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 Route 66
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luisa camponesco
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Inserito - 23/01/2005 :  13:15:01  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Route 66

Dietro il giardino di casa Robert preparava la sua Mustang, controllava motore, candele, ruote. Pensava da tempo a quel viaggio, avrebbe finalmente realizzato il suo sogno, arrivare a Chicago per la mitica Route 66. In quel giorno di primavera del 1974 avrebbe lasciato il quartiere nel quale aveva vissuto i primi 22 anni della sua vita per attraversare otto stati. Con un sospiro guardò la sua casa, il prato davanti sul quale aveva giocato a baseball col padre, accarezzò con la mano una serie di linee scure tratteggiate lungo una parete all’interno del garage, che dal basso verso l’alto dimostravano la sua crescita in altezza. Appoggiò la fronte contro il muro e con un pennarello fece l’ultimo segno, 190 cm. Caricò velocemente il bagagliaio, un ultimo sguardo a Tarzana la città satellite di Los Angeles e accese il motore. La sua avventura stava iniziando, dal Pacifico al lago Michigan.
Imboccò la Statale per San Bernardino, sarebbe arrivato fino a Barstow, avrebbe pranzato e cercato un motel.
Il fascino del deserto, la lunga strada polverosa, ed in lontananza si vedevano rilievi rocciosi. Si fermò un attimo ad ascoltare il silenzio. Avrebbe percorso ben 4.000 km con tre fusi orari diversi, pensò che fosse ben meritato l’appellativo di “Main Street of America”. A Barstow trovò un motel alla portata delle sue tasche, trascorse la serata con la mappa stesa sul letto segnando le eventuali tappe e…sognando.
Il mattino seguente, mentre lasciava il motel, il suono di una tromba attirò la sua attenzione. Le note melodiose di “Get your kicks on route 66”, si diffondevano nell’aria. A Robert piaceva molto la musica di Nat King Cole, ricordava anche il testo scritto da Bobby Troup. La curiosità di sapere chi stesse suonando fu più forte della fretta di partire.
Lo vide seduto per terra appoggiato all’insegna del motel, un ragazzo nero con la sua tromba.
- Sei bravo! Dove hai imparato a suonare così bene? – chiese Robert avvicinandosi
Il ragazzo non rispose subito ma posò la tromba sulle ginocchia.
- Ho imparato da mio nonno – rispose
- Da dove vieni? – replicò Robert
- New Orleans
- E dove stai andando?
- In qualsiasi posto mi conduca questa strada. – e con la mano la indicò
- Allora facciamo il medesimo percorso.
- Non credo proprio.
- Perché scusa?
- Perché tu sei un bianco. Bianchi e neri vanno sempre per strade diverse.
- Quand’è così allora buon viaggio! – Robert seccato si allontanò
Era già in movimento, quando le note suggestive di quella tromba lo raggiunsero, allora inserì la retromarcia e sgommando si portò davanti al ragazzo.
- Lo sai cosa sei tu?? Un fifone.
Un’espressione sorpresa apparve sul viso del giovane.
- Io non ho paura di niente - rispose
- Ah si? Allora dimostralo salendo su questa macchina.
- Non devo dimostrare nulla a nessuno, ma in questo caso…. – buttò un sacco di tela sul sedile posteriore - un passaggio mi fa comodo.
Robert accennò ad un sorriso e si immise sulla strada.
Il vento gli scompigliava i capelli ed il sole rendeva i colori del deserto più vivaci e brillanti.
- Prendi la mappa che trovi sul cruscotto e vediamo dove siamo. A proposito mi dici come ti chiami o è un segreto!
- Joseph
- Piacere io sono Robert – ebbe un mugugno per risposta ma era già qualcosa.
Si fermarono per uno spuntino, una bibita poi di nuovo in viaggio ed entrarono nello stato dell’Arizona. Il paesaggio mutò, terre rosse e grandi saguari.
- Tra un po’ arriveremo a Kingman, farò benzina, ma è meglio pernottare a Winslow. – per tutta risposta Joseph alzò le spalle
Si fermarono in un lodge fatiscente, ma era necessario risparmiare, il tragitto da fare era ancora molto. Il proprietario rispecchiava l’ambiente in fatto di pulizia ma appena li vide entrare puntò subito il dito verso Joseph.
- Lui qui non entra !
- Ha paura che gli sporchi il pavimento? – replicò Robert – sa cosa le dico? Non entro neppure io.
Uscirono il sole era di un color arancione acceso ma già si intravedeva una pallidissima luna.
- Perché lo hai fatto? - Chiese Joseph
- Non mi piaceva l’ambiente.
- Già ma adesso cosa farai? Non c’è nessun altro motel nelle vicinanze.
- Beh dormiremo sotto le stelle.
- Io ci sono abituato, ma tu forse…
Robert non rispose, mise in moto la mustang e si diresse in strada secondaria. Si trovarono nel deserto. La grande distesa, il silenzio e la bellezza selvaggia toglievano il fiato, il cielo si tingeva di blu scuro.
- Almeno qui respireremo aria pulita. Ho delle coperte nel bagagliaio ma sarà bene dormire nella macchina. Sai? Ho letto da qualche parte che un meteorite sia caduto proprio qua vicino e abbia lasciato un enorme cratere. Potremo dare un’occhiata domani mattina.
- Hai viaggiato molto? – chiese Joseph
- Questo è il primo che faccio, ma ho letto molto sulla storia di questa strada.
- E tu dove sei stato fin’ora?
Joseph estrasse la sua tromba e le note si sparsero tutt’intorno.
- Ho navigato sul Mississipi, con mio padre.
- Ma è splendido!.
- No! Non come credi - riprese a suonare. Mentre le stelle si accendevano in un cielo color cobalto.
- Guarda Joseph, nessun albergo nemmeno il più bello del mondo può avere un simile soffitto.
La notte passò tranquillamente, tra il latrato di un coyote e il soffio del vento. Al mattino pronti in macchina incontro ad un nuovo giorno e con l’animo sereno superarono il confine per il New Mexico.
Dinnanzi a loro si stendeva, a perdita d’occhio la strada, un nastro scuro che contrastava con la luminosità della zona che stavano attraversando.
- Dovremmo farcela fino ad Albuquerque.
Joseph intento ad ammirare il paesaggio non rispose, la vegetazione formata da cespugli spinosi macchiava di verde scuro il color ocra del terreno, in lontananza rilievi montuosi rompevano la linea dell’orizzonte.
- Non ho mai visto nulla del genere – commentò ad un tratto
- Siamo insieme da due giorni e praticamente non ti conosco. Perché fai questo viaggio?
- Potrei farti la medesima domanda, ma avremmo risposte diverse – rispose Joseph
Questo modo di fare irritava Robert che non riusciva a comprendere la diffidenza del ragazzo.
- Ce l’hai con qualcuno per caso?
- No! Con nessuno, ma tu sei un bianco non capiresti.
- Allora è meglio che tu mi faccia capire, perché di strada insieme dobbiamo farne ancora molta.
- Per quanto mi riguarda la possiamo finire anche ora!
Robert fermò la macchina, Joseph prese la sua sacca e scese. Robert ripartì velocemente senza voltarsi indietro. Percorse molti chilometri prima di fermarsi nuovamente, il sole era già alto nel cielo. Rifletté per un pò, fece l’inversione di marcia e tornò indietro.
Joseph era seduto sul bordo della strada e suonava, le note uscivano dalla sua tromba forti e limpide e il ritmo del blues gli entrò dentro fino a scuoterlo. Le parole non furono necessarie, quella musica aveva creato un legame invisibile, Joseph risalì sulla mustang. Viaggiarono per il resto del pomeriggio e pernottarono al Blue Swallow Motel.
Il giorno seguente si diressero verso Santa Fe e poi sostarono a Glenrio.
- Qualcosa ti preoccupa? – chiese Joseph vedendo un’espressione scura sul volto di Robert.
- Stavo facendo un po’ di conti, sai il denaro non basta mai e siamo solo a metà strada.
- Qualcosa si può fare… – Joseph lasciò la frase in sospeso e Robert non capì.
Attraversarono Palo Duro Canyon nello stato del Texas, uno spettacolo naturale unico, la mustang attraversò un guado ma si insabbiò proprio nel mezzo. Le ruote giravano a vuoto con il rischio di peggiorare la situazione.
- Uno di noi dovrà scendere e spingere.
- Uno di noi? Vuoi dire che sarò io quello che scende! – Joseph era in apparenza seccato
- Posso scendere io – ripose Robert – tu ti metti al volante e io ti dirò cosa fare.
Per tutta risposta Joseph scese dall’auto
- Dimmi cosa devo fare!
- Spingi quando te lo dico io!... ORA!
Joseph spinse con tutte le forze mentre Robert accelerava, le ruote non facevano ancora presa, poi spense il motore per non ingolfarlo.
- Di nuovo Joseph ORA!
Finalmente la mustang si mosse e riuscì a superare il guado, sulla terra asciutta Robert fermò la macchina e scese, vide che Joseph era scivolato ed era completamente ricoperto di fango. Robert scoppiò in una sonora risata, mentre Joseph non riusciva a rialzarsi, ma quando fece per aiutarlo questi lo trascinò nel fango, lottarono per un po’, finché anche Robert si imbrattò completamente.
- Ecco uomo bianco, adesso sei nero come me!
Passato il primo istante di sbigottimento, entrambi risero di cuore e si aiutarono a rialzarsi. Qualcosa stava cambiando nel loro rapporto, anche se parlare di amicizia fosse prematuro.
Arrivarono a Tulsa che era già sera, cercarono una camera, si fecero un bel bagno, poi Joseph uscì senza dir nulla. Robert si accorse della sua assenza parecchio tempo dopo, intento com’era a tracciare il percorso che lo avrebbe portato in Oklahoma. Lo cercò dappertutto, pensava se ne fosse andato, quando udì il suono della sua tromba. Lo vide appoggiato ad un lampione, un gruppo di persone si era fermato ad ascoltarlo e bene presto divenne sempre più numeroso. La sua esibizione terminò con uno scoscio di applausi, Joseph ringraziò mentre la gente si disperdeva, appena vide Robert gli andò incontro.
- Non pensavo di ritrovarti, ero convinto che te ne fossi andato.
- Se non sbaglio avevi detto che c’erano problemi di contanti, allora ecco qua.
Aprì il berretto colmo di dollari
- Come pensi sia arrivato da New Orleans fin dove mi hai incontrato? Beh ti sei incantato! L’hai detto tu che di strada ne abbiamo ancora molta da fare.
Era la prima volta che Joseph usava il plurale.
- E’ vero – ripeté Robert – ne abbiamo ancora molta di strada da fare.
Con uno spirito nuovo costeggiarono il Kansas ed entrarono nel Missouri sulla strada per Springfield.
- Questa è la terra di Jesse James – canticchiò Robert e Joseph gli fece eco con la tromba.
Sostarono lungo il fiume a guardare i boats in navigazione. Mangiarono alcune focacce e bevvero birra. Sdraiati sulle sponde del fiume osservavano i gabbiani volare, ognuno parlò di sé, forse per la prima volta, senza timore di essere giudicati o derisi, dei loro desideri, aspirazioni e sogni.
- Non posso venire a Chicago con te – disse ad un tratto Joseph – devo fermarmi a Saint Louis.
- Capisco! Farai ciò che devi fare, anche se le nostre strade si divideranno presto, noi sapremo che un giorno si sono incontrate.
Ripresero il cammino, miglio dopo miglio attraversando vecchi ponti carichi di storia, villaggi, distese di pianura dove i cavalli correvano liberi, cantando a squarciagola canzoni country e senza accorgersene si trovarono alle periferia di Saint Louis.
Il silenzio cadde fra di loro.
- Sai Joseph qui è iniziato il servizio postale del Pony Express, pensa un po’ è poi sai è famosa anche per il primo volo transoceanico quello di Charles Lindebergh - Robert cercava di rompere quel senso di malinconia.
- Fermati pure a lato della strada, Robert io sono arrivato.
- Dimmi cosa farai!
- Mio zio suona in una jazz band mi stà aspettando, mi unirò a loro. Buona fortuna Robert
- Buona fortuna Joseph.
Si lasciarono così senza dirsi altro ma portando dentro il ricordo di un viaggio memorabile.

Passeggiando sulla riva del lago Michigan quella sera Robert pensava alla sua grande avventura appena conclusa su quella che Steinbeck aveva definito “The Mother Road”

Parecchi anni dopo al teatro Apollo di New York si tenne un grande concerto di musica Jazz. I più grandi musicisti si sarebbero esibiti, come Armstrong come Nat King Cole. Gli uomini più in vista della città erano presenti.
In platea c’era anche Robert Walsh facoltoso uomo d’affari con la moglie, quando al culmine della serata, una tromba suonò “Get your Kicks on route 66” in un assolo stupendo. L’artista, con i capelli brizzolati al termine della sua esecuzione, inchinandosi al pubblico disse:
- Questa è dedicata ad un amico di tanti anni fa.
Seduto sulla sua poltrona Robert Walsh chiuse gli occhi per rivedere due ragazzi, con una mustang e una tromba percorrere una strada che ora faceva parte della storia.








Edited by - luisa camponesco on 23/01/2005 13:26:40

   
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