe stata morte sicura.
- Guarda alla tua destra – disse il cieco – vedi un piccolo masso di colore chiaro?
Kafir strizzo gli occhi
- Si ho visto!
- Ora smuovilo delicatamente
Il giovane si apprestò a rimuoverlo, una moltitudine pietre caddero scoprendo un passaggio.
- Seguilo amico mio. Ti condurrà al porto – disse il cieco
- Ci andremo insieme – senza attendere risposta, caricò l’amico sulle spalle e si addentrò in quel passaggio.

La prima scossa fu quasi inavvertita, ma la seconda li fece barcollare.
- Che sta succedendo? –
- Niente domande Kafir tra poco saremo fuori di qui, ma se ti rallento lasciami pure, io la mia vita l’ho già vissuta.
Per tutta risposta l’egiziano aumentò l’andatura mentre la terra tremava sempre di più.
Il giorno stava nascendo in un alba rosso fuoco. Kafir socchiuse gli occhi, ma ormai erano all’aperto. Si udivano grida di gente in fuga, mentre un boato squassava l’isola. La barca era lì a pochi metri. Dopo aver sistemato l’amico anche Kafir stava per salirvi quando udì il grido di una donna. La vide era caduta e faticava ad alzarsi. Senza esitare, dopo essersi assicurato che l’amico cieco fosse al sicuro, corse a prestarle aiuto.
La prese fra le braccia e la portò sulla barca che sospinse in acqua, remando il più velocemente possibile con le sue braccia forti e vigorose.
Uno spettacolo terrificante si presentò ai loro occhi. Atlantide avvolta in una nube di fuoco. La grande statua di Poseidone inghiottita dalle acque e con essa tutto ciò che un tempo era stato un regno ricco e potente.
- Gli dei ci hanno abbandonato – gemette Sarima
- Gli dei sono un grande inganno – disse ad un tratto il cieco – c’è un Essere unico al di sopra di ogni cosa, così diceva mio padre.
Dopo aver innalzata la vela la barca pareva volare sul mare, Sarima e Kafir osservavano incuriositi il vecchio ceco alzare le braccia al cielo per rendere lode a un Dio grande, potente…

e a loro ancora sconosciuto.




   
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