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 Gli equilibri della giungla
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Roberto Mahlab
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Inserito - 20/08/2004 :  14:23:53  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Penang, 16 agosto

"Mi dia lo Star, per favore", avevo notato che la hostess del mio volo da Taipei a Penang, in Malesia, lo teneva sotto i quotidiani seri.
"Lo Star? Ma e' sicuro di non volere il Wall Street Journal Asia o lo Strait Times?", si sorprende lei.
"Le sembro il tipo del Wall Street Journal?", ribatto.
La hostess osserva il mio completo di lino chiaro e annuisce con la testa, io ho fatto di no con la mia e ho ottenuto lo Star, il quotidiano popolare della Malesia, sordidi delitti in prima pagina e scandali del mondo dello spettacolo nelle pagine successive.

Eppure, in un paese in cui la stampa e' ossequiosa al governo, come sovente accade nelle democrazie paternalistiche del sud est asiatico, dissensi o notizie illuminanti si possono cogliere proprio tra le righe degli articoli di cronaca. Negli anni passati le cronache popolari raccontavano di una notevole tensione, la spinta del fondamentalismo islamico aveva colpito la Malesia, paese multietnico dai delicati equilibri e il partito panislamico aveva vinto le elezioni locali in due province, alimentando la paura del governo centrale, musulmano moderato, che e' corso rapidamente ai ripari.

L'isola di Penang e'abitata prevalentemente dalla comunita' cino-malese, che rappresenta il trenta percento della popolazione del paese ed era nello stesso locale sulla riva dell'oceano che ho rivisto Raymond Tan. L'anno scorso mi riferiva del timore di investire ancora nella sua fabbrica, il terrorismo faceva strage nel mondo e il futuro appariva incerto per la rilevante minoranza cinese.
Ma oggi il discorso di Tan e' del tutto diverso, addirittura esuberante, le leggi speciali che consentono alla polizia arresti poco problematici hanno tenuto lontano il fondamentalismo islamico e il nuovo primo ministro musulmano moderato, Badawi, ha dato una nuova speranza all'intera popolazione di tutte le etnie, malay musulmani, cinesi, indu', tamil. Per la prima volta ha dichiarato di non essere un premier dei musulmani, che pure sono la maggioranza, ma di tutti i malesi.
Alle ultime elezioni il partito fondamentalista ha invitato i malesi di etnia malay a votarlo, avanzando l'infido discorso che un buon musulmano non puo' non favorire un partito che si appella alla tradizione religiosa. Il partito al governo ha reagito esponendo pubblicamente le prove della corruzione imperante nelle zone amministrate dai fondamentalisti e la sconfitta del partito islamico e' stata totale e storica.

I programmi di integrazione hanno assunto un moto inarrestabile e tutta la stampa si e' liberata del laccio della paura di scontentare i fondamentalisti. Sia i giornali filogovernativi che quelli popolari come lo Star, non hanno mezze misure nel contestare l'islamismo radicale, gli articoli di fondo chiedono agli imam di spiegare le ragioni delle singolari pretese per cui agli uomini non si devono applicare gli assurdi doveri che si vorrebbero imporre alle donne, nelle interviste ai leader islamici radicali si insiste sulla loro intolleranza, viene riferita con sarcasmo la notizia che il governo iraniano ha impedito ai suoi atleti di affrontare quelli israeliani alle Olimpiadi ed e' degno di nota osservare come i giornali di un paese musulmano, quale e' la Malesia, trattano la crisi del medio oriente con un netto maggior equilibrio di quanto faccia la stampa europea.

Se il primo ministro precedente, il controverso e criticato Mahatir, privilegiava gli incontri con i paesi non allineati o si lasciava andare a una pesante retorica antiamericana, il nuovo premier Badawi ha cambiato stile e i suoi primi viaggi sono stati negli Stati Uniti e nella Corea del Sud e hanno spostato l'asse di interesse della Malesia, uno dei piu' ricchi di materie prime del globo, verso mercati stabili e di sicuro ritorno. Inoltre la Malesia si e' affiancata a Tailandia, Indonesia e Singapore nel pattugliamento dello stretto di Malacca, da cui transita una sensibile percentuale del traffico marittimo mondiale, le minacce di Al Qaeda di attaccare le navi mercantili sono qui valutate con grande attenzione.


Sono le colleghe di lavoro Lee e Cye che decidono che quest'anno devo utilizzare il tempo libero per visitare i templi della tradizione cinese. Fin dall'alba nebbiosa mi trascinano tra la cultura taoista e quella buddista, mi spiegano che il Taoismo e' una religione che propone un insegnamento per la vita corrente, mentre il buddismo ci istruisce per quella che verra' dopo la vita, i luoghi di culto di entrambe le tradizioni sono costruzioni molto ampie, immagini sacre di divinita' e di draghi d'oro, oppure altissime statue di Buddah in tutte le posizioni dell'esistenza, il Buddah dormiente, il Buddah in piedi, il corpo delle statue in colori straordinari, celeste, topazio, smeraldo.
Mi spiegano ancora che Confucio precedette le due religioni e che fu un grande saggio e indico' i valori che gli esseri umani dovevano rispettare per sviluppare se' stessi e convivere con gli altri.

La nebbia scomparve grazie ad un acquazzone tropicale e ricomparve la incredibile visione delle verdi isole dalle spiagge dorate che dipingono l'oceano attorno alla penisola malese. La spessa foschia e' stata denominata "the haze" ed e' provocata dai giganteschi incendi, spesso dolosi, delle foreste indonesiane al di la' dello stretto. L'Indonesia viene sovente richiamata dai governi della regione perche' ovviamente la nebbia generata dal fumo dei fuochi e' pericolosa sia per la salute che per il trasporto aereo e marittimo.

"Bene", dice allegramente Cye, "cosi' prima di cena possiamo portarti a visitare il tempio cinese piu' famoso, alto quaranta metri e denominato 'Pagoda'. Si trova al limitare della foresta attorno a Georgetown, capoluogo dell'isola di Penang, il significato del nome e' 'perla' e Penang e' una delle delle mete turistiche di questo paese benedetto dalla natura".
Abbiamo abbandonato l'auto nell'apposito parcheggio dominato dalla snella mole della Pagoda, il caratteristico tetto in stile cinese svetta al di sopra del piu' alto albero della giungla.
Cye propone di percorrere a piedi l'ultimo tratto e ci addentriamo nel folto della vegetazione, :"tranquillo, sono solo cinquanta metri".

Dopo mezz'ora di cammino comincia a sembrarmi evidente che non solo i cinquanta metri li abbiamo percorsi, ma che della torre della Pagoda non c'e' piu' traccia nel cielo tra gli alberi della giungla.
Con flemma Lee mi informa che Cye ha sbagliato strada. Io osservo con preoccupazione le Timberland nuove di zecca che, assieme ad un abito consono, avevo indossato per l'occasione dell'invito a cena delle mie due amiche.
"Be', allora torniamo?", mi rivolgo a Cye. "No, visto che abbiamo sbagliato strada, proseguiamo su questo sentiero che, credo, ci portera' alla diga".
"Ma perche'?", arrischio una contestazione, "Perche', se abbiamo sbagliato, non torniamo indietro?".
"Perche' non si devono mai lasciare le cose a meta'", interviene convinta Lee.

Senza parole e senza fiato, arranco dietro di loro, la giungla e' meravigliosa, grandi palme di noci di cocco, alberi con fiori di ibisco profumati bianchi come gigli, gialli come orchidee.
"Siete sicure che non ci siano serpenti e tigri? E' quasi l'ora di cena, forse stanno gioendo di averci come invitati, solo che noi saremo la cena!", dico, tra il preoccupato e il tentativo di essere spiritoso.
"Stai tranquillo, non ci sono tigri qui", risponde freddamente Cye.
"Vuoi dire che ci sono serpenti?", replico, comprendendo la sottigliezza delle parole della donna.
"Accelera, prima che diventi buio", taglia corto lei.
"Ma se accelero", mi lamento faticosamente, "forse che il buio non verra' egualmente?".
"Stai grondando di sudore", secca osservazione severa di Lee.
"Ma per forza, mi sono vestito per un invito a cena!", mi compiango.


Arriviamo alla diga stravolti, quasi ore dopo, millepiedi lunghi mezzo metro ci accompagnavano sul sentiero della giungla. Ci sediamo sul parapetto, e' un luogo di una grande bellezza, lo specchio d'acqua calmo e chiaro nel mezzo della fittissima vegetazione che ricopre ogni angolo della nostra vista.
C'e' poco tempo per riposarsi, e' buio, iniziamo il cammino del ritorno. All'improvviso mi arresto, ho colto un movimento, riconosco un paio d'occhi luccicanti e un corpo marrone aggrappato ad un tronco a pochi metri da me, e' una grossa scimmia, estraggo la macchina fotografica dallo zaino e mi appresto ad immortalare quell'entusiasmante e inatteso incontro, quando Cye e Lee mi tirano per le braccia gridando :"Ma che fai? Vieni via, di corsa, sono animali pericolosissimi, ancora un attimo e ti sarebbe piombata addosso e ti avrebbe strappato la macchina fotografica e lo zaino!".

Corriamo, intanto attorno a noi nell'oscurita' si levano grida stridule e disumane che paiono inseguirci. Cye si ferma un momento e raccoglie un grosso bastone che muove nell'aria, :"questo dovrebbe tenerle lontane, coraggio, allunghiamo il passo".
Molto piu' tardi ci sediamo attorno al tavolo di uno squisito ristorante cinese, Cye mi fa notare che sto dando dell'occhio tra i clienti perche' sto impugnando le bacchette al contrario e io adduco la scusa della stanchezza.
"Ma che ne avrebbe fatto del mio zaino?", chiedo alle mie amiche, mentre sguscio un gambero con le bacchette, spendendo per lo sforzo piu' calorie di quante ne acquisisco.
"L'avrebbe portato nella foresta e fatto a pezzi", mi spiega Lee.
"Prenderlo per farlo a pezzi? Ma perche'?", insisto.
"Davvero stai cercando di razionalizzare il comportamento di un animale della giungla?", esclama sorpresa Cye con le mani che si fermano a mezz'aria per la stupefazione mentre si appresta a portarsi alla bocca un delizioso pezzetto di pollo alle mandorle.
"Se vuoi un consiglio, almeno concentrati prima a capire le donne", mi rimprovera, serafica e imperturbabilmente confuciana, Lee.

Bob Porter - "A view from Asia" - Concerto News System @2004


   
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