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 Il Teatro dell'arcobaleno
 La scala nel buio/Angelica Calò Livne a Milano
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Roberto Mahlab
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Inserito - 19/10/2009 :  17:48:21  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Angelica Calò Livne ha impiegato dodici minuti per affascinare il primo gruppo di ragazzi, quattro in meno per farsi abbracciare dal secondo gruppo.

"Mi chiamo Angelica e anche Edna, sono nata a Roma e vivo nel kibbutz di Sasa, in Galilea, in Israele...."

In occasione del corso intitolato "Una cultura in tante culture", la scorsa settimana decine di ragazzi seduti nell'aula milanese dell'Istituto Professionale Marignoni-Polo, si chiedevano chi fosse Angelica, perchè mai dovessero essere lì ad ascoltare una sconosciuta al posto delle usuali ore di lezione. "Nel kibbutz vivono quattrocento persone, la cassa è in comune e il direttore della fabbrica riceve tanto quanto il gestore della lavanderia.." Alcuni sguardi incuriositi si levano sul bel volto di Angelica. "Abbiamo la piscina, il tennis e il country club e un giorno hanno iniziato a caderci addosso i missili..." Quanto di più lontano possibile dalla vita di tutti i giorni e dalla comprensione di quei ragazzi dagli sguardi perplessi. "Abbiamo dovuto evacuare i più giovani, i muri tremavano e io, madre, vivevo con l'angoscia perchè mio figlio era sotto le armi per difenderci, da noi si cresce un figlio e poi a diciotto anni va nell'esercito..." Poco più della metà degli studenti sono ragazze, la maggioranza di origine straniera, i loro occhi ormai fissi su Angelica, mentre i maschi guardano in aria. "Era il periodo degli attentati e ho immaginato un progetto in cui i ragazzi ebrei e arabi partecipassero insieme ad un teatro che li facesse esprimere e costruire un mondo senza guerra, senza odio, di modo che si guardassero in faccia senza maschera..." Come farà, mi chiedevo osservando sia Angelica che i ragazzi, due mondi distinti, come riuscirà Angelica dal nulla a costruire una scala nel buio, per raggiungere quei giovani, per far loro comprendere una realtà da cui mai sono stati toccati. "E oltre al teatro dell'Arcobaleno, è in corso un nuovo progetto con un gruppo di ragazzi che vivono insieme e a loro volta insegnano tante attività come la danza e il teatro..." Basta che l'ascoltino in dieci, mi sorpresi a pensare, rifugiandomi preoccupato in una riflessione biblica.

E all'improvviso l'affondo, Angelica posa il primo gradino della scala nel buio, chiede ai ragazzi di alzarsi e di avvicinarsi e poi, a ritmo di musica, la sua bella figura si snoda in movimenti decisi e aggraziati che li invita a ripetere, prima la testa, poi le spalle, i fianchi e ancora camminare sul posto, "Visto? siamo tutti belli e capaci!", li incoraggia. I ragazzi sono talmente sorpresi dell'imprevista piega degli eventi che si adeguano volentieri alle nuove coreografie proposte da Angelica, prima muoversi a coppie, poi uno dietro l'altro. Angelica ha catturato il loro l'interesse, i loro piedi ormai sono tutti insieme sul primo gradino della scala nel buio, la classe è diventata un gruppo con un'anima sola e Angelica è la loro guida, eppure è stato solo il riscaldamento, come l'insegnante artista avverte sorridendo.

E adesso il momento chiave della trasformazione, Angelica chiede ai ragazzi di sedersi in cerchio e, seguendo il suo esempio, li invita uno per uno a dire a tutti gli altri come si chiama, da dove proviene la sua famiglia e per quale ragione i suoi genitori gli hanno dato quel nome. Inizia la prima ragazza, Cinzia, la sua famiglia viene dal Perù, poi una ragazza la cui famiglia proviene dalle Filippine, un ragazzo pure dalle Filippine, l'Algeria, le Mauritius, ancora cinque dalle Filippine, quattro dall'Italia, raccontano lontane radici dalla Puglia, dalla Sicilia, il Senegal, l'Ecuador, la Bolivia, la Spagna,'Egitto. I ragazzi si aiutano a vicenda a parlare, si sorridono, si sentiva istante dopo istante la montante meraviglia di scoprire un "io" distinto che interessasse agli altri, che avesse qualcosa da dire, anche se all'apparenza pareva qualcosa di insignificante.

"Quando ci presentiamo, noi diamo agli altri qualcosa di noi, mettiamo nelle loro mani la nostra identità", spiega Angelica, i ragazzi sono a bocca aperta, scoprono sia l'autostima che il desiderio di sentirsi pronti per ascoltare gli altri e per esserne parte. La scala nel buio, ormai solida e accogliente, si distende verso la luce.

Angelica escogita una proposta di improvvisazione per mettere in scena quello che capita quando ci si trova e ci si sente isolati di fronte a barriere culturali e linguistiche, l'esempio che Angelica stessa recita insieme ad uno dei ragazzi è quello del turista che si ritrova a chiedere informazioni in un paese di cui non conosce la lingua, poi due ragazzi interpretano un professore che parla in un idioma inusuale e il suo traduttore che deve riferire al pubblico quanto egli dice, la fantasia dei ragazzi si sbizzarrisce, si sono trasformati in entusiasti partecipanti ad una compagnia di teatro, solo una ragazza esile e dolce si emoziona e si risiede a testa bassa. Angelica non smette di circondarla di affetto fino a che non riprende a sorridere. Avvolta dalla comprensione, per la ragazza è un insegnamento lo stesso, la prossima volta supererà con semplicità la barriera interiore, si impara anche così.

L'ultimo regalo di Angelica ai ragazzi è mostrare che possono volare anche senza una guida, solo dando ascolto al loro animo, li divide in gruppetti e propone loro di creare una statua vivente, l'argomento è il passaggio dal conflitto alla pace e le coreografie che essi compongono sono il riflesso dell'entusiasmo con il quale la loro mente si è trasformata e aperta, Angelica li ha presi per mano e li ha condotti fino all'ultimo gradino della scala nel buio, fino alla luce e alla comprensione e all'alleanza.

Quei ragazzi, che avevano mugugnato quando prima della lezione erano stati informati che avrebbero saltato l'intervallo, adesso non vogliono staccarsi da Angelica, la applaudono, la abbracciano, ma non solo, finalmente si sono conosciuti tra loro, hanno appreso ad essere davvero amici, anzichè casuali e sconosciuti compagni di classe, a proporre e a condividere, hanno compreso che si può essere contemporaneamente sia individui che parte della società, hanno lasciato cadere le maschere protettive che li annullavano e li allontanavano.

Con il secondo gruppo di ragazzi, come detto all'inizio, Angelica ci ha messo di meno a farsi abbracciare, ma non perchè la ripetizione fosse più facile, anzi, l'impresa appariva una missione impossibile, tanto che Angelica ha avuto l'abilità di modificare del tutto l'approccio. La classe era composta da un numero maggiore di ragazzi di origine italiana e si notava che si lasciavano guidare da un loro compagno che non faceva altro che interrompere e deridere apertamente Angelica e gli altri non sapevano chi seguire, se il loro compagno o Angelica, l'atmosfera per alcuni secondi si era fatta gelida e ostile.

"Non perdete le occasioni ragazzi, possono non ripresentarsi", Angelica li spronava dolcemente.

Infine il ragazzo intemperante è stato allontanato ed ho avvertito come se i suoi compagni tirassero un sospiro di sollievo, non uno di essi si è dimostrato solidale con lui, si sono sentiti sollevati, liberati, come se avessero sofferto e subito per molto tempo e immediatamente la loro gratitudine si è riversata su Angelica con conseguenze ancora più sorprendenti di quanto avvenuto con la meno problematica classe precedente. E nel cerchio delle presentazioni con nome e storia della famiglia, si susseguivano le singole voci che narravano non solo di Italia, ma anche di Colombia, Marocco, Albania, Eritrea, Cina, Filippine, Mauritius, Perù e anche i ragazzi italiani venivano strappati dall'apparente difensivo distacco fino alla convinta curiosità per i compagni che provenivano da tanti angoli diversi del pianeta, tanto da divenire i trascinatori delle improvvisazioni che Angelica proponeva, esilarante l'improvvisazione di due ragazze chiamate da Angelica a recitare l'una la parte di una professoressa norvegese scopritrice di improbabili qualità della zuppa di cipolle e l'altra quella della sua traduttrice che accompagnava le finte rielaborazioni in italiano con espressioni teatralmente disgustate dal pensiero delle orride verdure.

"Come avete visto, tutti noi abbiamo delle idee da proporre agli altri, secondo voi perchè sovente ci vergognamo?", chiedeva Angelica ai ragazzi che pendevano dalle sue labbra. "Perchè non ci conosciamo", rispondevano diverse voci. "Esatto, abbiamo timore di esprimerci con gli altri perchè non li conosciamo", riprendeva Angelica. "eppure nessuno di noi o degli altri è perfetto o superiore, ci pensate quante occasioni perdiamo? Ricordate, le occasioni si devono prendere, possono non ritornare e ce ne pentiremo, in qualunque circostanza, nel lavoro, quando desiderate far conoscere il vostro cuore a chi amate".

E alla fine sono stati i ragazzi a sorprendere Angelica, le coreografie che essi hanno creato in pochi minuti rappresentando la scultura vivente sul passaggio dal conflitto alla pace si sono mostrate di una profondità e di una originalità eccezionali e alla fine della lezione la classe intera ha addirittura acclamato più volte Angelica, ma non per adularla, ma perchè quei ragazzi erano convintamente al suo fianco e avrebbero portato per sempre con sé quei preziosi insegnamenti di vita di quella incredibile giornata. "Io sono qui solo per un'ora", aveva detto Angelica ai ragazzi, "dentro di noi per sempre", le rispondevano. Non posso fare a meno di pensare ancora a quel ragazzo intemperante, quando rivedrà i suoi compagni in classe si accorgerà che la sua maschera di duro per attirare l'attenzione degli altri non riuscirà più ad avere l'effetto originario, si renderà conto della sua solitudine e forse deciderà di gettare la maschera e di abbracciare la libertà che gli proporranno i compagni. Anch'egli così non perderà l'occasione unica, perchè la forza del messaggio di Angelica è che chi lo raccoglie, poi lo trasmette.

Sono tornato a casa commosso, incredulo di quanto avevo visto, riflettevo sulla scala nel buio, la capacità tutta ebraica di Angelica di farsi strada dal nulla verso la luce. Mi sono venute in mente delle immagini, la forza dello spirito di Israele di mantenere la fede che in qualsiasi buio ci si trovi, esiste qualcosa di diverso e, anche se a volte non potremo raggiungerlo, questo non significa che non esista e questa considerazione permette all'animo di mantenere la speranza e, se ci riesce, di costruire la scala che si arrampica fuori dalle tenebre. E quanti esempi, dagli splendidi quadri di Samuele Navarro protesi verso un mondo al di là, alle sculture di Luciana Matalon, anche quando descrive i momenti di persecuzione nelle sue opere c'è sovente una torre che si libra verso l'alto. Se dovessi riassumere lo spirito di Israele con una piccola storiella, sarebbe questa : Il distruttore senza ragione dice a Israele :"io sono il mondo e ti distruggo" e lo spirito di Israele risponde :"tu forse mi distruggi, è vero, ma non sei il mondo, c'è ben altro, io lo so".

E mentre Angelica illuminava tanti ragazzi, mentre una scienziata israeliana vinceva un Nobel per la chimica, mentre una azienda israeliana vendeva alla Volvo un sistema salvavita per i pedoni, paradossalmente nello stesso istante a decine si levavano nuove voci che invocavano l'odio e la distruzione di Israele, dal consiglio dei "diritti umani di Ginevra", a manifestazioni e discorsi in giro per il pianeta. Nonostante questo buio, Angelica costruisce perchè sa che quello dei distruttori non è il mondo.

Roberto Mahlab

   
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