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Roberto Mahlab
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Milano, luglio 2003 - le interviste della Cns
Prima della guerra andavamo a mangiare dai nostri amici arabi israeliani, a Tel Aviv, a Gerusalemme, sulla frontiera con la Siria, mai un pensiero che potesse turbare quello che pareva normale. Le preoccupazioni erano per quello che avveniva al di la' dei confini.

A seguito della scelta di Arafat di scatenare la guerra invece che proseguire le trattative con Israele dopo Camp David, gli atti di terrorismo tengono ostaggi due popoli.

Da molti mesi noi sappiamo tutto su che cosa pensano gli Israeliani e gli ebrei in tutto il mondo grazie alle libere societa' di cui fanno parte, conosciamo purtroppo a memoria le dichiarazioni dei vari movimenti fondamentalisti i cui capi fanno a gara a lanciare minacce e rivendicazioni, sappiamo che cosa dicono i capi palestinesi in genere in quanto si definiscono portavoce del popolo palestinese, ma non sappiamo nulla di quello che pensa l'uomo della strada della societa' palestinese. Eppure, in caso che si arrivi a trattative serie, a noi interessa che cosa pensano gli uomini della strada non solo in Israele ma anche nei territori palestinesi, e' la gente comune che nella vita di tutti i giorni sostituira' il fragore delle armi.

Avevo girato questo interrogativo a Giuseppe Franchetti, presidente dell'associazione sionistica, nel corso di un invito ad una serata di canti storici della tradizione ebraica.
La risposta dello squisito e' attivissimo presidente e' stata un nuovo invito per il 10 luglio ad una conferenza in cui parte dell'interrogativo poteva avere risposta. La conferenza si svolgeva sotto gli auspici della "Sinistra per Israele", una nuova organizzazione che si e' presa il benemerito e difficilissimo incarico di tentare di equilibrare le prese di posizione molto preoccupanti, per usare un eufemismo, dei partiti della sinistra italiana nei confronti di Israele.

Il relatore della conferenza si chiama Mohamed Darawshe, cittadino israeliano, direttore delle relazioni pubbliche di Ghivat Aviva, il centro studi per il dialogo ebraico-arabo, che ha sede in Israele e che e' composto da israeliani, sia ebrei che arabi.

E' stata una serata interessantissima, un protagonista della minoranza araba di Israele ci ha illustrato il proprio punto di vista sia in relazione alla politica interna del paese, sia in relazione al conflitto esterno con i palestinesi e gli stati arabi. Sia il relatore che le persone del pubblico hanno creato un dialogo serrato, di alta levatura.

Mohammed ha iniziato ricordando che alla fondazione dello Stato di Israele nel 1948 furono 165.000 gli arabi che decisero di rimanere nel paese e di divenirne cittadini, il sedici percento della popolazione di allora. Oggi gli arabi israeliani sono sempre circa il sedici percento della popolazione di circa sei milioni di persone. Il settanta percento di loro vive nel nord di Israele e il restante trenta percento nel resto del territorio. I problemi per questi cittadini sono stati sia interni che esterni, la lega araba li considero' traditori della causa e per dieci anni Israele li sottopose all'amministrazione militare e Mohammed ricorda che sono ancora attese le scuse dato che gli arabi di Israele non si ritengono ospiti avendo accettato in tutto i doveri di cittadinanza.

Il relatore ci parla della sua famiglia che vive da ventisette generazioni nello stesso villaggio e ci racconta delle sue prime esperienze in politica, partecipava alle campagne elettorali delle liste arabe al Parlamento israeliano, ma presto si rese conto che i problemi tra le comunita' ebraica e araba potevano essere affrontati non tanto con la politica, quanto in ambito umano, personale, insieme alla gente. Cosi' si uni' a Givat Aviva, il centro studi ebraico arabo per la pace che ebbe origine nel lontano 1963 dalla federazione dei kibbutz Arazi con l'obiettivo di operare per la saldatura delle relazioni tra ebrei e arabi in Israele.
Furono gli eventi dell'ottobre del 2000 a far giungere le relazioni tra le due comunita' al livello piu' basso: nel corso di violenti scontri tra la polizia e dimostranti arabo israeliani favorevoli all'intifada, tredici cittadini arabi di Israele morirono e questo dramma creo' una tale frattura nel paese che gli arabi dissero di sentirsi traditi dal governo e gli ebrei dissero di sentirsi traditi dai loro concittadini arabi. Secondo il nostro relatore i partiti politici non si sono dimostrati capaci di affrontare la situazione, come invece fanno i movimenti misti ebraico-arabi.

Mohammed prosegue illustrandoci una novita' per noi, l'ottantatre percento degli arabi israeliani non si riconosce in tale termine e si definisce piuttosto palestinese israeliano, una maturazione della loro coscienza di essere israeliani a tutti gli effetti. Qui si innesta quella che viene definita una anomalia secondo il relatore, Israele si definisce lo stato degli ebrei e non dei suoi cittadini, un obiettivo a cui la minoranza araba punta. L'ospite si addentra nei dettagli della descrizione di una societa' a due livelli, una eguaglianza sociale ed economica ancora lontana per una minoranza che non solo accetta che lo Stato rimanga aperto all'immigrazione solamente ebraica da tutto il mondo, ma che contribuisce a salvare gli ebrei in tutto il mondo con le proprie tasse. Ma questo riconoscimento comporta anche la richiesta di uguali diritti nei fatti, non perche' non vengano sanciti dalla legge, ma perche' di fatto non sono raggiunti.
Gli investimenti, secondo le tabelle fornite dal relatore, sono di tre volte superiori per la popolazione ebraica che per quella araba, nelle costruzioni la quota per le citta' arabe e' solo dell'uno percento, i cittadini palestinesi isrealiani occupano il tre percento delle cariche pubbliche contro il sedici percento del loro peso elettorale, il tasso di disoccupazione e' tre volte piu' alto della media nazionale, la poverta' li colpisce al cinquantasei percento contro il tredici percento della popolazione ebraica.

Come porre rimedio a quella che il relatore definisce una discriminazione non casuale della popolazione arabo-israeliana? Ci sono tre scuole di pensiero, la maggioritaria, ottantasei percento, si riconosce nella lotta per il raggiungimento della parita' dell'effettiva parita' dei diritti civili, il resto si divide in pari numero in cittadini che non ritengono di risentire del problema e in una rumorosa minoranza che si riconosce nella lotta per raggiungere uno stato islamico.
Quali sono le proposte effettive per raggiungere l'integrazione? E come si mettono in pratica?
Le strade appaiono due, la prima e' l'attenzione della legge per i rapporti tra stato e cittadini e la seconda e' la creazione di strutture per approfondire i rapporti tra persona e persona.
Mohamed riconosce che la causa di fondo del problema e' la mancanza di fiducia tra le due comunita', ma afferma che la mancanza di fiducia e' dovuta alla mancanza di contatto, raramente i cittadini delle due comunita' sviluppano relazioni personali, anche perche' statisticamente appare che la comunita' araba occupi il gradino piu' basso dei mestieri.
E' su questa situazione che si innesta il lavoro di Ghivat Aviva, principalmente in relazione alla scuola.
Tre sono i programmi, uno riguarda le elementari e i bambini ebrei e arabi che periodicamente si incontrano in laboratori artistici per sviluppare la conoscenza dell'altro, un secondo per la scuola media in cui i contatti si estendono allo studio comune delle diverse versioni della Storia del paese, un terzo si rivolge ai ragazzi grandi che dibattono insieme anche delle questioni politiche. Il progetto parte dalla constatazione che quella che manca e' una integrazione scolastica, ci sono istituti per i cittadini ebrei e istituti per i cittadini arabi, mai le due comunita' hanno sviluppato una coesione in tale campo. Fino ad ora il progetto ha raggiunto il cinque percento della popolazione, anche se l'oratore lamenta che le sovvenzioni governative sono calate dal trentacinque percento al due percento, somme parzialmente reintegrate da un premio dell'Unesco. Sono in preparazione iniziative di riviste e su internet partendo dalla considerazione che esiste un punto di unione tra i giovani delle due culture : i problemi della condizione giovanile che tutti hanno indipendentemente dalla loro provenienza e che e' un occasione far dibattere tra loro. Mohammed esprime l'auspicio che siano proprio i giovani delle due comunita', che si incontrano grazie ai centri di studio per la pace, a formare la leadership che sapra' affrontare con successo le questioni che si porranno all'intero paese.

Fin qui la relazione di Mohammed Darawshe, ma il piatto forte della serata e' stato il dibattito di livello interessantissimo che ne e' seguito e che ha ovviamente toccato il tema in maniera piu' profonda e completa. Infatti si puo' dire che un fantasma si aggirava per la sala e fino a quel momento non era stato evocato e cioe' la situazione di guerra eterna in cui si trova Israele assediata e che e' causa di molti problemi, tra i quali quelli individuati dal relatore.
La prima domanda che gli e' stata rivolta riguardava la notizia dei festeggiamenti tra i gli arabi israeliani per la scelta di Abu Mazen come premier palestinese e Mohammed ha confermato tale apprezzamento.
La seconda domanda affrontava la questione del servizio militare a cui i cittadini arabi di Israele non partecipano, in tutti i paesi e' proprio il servizio militare di tutti i cittadini che apre la strada all'integrazione e all'identificazione con il paese. L'ospite non si e' sottratto alla questione e ha ribattuto che la legge non fa' eccezioni, in teoria tutti i cittadini sono soggetti al servizio militare, solo che il ministero della difesa non chiama a svolgerlo i cittadini arabi a causa della diffidenza verso di essi. E l'ospite afferma che anche da parte sua non riterrebbe corretto essere chiamato a svolgere il servizio di leva per il paese che non si definisce stato di tutti i suoi cittadini. Quando questo avverra', non ci saranno remore ad essere chiamati a svolgere il servizio militare.
E i rapporti con i palestinesi fuori dai confini con Israele? viene chiesto.
Mohammed dice che i rapporti sono ottimi, anche se evidentemente non esiste paragone tra le condizioni sociali che gli arabi israeliani godono in Israele e quelle che i palestinesi hanno nei territori sotto l'autorita' palestinese, in fondo i palestinesi all'esterno di Israele vedono gli arabi cittadini dello stato come coloro che sono rimasti. E qui il relatore afferma deciso che i palestinesi, fuori e dentro Israele, sono una nazione sola, anche se i destini dei palestinesi di Israele e quelli dei palestinesi al di fuori di Israele sono separati, cosa che i primi fanno notare senza nessun dubbio ai secondi.

E i paesi arabi? Un'altra domanda.
Mohammed finalmente si distende e ride, i paesi arabi non contano, sia perche' probabilmente non sanno neppure che gli arabi-israeliani esistono e sia perche' i paesi arabi sono delle dittature che nulla hanno a che spartire con il dibattito democratico di Israele.

E che cosa pensa delle trattative per cercare di giungere ad un accordo di pace? gli viene chiesto.
Ovviamente i palestinesi con cittadinanza israeliana appoggiano la soluzione dei due stati. Per quanto riguarda la discussione sugli insediamenti, essi ritengono che se i loro abitanti ebrei non desiderano andarsene in caso ricadano nei territori del futuro stato palestinese, essi dovranno godere della piena cittadinanza di quello stato. Fatto che, osserva sorridendo Mohammed, portera' grano al mulino dei cittadini palestinesi di Israele che appoggeranno la richiesta di quella minoranza ebraica di poter partecipare attivamente e con pieni diritti alla vita politica e sociale della nazione vicina e la appoggeranno perche' e' la stessa richiesta che fanno essi stessi al loro paese e cioe' Israele.

E lo scoglio del cosiddetto "diritto al ritorno" dei palestinesi nel territorio di Israele?
Mohammed dice netto che vede che i palestinesi che vogliono crearsi un paese indipendente devono esercitare tale diritto nel loro futuro stato ovviamente. Dunque respinge la definizione politica della questione, dice che si tratta di un problema che va affrontato in maniera completamente differente e con l'attenzione che si vorra' avere per le situazioni di ricongiungimento famigliare, numerose o meno che siano.

Gli viene domandato che cosa pensa di Israele nell'Unione Europea e risponde che ovviamente la vede con favore, anche perche' ritiene che la ricaduta economica conseguente sarebbe una spinta verso la stabilita' e la prosperita' dell'intera zona.

E Sharon?
C'e' da dire che all'inizio della serata il presidente della federazione sionistica aveva riferito di un suo recente viaggio in Israele e della convinzione diffusa che Sharon avesse tutte le possibilita' di essere il De Gaulle del paese, in grado cioe' di giungere alla pace, la pace dei "due uomini con i capelli bianchi", come vengono definiti Sharon e Abu Mazen.
Mohammed segue la stessa linea di pensiero, pur da parte sua non amando il primo ministro di Israele, afferma di poter solo scommettere e sperare nel suo successo, infatti non si aspetta molto dalla sinistra israeliana che ritiene ancora disorganizzata dopo l'ultima sconfitta elettorale.

E la guerra in corso?
Il relatore ci narra delle societa' sconvolte, sia in Israele che nei territori palestinesi, ci esprime il suo scoramento per l'incapacita' che fino ad ora ha impedito di raggiungere un accordo, ritiene inutili le azioni militari di Israele e ritiene ovviamente assurde le azioni di terrorismo dei fondamentalisti palestinesi e qui aggiunge nettamente che per quanto lo riguarda, quella minoranza di palestinesi cittadini di Israele che lotta per uno stato islamico, dovrebbe andarsene in un paese islamico e ripete con forza che la soluzione dei problemi aperti tra la popolazione ebraica e quella araba di Israele deve trovarsi all'interno di Israele, quale cammino di politica interna, la questione del conflitto con i palestinesi e' altra cosa, pur collegata a causa delle sue ricadute su tutti gli israeliani, ribadisce che i palestinesi di Israele hanno un destino separato da quello dei palestinesi che vivono all'esterno.

Ma, gli viene chiesto, per le informazioni che ha grazie ai buoni rapporti tra palestinesi di Israele e palestinesi dei territori, entrambe le popolazioni vogliono la pace?
Mohammed risponde cosi' al quesito che incuriosisce un po' tutti, che cosa ne pensa l'uomo della strada nei territori palestinesi, e risponde che le due popolazioni, quella israeliana e quella palestinese, sono talmente spossate dal terribile conflitto, che a quanto gli risulta anche la popolazione palestinese e' favorevole ad un compromesso di pace, non ne vuol piu' sapere della guerra. Il grande punto interrogativo, conclude il nostro ospite, sono ovviamente gli estremisti.

E le stragi del terrorismo, non hanno paura gli arabi cittadini di Israele di divenire preda del terrorismo palestinese dato che ora affermano cosi' apertamente la loro identificazione con lo stato di Israele e il loro desiderio di integrarsi con i pieni diritti?
L'oratore sorride tristemente, ricorda che gia' i cittadini palestinesi di Israele hanno versato un tributo di sangue negli attentati e che dunque non hanno da temere piu' di quanto le loro condizioni gia' adesso li espongono.

Una serata che pare non voler finire mai e anche se la notte avanza, nessuno accenna a terminare le domande, vi ho riportato solamente quanto sono riuscito a riassumere su pochi fogli di carta, ma so che di tanto altro non ho fatto menzione, il rimprovero di un caro amico sul perche' mai non mi porto dietro un computer portatile anziche' solo carta e penna, e' del tutto condivisibile.

Mi premeva sottolineare alcuni aspetti che mi hanno colpito.
Evidentemente il dibattito durante e dopo la conferenza ha mostrato animi divisi, un momento di grande commozione e' stato quanto una signora del pubblico ha contestato alcune affermazioni del relatore riguardo al conflitto con i palestinesi, ricordando con parole accorate le vittime della strage all'universita' di Gerusalemme e Mohammed ha risposto con una sola risposta dal cuore :"comprendo il suo dolore". Animi divisi non solo tra il pubblico e il relatore, ma il protagonista era l'animo stesso del relatore, i destini diversi di cui ha parlato nel popolo a cui il suo cuore appartiene, il desiderio di integrarsi nel paese che e' in conflitto con una parte di quel popolo, la speranza che si arrivi alla soluzione perche' solo una soluzione porra' fine alla diffidenza tra la minoranza araba di Israele e il resto dei cittadini del paese.
Le domande del pubblico hanno avuto il merito di sottolineare come la situazione che Mohammed ha descritto non sia purtroppo svincolata dalle cause esterne, merito del relatore e' stato quello di proporre che il cammino di una democrazia debba riuscire a superare uno scoglio cosi' appuntito. Un grande proposito a cui si sono unite tutte le persone del pubblico.
Dobbiamo ricordarci che le parole che abbiamo udito sono di un concittadino di Israele.
Uno dei negoziatori del governo di Israele alle trattative di Camp David, in visita in Italia, ci aveva riferito molti mesi fa come il governo di Israele non nascondesse la considerazione di non aver fatto abbastanza per i concittadini arabi, certo oggi con il disastro che la guerra ha portato all'economia del paese, le sofferenze sono comuni alle due comunita', quella ebraica e quella araba e il taglio delle sovvenzioni ai centri come Ghivat Aviva ha colpito l'intera struttura sociale, i soldi non ci sono con la guerra, non c'e' lavoro, c'e' poverta' e disperazione per tutte le componenti della popolazione.
Immani paiono in questi giorni gli sforzi affinche' animi e corpi non siano piu' dilaniati, possiamo narrare solo delle cronache, vorremmo narrare episodi che faranno la Storia.

Un complimento particolare a Giuseppe Franchetti e alla sinistra per Israele che ci ha permesso di toccare il dibattito acceso che e' componente fondamentale di una democrazia che vive.

Bob Porter - CNS Concerto News System - Concerto di Sogni - @2003

   
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