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 La sfida di Kellyanne
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Roberto Mahlab
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Inserito - 10/05/2020 :  23:59:08  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Kellyanne Conway, la consigliera del presidente americano Donald Trump, per giustificare le contestate decisioni della nuova amministrazione di Washington ha creato il concetto di "fatti alternativi", invenzioni che avrebbero lo stesso valore della realtà. Per dimostrare la sua tesi ha addirittura raccontato ai giornalisti "il massacro di Bowling Green", una strage terroristica mai avvenuta. Tutto questo mi rende perplesso : perché una consigliera della Casa Bianca vuole battermi nel mio hobby preferito che è quello di scrivere racconti? Se glielo permetto senza reagire, domani si inventerà che a me piacciono le disgustose cipolle e questo "fatto alternativo", data l'autorevolezza della fonte, verrà riportato nei libri di Storia del futuro e io dovrò nascondermi per la vergogna. E così ho preso carta e penna anche io e accetto la sfida della signora Conway e rispondo con un divertissement letterario di "fatti alternativi", sperando che rimangano fantasie fantapolitiche...

La Casa Bianca, 31 agosto 2018

Donald Trump si osservava compiaciuto in uno dei grandi specchi del salone adiacente alla porta principale della residenza da cui sarebbe uscito pochi minuti dopo. Sentiva le parole di celebrazione della folla che si era radunata di fronte e provava fastidio per altre voci che provenivano da un angolo lontano, sicuro che la polizia avrebbe fatto presto quanto doveva. Il suo sorriso era un ghigno che lanciava alla sua immagine nello specchio, poco più di un anno prima gli avevano dato del pazzo, del sociopatico, del buffone senza un progetto, ma lui il progetto lo aveva, era pronto da prima di quel giorno incredibile in cui i suoi avversari democratici e repubblicani avevano sbagliato tutto quanto era possibile sbagliare aprendogli la strada della presidenza, del potere assoluto, come amava ripetere a se stesso. E il suo successo era stato tale che tante voci critiche si erano zittite e tante altre erano passate dalla sua parte. Il suo successo nella creazione di un impero, di cui nei due anni seguenti si proponeva di avere lo scettro, un uomo come lui non poteva concepire di abbandonare il comando solo per delle vecchie idee sulle elezioni. Il suo progetto era stato così semplice e apparentemente privo di collegamenti, che nessuno al mondo aveva compreso che dopo il venti gennaio del 2017 sarebbe divenuto impossibile fermarlo.

Subito dopo il giuramento e il discorso programmatico in cui ribadiva i suoi obiettivi, aveva iniziato con gli ordini esecutivi e le telefonate ai leader dei paesi avversari degli Stati Uniti, tutti erano avversari, tutti avevano derubato l'America dei frutto del lavoro del suo popolo, tutti avevano manipolato i cambi, anche i cosiddetti alleati europei che si erano arricchiti sulla pelle degli operai a stelle e strisce. Aveva immediatamente bloccato l'immigrazione, poi aveva messo in riga il Messico, l'Australia, la Gran Bretagna, di modo che comprendessero che c'era solo un capo ed era lui. Aveva demolito l'Europa Unita, abbattuto l'euro, ricevuto a quella che chiamava la sua corte i nuovi leader di Francia, Italia, Spagna e tanti altri, uno dopo l'altro, isolati, le loro economie ridotte alla fame dai dazi sulle loro merci e adesso prendevano ordini da lui, il presidente degli Stati Uniti, l'Europa era un concorrente che non esisteva più. Nel febbraio del 2018 la Yellen aveva terminato il mandato alla Fed e lui aveva finalmente potuto metterci i suoi uomini e il dollaro era diventato un'arma contro chiunque sfidasse la potenza economica americana. L'alleanza con l'amico Putin, forse l'unico che lo capiva, aveva funzionato, la Russia si era ripresa l'Europa orientale e i paesi dell'est erano tornati dove dovevano stare. E poi la Russia teneva le redini degli ayatollah di Teheran e dei governi fantoccio di Siria e Iraq e l'intero medio oriente si trovava sotto la pace di Mosca. L'unica noia era quel testardo Israele, eppure era convinto di averlo in pugno dopo avere preso in giro quel credulone di Bibi con promesse finte. Ma Bibi aveva perso il posto e adesso il premier Lapid sfidava apertamente e impunemente sia Washington che Mosca e i movimenti liberali e democratici di tanti paesi del mondo arabo guardavano a lui come guida. Mosse la mano come per togliersi di dosso il fastidio di una piccola zanzara, avrebbe pensato a sistemare Israele tra poco, dopo il raggiungimento dell'obiettivo finale.

Si volse e lanciò uno sguardo ai suoi collaboratori, erano stati fedeli e li aveva ricompensati, mentre era stato senza pietà verso chi lo aveva tradito. Come senza pietà era stato verso i media che lo odiavano e invitavano all'insurrezione. Ora non più, Cia e Fbi avevano lavorato bene e gli editori e direttori ostili erano chi in carcere, chi sotto processo per le accuse contenute nei vari dossier. Si guardò le dita, una di esse aveva poco prima premuto un pulsante. E dalle piattaforme di lancio e dai sottomarini erano partiti i missili in direzione della Cina. Pochi minuti e sarebbero arrivate le informazioni sulla distruzione dell'ultimo nemico. Poi sarebbe uscito sul prato della Casa Bianca e avrebbe proclamato l'impero americano con lui come imperatore. E la folla lo avrebbe acclamato. E per i pochi oppositori sarebbero state le ultime grida.

Roberto Mahlab


   
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