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 Un'occasione perduta ("Israele contro tutti?)"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 09/06/2010 :  22:03:15  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
L'analisi precedente di Dounia Ettaib ha centrato l'ossessione di parte della cultura europea di vedere qualsiasi avvenimento planetario nell'ottica del pregiudizio, in particolare quello antiisraeliano. Questo pregiudizio provoca la sproporzione e la cecità di fronte ad avvenimenti e a battaglie di democrazia che invece dovrebbero essere basilari nell'opinione pubblica dell'occidente democratico.

Le sonvolgenti "verità" narrate a raffica dai relatori della conferenza all'Ispi a Milano intitolata "Israele contro tutti?" erano che Israele la deve smettere di demonizzare gli avversari come Ahmadinejad, come in passato Nasser e Arafat, (e meno male che ai relatori non è venuto in mente di dire che Israele ha demonizzato hitler), poi che Israele la deve smettere di parlare di Olocausto visto che sono già passati settant'anni (questa affermazione ha provocato un vergognoso scrosciante applauso liberatorio da gran parte del pubblico ideologizzato dagli ossessivi articoli scorretti dei nostri media), che Israele negli anni settanta era come la Bulgaria e oggi è come la Russia di Putin, che è arrogante e che agisce come la Russia in Cecenia, che si sta spopolando perchè gli abitanti non si riconoscono più nella comnune identità. Tutte assurdità che non possono essere testimoniate da alcuna realtà di un paese libero e avanzato, una sequenza di incredibili costruzioni di persone che si convincono dei loro stessi pregiudizi irreali.

Ad uno spettatore qualsiasi veniva subito in mente di domandarsi : ma come mai ad una conferenza in cui si parla di Israele, tutti i relatori erano schierati contro Israele e non era stato chiamato nessun relatore che potesse presentare una diversa realtà? Che senso ha organizzare una conferenza in cui i relatori erano i giudici, la giuria e il plotone di esecuzione? Dove è finita la dialettica, il desiderio di conoscenza di quanto gli altri hanno da dire? Mi domando se sia possibile organizzare una conferenza in cui ci sia una voce di Israele, temo di no, e questo la dice tutta su un clima da 1938.

Viene da pensare che nella società europea sia divenuto sconveniente parlare di Israele in modo diverso da quello negativo, stereotipato, pregiudiziale. Forse è per questo che non vengono neppure più riportati dai media gli atti di razzismo antisemita che si diffondono nel continente, dalla Svezia, alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Spagna. Ieri degli uomini d'affari israeliani sono stato presi a pietrate in Spagna, uno dei tanti esempi. Nelle scorse settimane la Coop e la Conad hanno proclamanto in Italia il boicottaggio dei prodotti provenienti da Israele, per fortuna provocando una colossale levata di scudi indignata da parte dei democratici del nostro paese.

Israele non è contro tutti e il mondo non è contro Israele. I titoli ad effetto e mistificatori non rendono conto della realtà. Contro Israele, così come contro la democrazia, ci sono i paesi totalitari, i movimenti totalitari, entità che non devono e non possono essere considerate il mondo intero. Il mondo democratico e informato non è contro Israele. Chi si scaglia a senso unico contro Israele e dichiara di essere democratico dovrebbe domandarsi come mai si ritrova come compagni di cammino gli estremisti di sinistra e gli estremisti di destra e gli estremisti delle organizzazioni fondamentaliste. Se io mi scoprissi a ritrovarmi d'accordo con entità del genere, come minimo avrei dei dubbi sulle mie fonti di informazione.

Turchia, Iran, Israele, i paesi del mondo arabo. Le prime tre nazioni non sono arabe, dunque già di partenza chi vede nel vicino oriente un mare arabo, non vede la realtà. Israele è una democrazia che guida il mondo nella ricerca scientifica e medica, la Turchia è una democrazia che sta sviluppando l'economia a tassi elevatissimi, l'Iran è una nazione dalla Storia affascinante che ha dato all'umanità tantissimo in tutti i campi e il cui popolo è attualmente sottoposto alla tirannia sanguinaria di una teocrazia folle.

Queste tre nazioni oggi giocano una partita a scacchi che ha come osservatore e pedina anche il mondo arabo.

Il quotidiamo israeliano Haaretz, giustamente critico nei confronti del ministero della difesa che si è lasciato dilettantisticamente mettere in trappola dai mercenari della nave turca Mavi Marmara, si chiede in un editoriale se forse anche la Turchia sia rimasta impigliata nel gioco dei mercenari dell'organizzazione Ihh o se ci siano apparati nel paese che abbiamo volutamente appoggiato l'impresa provocatoria contro Israele. La scusa della rottura del blocco di Gaza non regge, perchè dal confine israeliano passano decine di camion al giorno diretti a Gaza, il cruccio di Israele è ovviamente solamente imnpedire che Hamas, cioè ai tiranni che con un colpo di stato hanno spazzato via l'opposizione nel territorio, tornino a lanciare missili contro Israele, migliaia di missili che sono stati la causa dell'ultimo conflitto.

Non casualmente interrogativi simili si pongono gli editorialisti dei quotidiani turchi, il Daily News di Hurryet, quello che ha pubblicato le prove del linciaggio da parte dei mercenari di Ihh contro i soldati israeliani, in un editoriale si domanda se non è una esagerazione che il mondo politico turco si abbandoni a manifestazioni antiisraeliane per la questione di Gaza con più foga di Hamas stessa, non solo, i quotidiami turchi riportano le parole del primo ministro turco Erdogan che in pratica mette la parola fine alla Turchia laica di Ataturk, dichiarando che il passato politico turco è pieno solamente di errori.

La giornalista turca, relatrice al convegno di Milano, ha onestamente parlato senza imbarazzo del nuovo ruolo di potenza regionale che la Turchia desidera ritagliarsi, questo è il vero motivo del cavalcamento della questione di Gaza da parte del governo turco.

Intanto l'Iran, che ha sempre storicamente puntato ad un ruolo di potenza regionale, sta sviluppando armi di distruzione che le consentano di tenere sotto ricatto i paesi vicini.

Naturalmente la differenza tra Turchia e Iran è che la Turchia è un paese in cui si svolgono elezioni davvero libere e in cui la stampa, pur sottoposta a pressioni, rimane libera.

Israele contemporaneamente è già una potenza regionale, dal punto di vista ecomomico, finanziario e militare, la scorsa settimana Israele è stato accolto nell'esclusivo club dell'Ocse, i trenta paesi più sviluppati del pianeta.

Tre potenze regionali, una partita a scacchi che vede come osservatore il mondo arabo e come pedina la striscia di Gaza, in cui, ricordiamo, l'unico israeliano presente è il caporale Shalit, rapito da Hamas e a cui non è neppure consentita la visita della Croce Rossa. Quell'Hamas che rade al suolo l'asilo dell'Unrwa, che distrugge le serre lasciate da Israele, che anzichè dichiarare lo stato palestinese si ostina a volerlo distruggere, che perseguita le altre religioni e le donne, quell'Hamas alla cui televisione personaggi invasati educano i bambini a considerare gli ebrei scimmie e maiali e ad ucciderli dovunque si trovino, Hamas che è il mortale nemico dell'autorità palestinese della Cisgiordania, il cui leader Abu Mazen ha ripetuto di essere pronto allo scambio di territori con Israele.

Come evolverà la partita a scacchi? Il premier turco riuscirà a non farsi trascinare dalla sua stessa eloquenza e a consolidare la nuova Turchia come protagonista positivo in grado di assicurare a Israele la fine della deriva fondamentalista a Gaza e in grado di assicurare a se stessa un ruolo di guida economica per la ricostruzione della striscia, con il contemporaneo controllo di Hamas? E l'Iran, interessato alla destabilizzazione perchè il "tanto peggio tanto meglio" serve ad incuneare dissidi tra i paesi che stanno studiando sanzioni per impedire che il paese si doti dell'arma nucleare, approfitterà della confusione per spingere hezbollah, hamas e i furbi alleati siriani ad attaccare Israele? E hezbollah, hamas e Siria si faranno trascinare in un gioco bellico che potrebbe terminare nella loro scomparsa definitiva?

E quale vicino oriente potrebbe nascere se la Turchia, Israele e un Iran liberato dai tiranni dovessero finalmente coalizzarsi e guidare lo sviluppo economico e culturale dell'area che trascinerebbe il quarto attore e cioè il mondo arabo tutto intero?

Un vicino oriente in cui il genio scientifico israeliano si sposi con la forza economica della Turchia e con la potenza commerciale dell'Iran, non sarebbe un obiettivo infinitamente più sensato da raggiungere e da proporre, anzichè utilizzare il tempo solo per diffondere propaganda e pregiudizio contro Israele?

I media turchi e israeliani cercano il filo del gioco degli scacchi, i media europei non vengono neppure sfiorati dal desiderio di spiegare la complessa realtà.

Nelle fiere internazionali gli stand delle aziende di Israele e della Turchia sono sempre più numerosi, gli scambi di tecnologia tra i due paesi sono a livelli straordinari, Israele è un fornitore ambito da parte della Turchia, sistemi di irrigazione, sistemi di armamento, la Turchia è un esportatore di manufatti verso Israele. La Turchia stessa, paese musulmano, ha rapporti diplomatici con Israele fin da poco dopo la fondazione dello stato, rapporti che non si sono mai interrotti durante i conflitti, rapporti che si sono evoluti fino ad una alleanza strategica. Una alleanza strategica che la Turchia mette in discussione perchè in questo momento storico pretende un ruolo di potenza regionale, ruolo che le serve per sostituire il fallimento dell'avvicinamento all'Unione Europea.

Anzichè perdere occasioni per demonizzare ideologicamente Israele, come mai i relatori non hanno raccontato questo storico scenario in cui le soluzioni possono essere esaminate dall'affascinante teoria dei giochi?

Una conferenza in cui i relatori provengono da Turchia, Israele e un rappresentante della resistenza al regime iraniano e un testimone dal mondo arabo, questa sarebbe una occasione vera da non perdere per spiegare al pubblico quanto sta accadendo e per aprire la strada a sviluppi positivi e comuni.

Roberto Mahlab

   
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