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 25 Concerto di Bimbi
 Il bimbo e ...04 - a scuola- in prima
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Elena Fiorentini
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Ricordi di scuola

di Elena Fiorentini

Una bambina cattiva

La giovane e bella zia aveva accettato l’invito ad accompagnare le due nipoti, figlie di sua sorella, ma quasi sue coetanee, al Gran Ballo di Primavera che si teneva al Giardino d’inverno alla domenica pomeriggio di metà quaresima.Avrebbe dovuto fare da chaperon, come si diceva allora.

Lontano dai fasti del Grande Carnevale Ambrosiano, il “carnevalino” passava quasi inosservato dagli adulti, ma era molto atteso dai più giovani, sempre pieni di energia e alla ricerca di piacevoli diversivi alle lunghe giornate di scuola e di studio o di lavoro.
La primavera pian piano cominciava a manifestarsi con giornate più luminose e con una brezza annunciatrice della nuova stagione, anche se le temperature ancora molto basse.
Il Giardino d’inverno era un ampio salone all’ultimo piano del Palazzo del Cinema Odeon, in piazza Cavour, con la vista degli alberi dei giardini pubblici progettati all’epoca della dominazione austriaca a Milano.
Le tre ragazze avevano passato alcune ore a provare e riprovare l’abbigliamento più adatto alla circostanza festosa e finalmente, con i loro migliori sorrisi, fecero il loro ingresso alla festa.
La zia venne quasi subito avvicinata da una signora che, dopo averla salutata chiamandola per nome le disse , senza altri preamboli:
“ Si è fatta proprio una bella ragazza , signorina D.
La nostra eroina rimase esterefatta ...la guardò imbambolata, pensando a chi potesse essere.
...ma sì ...la mia maestra di prima elementare... Le fece un gran sorriso...ma quella continuò
“ ma lo sa che era proprio una bambina cattiva? Cattiva, cattiva, glielo dico io...” ribadì con aria risentita

Che cosa era successo?Finalmente ricordò.
***
Era in prima elementare, aveva sei anni,la più piccina di tutta la classe, in genere era molto rispettosa, ma il tempo che a volte si doveva passare immobili sembrava eterno.
Prima si agitò come se fosse stata punta da una zanzara, poi si ricordò che doveva dire una cosa importante alla sua vicina, la chiamò ...la maestra vide e sentì tutto ...” sssss... silenzio” così la richiamò.
La maestra doveva rispondere immediatamente ad un biglietto, non era una circolare dove bastava la firma, doveva proprio scrivere e aveva messo le bambine con le “Braccia in Prima”, cioè allungate sul banco, in una posizione non scomoda, ma coercitiva e prolungata.

Al secondo richiamo la maestra si spazientì e invitò la scolaretta ad entrare nell’armadio a muro, quello dove si tiene il materiale didattico: mappamondo, carte geografiche, righe , squadre, i solidi con il cubo, la piramide, il cilindro, le scatole con i gessi e altre meraviglie.
La bimba si rannicchiò contro il muro e nella penombra si assopì. Suonò la campanella della fine delle lezioni e ci si dimenticò di lei.
Si domandò che fare,ma , come spesso i bambini, era una perfetta legalista.
"La maestra mi ha messo nell'armadio e se non mi chiama, non esco."
Pensò.

I bambini oramai avevano svuotato l’aula, non c’era più nessuno.
Non era mai stata nella scuola vuota.Si rannicchiò ancora di più contro la parete trattenendo il fiato e attese...
La mamma era ammalata e una tata aveva l’incarico di andare prenderla a scuola.
Non trovò la bimba. Dopo avere atteso l'uscita dell'ultimo scolaro, iniziò le ricerche disperate. Venne innanzitutto cercata la maestra, che finalmente ricordò. La bimba venne ritrovata nell’armadio a muro, terrorizzata.
Queste le colpe di una scolaretta di sei anni.
***
L' eroina della nostra storia fece un sorriso, non si sentiva colpevole.
Porse la mano al suo cavaliere ed entrò nelle danze : il Gran ballo di Primavera stava iniziando.


di
Elena Fiorentini



Edited by - Elena Fiorentini on 17/03/2004 09:44:26

Elena Fiorentini
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Il primo giorno di scuola
Tonino

Finalmente in aula, seduti nei loro banchi, i bambini della prima elementare , con i loro grembiulini neri e con le scarpe nuove,nei cortili si era abituati a correre a piedi nudi, attendevano trepidanti l’appello.
Erano quaranta bimbi abituati alla campagna e all’aria aperta. Per loro la vita tra le mura della scuola era un grande evento.
La maestra dopo l'appello contò i bambini: quaranta bambini in classe, quaranta sul registro, trentanove risposte. Chi non aveva risposto?
Pensò di rivolgersi direttamente a ciascuno di loro perché non ci fossero dubbi. Scoprì che il bimbo che non rispondeva era Omero Banderari, in classe avrebbe dovuto esserci, ma chi era? perché non alzava la mano?
Come ti chiami?
Alberto Bianchi, Emilio Rossi
…e tu?
“ Tonino”
e poi?
“ Tonino”
Il più piccolo, il più timido, si chiamava niente po' po’ di meno che Omero Banderari, un nome importante e impegnativo, un cognome imponente, che il bimbo ignorava di avere. In terza il piccolo Tonino avrebbe dovuto ripetere l’anno per la seconda volta, andava per i dieci anni. ahi, i conticini, proprio non riesce a capire…( pensava la maestra scuotendo la testa )
Si era nel 1928, l’esame di terza elementare era molto importante. Era un titolo che dichiarava che si sapeva scrivere e contare, le tabelline si dovevano conoscere alla perfezione, un gruppo di poesie dovevano essere imparate a memoria,bisagnava conoscere la storia,la geografia a partire dalla propria regione, e, se si abitava in campagna, si imparavano alcune nozioni sulla coltivazione dei campi. I bambini, prima dell’esame di terza elementare ad Abbiategrasso, teatro del nostro raccontino, venivano lasciati a casa per aiutare nei campi per il raccolto. Dopo la festa di S. Giovanni si tornava a scuola per alcuni giorni per ripassare insieme alla maestra il programma per essere bn preparati per gli esami.
Alla fine dell'anno scolastico la maestra perorò la causa di Tonino,"...diamogli questa licenza, avrà modo di imparare...capirà come fare le addizioni e le sottrazioni...."
La maestra ebbe il trasferimento non lontano da casa, poi le leggi razziali la buttarono fuori dlla scuola , e in seguito visse il periodo terribile della guerra.
Passati gli anni della grande tragedia la maestra ebbe la cattedra a Milano, ma ebbe occasione di ritornare per Abbiategrasso dove fu riconosciuta: "Signora maestra..." questo capita sovente agli insegnanti.
“Signora maestra”
“ Sei tu, Tonino?”
“Sono io, le posso offrire una fetta d’anguria?”
“ Grazie , Tonino, raccontami della tua vita”
“Ho sempre lavorato in campagna, durante l’estate gestisco questo capanno, l’anguriera. Acquisto e rivendo angurie. Un attimo, signora maestra.“
Tonino scelse l’anguria, prese i soldi, diede il resto: un perfetto commerciante.
“ Ehh sì , come vede, facendo pratica, ho imparato a fare i conticini alla perfezione.” Così il timido Tonino aveva imparato a fere i conti ed era diventato un intraprendente giovane imprenditore, d'estate con l'anguriera e poi...chissà...


Edited by - Elena Fiorentini on 16/05/2005 21:04:37Vai a Inizio Pagina

Elena Fiorentini
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La scuola in città

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La maestra aveva solamente 18 anni quando incominciò ad insegnare.
Aveva ottenuto ottimi voti a scuola, perciò alla prima domanda per un posto di lavoro l’aveva ottenuto.
Doveva alzarsi alle cinque del mattino, prepararsi un po’ di cibo da mettere nella “schiscetta” ,che avrebbe messo a intiepidire sul termosifone, per recarsi fino ad Abbiategrasso,la piccola cittadina rurale, attualmente città.
L'autobus per raggiungere Abbiategrasso partiva da Porta Ticinese, dove c’erano le stazioni dei pulman che facevano servizio in tutti i paesi a sud di Milano, fino a Pavia.
Finché si hanno diciotto anni , tutto fila liscio. C’è l’entusiasmo della giovane maestra, c'era il grande rispetto delle famiglie degli alunni che mostrarono in più occasioni di apprezzare la fermezza e il buon senso di Esterina, che impartiva anche tutta una serie di insegnamenti che facilitavano ai genitori molte cose pratiche.I bambini imparavano a compilare un bollettino per un vaglia o un conto corrente da pagare all’Ufficio postale o comporre un telegramma ed erano un grande aiuto in epoca di diffuso analfabetismo.
A casa Esterina preparava anche il materiale didattico.Con matite e forbici faceva delle schede per memorizzare alla perfezione.
le tabelline.
Passarono gli anni, si sposò, nacque un bimbo. Si accumulavano le faccende domestiche. Aveva poi una particolare propensione a correre in aiuto di chiunque avesse necessità di assistenza.
Seguirono la persecuzione del fascismo con l’emanazione delle famigerate leggi razziali con conseguente perdita del lavoro suo e del marito.
Ebbe anni di vita difficile, ebbe salva la vita aiutata in alcuni da casi da genitori di alcuni suoi ex alunni.
Dopo la guerra ci fu il ripristino del lavoro e dei diritti civili , ma visse ancora nell’abbaino di pochi metri quadri, senza riscaldamento fino al 1950.I bombardamenti avevano distrutto buona parte della nostra città, la ricostruzione stava iniziando, ma i senza tetto erano ancora molto numerosi.
Ottenne finalmente un avvicinamento a casa. Cambiò tipo di ambiente, si viveva anche in un'altra atmosfera. La guerra aveva lasciato segni a tutti.
Le vennero affidate le prime classi elementari, come già prima della guerra. Era l’epoca dei grembiulini neri, che avevano il pregio di abbattere le differenze tra ricchi e poveri, oltre a quello di proteggere i vestiti, di cui non c’era abbondanza.
Un curioso episodio le capitò poco dopo la ripresa dell’insegnamento.

Allora i voti si davano con un : bene, benino, suff. , insuff. che non servivano per la valutazione. Poi c’erano i voti per la pagella che consistevano in una serie di numeri accompagnati dai “più” e dai i “meno”.
Poteva esserci una differenza tra un “Sei meno” e un “Sei menomeno”.
Accadde di dare ad un bimbo un “sei meno” e al suo compagno di classe un “sei meno meno”.
Le due mamme confrontarono i compiti. Gli errori sembravano di uguale portata. Si consultarono e si rivolsero ai padri.
Il marito della nostra maestra ricevette a casa la visita dell’accigliato genitore del "sei meno meno" e sfidò a duello l’ignaro marito, lasciandogli la scelta della armi.

Il marito sbuffò e gli disse di non farlo ridere, riuscendo a chiudere senza danni la spinosa questione.
Questo accadeva intorno agli anni cinquanta a Milano.

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Elena Fiorentini

Edited by - Elena Fiorentini on 16/05/2005 21:06:16Vai a Inizio Pagina

Elena Fiorentini
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Difficoltà linguistiche

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La maestra Esterina aveva una grande pazienza e per questo motivo le venivano sempre affidate le prime classi maschili.
I maschietti con il grembiulino nero con il fiocco scalpitavano come tanti puledrini e più che di andare a scuola avevano gran voglia di tirar calci, correre nei campi, cercar rane nei fossi e fare ogni monelleria possibile, immaginabile e inimmaginabile...

Cari bambini , oggi come allora, non tutti i bambini iscritti a scuola parlavano la stessa lingua. Ora ci sono ragazzini che vengono da ogni parte del mondo, alcuni nati nelle nostre città, in Italia, ma molti nati in paesi lontani.

Allora bastava che un bambino venisse da fuori provincia per avere già qualche difficoltà di comprensione.
La maestra Esterina ricorda divertita due bimbi cinesi. Quando i genitori le si presentarono tutti impettiti,accenando un inchino,come vuole la buona educazione cinese,per avere notizie sul rendimento scolastico, la maestra si dimostrò perfettamente soddisfatta per le capacità e per l'impegno dei due bimbi.

"Va bene" - esclamarono i genitori altrettanto soddisfatti - " vorrà dire che l'anno venturo, quando ripeteranno la classe, saranno ancora più bravi"
Ci volle una grande pazienza per fare capire ai genitori che non era necessario ripetere la classe, che i bimbi erano già molto bravi.
Nulla da fare, il cortese battibecco durò giorni, finchè dovette intervenire il direttore a convincerli...

In prima quell'anno si iscrisse un bimbo che veniva dalla Sardegna, ma non da una delle grandi e nobili città, ricche di storia, di arte e di cultura.
Veniva da un paesino dell'interno. Era figlio di pastori. La maestra, malgrado la sua esperienza, non riusciva a capire la minima parola, nemmeno un monosillabo.
Non erano previsti gli insegnanti di sostegno. I piccoli dovevano imparare a stare in classe, in tanit, a scrivere con l'inchiostro e la cannuccia. Erano quaranta scolaretti alla volta.
Spesso la maestra ripeteva che la vita collettiva rendeva i bambini molto stanchi e nervosi, soprattutto quando dovevano rimanere a scuola la pomeriggio perchè avevano i genitori che lavoravano entrambi.
Pian piano, dopo circa tre mesi di paziente lavoro, il bambino e la maestra poterono finalmente comprendersi.
Alla fine dell'anno scolastico il bimbo tornò in Sardegna per ricomparire dopo molti mesi, ad anno scolastico già iniziato. La maestra si ritrovò a ricominciare in buona parte da capo.
Così ad ogni ciclo scolastico scuola di città e scuola di campagna, le maestre si ritrovano sempre a ricominciare da capo con problemi sempre diversi, ma uguali nel loro significato più profondo.

Elena

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Edited by - Elena Fiorentini on 18/07/2004 00:24:20Vai a Inizio Pagina

   
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