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Shirin
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Inserito - 25/08/2005 :  20:12:57  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Shirin
“A volte, per quanto possa essere triste pensarlo, Dio si prende beffa dell’uomo e si compiace di quanto bene ci sia riuscito.”

E quanta paura tra queste piazze prive di colori, prive di emozioni e ricche di nulla. Tra centinaia di volti senza espressione, senza domani, solo frastornati da malinconie e inquietudini. E mentre si celano le voci che dall’abisso risalgono, lì, nella coscienza, si cammina ancora.
Una schiera di anime che festeggia i compleanni aspettando il prossimo, una schiera di anime che si chiede perché e qualche volta risponde, qualche volta non risponde, qualche volta non si pone più la domanda.
Il mio bambino le voci le ascoltava oltre che sentirle e basta, come tutti noi. Non se le nascondeva come noi, ma cercava, cercava quelle risposte che il caso ti mette davanti e poi lui stesso ti insegna di non esistere. Noi ci consoliamo, con il caso. Speriamo che la nostra vita non sia qualcosa di più, perché se lo è ci sono troppe responsabilità da prendersi in spalla e noi ne abbiamo già fin troppe. Anche io pensavo a quanti soldi ci volessero per mandarlo a scuola, quanti altri ce ne volessero per pagare le bollette. Anche io arrivavo con una torta e mi arrabbiavo perché a lui non importava nulla di quello che facessi per lui. Perché la notte in cui ho capito di avere un figlio in grembo mi sono presa le mie responsabilità dando per scontato di dover avere qualcosa in cambio.
Quando me ne accorsi lui aveva circa due anni. Fino ad allora avevo sempre ignorato, non mi ero posta le domande giuste per non udire le risposte. Sì, lui era malato, è vero. Non parlava mai e non disegnava, non dava cenno di voler esistere, ma una madre spera sempre che arrivi, arrivi la scintilla che faccia scoppiare le emozioni nel suo cuoricino e lo renda normale ai suoi poveri occhi.
A lui non arrivò mai quella scintilla. Se ne stava in un angolo, lo stesso angolo, per tutto il giorno e blaterava suoni sconnessi. Io gli parlavo, ma lui non mi ascoltava mai, non volevo, non potevo comprendere.
Andò avanti così per molti anni, fino ai suoi 15 anni.
Per il suo compleanno, invece che con una torta, arrivai con una lametta e gli tagliai i polsi. Aspettai una reazione che non ci fu. Si lasciò morire.
Trascinai il suo corpo in cantina e lo lasciai lì, nella mia villa di belle speranze e troppi dolori.
Entrai nella sua stanza ed era tutto come lo avevo lasciato.
Allora capii.
Aprì il cassetto e trovai una lettera di mio figlio indirizzata a sua madre.

“A volte, per quanto possa essere triste pensarlo, Dio si prende beffa dell’uomo e si compiace di quanto bene ci sia riuscito.
Mentre ero nel tuo grembo dipendevo da te in tutto. Tu amavi così tanto questo legame che anche io ti amai con tutto me stesso. Tanto da perdermi. Quando sono nato ho capito solo che il mio esserci era il tuo esserci e quindi non potevo esistere se non legato a te. Ho anche capito che potevo scegliere la strada di tutti e staccarmi, ma perché?
Per essere quel che non sono?
Io sono tuo figlio e dunque tu basti a me quanto io sarei dovuto bastare a te. Perdonami se non ci sono stato, perdonami se sceglierò di morire. Sarà tutto completo così.
Scusa per la beffa di cui Dio ha voluto renderci partecipi”

Buttai la lettera sul pavimento e lasciai trascorrere gli anni.
Ora sono qui e posso dirvelo, non sono altro che la vittima di un gioco malato. Non sono che l’assassina di un destino malato, che mio figlio stesso voleva non esistesse.
Lui ha scelto, ha fatto la sua scelta, sapeva che prima o poi l’avrei fatto, ma sapeva che per lo meno era per interrompere questa volontà che ci aveva resi schiavi in questo vincolo tra madre e figlio.
Inoltre volevo dirvi un’altra cosa: quando partorii il mio vero bambino ero storpio. Allora presa dalla disperazione rubai il figlio di un’altra e il mio lo abbandonai.
Così spedii la lettera che trovai alla madre naturale di mio figlio e ricevetti risposta dal padre di lei. Mi disse che lei era autistica ed era stata violentata 16 anni prima.
Ho già avuto da qualche parte la mia punizione. Ho allontanato un’unione inscindibile per il mio egoismo e loro sono stati uniti anche nella morte.

Ora vi lascio al colloquio con la vostra coscienza, la mia l’ho già persa in un crepitare di desolazione.

   
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