"Davvero?", Daniel Strauss aveva alzato le mani agli occhi e si carezzava i palmi con le dita, quasi fosse ormai estraniato all'ambiente e fosse già altrove, :"la donna di picche, è solo un poco in ritardo, sapete, le signore...".

La donna era ricoperta di un vestito in macramé nero, come il cappello completato da un velo che non riusciva a coprirle la bellezza del volto, si avvicinò al tavolo, si sdraiò tra i giocatori come un gatto che faceva le fusa e raccolse le quattro carte di Daniel Strauss, le fece scorrere sulle sue dita affusolate e perfettamente in mezzo ci appoggiò il suo volto.

"Direi che la scala è completa ... signori, all'anno prossimo, se non vado errato a Parigi", mentre si alzava, l'americano spinse le banconote dal tavolo all'interno della borsetta che la donna aveva appeso allo schienale della sua sedia. "Mia cara", esclamò quindi galantemente tendendo la mano verso la donna e rimettendola in piedi. Nessuno degli altri tre giocatori ebbe un solo fiato mentre i due uscivano dal locale e risalivano sulla carrozza.

Era l'inizio di settembre del 1913, la partita dell'anno successivo a Parigi, non ci sarebbe mai stata.

(… subito dopo lei fuggì con la borsetta piena dei dollari vinti e lui tornò abbattuto dai tre altri giocatori che lo accolsero con un sorriso sornione, "du ezzere feramente dummkopf", gli rinfacciò il tedesco, "lei detto klaro che ti dava picche, ma du zempre romantikonen, fero?"...)

Roberto Mahlab