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luisa camponesco
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Inserito - 24/11/2003 :  13:09:28  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Diego Alvarez , sul cassero del suo galeone il “Cordoba” , guardava preoccupato le nubi che oscuravano l’orizzonte. Erano partiti lui e la sua ciurma , dall’isola di San Cristobal con un carico d’oro e preziosi provenienti dallo Yucatan . Il volto indurito dal sole e dalle intemperie , la mascella serrata meditava sulle decisioni da prendere. La sicurezza dei suoi uomini prevaleva su quella della nave e del suo carico. L’uragano si avvicinava , il vento era aumentato di intensità:
- ammainate le veleeeee, rinforzate le funi del caricooo
Con le mani sul timone , urlava ordini e la sua voce si perdeva nel vento, gli uomini si muovevano in fretta , da poppa a prua, imbragando vele e distribuendo il peso del carico. L’ufficiale in seconda corse in aiuto di Alvarez al timone per mantenere la rotta. Non bastava il pericolo dei pirati o dei corsari , bisognava fronteggiare anche le forze della natura . La pioggia sferzante come lama di coltello colpiva il loro viso
- imbarchiamo acqua – urlò un mozzo
Poi un rumore assordante , l’albero maestro si spezzò in due e il galeone incominciò ad inclinarsi da un lato. Alvarez pensò alla sua vita trascorsa tra arrembaggi , battaglie e conquiste ed ora quel carico che doveva arrivare in Spagna , pensò alle città d’oro che aveva visto in quel nuovo mondo ed ora tutto sembrava perduto. Gli uomini incominciarono ad urlare :
-la stiva è allagata , il carico si è spostato – La nave aumentava sempre più la sua inclinazione sul fianco sinistro :
- gettate a mare i cannoni , alleggeriamo il carico , gettate tutto ciò che non è indispensabile
Il galeone sembrò per un attimo raddrizzarsi e riprendere l'assetto, ma era pura illusione , onde altissime spazzavano il ponte trascinando in mare casse , barili e con le vele a brandelli e il timone fuori controllo il galeone tornò ad inclinarsi ma stavolta molto più rapidamente , il mare lo inghiottì, del “Cordoba “ non rimase traccia era il 23 novembre 1658.

Il piccolo sottomarino stava controllando la situazione delle piattaforme oceaniche che nell’Atlantico formano una profonda spaccatura , il suo compito era di posizionare sismografi , infatti le piattaforme premendo una contro l’altra potevano portare a stati di subduzione fino a penetrare nel mantello e causare terremoti profondi e onde gigantesche ormai tristemente note. I tre uomini dell’equipaggio erano costantemente in contatto con la nave appoggio “Atlantis”
- siamo sulla faglia , per il momento sembra tutto normale
- bene allora provate a scendere ancora un po’, ma fate attenzione
- ok passo e chiudo
I tre uomini continuarono la loro ispezione.
- guardate là la zolla si sta rinnovando , questo è un punto di espansione , potremmo posizionarne uno qui.
- buona idea , vediamo dove piazzare il secondo
- un momento Alfred , torna indietro
- perché??
- ho visto qualcosa di strano- Alfred Borman esperto oceanografo , Adam Freeman e Tomas Marshall , compagni da sempre nelle spedizioni sottomarine , formavano un team davvero in gamba
- cosa hai visto Fred? – così chiamavano gli amici Borman.
- un rilievo con non mi pare naturale
- d’accordo ripassiamo , preparatevi a fotografare .
I tre uomini ritornarono sulle coordinate precedenti e si prepararono a fare i rilevamenti
- hai ragione Fred quella sagoma non è naturale
- profondità?
- 150 metri
- è i caso di darci un’occhiata
- è qualcosa di appoggiato sul bordo della faglia
- ma totalmente ricoperto di sedimenti
- qualsiasi cosa sia è da parecchio tempo che è lì sotto
La conversazione era seguita anche a bordo dell’Atlantis
- cosa c’è di nuovo ragazzi? – la voce di David Osborn il comandante si fece sentire attraverso le cuffie
- abbiamo rilevato qualcosa di non identificato
- un ufo sottomarino? – rise David
I tre uomini si avvicinarono ulteriormente volevano rendersi conto di cosa fosse realmente In realtà non fù una grossa sorpresa quando apparve chiaro che il rilievo notato era quello di un galeone affondato secoli prima nell’Altantico . Era facile trovarne dato l’intenso traffico che esisteva tra l’Europa e il nuovo mondo, ma questa era in una posizione strana , appoggiata su di un fianco proprio vicino al bordo della zolla.
- potremmo chiamare qualcuno che si occupa di recuperi- disse Adam.
- prima vediamo noi di cosa di tratta – replicò Alfred
- bene riemergiamo , studieremo come fare , mi piacerebbe dare un’occhiata a quel galeone mi sembra ancora in buono stato . A parlare era Tomas, lui si interessava anche di ricerche subacquee. Con un cenno di intesa i tre uomini iniziarono la risalita. Sull’Atlantis incominciarono subito a discutere se e come recuperare il relitto .
- forse ne vale la pena – incominciò Osborn- quindi prepariamo l’attrezzatura e scendiamo .
Studiarono la cosa nei minimi particolari , i tempi di discesa e risalita , bombole e controllo dei manometri
- quello che mi preoccupa è la posizione del galeone , quella è una zolla instabile , sarà necessario usare molta cautela
- ci staremo attenti, ma non perdiamo tempo , voglio scendere – Tomas era impaziente
Si preparano all’immersione scesero tutti e tre , controllandosi a vista per precauzione. Discesero lentamente il contatto con l’Atlantis era costante , Leslie ,la geologa ,non perdeva d’occhio i pennini del sismografo In quella zona le due placche continentali premono una contro l’altra e il rischio maremoto è reale.
Alfred , Adam e Tomas raggiunsero il relitto , l’oceano se n’era impadronito da tempo orami era diventato la casa di ogni genere di pesci e anche di qualche squaletto. I tre si fecero i segni convenzionali e cercarono una via d’accesso. Trovarono uno squarcio sul fianco sufficientemente largo da far passare un uomo. Tomas accese un potente faro e illuminò l’interno . Una schiera di piccoli pesci fuggirono da ogni parte. All’interno si vedeva poco ,l’acqua era torbida e Tomas dovette aspettare che il sedimento si posasse sul fondo. La zona era ingombra di casse di travi che impedivano il movimento , Alfred con la sua torcia illuminò ulteriormente l’ambiente. Apparve subito chiaro che il veliero trasportava merci dal nuovo mondo verso la Spagna, muoversi però era difficile , l’acqua si intorpidiva immediatamente ma riuscirono ugualmente ad intravedere delle scale . Tomas si apprestò a seguirle , Alfred fece per trattenerlo pensando al pericolo. Nel frattempo Adam controlla dall’esterno lo stato del galeone e l’eventuale esistenza di altre falle, trovò alcune casse e barili poco distanti insieme a suppellettili varie , le esaminò con attenzione , erano di notevole interesse , ne mise alcune in una apposita sacca e incominciò a portarle in superficie. La prima scossa non si avvertì neppure , i pennini del sismografo di Lesile incominciarono a tremare. Lesile lanciò l’allarme, Osborn si preoccupò subito dei sub . Tomas , nel frattempo aveva raggiunto , non senza difficoltà, la cabina del comandante. Tutto era sottosopra il pesante tavolo capovolto , ma la sua attenzione fu attratta da una cassetta di ferro ancora sigillata , si chinò per raccoglierla ed ecco la seconda scossa. Tomas si trovò bloccato da un trave non poteva più muoversi. Sull’Atlantis l’equipaggio era in piena agitazione:
- se non ce ne andiamo subito l’onda d’urto ci colpirà
- io non me ne vado lasciando i miei uomini sul fondo – urlò Osborne
Tomas imprigionato si sentì perduto non avrebbe mai potuto farcela da solo. Appare Alfred con la sua torcia appena scorse l’amico tentò di spostare il pesante ostacolo ma inutilmente ,intanto il galeone scivolava sempre di più verso l’enorme frattura che si stava formando . Adam ,che stava risalendo , fù colpito dal maremoto e lasciò cadere la sacca con i reperti , il suo pensiero corse ai compagni sul fondo. Riacquistò l’assetto ed inizio a ridiscendere.. Intanto nel galeone Alfred cercava disperatamente di salvare l’amico , ma Tomas gli fece segno di andarsene, di salvarsi e lasciarlo lì . Una nuova scossa però spostò la trave quel tanto che bastava per permettere a Tomas si liberarsi , ma prima di lasciare il relitto raccolse la cassetta di ferro. Guadagnarono l’uscita , ad attenderli Adam che con Alfred, aiutò Tomas ferito a risalire. L’Atlantis era sbattuto violentemente dall’onda di ritorno , ma Osborn attese l’arrivo dei sub. Finalmente a bordo e rifocillati ringraziarono Dio dello scampato pericolo. Il relitto era sprofondato nella spaccatura del fondo ed irrimediabilmente perduto tranne quella scatola di ferro. Appena si fu ripreso Tomas volle subito sapere cosa contenesse , con delicatezza ,ma decisione forzarono la chiusura. L’apertura della scatola colse tutti con una certa ansia , conteneva il diario di bordo , lo aprirono quasi con riverenza. Era ben conservato ad asciutto , era la storia di un galeone chiamato Cordoba e la descrizione del contenuto della stiva , un vero tesoro che ora apparteneva all’oceano , nell’ultima pagina c’era scritto, " io Diego Alvarez , oggi 23 novembre 1658 anno del Signore scrivo queste ultime note che affido alla Provvidenza divina, la nave è perduta con tutto ciò che contiene . Non c’è miglior tomba per un marinaio che le profondità del mare e che Dio abbia pietà delle nostre anime”.
Così si concludeva la storia di una nave e del suo equipaggio.
- davvero interessante , lo manderemo a qualche museo – disse Osborn
- no- replico Tomas
Zoppicando si diresse sul ponte e lanciò la scatola di ferro con suo contenuto in mare
- deve tornare con la sua nave, quello è il suo posto
L’oceano la inghiottì e lentamente si placò ritornando tranquillo.


   
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