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 Storia d'amore
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luisa camponesco
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Inserito - 10/01/2006 :  20:11:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Storia d’amore

Quella che sto per narrarvi è una storia di cui conosco solo la parte finale, avendo conosciuto i protagonisti. Per sapere come iniziò ho dovuto intervistare persone, esaminare lettere e fotografie. Ho cercato di ricostruire i fatti come un archeologo cerca di ricostruire un tempio. Alcune parti sono autentiche altre ipotizzate. Una storia d’amore come tante altre voi direte ma, raccontarla, può rassicurarci sul fatto che il sentimento, quando è autentico, è una forza inarrestabile.

°°°°°°

Quel febbraio del ’42 era più freddo del solito, un freddo che prendeva anche i cuori e nessuna buona aspettativa per l’imminente primavera.
Clara, quella mattina, si recava al lavoro in sartoria una della più note in città. Sotto i portici incontrò Virginia una sua cara amica.
- Ciao Clara, visto che tempo?
- Sono tutta infreddolita, non vedo l’ora di andare al lavoro almeno lì c’è caldo.
- Allora sei fortunata, con il razionamento non troviamo neppure più legna per la stufa. Dai andiamo a berci un caffè!
Il San Carlo era proprio lì vicino e le due donne vi entrarono consolandosi per il calduccio.
- Dimmi Clara come ti va?
- Non mi lamento almeno il lavoro non ci manca.
Il caffè arrivò, a dire il vero non era proprio caffè, ma un surrogato. In tempo di guerra con l’autarchia, era difficile approvvigionarsi, bisognava accontentarsi, sopravvivere questo era importante.
- Ce l’hai ancora quel fidanzato Virginia?
- È partito per l’Africa – una espressione dolorosa si dipinse sul volto di Virginia – è prigioniero degli inglesi, ma io gli scrivo sempre, tutti i giorni. Ecco una cosa importante Clara, la faresti la madrina di guerra?
- Madrina di guerra? Cosa vuoi dire?
- Sai quanto è importante il contatto con amici e parenti, per loro che sono così lontani, ma purtroppo non tutti hanno questa possibilità, ecco allora la madrina di guerra è colei che scrive manda loro notizie in un certo senso li fa ancora sentire ancora vicini a casa. Gustavo ha un amico nel suo stesso campo, gli faresti un regalo se gli scrivessi. Pensaci e poi fammi sapere!
Quel giorno, in sartoria mentre pedalava sulla macchina da cucire, ripensava a Virginia e a quello che le aveva detto.
- Clara! La signora Orlandi è qui per la prova, sei pronta?
Clara, in ginocchio con gli spilli in bocca, regolava la lunghezza dell’abito.
- Dove sei Clara?
- Non capisco signora, sono qui!
- Intendevo dove sei con i tuoi pensieri. – Caterina Orlandi, donna sensibile e gentile, sapeva capire le persone come poche ed era, soprattutto una persona affidabile.
- Mi scusi ma ha ragione sto pensando alla proposta di una mia amica.
- Vuoi parlarmene? Potrei esserti di aiuto!
Così Clara le raccontò della possibilità di scrivere ai soldati per poterli confortare farli sentire meno soli.
- Faresti una bella cosa Clara credimi, non esitare.
Si interruppero perché in quel momento era entrata la moglie del federale. Arrogante e boriosa trattava tutti dall’alto in basso, tutti tranne Caterina Orlandi. La Orlandi apparteneva ad una delle famiglie più in vista della città e non fraternizzava con le donne del regime, disdegnava i loro inviti e questo le faceva infuriare.
- Cara Orlandi – cinguettò la moglie del federale – che piacere incontrarla, la trovo benissimo. Visto che sono qui approfitto per invitarla ad una cena per il prossimo sabato che si terrà a villa Soriani, ci sarà anche il feldmaresciallo Kruberg, sarà una serata memorabile. Non deve mancare.
- Sono proprio spiacente, ma sto partendo per la Svizzera e non so quando rientrerò. Sarà per un’altra volta. – le fece un sorriso stentato poi strinse la mano a Clara e ignorando l’altra donna se ne andò senza salutarla.
- Brutta presuntuosa ti faremo abbassare quelle tue arie da nobildonna – sibilò la moglie del federale. Clara si affrettò a tornare alla macchina da cucire senza proferir parola.

Il giorno seguente cercò Virginia ed insieme andarono al San Carlo per il solito caffè.
- Virginia ho pensato molto e ho deciso, scriverò a quel soldato amico del tuo fidanzato. Dimmi solo cosa devo fare.
A Virginia brillarono gli occhi dalla contentezza. Si dettero appuntamento per la sera prima del coprifuoco.
Si chiamava Giacomo Galimperti era un paracadutista della Folgore, fatto prigioniero dagli inglesi dopo la sanguinosa battaglia di El Alamein. Tutto ebbe iniziò così, con timido scambio di lettere.
Clara raccontava delle sue giornate, delle tessere annonarie, dell’autarchia, del suo lavoro e di come la vita si continuasse, nonostante la guerra. Stava molto attenta a quello che scriveva, sapeva che le lettere poteva essere aperte e controllate e censurate.
Giacomo descriveva le sue giornate da prigioniero rassicurandola di essere trattato bene e di avere cibo a sufficienza, senza mai dirle dove si trovasse esattamente. Alcune frasi erano cancellate da una vistosa linea nera, segno evidente che la corrispondenza veniva letta.
Si scambiarono anche delle fotografie, lei scelse quella che la ritraeva con un bell’abito, e lui ne mandò una con una divisa da lavoro appoggiato ad un badile. Era magro ma sorridente, un sorriso solo per lei, ma questo le seppe molto tempo dopo.
La guerra, crudele e cruenta ebbe termine, così quel 25 aprile, anche lei salutò l’esercito di liberazione prima di entrare in chiesa per ringraziare Dio. L’incubo era finito poteva sperare nel futuro.

La stazione era affollata, parenti amici tutti in attesa dell’arrivo di quel treno che avrebbe riportato a casa i loro cari. Anche Clara era lì, con l’abito di lino e un grazioso cappello, teneva stretta fra le mani la fotografia di Giacomo. Il cuore in tumulto, si era immaginata quell’incontro un migliaio di volte. Chiuse gli occhi pensando di vederlo scendere dal treno, cercarla fra folla e correrle incontro. Un fischio prolungato e le grida della gente la ridestarono, lentamente il treno entrò in stazione. Molti soldati erano ai finestrini, si sbracciavano nella speranza di richiamare l’attenzione dei loro parenti. Pianto di donne, grida di bimbi, tutti si accalcavano, si spingevano verso gli sportelli, alcuni già aperti mentre il treno era ancora in movimento.
Non riusciva a vedere nulla, incominciò a farsi strada fino ad arrivare al limite del marciapiede, si alzava in punta di piedi scrutava i volti degli uomini che scendevano, alcuni dai finestrini, ma di Giacomo nessuna traccia.
La folla incominciava a diminuire e con essa anche la speranza, poi all’improvviso.
- GIACOMO!!! – una donna elegantemente vestita abbracciava un giovane e fu subito attorniata da altri parenti.
Giacomo, quello era Giacomo, guardò nuovamente la foto, il volto scurito dal sole ma non c’erano dubbi quello era proprio Giacomo.
Osservò la scena a distanza, Giacomo abbracciava tutti e sorrideva ai genitori e parenti.
- Giacomo, ti ricordi di Viviana? – una splendida ragazza bionda si fece avanti, Giacomo spalancò gli occhi e la baciò.
Clara si allontanò, dapprima lentamente poi di corsa, si fermò solo quando la stazione non era più in vista. Si asciugò gli occhi prima di tornare verso casa.
Si buttò nel lavoro, cuciva fino a notte inoltrata. La proprietaria della sartoria, la signora Anselmi una bravissima persona, era preoccupata e decise che era il momento di intervenire.
- Clara!!- Caterina Orlandi era entrata nella stanza portando un profumo di mughetto. – Carissima Clara, sono felice di rivederti.
Incominciarono a parlare, Caterina le raccontò della sua vita.
- Ma come non era in Svizzera?
- Certo cara, ci sono stata, ma non potevo stare con le mani in mano mentre il mio paese andava a rotoli. – così le raccontò della sua vita sulle montagne e dei rischi corsi mentre faceva la staffetta partigiana.
Clara ascoltava con la bocca aperta, mai si sarebbe aspettata che una donna bella e colta avesse potuto fare una cosa simile.
Caterina riprese a frequentare la sartoria con regolarità.
- Devo rifarmi tutto il guardaroba, mio marito si presenta alle elezioni non posso fagli fare brutta figura. – e Clara piano piano ricominciò a sorridere.

- CLARA!!!! – la voce di Virginia le creò un senso di inquietudine – ma dove sei sparita! Sono mesi che ti stiamo cercando!
- Mi state cercando?
- Non ti sei più fatta vedere, la sartoria ha cambiato indirizzo e io non sapevo come rintracciarti.
- Mi spiace Virginia ma ho avuto tanto da fare.
- Anche per una amica? – Virginia assunse una espressione offesa e Clara si sentì in colpa.
- E non è tutto. – proseguì Virginia – il povero Giacomo è letteralmente disperato, non trovandoti più.
- Giacomo?
- Si, Giacomo, ti sta cercando da quando è tornato, ma tu hai cambiato anche abitazione. Dimmi Clara c’è forse qualcuno nella tua vita?
Clara non sapeva cosa risponderle, si sentiva confusa, credeva di aver archiviato la storia con Giacomo e invece… ora tornava un dolore sopito.
- Credo che Giacomo abbia una fidanzata, l’ho vista quando è tornato, lo aspettava in stazione. – Clara lo disse in un fiato e, fu come una liberazione.
- Giacomo fidanzato? Ma cosa stai dicendo, non ha nessuna fidanzata, sta cercando te!
Questa rivelazione la lasciò senza parole.
- Credo sia necessario un incontro chiarificatore, questa sera qui al San Carlo alle 20 e non mancare!
Se ne andò di corsa Virginia e Clara rimase immobile sul marciapiede ancora incredula.

È vero che ognuno di noi è arbitro del proprio destino ma qualche volta anche un amico può darti una mano. La storia di Giacomo e Clara incominciò proprio quella sera.
Si sposarono un anno dopo, la famiglia di lui, ricchi imprenditori, non accettarono, almeno all’inizio la presenza di Clara ritenuta socialmente non adeguata, ma Giacomo prese le distanze dai parenti lasciò l’azienda del padre e si impiegò, come segretario in una piccola casa editrice. Vissero una vita felice e piena d’amore anche se non ebbero figli e fu proprio a questo punto della storia che io entrai nella loro vita.

In un mattino di primavera davanti al portone di casa.
- Buon giorno, sono nuova di qui, dove posso trovare un ufficio postale?
- Siete i nuovi inquilini, quelli del secondo piano? – Clara mi tese la mano – l’ufficio postale e proprio nella strada parallela, ma di qualsiasi cosa abbiate bisogno noi siamo i Galimberti abitiamo proprio sotto di voi, non esitate a chiedere.
Fu un bellissimo incontro e con il tempo si creò una amicizia solida e sincera tanto che finii col chiamarli zii. Loro ne erano fieri, io ero la figlia che avrebbero voluto avere ed io trovai due adulti ai quali fare riferimento oltre i miei genitori. Mi seguirono in tutte le fasi della mia crescita, parteciparono a tutte le mie gioie e ai miei dolori di adolescente, fino a quando poterono chiamarmi, con orgoglio, “dottoressa”. Assistei alle loro nozze d’oro.

- Clara sta male! – quasi non riconoscevo la voce di Giacomo. Compresi subito che la situazione era grave, vana fu la corsa all’ospedale, Clara morì poco dopo.
Un dolore dignitoso, quello di Giacomo, che mi prese la mano e la appoggiò alla sua guancia
- La seguirò presto – mi disse, ma io non gli feci caso, non potevo sapere.
Non potevo sapere che Giacomo era affetto da un cancro e lo aveva nascosto a tutti, un segreto terribile portato dentro di sé. Tre mesi dopo se ne andò anche lui.

°°°°°

Le tombe sono a pochi metri di distanza, ho portato una rosa bianca per lei e un garofano rosso per lui, ho accarezzato le loro foto e sussurrato “racconterò la vostra storia” ed io so che mi hanno sentito.



Luisa Camponesco

Edited by - luisa camponesco on 14/01/2006 16:32:14

   
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