luisa camponesco
Curatore
Italy
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Inserito - 27/12/2008 : 16:36:25
IstantaneaLa trovò per caso, no! Non era vero, la stava cercando. La cercava come avesse perduto una parte di se stessa. Tutto era cominciato il giorno in cui, sfogliando un album fotografico, aveva trovato l’istantanea che la ritraeva vicino a lui, all’uomo che aveva sempre amato ma non sposato. Scherzi del destino? Niente affatto, solo conseguenze di scelte dettate dalla leggerezza o dall’immaturità. A quel tempo era giovane, bella e corteggiata. Le piaceva ballare e lui era sempre lì ad accontentarla ad esaudire ogni suo capriccio. Gino era da sempre nella sua vita, fin dall’adolescenza, talmente presente che a volte non si accorgeva neppure di averlo vicino. La vacanza in Spagna fu un evento, lui le regalò la macchina fotografica, una scatola scura che avrebbe fissato attimi di vita. Pensava di partire con lei, invece Giovanna se ne andò con due amiche, Alessandra e Amelia, senza dirgli nulla, solo un biglietto: “Vieni a prenderci in stazione martedì 22 arriveremo col treno delle 12.30” Due settimane in Costa Brava, Giovanna fece parecchie fotografie. - Le farò vedere a Gino. – diceva convinta. - Sei sicura che venga a prenderci in stazione? – chiedevano le amiche. - Più che sicura. – rispondeva baldanzosa Quel 22 aprile alle 12,30 Gino non c’era ad attenderla in stazione. E non lo avrebbe più rivisto. Chiese a tutti di lui; i parenti e gli amici si mostrarono dispiaciuti, ma dissero che Gino non voleva più saperne, aveva chiuso definitivamente ogni tipo di rapporto con lei. Non si dette per vinta, andò persino da una fattucchiera poi da una cartomante, non ci fu proprio nulla da fare. Solo allora si accorse e di quanto sciocca fosse stata e di aver gettato via l’amore della sua vita. La guerra con le sue conseguenze la distolse dal pensiero costante di Gino, la vita si era fatta più dura, niente più balli o divertimenti, bisognava sopravvivere, per questo motivo lavorava in un laboratorio dove venivano confezionati abiti per i gerarchi della città e le loro mogli. Giovanna odiava quel lavoro ma doveva mantenersi e aiutare la famiglia. Con le prime incursioni aeree le corse ai rifugi divennero quotidiane. Non appena la sirena dava l’allarme, lasciava tutto, stoffe, aghi e ditali. Il più delle volte si toglieva le scarpe per correre meglio. Era circa mezzogiorno quando l’allarme scosse la città. - Presto ragazze al rifugio! – la signora Cesira, proprietaria della sartoria, fece uscire tutte le lavoranti, ma quel giorno Giovanna si attardò e quando usci il bombardamento era già iniziato. La bomba esplose vicino, lo spostamento d’aria la fece cadere, molti calcinacci le caddero addosso imbiancandola tanto da farla apparire un fantasma. Una mano l’afferrò. - Perché non sei al rifugio? Non hai sentito la sirena? – un giovane l’aiutò ad alzarsi e lei cercò di togliere un po’ di polvere dal viso. - Stavo lavorando, ho tardato solo un attimo. - Un attimo può fare la differenza fra vivere o morire. Coraggio ora vieni con me. Lo scantinato era gremito di gente impaurita e di bambini piangenti, ma resistette senza subire danni. Quando la sirena annunciò il cessato allarme il giovane si presentò. - Io sono Michele e tu? La loro amicizia iniziò in questo modo e solo più tardi Giovanna venne a sapere che Michele era un partigiano che rischiava la vita ogni giorno. Si sposarono in una chiesetta di montagna poco dopo la fine della guerra. Giovanna provava per Michele un sentimento tenero, un misto di riconoscenza e affetto. Negli anni seguenti nacquero Margherita e Paolo, due figli adorabili e l’ultima volta che vide la macchina fotografica era proprio nelle mani di Paolo. - Mamma questa è roba antica? - Si tesoro molto antica. Ma da quel giorno perse le tracce, probabilmente era finita fra le mille cianfrusaglie che si accumulano negli anni. E di anni ne erano passati parecchi, i figli cresciuti ormai adulti e con una propria famiglia, e pensava a Michele più come un caro amico che come marito. Quel pomeriggio Michele dormiva nella sua poltrona, lei si mise a spolverare e così trovò l’album fotografico. La fotografia si era infilata in uno strappo della copertina ma le sembrò fosse stata scattata solo il giorno prima. Una struggente nostalgia la colse e da lì il desiderio di ritrovare la macchina fotografica. Era in una scatola da scarpe, appoggiata sullo scaffale più alto del ripostiglio. Una scatola fotografica di color nero che racchiudeva ricordi e rimpianti. La strinse al petto e desiderò con tutta se stessa di tornare nell’istante che la ritraeva felice accanto a Gino. °°°La giornata era luminosa, l’amica Alessandra la stava fotografando mentre Gino la stringeva fra le braccia. GINO!!!!! Impossibile! Forse sognava, tale era il suo desiderio che tutto le pareva reale. Si pizzicò, avvertì dolore allora Giovanna comprese d’essere stata esaudita, di avere una seconda possibilità. Una seconda possibilità, non tutti potevano averla, ma lei sì e non poteva lasciarsela sfuggire. - Sai Gino, useremo la nuova macchina fotografica durante la nostra vacanza in Costa Brava. - Sono sicuro di aver udito giusto! Stai parlando di partire con me? - E con chi altri! Si strinse a lui, e il profumo della sua colonia quasi la stordì. Alla stazione Alessandra e Amelia li salutarono augurando loro un buon viaggio. - Mettiamoci comodi Gino! Il viaggio sarà lungo. Lo scompartimento si riempì di passeggeri fra Milano e Genova, due uomini commentavano la situazione politica, e la discussione divenne animata. - Questo Benito Mussolini farà grande l’Italia - Questo Benito Mussolini sarà la nostra rovina. - Non intrometterti Gino, pensiamo solo a noi, e ai giorni che ci attendono. A Mentono, frontiera con la Francia, poliziotti in divisa esaminarono i documenti e perquisirono alcuni viaggiatori. - Hai ragione Giovanna, godiamoci questi giorni, non sappiamo cosa il futuro ci riserverà. Che giorni furono quelli, l’alberghetto di Tossa era quasi sul mare. Non essendo ancora sposati presero camere separate, la morale del tempo non permetteva un comportamento diverso e comunque Gino, in questo senso, era un vero gentiluomo. Visitarono Barcellona ed impararono a danzare la sardana. La macchina fotografica fissò istanti preziosi, trascorsero le sere a passeggiare al chiarore della luna ma purtroppo dovettero abbreviare la vacanza. La situazione politica era divenuta incandescente e, come italiani, non erano più ben visti dalla popolazione locale, ma a ricordo di quel mese di settembre rimasero le istantanee scattate con quella fantastica scatola nera. Alessandra e Amelia vollero sapere tutto del loro viaggio e Giovanna si dilungò nei particolari. - E adesso cosa accadrà? – chiesero curiose. - Adesso aspetto che si decida, stasera mi porta a ballare al Rimbalzello e chissà …. Il trio Lescano cantava “Marameo perché sei morto” quando Gino posò una scatoletta bordeaux sul tavolo. - Spero tu mi dica di sì! A Giovanna tremarono le mani quando l’aprì e il cuore accelerò quando Gino le infilò al dito l’anello d’oro bianco con un’acqua marina incastonata. Il desiderio della sua vita si stava realizzando, avrebbe coronato il sogno d’amore con Gino e diviso con lui il resto della vita. La guerra incendiò l’Europa e Gino fu richiamato alle armi e venne mandato in Albania. Ma si scrissero quasi ogni giorno anche se le frasi erano spesso coperte da righe nere, ma a Giovanna poco importava contemplava il suo anello e si sentiva al sicuro. Fu durante una licenza che decisero di sposarsi, l’annuncio era atteso da parenti ed amici. - Avrò bisogno del vostro aiuto. – disse ad Alessandra e ad Amelia – non abbiamo molti giorni e Gino deve tornare al suo reparto. - Ti aiuterò a scegliere l’abito. – propose Alessandra. - Ed io mi occuperò dei confetti e bomboniere. – replicò Amelia Giovanna era in fibrillazione e le cose da fare molte, la guerra, l’autarchia la costringevano a molte rinunce. - Avremo tempo per consolidare la nostra famiglia alla fine della guerra, vedrai sarà così. – Le diceva Gino. - Per il momento abiterò con i miei genitori, mi hanno dato la camera vicino alla soffitta, per il momento dovremo accontentarci. - Andrà bene, quando tornerò costruiremo una casa con un bel giardino. Cosa poteva chiedere di più alla vita, aveva riavuto Gino e strava per costruire il suo futuro con lui. La chiesa era già addobbata con garofani bianchi, gli unici che avessero trovato. I testimoni erano, oltre ad Alessandra ed Amelia anche due colleghi di Gino in alta uniforme. I parenti aveva già preso posto fra i banchi e lei, al braccio di suo padre, con il tailleur grigio chiaro, avanzava al centro della navata. Gino era già all’altare ad attenderla. Le girava la testa dalla felicità e per un istante le si annebbiò la vista, si fermò. - Non ti senti bene? – chiese suo padre. - Sto bene grazie è solo l’emozione. - rispose Riprese a camminare e di nuovo la colse un senso di vertigine, ma questa volte diverso, fra le nebbia erano apparsi dei volti. Volti di un ragazzo e di una ragazza e la chiamavano mamma. I volti di Paolo e Margherita, in un attimo realizzò il fatto che se avesse sposato Gino loro non sarebbero mai nati. Come aveva potuto scordarsi di loro! Esitò, fece alcuni passi verso l’altare. - Non posso farlo. – sussurrò Fece dietro front e, fra lo stupore di tutti corse fuori dalla chiesa. Forse era ancora in tempo, sciocca egoista che era stata, sperò solo di poter tornare indietro. Rivoleva i suoi figli e anche Michele, ma doveva fare in fretta. Frugò nella valigia che aveva preparato in previsione del viaggio di nozze, trovò la macchina fotografica e l’istantanea che la ritraeva abbracciata a Gino e desiderò intensamente di tornare alla vita precedente, di cancellare la sua seconda occasione che in fondo non voleva. Strinse forte la macchina fotografica al petto ……poi svenne.
°°°L’allarme scosse la città. - Presto ragazze al rifugio! Giovanna ricordò tutto mentre le compagna uscivano dal laboratorio. Ora doveva stare attenta, contare i minuti o il suo destino sarebbe cambiato definitivamente. Posò ago e ditale e uscì a sua volta. Col cuore in gola pregò che tutto andare per il meglio. La bomba scoppio vicino e lo spostamento d’aria la fece cadere. Molti calcinacci le caddero addosso imbiancandola tanto da farla apparire un fantasma. Una mano l’afferrò. - Perché non sei al rifugio? Non hai sentito la sirena? – un giovane l’aiutò ad alzarsi e lei cercò di togliere un po’ di polvere dal viso………. poi afferrò la mano di Michele. Luisa Camponesco
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