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 Il segreto di Miriam
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luisa camponesco
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Inserito - 05/02/2005 :  13:47:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Il segreto di Miriam

Quando s’accorse di aspettare un bambino, non seppe al momento se esserne felice oppure preoccupata. Quel figlio lo aveva desiderato da sempre, ma le circostanze non si potevano definire ideali.
I medici erano stati chiari, “Suo marito è un alcolista, la probabilità che concepiate un figlio normale è una su mille”, avevano più volte ribadito. Ma lei Miriam credeva fermamente che suo figlio sarebbe nato bello e sano. Pregava ogni sera per questo ed ora il suo desiderio si stava realizzando, sarebbe diventata mamma. Lo disse anche al marito William e vide una lacrime rigargli la gota.
- Ti prometto che da ora in poi non toccherò più una goccia di alcool, non voglio che un giorno mio figlio debba vergognarsi del padre.
Mantenne la promessa, anche se con fatica, e quel figlio cambiò la vita ad entrambi. Un giorno Miriam incontrò Adeline, una sua cara amica, anche lei in dolce attesa. Si abbracciarono piansero dalla contentezza d’essersi ritrovate.
- Miriam non dobbiamo perderci di vista, mai più.
- Sono d’accordo Adeline. – risero di gusto con quella felicità che viene dal cuore.
Divennero madri a pochi giorni di distanza di due bambine. Miriam osservava sua figlia e le pareva un miracolo, bella, rosea, urlava come una forsennata. Anche William non staccava gli occhi da quel adorabile batuffolino.
Poiché anche Adeline era nello stesso reparto, Miriam andò a trovarla, le due amiche si recarono al nido a contemplare le loro figlie.
- Miriam tua figlia è una splendore, la mia invece è nata sotto peso…
- La sua sembra un ragnetto – disse un’infermiera poco educatamente.
Miriam non poté sopportare quell’insolenza e volle rispondere, Adeline la fermò
- Non ne vale la pena, lascia perdere Miriam.
- La tua bambina è bella quanto la mia, vedrai quando crescerà. Chissà se diventeranno amiche come lo siamo noi…
Passarono i mesi e anche la figlia di Adeline incominciò a prendere peso e ad arrotondarsi in viso. Furono battezzate nello stesso giorno, la figlia di Miriam col nome di Silvie e quella di Adeline col nome di Mary. Passarono anche gli anni le bambine crescevano, stesso asilo, sempre insieme a giocare, ed essendo figlie uniche si consideravano sorelle.
Un brutto giorno mentre Silvie rincorreva Mary, la bambina incominciò a boccheggiare, Mary le corse subito accanto.
- Silvie! Silvie! MAESTRAAA!! - urlò Mary correndo – Maestra Silvie è diventata tutta blu.
Venne immediatamente ricoverata e solo allora i medici si accorsero di quel difetto cardiaco. Fu operata quasi subito, un intervento lunghissimo e molto delicato. Il primo intervento di quel genere su un bimbo così piccolo.
Un’ attesa estenuante per Miriam e William, finalmente un medico si fece loro incontro.
- E’ andato tutto bene, potete andare a riposarvi la bambina è in buone mani e sta dormendo.
- Non importa io rimango – rispose Miriam – Vai pure William ti chiamerò appena si sveglia
Era nella cappella dell’ospedale quando un’infermiera le disse che il capo-chirurgo le voleva parlare.
Con una certa apprensione Miriam si recò dello studio del medico.
- Prego signora si accomodi - il tono solenne la spaventò
- E’ successo qualcosa? Dottore mi dica, Silvie stà male?
- No signora, Silvie stà ancora dormendo, ma devo dirle qualcosa di molto importante e voglio farlo con la massima sincerità. Le condizioni del cuore di sua figlia sono apparse subito più gravi del previsto, noi abbiamo fatto tutto quello che era umanamente possibile.
- Cosa vuol dire dottore?? Non mi tenga sulle spine.
- Signora, sua figlia dovrà sottoporsi periodicamente a controlli, e poi… - il medico si fermò un attimo per cercare le parole giuste.
- Signora lei dovrà essere molto forte – si raschiò la voce e bevve un bicchiere d’acqua
- Signora sua figlia potrà vivere al massimo fino a 20 anni – si appoggiò allo schienale come svuotato.
Miriam non realizzò subito la portata di quella rivelazione, solo più tardi le uscì un sorta di rantolo.
- Mi spiace signora, questo è il massimo che abbiamo potuto fare.
Avrebbe voluto urlare, picchiare i pugni sul tavolo e invece mantenne una calma incredibile.
- Dottore le chiedo solo di non rivelare a nessuno ciò che mi ha appena detto.
- Signora non lo avrei fatto in ogni caso.

Quando William tornò in ospedale vedendo il volto preoccupato di Miriam chiese subito se ci fossero novità. Miriam sorrise rassicurandolo che tutto andava per il meglio, quel segreto sarebbe stato solo suo.

Gli anni passarono e le bambine divennero ragazze, Mary alta e slanciata, Silvie rimase più piccola. Un giorno,mentre facevano i compiti, chiacchieravano.
- Sai una cosa strana Mary? Non capisco l’apprensione di mia madre.
- In che senso? – chiese Mary
- Non posso sparecchiare la tavola, nemmeno lavare i piatti, pensa che l’altro giorno cercavo di pulire i vetri della finestra in camera mia e… apriti o cielo l’avessi sentita urlare che io quelle cose non le dovevo fare. Insomma Mary mi tratta come se fossi ancora all’asilo.
- E ti lamenti? – replicò Mary – io al tuo posto farei i salti dalla gioia, mia madre mi fare tutto, e scopa la cucina e porta via i piatti, va dal fornaio, ogni momento ne ha in mente una nuova , accipicchiolina, vorrei starmene un po’ in pace ogni tanto e invece…

Quella sera Mary riferì a sua madre la conversazione avuta con Silvie.
- Devi sapere Mary che da piccola Silvie è stata molto ammalata e probabilmente sua mamma si preoccupa, proprio come farei io.
- Sai mamma, adesso che mi fai pensare, ogni tanto, noto che Silvie fa fatica a respirare.
- Beh! adesso finisci la tua merenda e poi fai a fare i compiti – così Adeline pose fine alla conversazione.
Mary da quel giorno incominciò a riflettere e si rese conto di non aveva mai fatto caso, prima d’ora, a tanti piccoli fatti, come quella volta che avevano dovuto rincorrere il bus e Silvie era diventata viola o l’affanno quando non riusciva a tenere il suo passo. Piccoli tasselli di cui non riusciva a capirne il disegno, poi Mary voleva molto bene all’amica e cercava sempre di proteggerla dai compagni più prepotenti.
Un giorno Silvie non venne a scuola e Mary preoccupata corse subito a casa. Miriam l’accolse sulla porta senza farla entrare.
- Scusa Mary, ma Silvie ha l’influenza non vorrei la prendessi anche tu. – e chiuse educatamente la porta.
Miram sapeva di aver mentito ma non poteva fare altrimenti ed era consapevole dell’affetto che legava le due ragazze. Quel segreto le pesava ogni giorno di più, scrutava sempre sua figlia col timore di scorgere i segni di una fine prematura, ma non aveva mai smesso di sperare e pregare.

Arrivò anche il giorno del 18esimo compleanno e le due ragazze decisero per una festa unica, Miriam era in apprensione.
- Dimmi se la cosa non ti va! – disse Adeline – ma le ragazze sarebbero felici di festeggiarlo insieme
- Scusami Adeline, pensavo ad altro, ma visto che le ragazze sono così entusiaste prepariamo pure la festa.

La festa fu davvero memorabile e per concludere la serata le ragazze ebbero il permesso di andare al cinema da sole.
Fu proprio davanti al botteghino che Silvie si sentì male, si sedettero in un angolo
- Non so cosa mi stia succedendo Mary, ma capisco che sono diversa da te e non so il perché.
- Tua madre cosa dice? - chiese Mary
- Dice che non ho nulla e che sono come tutte le ragazze della mia età, ma io so che non è vero.
- Tua madre ha ragione tu sei come me.
- Allora spiegami Mary perché tu puoi correre ed io invece non posso?.
- Non ho la risposta Silvie, mi spiace.
- Vorrei tanto poter correre, almeno una volta, ma ti prego non dire nulla a mia madre di quanto accaduto stasera.
L’amica la rassicurò, passarono tutta la serata a guardare le stelle e a fantasticare sullo splendido futuro che le attendeva.

Si diplomarono quasi con gli stessi voti e si iscrissero alla medesima facoltà, anche se Silvie non era portata per quella disciplina ma non voleva staccarsi dall’amica. Incontrarono gente nuova e si innamorarono, per la prima volta nella loro vita uscirono accompagnate dai loro ragazzi.
Miriam si infuriò quando seppe che la figlia aveva un fidanzato. Silvie pianse per tutta la notte e il giorno dopo si confidò con l’amica.
- Ma perché mia madre non vuole che sia felice? La odio.
- Non dire così, credo voglia solo proteggerti.
- Ma io non voglio essere protetta lo capisci? Io voglio vivere.
Questa volta anche William intervenne.
- Non ti capisco Miriam, nostra figlia ha diritto a vivere la sua vita…
- A diritto si, ma di vivere… - si trattenne a stento vedendo il volto sorpreso del marito, certo lui non immaginava quale fosse la realtà. Per non fornire ulteriori spiegazioni preferì uscire con la scusa di fare compere, invece si rifugiò in un chiesa.
Un sacerdote entrò in quel momento e si inginocchiò prima di entrare nel confessionale. Seguendo un impulso improvviso si accostò al sacerdote e gli urlò in faccia tutta la sua rabbia, e lui per tutta risposta gli parlò di un amore che non ha eguali sulla faccia della terra, gli parlò della generosità e del coraggio e di come questo possa spingersi fino all’estremo sacrificio. Si tolse il crocefisso che teneva al collo e lo mise al collo di Miriam.
- Ecco – concluse – continui a portare la sua croce.
L’ira della donna era svanita di fronte a quelle parole, quella sera tornando a casa andò in camera della figlia.
- Silvie! Non ho intenzione di ostacolarti, non lo farò più, frequenta pure quel ragazzo se ti rende felice, sei una brava ragazza so che farai sempre la cosa giusta.
Madre e figlia si abbracciarono e solo allora Silvie si accorse del crocefisso al collo della madre.
- Mamma cosa ti sta succedendo? - chiese sorridendo
- Nulla cara, solo per ricordarmi che Lui è morto per amore.

Quella fede ritrovata l’aiutò nei giorni e negli anni che seguirono. Le ragazze compirono 20 anni e non successe nulla, Miriam incominciò a sperare.
Quell’estate decisero di trascorrere le vacanze insieme, in montagna, affittarono un appartamento molto grande e le due famiglie si riunirono, qualche giorno dopo sarebbe arrivati anche i fidanzati delle ragazze. Le mattinate erano splendide, passeggiavano nei boschi e si sedevano accanto ai ruscelli.
- Sai Silvie, domani vorrei andare lassù in cima, dove vedi quei prati. – indicò una distesa verde proprio sopra il bosco
- Ben ci andremo insieme – rispose Silvie
- Non è una buona idea – replicò l’amica – ci andrò da sola, farò presto e tu mi aspetterai giù.
Silvie non rispose ma era evidentemente offesa, Mary dal canto suo si morse il labbro, non avrebbe dovuto dir nulla, ma quella salita sarebbe stata troppo faticosa per l’amica.
La mattina dopo Mary si alzò prestissimo, sarebbe andata e tornata in poco tempo e nessuno se ne sarebbe accorto. Il sole stava sorgendo e tingeva di rosa le cime innevate, il profumo di pino le entrò nei polmoni. Respirò profondamente e con lo zainetto in spalla si avviò verso il bosco.
Lo sentiva, quella mattinata era una mattinata speciale, provava quell’euforia che può dare solo il senso di libertà. Il silenzio della montagna rotto solo dal grido dell’aquila che volteggiava maestosa sopra le cime degli alberi. Raggiunse i prati alti e si sdraiò sull’erba con le braccia aperte.
Passò poco tempo quando udì un respiro affannoso quasi un rantolo, si sedette di scatto e con orrore vide Silvie, con il volto violaceo per lo sforzo accasciarsi sul prato, le corse accanto.
- Silvie! Che pazzia è mai questa??
- Hai visto? – disse fra un affanno e l’altro – anch’io ce l’ho fatta.
- Non parlare, vado a chiamare tua madre, stai tranquilla, arrivo subito
- NO!! – era quasi un grido – rimani con me per favore, ho una cosa da dirti,
- Non sforzarti e lasciami andare a chiamare qualcuno. – Silvie la trattenne per un braccio
- Sai Mary sono stata proprio fortunata ad avere una amica come te…
- Non mi piace ciò che stai dicendo Silvie, bevi dell’acqua e non parlare.
- Povera amica non hai ancora capito?
- Io capisco solo che devo chiamare qualcuno.
Silvie non l’ascoltava, guardava verso l’alto
- Che meraviglia questo posto, ho fatto proprio bene a venire quassù
Mary le prese la mano, era viola e fredda, anche le labbra erano viola, ancora un respiro e poi…più nulla.
- SILVIEEEE – urlò Mary scuotendola
- Lasciala andare Mary – si girò di scatto e vide Miriam alle sue spalle
- Lasciala andare – ripeté –– e si inginocchiò accanto alla figlia accarezzandole il viso.
Mary pianse come non aveva mai fatto in vita sua.
- E’ tutta colpa mia – continuava a ripetere
- No Mary, non è colpa di nessuno– sussurrò Miriam – doveva accadere.

Mary, seguendo un muto richiamo, alzò gli occhi e la vide, vide Silvie con le braccia spalancate, correre felice, per la prima volta, su di un prato più verde che mai.


   
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