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 La rivolta araba, "bisogna pur cominciare"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 03/03/2011 :  18:14:04  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
L'aula magna della scuola della comunità ebraica di Milano ha ospitato, stracolma con un pubblico di oltre cinquecento persone, un attualissimo incontro con Emma Bonino e Khaled Fouad Allam sulla situazione nel nordafrica.

Gli interventi dei relatori sono stati preceduti dalla proiezione di un documentario di Ruggero Gabbai sull'esperienza di Emma Bonino, deputato europeo, al Cairo per alcuni anni proprio per cercare di comprendere le ragioni del fuoco che covava sotto la cenere e che poi si è manifestato con la forza che stiamo osservando.

Nel documentario, Emma Bonino guida lo spettatore nella società egiziana degli anni scorsi, ci racconta la paralisi del paese e la popolazione frustrata, spiega come i termini per noi usuali quali democrazia e globalizzazione non abbiano il corrispettivo nel vocabolario arabo, ci narra della sua collaborazione con i dissidenti democratici, quali Saad Eddin Ibrahim e i giornalisti coraggiosi che sfidarono la mancanza di informazione dei media di regime e le donne che discutono del velo e dei loro diritti e spiega la sua filosofia etica e del tutto condivisibile, noi godiamo della nostra libertà quando la usiamo per garantire ad altri la possibilità di divenire liberi.

Emma Bonino stessa inizia il dibattito dal vivo ricordando come fosse stata profeta indicando come tutta la costa sud dell'Europa fosse una bomba ad orologeria soprattutto per ragioni demografiche, un milione di giovani all'anno si affacciano sul mercato del lavoro in Egitto e in generale in tutti i paesi che in questi giorni sono in rivolta, l'età media della popolazione è di circa ventisei anni. I regimi autoritari del mondo arabo dunque non erano altro che una pentola a pressione senza valvola di sfogo.

Certamente le situazioni dei diversi paesi sono differenti, preoccupa quello che è stato definito il silenzio assordante dell'Algeria, nel Bahrein è la maggioranza sciita che si ribella contro il potere assoluto della minoranza sunnita.

Emma Bonino sottolinea che i timori dell'occidente di fronte agli avvenimenti che stanno cambiando la faccia del mondo arabo derivano da una analisi che non è mai stata collegata con la realtà, per esempio non è corretto il discorso che l'Europa stesse meglio quando i paesi arabi stavano peggio, cioé rimanevano bloccati dai regimi illiberali, puntare sempre su questi regini si è rivelata una realpolitik instabile e poi è necessario osservare che i milioni di cittadini scesi in piazza lo hanno fatto per sé stessi e non sono stati telecomandati, senza slogan antioccidentali, ma solo per i propri diritti.

La rivoluzione araba non è una rivoluzione del pane, non si muore di fame, ma è fame di futuro e di speranza, per ottenere una scelta diversa da quella di subire o di emigrare, aspirare alla libertà è un diritto universale, non esiste una eccezione araba e neppure asiatica o russa.

Dunque il compito dell'Europa dovrebbe essere e avrebbe sempre dovuto essere quello di sostenere i democratici nei paesi arabi, invece l'occidente ha sempre considerato prioritari gli scambi commerciali e le alleanze geostrategiche, giungendo a situazioni assurde di tolleranza per i peggiori regimi, da Bokassa ad Amin a Mobutu, purché fossero al nostro fianco in campo anticomunista o antiterrorista per poi ritrovarsi invece con alleati scomodi e instabili e precari.

Dunque è evidente che deve esistere una terza gamba, oltre agli scambi commerciali e alle alleanze geostrategiche, ed essa è il sostegno alla promozione dei diritti di libertà e democrazia. Il risultato della cecità dell'occidente è stato la crescita del fondamentalismo nei paesi arabi che perseguitavano i dissidenti democratici e liberali, abbiamo cioé accettato che i nostri naturali alleati in quei paesi fossero esclusi dalla partecipazione alla vita sociale e politica e ci siamo ritrovati, come unici oppositori ai regimi, movimenti organizzati quali quelli integralisti che hanno ovviamente colto la ghiotta occasione.

Nathan Sharansky, il dissidente ebreo in Unione Sovietica, divenuto il portabandiera della libertà negata e poi della conquista della libertà stessa, oggi cittadino di Israele, ha scritto un'analisi che ha già fatto la Storia in questi giorni : certo è naturale la preoccupazione per come gli eventi si potranno evolvere, ma è fondamentale riconoscere l'opportunità di una vittoria generalizzata della democrazia in paesi in cui essa non esisteva.

Dobbiamo riconoscere che il patto tra il mondo libero e i dittatori si è rotto e che se non aiutiamo i democratici nei paesi arabi, rischiamo di ritrovarci al potere dei regimi fondamentalisti, ci sono grandi rischi, ma soprattutto grandi opportunità dalla svolta epocale e non deve mancare il nostro sostegno economico alle nuove realtà politiche.

Per ora purtroppo pare che prevalgano gli atteggiamenti di vittimismo, riguardo all'immigrazione, o di allarmismo, riguardo ai rischi di deriva integralista, invece dovremmo riconoscere che le dittature sono regimi fragili e operare per coltivare le opportunità.

E poi, anzichè continuare a pensare al passato e a come poteva essere o a come avremmo voluto che fosse e cioè la stabilità nella dittatura dei paesi arabi, dobbiamo considerare la realtà del presente : quello che è successo, è successo, bisogna guardare avanti e studiare come plasmare il futuro al meglio.

Il giornalista Khaled Fouad Allam interviene con l'analisi sulla frontiera del Mediterraneo, la barriera che l'Europa ha eretto, la visione che i paesi della sponda sud fossero solo realtà dalle quali temere l'immigrazione o per le quali fosse uno stato naturale la tirannide, una visione esterna di un mondo ingabbiato e condannato.

E non abbiamo saputo cogliere i segnali che provenivano dalle attività umane più comuni, come la musica, per esempio la musica algerina che si chiama Rai, il suo significato nascosto di voglia di esplosione di libertà, il popolo non poteva parlare, riponeva le parole nella musica.

Ma perchè proprio adesso è esplosa dappertutto, come fosse improvvisa e inattesa, la ribellione ?

Come in tanti rivolgimenti storici, non esiste un momento preciso in cui ci si può attendere un'esplosione, giorno dopo giorno si accumulano fattori differenti che si uniscono e parte una sequenza inarrestabile, in Tunisia il primo ragazzo che si è immolato ha detto : "il popolo è morto". E popoli interi hanno sentito di non avere più nulla da perdere e hanno perso la paura delle conseguenze.

L'Europa dovrebbe cambiare atteggiamento ed adoperarsi per fare emergere i movimenti democratici del mondo arabo, non lo ha mai fatto fino ad ora, atterrita dalla minaccia dell'integralismo e convinta che le società arabe fossero chiuse e ferme.

Amche se la cronaca di questi giorni ha mostrato come in Egitto la domanda di democrazia non fosse strutturata come in Tunisia, Khaled Fouad Allam si mostra preoccupato per la presenza organizzata dei fratelli musulmani, i loro testi e la loro carta fanno paura, con l'esplicita dichiarazione :"il corano è la nostra spada".
Eppure, nonostante la preoccupazione occidentale, sarà compito della società araba quello di regolare i conti con l'islam.

L'Europa appare non credere ancora in uno sviluppo positivo della situazione, non vi è stata alcuna manifestazione di rilievo neppure in Italia, continuiamo a rimanere sospesi tra la paura e l'incredulità, il vecchio continente si mostra inesistente, i popoli arabi in rivolta hanno bisogno di aiuto, anche economico, ma appare che la nostra classe dirigente sia priva di quella visione che fu fondamentale nei padri fondatori dell'Unione Europea, oggi non c'è una visione globale del mondo, mentre la geografia si trasforma in reti macroregionali, dall'estremo oriente all'America, l'Europa dov'è?
E' quell'Europa incapace ancora di decidere il sì o il no alla Turchia.

Nel recente passato i regimi arabi abbattuti usavano lo spauracchio di Israele, i giovani venivano mandati in piazza in odio a Israele e invece le generazioni di oggi non credono neppure più che l'islam sia la soluzione per risolvere i loro problemi.

Esiste certo il pericolo che i fondamentalisti possano dirottare i movimenti di liberazione democratica, ma i giovani egiziani per esempio hanno già vissuto trent'anni di pace con Israele, la guerra non l'hanno mai vissuta e l'alibi dell'islam non tiene più.

La questione israelo-palestinese era una scusa dei regimi per non riformare, era il grande alibi della tirannia, i dissidenti lo avevano capito.

A proposito di pericoli dell'integralismo nei paesi arabi, fatichiamo a renderci conto che i problemi li abbiamo anche in casa nella stessa Europa, uno dei tanti esempi sono le azioni drammatiche degli integralisti a Edimburgo, in Europa noi stiamo ancora cercando di risolvere la questione dell'integrazione.

Emma Bonino sottolinea altre differenze rispetto al passato, le televisioni come Al Jazeera e Al Arabya che negli ultimi 10 anni, pur da due linee politiche opposte, hanno svuotato le tv di stato controllate dai regimi, gli spettatori sono stati informati che ci sono paesi in cui i musulmani sono più liberi, in India, Indonesia e Turchia e si sono chiesti : perché noi abbiamo solo dittatori?

In occidente siamo stati tutti presi alla sprovvista perché noi conosciamo e ci siamo riferiti sempre ai regimi e non ai popoli arabi, essi non hanno voglia di guerra ma fame di futuro. Dunque non dobbiamo abbassare la guardia, ma neppure farci accecare dall'allarmismo.
L'Europa si è mostrata divisa anche sulle misure per la crisi economica, la crisi Mediterraneo servirà a costruire una politica comune europea? Il mondo corre e l'Europa sta ferma, quindi va indietro.

Khaled Fouad Allam analizza come nel mondo arabo non ci fossero neppure i libri, mentre oggi ci sono mezzi tecnologici, internet fa paura ai totalitarismi, perché gli utenti corrispondono con persone di altri paesi e si chiedono la ragione per la quale gli altri stanno meglio.
Ai nostri giorni uno stato può essere distrutto con internet, non servono i carri armati. Con internet è possibile la comparazione di stili di vita, si attivano i meccanismi di emulazione e di messa in discussione dei divieti.

Emma Bonino risponde ad altre questioni sulle quali l'opinione pubblica europea si pone domande e nota che le donne arabe sono in piazza, soprattutto in Tunisia.
In occidente si insiste sulla comparazione con gli avvenimenti in Iran nel 1979, con il dirottamento dei moti democratici da parte degli integralisti. Ma per i giovani rivoltosi odierni, il 1979 è preistoria, allora non c'era internet, moltissimi non erano neppure anora nati, dell'Iran conoscono che cosa è accaduto nel 2009, la rivolta di altri giovani contro il potere.

Una nota interessante e inquietante è che Mubarak è caduto subito dopo aver chiuso il rubinetto ai fratelli musulmani, nelle ultime elezioni non ha loro concesso alcun deputato, mentre in quelle precedenti aveva affidato loro 80 seggi, più alcune poltrone governative sensibili nell'ambito strategico della cultura e dell'informazione.

A differenza dell'Egitto e della Tunisia, in Libia non ci sono vere istituzioni, i rapporti sono di tipo tribale.

Le rivoluzioni anticomuniste dei paesi dell'est europeo avevano un punto di riferimento che era l'Europa, invece appare che non ci sia uno spazio politico europeo mediterraneo di riferimento per i paesi arabi, in Europa non funziona l'integrazione e non funziona la collaborazione con i vicini della sponda sud. In Europa è come se la globalizzazione non fosse stata tradotta in politica.

In ogni caso, i relatori si trovano d'accordo, tutte le rivoluzioni comportano pericoli, ma questo non deve far dimenticare che bisogna pur cominciare a tentare di abbattere gli autoritarismi.

Roberto Mahlab

   
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