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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Rugiada del Mattino
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luisa camponesco
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Inserito - 09/11/2007 :  10:32:45  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

La vicenda narrata in questo racconto non è mai accaduta ma mi ha consentito di far volare il pensiero fra canyons, praterie e terre rosse dei nativi americani.

Rugiada del mattino

Non c’era vento quella notte, pareva che tutto si fosse fermato in attesa di qualcosa. In lontananza la sagoma di un coyote si stagliava contro la luna, il fiume scorreva lento e guizzi argentei increspavano l’acqua. Anche Falco Solitario attendeva, seduto fuori dalla tenda batteva un piede sulla terra rossa al ritmo della cantilena che accompagnava il travaglio della sua donna. Il grido della civetta si perse lontano mentre la luna si spostava nel cielo, sarebbe scomparsa oltre il canyon nello stesso istante in cui il disco dorato avrebbe fatto la sua comparsa al limite della pianura. Aveva vissuto per molti cicli, lui orgoglioso figlio del popolo shoshoni, ora poteva finalmente gridare al vento che un nuovo cacciatore si sarebbe unito alla sua gente e l’avrebbe condotta ai pascoli più verdi.
La nenia cessò di colpo, un urlo si infranse contro le pareti rocciose e poi ……un vagito forte, come lo scoscio di una cascata, le fronde del vicino albero fremettero per un istante. Falco Solitario si alzò e si mise in ascolto della voce della natura.
Trascorse ancora molto tempo prima che una donna sollevasse il lembo della tenda. Senza proferire parole lo invitò ad entrare. Alla luce tremolante delle torce gli misero il neonato fra le braccia e lo scoprirono per mostrargli il sesso.
Una femmina, la delusione lo fece tremare, una femmina non avrebbe mai cacciato il bisonte o condotto i guerrieri in battaglia. Riprese il controllo, uscì all’aperto con la piccola in braccio e la sollevò al cielo, come gli antenati gli avevano insegnato ed innalzò il suo canto al Grande Spirito.
Il disco dorato illuminava la pianura e quando abbassò le braccia sulla fronte della piccola brillava una goccia di rugiada.
- Donna! – disse alla compagna – Questa è Rugiada del Mattino tua figlia. – e gliela pose sul seno poi se ne andò senza dir altro.

La tribù si spostò più a nord dove il clima era più fresco, si sarebbero accampati sulle rive del grande lago. Precedevano i guerrieri su focosi cavalli, seguivano a piedi le donne con i bambini ed i vecchi. Sulle spalle di sua madre Rugiada del Mattino dormiva cullata dalla lenta e regolare camminata della donna.
Due giorni di viaggio lungo le piste note solo a loro, fino a giungere sulle rive del Tahoe. Piantarono le tende e mentre le donne preparavano i fuochi, gli uomini andarono a caccia.
La bambina dormiva ancora quando una anziana le si avvicinò. Il suo nome era Tagana, aveva vissuto per molte primavere e conosceva i segreti delle erbe, parlava con gli animali e col vento aveva il potere di scacciare il serpente, era rispettata e temuta anche dai guerrieri più valorosi. La prese fra le braccia, la piccola fece uno strillo, sua madre accorse ma si fermò non appende vide la sciamana. Tagana si diresse verso la riva del lago e dopo aver denudato la piccola la immerse nell’acqua gelida. La tenne immersa per qualche istante mentre la madre veniva trattenuta a stento dalle altre donne. Tagana la asciugò col suo mantello, la bimba sgambettò felice poi, prima di riconsegnarla alla madre le mise al collo una collana fatta di peli intrecciati d’orso bruno.
- Non dovrà toglierla mai! – disse, poco dopo si incamminò e scomparve nel folto della foresta. Nessuno da allora la vide più

Gli anni passarono in fretta, Rugiada del Mattino divenne una adolescente irrequieta, non tesseva come le altre ragazze, non masticava la pelle di bisonte per renderla morbida, si era costruita un arco e di nascosto si allenava, a scoccare le frecce e lanciare il tomahawk.
Sua madre osservava preoccupata questa sua figlia ribelle.
- Oggi andrai al fiume con le altre donne e farai ciò che ti dicono!
La ragazza aveva in mente altro ma non lo disse, anche obbedire era importante.

Percorse in silenzio il sentiero, era l’ultima della fila, ogni tanto le donne si giravano per controllare che le seguisse. Parlavano di lei, non capivano il suo atteggiamento e perché si comportasse in modo così diverso dalle altre giovanette.
Raccolse acqua, lavò le suppellettili, e poi non poté resistere ad un bagno ristoratore. Nonostante i richiami delle compagne, la fanciulla si lasciò trasportare dalla corrente, felice di trovarsi nel suo elemento.
Presto si rese conto di essersi allontanata troppo, allora raggiunse la riva. Qualcosa la mise in allarme, nulla di definito, solo la sensazione di essere osservata., divenne guardinga.
Al rumore d’un ramo spezzato si nascose fra la vegetazione, si muoveva come un felino fra le mani una pietra appuntita, agiva di istinto. Alcune foglie si mossero rivelando una presenza.
Attaccare per prima, lo aveva visto fare da suo padre quando cacciava e il più delle volte la preda veniva catturata. I cervi abbondavano in quella zona, prenderne uno significava cibo per parecchi giorni e pelle da essiccare. Scattò in avanti contando sulla sorpresa, ma…..fu lei a rimanere sorpresa, non era un cervo ma un giovane come lei, portava colori di guerra, i colori dei comanci.
Il suo pugno rimase a mezz’aria quando si accorse che era ferito. Shoshoni e Comanci non erano in guerra ma nemmeno amici e non si erano mai spinti in quella zona fino ad ora. Il ragazzo la guardava con sfida mista a disprezzo, in fondo lei era solo una donna.
Non c’era onore nel colpire qualcuno inerme, lo avrebbe lasciato lì, ci avrebbero pensato i coyote a finirlo. Gli occhi del giovane, improvvisamente, si riempirono di paura e con la mano indicò la collana di peli d’orso che le aveva dato Tagana molti anni prima. Rugiada del mattino era talmente abituata a portarla tanto da scordarsi di averla al collo. Doveva aver fatto una grande impressione al comanci perché, strisciando, cercava di allontanarsi da lei.
Grida lontane la misero in allarme, allora corse incurante dei rami bassi degli alberi che le graffiavano il viso, non trovò le donne dove le aveva lasciate, ma solo i loro oggetti sparsi sull’erba. Dovevano aver lottato prima di essere rapite e un pensiero terribile le attraversò la mente.
Si diresse verso l’accampamento con tutta l’energia che ancora serbava, il vago odore di fumo che percepiva le metteva le ali ai piedi.
Le peggiori supposizioni presero corpo quando si trovò dinnanzi a ciò che rimaneva dell’accampamento. Si aggirò fra le tende bruciate cercando sopravvissuti, non c’erano donne anche sua madre era scomparsa, solo i corpi di alcuni anziani giacevano sul terreno trafitti da frecce comanci.
Un lamento da dietro una catasta di legna richiamò la sua attenzione, la ragazza accorse. Non aveva mai visto la vecchia donna che respirava a fatica, ma era una shoshoni non c’erano dubbi.
- Tu sai cosa è accaduto?
La vecchia prese un respiro profondo.
- Comanci, hanno preso le donne e i bambini.
- Dove si sono diretti? Li hai visti?
- Sono andati verso il luogo dove il disco giallo scompare, ma tu ….. – un colpo di tosse le impedì di proseguire - ……ma tu devi cercare Falco Solitario lui saprà cosa fare. Ora va corri ragazza, corri prima che i comanci attraversino il fiume.
Un altro colpo di tosse e la vecchia smise di parlare. Un cavallo brucava li vicino, dopo aver coperto la vecchia con una pelle di bufalo, la fanciulla saltò in groppa e, senza esitare si diresse sulle tracce dei comanci. Tagana la osservava, sorrise scoprendo i pochi denti rimasti, la vecchia sciamana sapeva quale direzione avrebbe preso, non si era sbagliata anni prima, il talismano dell’orso l’avrebbe protetta. Ora poteva finalmente riposare nei pascoli del Grande Spirito.

Aveva imparato da suo padre a seguire le tracce, quelle erano fresche, c’erano impronte di cavalli almeno dieci, e orme di piedi, le parve di riconoscere quelle di sua madre. Una rabbia cieca si impadronì di lei e un grido le uscì dalla gola, il cavallo si imbizzarrì.
Respirò profondamente e la sua mano toccò inavvertitamente la collana datagli da Tagana. Il cuore rallentò i battiti, il respiro si fece regolare, annusò l’aria, ora sapeva cosa fare.
La pista per il fiume aggirava un’altura, il cavallo scivolò allora preferì proseguire a piedi. Non sentiva la fatica, ma una forza nuova che dentro di lei la spingeva a proseguire, i suoi sensi parevano acuirsi ad ogni passo e continuò così fino a che giunse in vista al fiume.
Non c’era traccia dei comanci, non ancora, li aveva preceduti. L’attesa non fu lunga, lo scalpitare dei cavalli che avevano fiutato l’acqua ed ecco i guerrieri. Strinse i pugni quando li vide trascinare le donne, scrutò i loro volti nella speranza di scorgere quello di sua madre.
I comanci fecero sedere le donne a terra, i bambini, che impauriti, si stringevano alle loro madri, su di una improvvisata barella veniva trascinato un ferito, e Rugiada del Mattino riconobbe il ragazzo del fiume. I guerrieri costrinsero una donna ad accudirlo mentre accendevano dei fuochi, quella donna era sua madre.
La ragazza attese la notte, il guerriero ferito doveva essere importante non veniva mai lasciato solo, forse era un capo o il figlio di un capo, ma lei era la figlia di Falco Solitario.
Strisciò fino al limite del loro campo cercando di avvicinarsi il più possibile al gruppo delle donne, una di loro la scorse, sussultò ma subito si ricompose. Non aveva un piano preciso ma solo la consapevolezza di dover agire in fretta. Le donne non erano legate, questo era un vantaggio avrebbe guadagnato tempo. Si fece strada in mezzo a loro e, con i gesti delle mani fece sapere che le avrebbe seguite e guidato gli shoshoni a liberarle, poi, com’era venuta tornò a nascondersi nella macchia boschiva.
Si rammaricò di non possedere un’arma, non poteva certo affrontare da sola i comanci, si convinse che la decisione presa era l’unica possibile.
Il tempo scorre più lentamente quando si è in preda all’ansia, Rugiada del Mattino si rannicchiò ai piedi di un albero coprendosi di foglie e rami, ed attese l’alba.
I suoni della notte parlarono al suo spirito, vide il grande fiume sulla cui sponda Tagana, alzando un braccio, indicò la direzione dove scompare il disco bianco della luna .
Il canto delle donne la destò, la voce di sua madre sovrastava le altre voci, comprese il messaggio, stavano partendo.
Vincendo la fame e la sete spiò i movimenti dei comanci. Il ferito fu caricato su di un cavallo e affiancato da due guerrieri, questo avrebbe rallentato la marcia, era un vantaggio.
Guadarono il fiume, la ragazza attese che si allontanassero abbastanza da non notare la sua presenza, avrebbe seguito le loro tracce proprio come faceva da piccola quando cacciava conigli selvatici.
L’acqua fredda del fiume le impresse una nuova energia, le orme fresche sul terreno le indicavano la direzione presa
Un ramo spezzato, un brandello di stoffa erano i segni lasciati da sua madre, questo le facilitava il compito ma non leniva la fame. Non poteva accendere fuochi, ma si costruì un arco rudimentale e frecce con rami appuntiti, si cibò di bacche, di funghi, bevve l’acqua dalle piccole pozze che si formano fra gli alberi durante la notte, si riposò quando le sue membra indolenzite non le permettevano di proseguire.

########

Il disco bianco si preparava al sonno e lasciava posto a quello dorato, molte tende sorgevano nella vallata, c’era movimento intorno ad esse, doveva avvicinarsi per capire cosa stesse accadendo.
Il piccolo arco sulle sue spalle gli infondeva sicurezza, ma le armi più efficaci rimanevano la pazienza e l’astuzia.
I cavalli erano nervosi mentre lei strisciava fra di loro, non c’erano guerrieri a controllarli evidentemente non temevano incursioni nemiche. C’era una grande tenda situata nel mezzo, non aveva mai visto nulla di simile, doveva custodire qualcosa di importante, visto il numero di comanci che la sorvegliavano. Doveva trovare un modo per distrarli.
Possedeva ancora la pietra tagliente e la usò per segare i finimenti di pelle degli animali, sapeva imitare molto bene l’ululato del lupo.
I cavalli impazzirono e, sentendosi liberi iniziarono la fuga nella prateria. I guerrieri urlarono e si misero al loro inseguimento.
Approfittando della confusione, Rugiada del Mattino si avvicinò alla tenda, la tagliò e vi entrò.
Rimase stupefatta, era gremita di donne, paiute, irochesi, cherokee, cheyenne.
Non fece in tempo a domandarsi il perché, un guerriero sollevò di colpo la tenda, lei si sedette in mezzo al gruppo. Dopo esserci accertato che tutto era tranquillo, l’uomo se ne andò, questo però cambiava la situazione, non si trattava più di far fuggire solo le donne e i bambini shoshoni.
Ognuna raccontava la sua storia, tutte simili, i comanci attaccavano il campo quando gli uomini erano a caccia e portavano via le donne preferibilmente giovani e forti, la parola rinnegati risuonò più volte.
Ora la vicenda iniziava ad avere senso.
Una irochese le si avvicinò.
- Io sono madre di un grande capo, forse i guerrieri shoshoni sono diventati femminucce? Hanno mandato te a liberarci?
- Taci! Non parlare così a mia figlia, non vedi? Lo spirito dell’orso è su di lei!
Rugiada del Mattino guardò sua madre con occhi nuovi, ricacciò le lacrime e, incrociate le gambe si mise a pensare. Uscì dalla tenda nello stesso modo in cui era entrata. E si nascose nella boscaglia. Attese la notte.
Urla sguaiate provenivamo dall’accampamento preoccupando la fanciulla che, stretta fra le mani la pietra acuminata, volle vedere cosa stava accadendo.
Gli uomini barcollavano davanti alle luci tremule dei fuochi poi cascavano a terra.
- Cosa accade madre?
- L’acqua di fuoco. – rispose l’irochese
- Acqua di fuoco? – Rugiada del Mattino non capì.
- Si, l’uomo pallido la porta.
La fanciulla sollevò cautamente un lembo di tenda, gli uomini crollavano per terra uno dopo l’altro, allora comprese cosa fare.
Attese che tutti dormissero, i pochi guerrieri che dovevano sorvegliare il campo ciondolavano incapaci di tenere gli occhi aperti. Poi si avvicinò alla madre e le parlò all’orecchio, la fiera compagna di Falco Solitario si alzò seguendo la figlia attraverso lo strappo della tenda, le altre donne la imitarono.
Doveva allontanarsi il più possibile approfittando del favore delle tenebre, muoversi nella notte era difficile, potevano perdersi. Allora fece loro segno di tenersi saldamente per mano, invocò lo spirito dell’orso e prese una pista che portava verso l’alto.
La civetta guidava i suoi passi e da lontano il lupo indicava la direzione. Si arrampicarono per tutta la notte su sentieri scoscesi fino allo stremo delle forze.
- Tu sei matta ragazza! Perché ci hai condotto qui sotto i dirupi invece che verso la pianura, dov’era più facile il cammino? Foglia Tremula sta per partorire e non può continuare.
Solo allora Rugiada del Mattino di accorse della giovane paiute che si temeva il ventre con le mani.
- Se fossimo scese verso valle i rinnegati ci avrebbero già raggiunto ma prima che si accorgano che abbiamo preso questa direzione noi saremo già lontane.
- Dici bene tu, ma come faremo a passare oltre quella? – la donna irochese indicò una cresta montuosa.
Un dubbio attraversò la mente della fanciulla, infatti il sentiero era troppo ripido quasi impossibile percorrerlo. Si sentì sconfortata, ma proprio in quell’istante un aquila con il capo bianco si mise a volteggiare sopra di loro. Lo presero come un segno del Grande Spirito
Ripresero il cammino ora più faticoso che mai, le donne a turno si davano il cambio per aiutare la giovane paiute.
- Abbiamo sete – gridarono.
Anche lei ne aveva molta ma i segni erano evidenti, quella era la strada. Fece riposare e donne all’ombra di una roccia.
- Vado a cercare l’acqua e torno a prendervi .
Si lasciarono andare al suolo troppo stanche per ribattere e i bambini si addormentarono quasi subito.
Rugiada del Mattino si arrampicò lungo uno spuntone roccioso ma perse la presa e scivolò per il pendio, cercò di frenare la caduta, le sue mani si riempirono di tagli e sangue. Perse i sensi.

La nenia la cullava, si sentiva al sicuro, quando aprì gli occhi il grosso orso bruno la guardava, urlò, ma l’urlo si perse nel nulla. L’orso si allontanò e bevve l’acqua zampillante della sorgente.

Il ronzio di un’ape la destò si toccò il collo e la collana di peli d’orso e dopo aver constatato di non essersi fatta troppo male si guardò attorno, scivolando era scesa molto in basso sull’altro versante della montagna, la vegetazione era più folta e non molto lontano scorreva un ruscello colmo di acqua limpidissima.
Si bagnò il viso e riordinò i pensieri preoccupata soprattutto di tornare dalle altre donne come promesso. Invocò gli spiriti degli antenati che le mandassero un segno, e si mise in ascolto.
Lo strisciare del crotalo che si nascondeva fra le rocce, il miagolio del puma e…il richiamo del falco. Suo padre era vicino lo sentiva. Gli spiriti avevano parlato.
Uno scoiattolo scese dall’albero, corse veloce e scomparve in un cespuglio spinoso, riapparve poco dopo, ritto sulle zampette aspettava.
Quando la ragazza fece per avvicinarsi lo scoiattolo si rituffò nel cespuglio. Cercò un ramo robusto e con esso aprì un varco fra le spine, strisciò fra esse, alcune rimasero impigliate fra i capelli ma quando fu dall’altra parte, coperto da foglie e un po’ sconnesso, un sentiero si snodava ma i massi aggirando la montagna.

- Non dovevamo seguirla, morremo tutte qui!
- Se mia figlia ha promesso che sarebbe tornata, lo farà!
Non aveva dubbi ma non toglieva lo sguardo da dove Rugiada del Mattino era scomparsa dalla loro vista. Grande la sorpresa nel vederla riapparire per un’altra strada.
Madre e figlia si abbracciarono ma l’incontro fu di breve durata, i comanci rinnegati aveva capito dov’erano fuggite e stavano salendo lungo il pendio.
- Presto seguitemi!
- Ci prenderanno!
- No, se fate quello che vi dico!
Indicò il sentiero da seguire, ebbe cura di cancellare le tracce e con l’aiuto delle donne più forti fece rotolare una masso ostruendo per sempre il passaggio.

########

La prateria si stendeva fin dove giungeva l’occhio, la terra tremava sotto gli zoccoli dei bisonti in fuga, i cacciatori isolarono i capi più belli, si preparava un grande evento e meritava la carne più tenera e le pelli più morbide.
I fuochi erano accesi alimentati dalle donne, le carni rosolavano sulle braci ed effondevano il loro profumo, i bambini giocavano mimando danze di guerra .
Il sole al tramonto dipingeva di rosso i pinnacoli rocciosi, gli anziani seduti in circolo parlavano fra loro, erano paiute, cheyenne, irochesi, cherokee, shoshoni, comanci, e fra di loro una donna a divider le carni del bufalo.


########

La sagoma del coyote si stagliava contro la luna, il vento sospirava fra gli alberi per gettarsi vigoroso fra gli stretti canyons ed accarezzare il pelo dell’acqua. Sei tribù si erano riunite per stringere un patto di pace, quella stessa notte una donna ritta su di una altura si tolse la collana di peli d’orso bruno che portava fin da bambina, per lanciarla lontano sperando che giungesse presto sui verdi pascoli del Grande Spirito.

Luisa Camponesco

   
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