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 Paititi
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luisa camponesco
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Paititi


Al numero 62 di San Martin nel quartiere Miraflores di Lima si svolgeva una interessante quanto inconsueta riunione. Quattro uomini attorno ad un tavolo sul quale erano sparsi fogli, libri oltre a bicchieri, lattine di cerveza e Inca-cola.
- Dove le hai prese queste informazioni?
Pablo Coronas seduto a capotavola, sigaretta in bocca occhi socchiusi, osservava con interesse Carlos, il padrone di casa.
- Piacerebbe anche a noi saperlo! – Fece eco Emiliano parlando anche a nome di Fernando Gonzales.
- Le mie fonti sono attendibili.
- Ma per favore Carlos, hai detto la stessa cosa l’ultima volta e per poco non ci rimettiamo la vita.
- Questa volta è diverso ve lo assicuro.
Emiliano si riempì il bicchiere di cerveza e andò alla finestra. Poche macchine transitavano a quell’ora della sera, tutti rientravano a casa per la cena, alcuni bambini giocavano nel giardino di fronte. Una famiglia, chissà se un giorno anche lui l’avrebbe avuta. Si voltò a guardare i suoi compagni, erano cresciuti insieme in uno dei quartieri più poveri della città, poco più di una baraccopoli. Si erano ritrovati da qualche anno, Carlos, eterno sognatore, si manteneva economicamente andando di notte a scavare nelle tombe della vicina necropoli di Lauri e vendendo ai turisti i reperti trovati. Da un po’ di tempo in qua si era messo in testa di trovare la Città d’oro, il Paititi coinvolgendo anche gli altri in questa ricerca.
- Questa è la volta buona!
Carlos insisteva nel suo proposito di convincere gli amici che, sempre più scettici, non lo ascoltavano più.
- …e se vi mostrassi le prove di quello che dico!

Il silenzio calò di colpo, i quattro amici si guardarono con curiosità.
- Prove hai detto? Che genere di prove?
Il volto di Carlos si colorì per l’eccitazione, ora l’attenzione era nuovamente su di lui. Aprì un cassetto dello scrittorio ed estrasse una cartelletta arancione.
- Un mio amico che vive a Roma durante una sua ricerca negli Archivi Vaticani ha trovato una lettera di un gesuita un certo Pedro Alonso Carranza, porta la data del 1586, ecco questa è la fotocopia. In questa lettera parla di una città chiamata Paititi nella quale i Figli del sole hanno portato il disco d’oro.
- Fermati, fermati! Di queste lettere ne trovi ovunque, se questa è la tua prova allora meglio non perdere tempo.
- Apettate non è tutto. C’è anche una mappa….
- Carlos come fai ad essere così ingenuo, di quelle mappe io ne ho vendute parecchie ai turisti.
Pablo esplose in una sonora risata, seguito degli altri, ma Carlos non si dava per vinto e allora giocò il suo asso nella manica.
- Questa è stata fatta un anno fa. – Una fotografia si materializzò sul tavolo. – Si trova in una zona a qualche chilometro a nord di Cusco. La roccia che vedete sullo sfondo rappresenta il plastico di una città.
- Questa è la roccia di Sayuhite si trova in tutti i libri di archeologia. – replicò Emiliano

La delusione si dipinse sui volti degli amici di Carlos. Emiliano stava per andarsene quando…
- Non vi ho detto tutto, so benissimo che questa roccia è famosa, ma chi ha scattato questa foto ha parlato con un vecchio indio che gli ha raccontato una storia fantastica.
- Che storia?
- Potremmo andare di persona a sentirla non vi pare? In fondo anche Bingham ha trovato in questo modo Machu Picchu, ascoltando le storie degli indios.
Nella stanza cadde il silenzio, ognuno pensava, rifletteva su cosa fare.
- Il tizio che ha parlato con l’indio lo conosci bene?
- Più che bene, se volete posso organizzare un incontro.
Pablo iniziò a giocherellare con le chiavi della macchina, Fernando mandava nuvolette di fumo verso il soffitto, Emiliano camminava nervosamente per la stanza.
- Io ho venti giorni di ferie da recuperare da aggiungere a quelle di quest’anno, mi stavo giusto domandando cosa fare! – l’esclamazione di Emiliano ruppe l’indugio e i quattro incominciarono a fare progetti con l’entusiasmo che li aveva accomunati da sempre.

I giorni successivi furono un susseguirsi di telefonate, di incontri, di ricerche in biblioteca, di preparativi per la partenza.

- Bisogna fare l’inventario di ogni cosa, tende, coperte fornello da campeggio. Ahh importante, non dimentichiamoci la lozione anti-mosquitos, la zona che visiteremo pullula di insetti.
Carlos sentiva la responsabilità di condurre i compagni verso una avventura che sfociava nella leggenda ma almeno cercava di rendere il viaggio meno disagevole possibile.

L’aereo per Cusco rollava sulla pista, e nel giro di un ora raggiunse la quota di 3.399 mt. Non sempre si è preparati ad affrontare questo dislivello in così breve tempo, Emiliano, appena sceso dall’aereo, accusò difficoltà respiratorie, fu costretto a bere una quantità notevole di tè di coca e rimase in camera per l’intera giornata. Nel frattempo Carlos, Pablo e Fernando si misero a cercare un mezzo di trasporto, alla fine qualcosa trovarono.
- Vi posso assicurare che non troverete niente di meglio in tutta Cusco.
L’uomo batteva il palmo della mano sul cofano a sottolineare quanto vera fosse la sua affermazione.
- Le portiere sono chiuse con del fil di ferro – commentò Carlos.
- Ma senor, il motore è una meraviglia. – girò la chiavetta e il motore, dopo aver tossicchiato un pò, si accese.
I tre si guardarono in faccia e nonostante la delusione contrattarono il prezzo con la convinzione di essere stati, in ogni caso, derubati.

- Non potevate far di meglio? – Emiliano, rimessosi dal viaggio, guardava perplesso quello che doveva essere un camioncino.
- Dobbiamo partire, non abbiamo tempo, ci vorranno ore per arrivare a Sayuhite.
- Sono in ritardo? – Un giovane scarmigliato con uno zaino in spalla li stava raggiungendo.
Rimasero sorpresi tranne Carlos che gli andò incontro.
- Vi presento Ramiro, ve ne ho parlato a Lima, è quello che ha scattato la foto e ha parlato con il vecchio indio e poi parla quechua ci farà da interprete!
- Sarò dei vostri se non avete nulla in contrario. – gettò lo zaino sul camioncino e si passò una mano fra i capelli.
A questo punto c’era poco da aggiungere Paplo alzò le spalle.
- Allora partiamo! Parleremo strada facendo.
Una sensazione diversa aveva preso ciascuno di loro, l’ignoto, l’avventura percepita come una conquista, l’aria frizzante delle Ande e un idea di libertà del tutto nuova sottolineata dal vento che penetrava dai finestrini sconnessi del veicolo.
La strada in terra battuta si inerpicava sulla montagna, a metà percorso fecero una breve sosta per raffreddare il radiatore, sgranchirsi le gambe e riempirsi gli occhi di una natura selvaggia e incontaminata.

Giunsero alla roccia di Sayuhite verso mezzogiorno, piantarono le tende su di una vicina altura.
- Programmiamo i lavori. Ramiro che tu conosci bene la zona indicaci dove trovare il vecchio indio. – Carlos si sedette su di una grossa pietra.
Ramiro prese dalla sua bisaccia un foglio sul quale era disegnata una specie di mappa.
- Il vecchio si sposta sovente con il figlio e la sua famiglia, segue una mandria di lama che in questo periodo si trova nei pascoli a sud.
- E tu sai dove sono?
- Pressappoco.
- Cosa significa pressappoco? O lo sai o non lo sai. – Emiliano ebbe uno scatto di nervosismo i moscerini lo avevano tormentato per tutto il viaggio e il suo viso era tutto a pallini rosa.
- La zona è vasta ed è facile perdersi, conosco un sentiero che dovrebbe portarci da loro, certo se trovassimo dei cavalli sarebbe tutto molto più semplice. Il mio consiglio è di muoverci domani all’alba, inutile andare ora la sera scende presto e i sentieri sono a filo dello strapiombo, un piede in fallo e…. – fece un segno eloquente con la mano.
- Bene, usiamo il pomeriggio per sistemare il campo.
La proposta sembrò a saggia a tutti.
Ferdinando mentre sorbiva il caffè contemplava la roccia.
- E’ incredibile, ma ci pensate quella è una città, con case, scalinate, animali, tutto scolpito con maestria. Gli amici annuirono ma nessun altro parlò presi com’erano dal fascino del momento.
La notte calò con il suo silenzio rotto solo da improvvise folate di vento. Per gli uomini abituati al rumore della città quella fu una esperienza del tutto nuova.

L’alba colorava di rosa le cime innevate delle Ande, quando, zaini in spalla i quattro amici con Ramiro si avviarono a percorrere uno stretto sentiero.
- Camminate con cautela e rasenti alla roccia, non guardate in basso.
Raccomandazione superflua dato che l’altezza era da capogiro.
- A ben pensarci avrei potuto scegliere un modo migliore per trascorrere le vacanze, magari sdraiato su qualche spiaggia incontaminata in compagnia di un paio di belle ragazze.
- Lascia perdere Pablo, se fossimo partiti senza dirti nulla non ce lo avresti perdonato.
Seguirono alcune battute sui gusti di Pablo in fatto di ragazze che suscitarono risate a ripetizione. Un piccolo smottamento del sentiero riportò tutti alla realtà nonché alla pericolosità di quella pista.
- Scusa Ramiro ma non c’era un altro modo per raggiungere i pascoli sud? – chiese Emiliano
- Questa è la via più breve, saremo in vista al pascolo dietro quella curva. Attenti, ora il sentiero si restringe ancor di più.
Si legarono con una fune robusta, in alcuni tratti il sentiero era completamente franato e furono costretti a saltare. Dopo un ora di marcia, col sudore che colava sul viso dovuto più alla tensione che al caldo, giunsero in vista del pascolo.
Una ventina di lama brucavano la rara erba, alcuni bambini li controllavano mentre gli adulti costruivano ripari per la notte. L’avvicinarsi del gruppo li mise in allarme. Ramiro salutò nella loro lingua e si rassicurarono.
- Chiedi dov’è il vecchio!
Gli indios si consultarono prima di rispondere, poi uno di loro si fece avanti a rispondere, l’espressione di Ramiro si fece, di colpo, seria.
- Cosa ti ha detto? – Carlos era preoccupato.
- Non sanno dov’è! Il giorno in cui sono partiti lui non c’era. Se n’era andato.
- Io questo lo uccido! – Fernando fece per scagliarsi su Ramiro, Pablo ed Emiliano lo trattennero.
- Ma vi rendete conto, per poco non ci ammazzavamo per arrivare qui! E per cosa poi? Per nulla.
Ci volle tutta la pazienza possibile per placare Fernando ma anche gli altri, ora, si lanciavano reciproche accuse. La stanchezza ebbe il sopravvento e placò gli animi.
- Cosa facciamo adesso?
- Torniamo indietro.
- Se pensate di farmi ripercorrere quel sentiero, scordatevelo!
- C’è un’altra strada, un po’ più lunga ma decisamente più comoda. – disse Ramiro mentre gli altri lo guardavano torvo. – Sarebbe opportuno accamparci qui per la notte.
- Non è colpa di nessuno se il vecchio non c’è, quindi non prendetevela con Ramiro e…nemmeno con me.

Carlos si rivolse ai compagni ma nessuno rispose, non sembravano nemmeno amici, ciascuno rimuginava per proprio conto cercando soluzioni personali, ma si trovavano in una zona disabitata, la città più vicina a 500 km in linea d’aria, che piacesse o no dipendevano l’uno dagli altri.
Un’altra notte passò, le stelle erano così numerose e visibili che sembravano dovessero cadere da un momento all’altro.
- Sapete, gli indios narrano che proprio in questa zona si sono viste delle navi volanti scendere dal cielo. Se siamo fortunati magari ci capita di vederne qualcuna anche noi.
Ramiro prese il sacco a pelo e lo portò fuori dalla tenda.
- Beh, in fondo cosa abbiamo da perdere!
Fernando lo imitò, e poco dopo venne raggiunto dagli altri. Eccoli, di nuovo insieme, cinque uomini a guardare le stelle come pochi possono vederle.

Il mattino seguente di nuovo in marcia, salutarono gli indios e i bambini li accompagnarono per un buon tratto. Una vallata aspra e inospitale venne loro incontro.
- Spero che Ramiro sappia ciò che fa – sussurrò Emiliano a Palo, mentre iniziavano la discesa.
Camminarono per ore, il sole era già alto nel cielo.
- Davanti a questo spuntone di roccia ci siamo già passati o sbaglio? – Pablo guardava Ramiro con aria interrogativa.
- Io sarò anche un imbecille, ma per andare da Sayuhite al pascolo non siamo scesi tanto. Per tornare a Sayuhite non dovremmo salire? – Anche Emiliano si rivolse a Ramiro.
- Non ditemi che ci siamo persi! – Fernando scaraventò a terra lo zaino.
- No, no, state tranquilli, riposate pure io vado a dare un’occhiata in giro. – Ramirò posò la sua sacca e si arrampicò per un costone.
- Vi posso assicurare che questa vacanza non la scorderò.
- Ed io invece vorrei ricordarla nel mio appartamento di Lima davanti ad una bella bottiglia di cerveza.
- Sempre che ce la facciamo a tornare. – Fernando era sempre stato pessimista e questa sua battuta suscitò le proteste dei compagni.
Mangiarono dei biscotti e bevvero acqua, il tempo scorreva.
- E’ via da troppo tempo, non mi piace.
La frase cadde sinistra sul gruppo di amici e li mise ulteriormente di malumore.
- Io vado a cercarlo! – Carlos iniziò a salire per la stessa direzione presa da Ramiro, gli amici lo seguivano con lo sguardo.
Era già pomeriggio inoltrato quando Carlos apparve in alto su uno spuntone di roccia.
- PABLO, EMILIANO, FERNANDO, presto portate una fune e venite su, ho bisogno d’aiuto.
In fondo si aspettavano qualcosa del genere e non persero tempo.
- E’ finito in un crepaccio dobbiamo tirarlo fuori.
Raggiunsero il luogo della caduta, Ramiro giaceva sul fondo e non dava segni di vita.
- Uno di noi deve scendere.
- Scendo io che sono il più leggero. – Si offrì Fernando
Lo imbracarono e si calò lentamente fino a raggiungere l’infortunato.
- E’ vivo, ma ha un femore fratturato, bisogna immobilizzarlo.
- Vado a cercare qualcosa che vada bene.

Riuscirono a bloccare l’arto con dei rami secchi e delle cinghie, quando lo issarono Ramiro si lamentò. Improvvisarono una barella e con grande difficoltà lo portarono al piano.
- Se mi date una mano posso camminare da solo. – La sua voce era roca, si vedeva che soffriva molto ma non voleva esser di peso agli altri.
- Non se ne parla nemmeno, tu ci dici che direzione dobbiamo prendere e noi andiamo.
Carlos ed Emiliano portarono per il primo tratto la barella improvvisata. Raggiunsero un bivio.
- Da che parte Ramiro? – nessuna risposta.
- È svenuto!
- Cosa facciamo?
- Due sentieri, uno scende, l’altro sale. Usando un po’ di buon senso io direi di prendere quello che sale. A chi devo dare il cambio? – chiese Pablo
- Dallo ad Emiliano io posso resistere ancora. – rispose Carlos.
Mai salita fu più dura, Carlos ansimava ma stringeva i denti.
- Non fare l’eroe amico riposati ora!

Quanto tempo ci misero a raggiungere la vetta, forse, non lo seppero mai, ma roccia di Sayuhite apparve in lontananza nella conca, con il camioncino ben visibile e una tenda ancora piantata.

°°°°°°

- Come va Ramiro?
Ramiro cercò di sollevarsi dal letto.
- Stai calmo non preoccuparti.
I quattro amici lo stavano osservando cercando di capire le reali condizioni di salute.
- Mi hanno operato ma potrò camminare. Non so come ringraziarvi per quello che avete fatto.
- Un po’ di moto ci faceva bene guarda che linea abbiamo!
I quattro amici si misero di profilo, Carlos tratteneva il fiato per sembrare più sottile.
- Carlos sta barando! – I compagni presero a scherzarlo.
- Forza Ramiro vogliamo vederti in forma quanto prima.
Lo salutarono con la promessa di tornare a trovarlo.
La città si stava illuminando nella sera, le strade, animate come sempre, Fernando le osservava come fosse la prima volta. Pablo respirò profondamente e sentì il profumo del mare. Emiliano si soffermò ad ammirare un albero fiorito. Carlos chiuse gli occhi e sognò un’altra straordinaria avventura.

Non avevano trovato Paititi, ma avevano riscoperto una parte di sé stessi, forse la migliore, forse… la più vera.



Luisa Camponesco

   
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