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Riceviamo dalla concertista Ilaria e volentieri pubblichiamo queste sue "immagini scritte".
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IL PESCATORE

Perchè puntualizzargli nel titolo che il suo mezzo di pesca è un semplice moscone? Lasciamo quest'uomo nel suo quadro di tranquillo appagamento senza voler calcare la mano sui termini che potrebbero inquinarne l'immagine.
Un termine, dunque, potrebbe cambiare il significato di quello che sto raccontando? Senz'altro.

Un mare piatto come il lago ove le onde debolmente annunciano il loro arrivo sulla spiaggia; montagne di sabbia, lasciata a protezione degli stabilimenti, salvano il paesaggio del mare creando una sorta di enclave naturalistica. Tolta la visione delle cabine e degli ammassi di ferraglia che le proteggono dalle prossime intemperie invernali, il mare si impossessa di nuovo della sua vera identità.
Le alghe lasciate a marcire sulla riva dopo la burrascata di bora; i legni logorati dal trasporto nelle acque salate emergono come carcasse indistinte dalla superficie della sabbia; nessuno passeggia lungo la riva e la purezza della semplicità del mare s'illumina al sole splendente. Gli scogli puntellati di gabbiani fermi, le acque liscie interrotte dalle boe di ormeggio.
L'uomo prende gli scafi del suo legno in mano e con tanta forza di braccia lo trascina fino alla riva; gli stivali proteggono i piedi per i due passi che si devono fare a riva, poi lo slancio porta il pescatore a salire di scatto sul legno. I remi si gettano in acqua, la quiete dello specchio viene interrotta; troppo calma induce al rispetto per quell'incantesimo d'argento. Le pale ruotano nell'acqua senza alzare alcuno spruzzo, quasi s'uniscano al movimento delle maree e da esse traggano la spinta per muovere il legno.
Il pescatore guarda lontano, al di là delle scogliere, verso la sua meta; avrà tempo per rimirare la lucentezza dei fondali una volta raggiunto il punto di pesca. Scorrono le sagome delle barriere artificiali, il legno punta la prua verso est dirigendosi sottomonte.
Che giornata fantastica, il mare stupendo e solo lui a goderselo.
Colori intensi e vivi.

IL GABBIANO NERO

Volava planando, con un volteggio sicuro si portò al di là del mississipi, lungo il pontile virò verso il mare ed andò a fermarsi sulle scogliere a due passi dalla riva. Le ali nere spiccavano sull'azzurro del mare, ma sulle rocce grigie si confondevano ancor meglio di quelle dei suoi simili. Non appena le sue zampe si posarono un chiacchiericcio querulo e senza senso si levò tra le testine degli altri gabbiani. Nessuno si mosse, solo dopo poco il gabbiano nero abbandonò il gruppo assieme ad un altro gabbiano bianco.


LA DONNA E IL GUINZAGLIO

Girava su sè stessa, in cima a quella piccola salitina che portava all'uscita della scuola elementare; girava su sè stessa e non sapeva dove mettere i piedi e dove guardare con la testa. Ostentava una normalità che non usciva dalle sue viscere e che le snudava ancora di più il disorientamento che aveva dentro. Ogni suo gesto era uno scatto improvviso, anche se stimolato da un pensiero voluto e ragionato e non dalla sua naturalità; si vedeva che, per compierlo, raccoglieva forza e nervi in modo quasi violento. Non si fermava mai, era in movimento continuo; stava dalla parte opposta di dove stavano le latre donne, i suoi spostamenti si notavano come la nota stonata in mezzo al rigo, come il contropelo, come il gesso che stride sulla lavagna, come il tremore che ha la testa dopo aver preso una botta violentissima. Per quanto fosse sempre dietro a muoversi, si trovava sempre alla rovescio, sempre controcorrente, e questo suo comportamento si notava come la carta rovesciata in mezzo al mazzo.
I suoi modi di fare la facevano assomigliare al cane che ha perso il padrone, ma non lo sa e ancora non ha la percezione sicura di quello che è successo; si guarda attorno, muove la testa alla ricerca del volto e delle gambe che non ci sono più, come se potessero apparire da un momento all'altro a riportare la situazione come è sempre stata. Non sa che non verrà più, nessuno gliel'ha spiegato o glielo può spiegare; sarà solo il tempo che passa a dargli la dimensione di quello che è successo. Intanto muove il corpo e la coda senza senso, non avendo più l'ordine del padrone a spiegargli cosa deve fare.
Allo stesso modo lei si muoveva con disordine, in maniera scoordinata, senza la tranquillità delle persone normali; neppure lei aveva la dimensione reale ed acquisita di quello che era successo. Anche lei viveva l'illusoria ricerca del volto e delle mani che non torneranno mai
più, e cercava, nei suoi movimenti continui, le certezze che lui le dava e che dovevano tornare.
Aveva perso il marito qualche giorno prima ed ora non aveva più quel riferimento mentale e psicologico che lui rappresentava per lei. E questo, per quanto cercasse di nasconderlo, le si vedeva chiaramente in ogni gesto che faceva.
Avevano avuto due figlie e la vita doveva andare avanti come prima, lei doveva trovare il modo per tirare avanti comunque; in rispetto a lui e per crescere bene le sue figlie.
Ma per quanto cercasse di razionalizzare la situazione, questa le era precipitata addosso violentemente, la disperazione che aveva dentro le saliva fino alla gola e la faceva strozzare. Perchè non era possibile che fosse morta una parte di lei, perchè era impossibile restare senza qualcosa dentro.
E un marito, quello che avevano costruito assieme, le figlie e la vita che avevano voluto erano tutte parti di lei. Non poteva restare senza un pezzo dentro; poteva immaginare di restare senza una gamba, senza un braccio, senza un occhio, ma mai avrebbe creduto di restare senza un pezzo di anima.
Perchè l'anima era una cosa intera, inseparabile; non si rompe, non si spezza, non si può portarne via un pezzo, mai.


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