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Renato Attolini
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Inserito - 13/02/2009 :  23:45:06  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
Riporto qui di seguito la testimonianza di una coppia di amici che a cavallo fra il vecchio e nuovo anno si sono recati in Israele per una serie di esibizioni canore con il loro gruppo musicale, raccontandoci in terza persona la loro breve ma molto intensa esperienza.


Simone e Devida avevano aspettato quel viaggio tutto l’anno ma adesso che finalmente era arrivato il momento fatidico si guardarono in faccia sgomenti.
“E’il caso di partire?” fu la domanda non formulata rimasta in sospeso sulle loro labbra che ebbero quasi timore di pronunciare. Le notizie provenienti da Gaza accompagnate da terribili immagini non lasciavano spazio ad alcun dubbio: laggiù si stava combattendo una vera guerra e loro si stavano dirigendo proprio lì. Per un attimo la tentazione di lasciare perdere e non rischiare la vita fu forte, ma fu veramente un attimo, poi la passione ebbe il sopravvento. La musica per chi non si limita ad ascoltarla, ma la interpreta sia a livello amatoriale che professionale è una forza motrice di una potenza tale che per coloro che non appartengono a questa schiera è assolutamente sconosciuta.
“Se ci fosse un’altra vita io la vivo per lei” canta il grande Andrea Bocelli e nessuna altra parola o esempio può dare un’idea più chiara.
Fu comunque questa la molla che spinse la coppia di sposini a mettere da parte la paura ed affrontare il viaggio in Israele con il gruppo cantore “Dalakopen” di Verghera di Samarate, piccolissimo centro in provincia di Varese. E’ stata la passione per il canto ma anche la consapevolezza che, seppure nel loro piccolo, erano portatori di un messaggio di pace in quelle terre martoriate da un conflitto senza fine. Un messaggio non urlato, non scandito come uno slogan ma semplicemente…cantato. Laggiù, infatti, erano attesi da una serie di concerti e mai avrebbero potuto rinunciarvi.
L’arrivo in Israele dissipò completamente i loro timori. La magia della Terra Santa infuse nei loro cuori un calore ben superiore a quello del sole primaverile che li accolse.
Nel corso del viaggio Devida e Simone ebbero modo di visitare i luoghi più celebrati delle Cristianità, quelli in cui Gesù nacque, crebbe, ammaestrò i suoi discepoli e visse la sua passione e morte, ma non solo: si recarono anche al muro del pianto, ammirarono le moschee di Omar con la sua stupenda cupola d’oro e quella di El-Aqsa, il mercato arabo, la Cittadella di Pilato, assistettero per caso ad un caratteristico matrimonio ebreo-ortodosso. Si può dire quindi che respirarono profondamente, toccarono quasi con mano la profonda religiosità di quella terra e l’intreccio di culture e tradizioni che su di essa si innestano, da essa partono ed in essa continuamente ritornano per trarne nuova forza sia pure con i relativi problemi di convivenza ma anche con tutta l’immensa ricchezza che ciò comporta.
La cosa che però maggiormente colpì ed emozionò i due sposini fu l’incontro con le persone del posto in particolare con i ragazzi del coro dell’Istituto Magnificat di Gerusalemme, palestinesi e israeliani, musulmani, ebrei e cristiani che studiano e cantano insieme come se fosse la cosa più naturale del mondo senza sospetti e paure reciproche. Quando Simone e Devida chiesero ad alcuni di loro che cosa ne pensassero di quello che stava succedendo a Gaza e come facessero a cantare insieme in quelle circostanze risposero così:
“Per noi cantare e vivere insieme è assolutamente normale, quello che avviene altrove è soprattutto un problema politico.”
In Israele il coro Dalakopen si esibì in diverse occasioni, ma il concerto più suggestivo ebbe luogo a Gerusalemme nella chiesa francescana di San Salvatore: quando alla fine della serata il coro italiano e quello dell’Istituto Magnificat intonarono insieme “Lailatal Milad”, un dolcissimo canto di Natale scritto in arabo da un frate cristiano libanese, sembrò per un momento che quelle note libratesi nell’aria offuscassero il sordo rumore dei colpi di cannone e lo scoppio delle granate. La sensazione unanime fu che quel suono così delicato, dolce fosse così forte da cancellare l’atrocità della guerra. Fu un illusione certamente breve ma nondimeno così potente che tutti, spettatori e cantanti si unissero in un abbraccio ideale e mormorassero come una sorta di preghiera queste parole: “Forse non è impossibile”. Non è impossibile, è difficile sicuramente, ma la pace può vincere e prendendo a prestito e parafrasando le parole di una canzone italiana di tanti anni fa dedicata alla “Primavera di Praga”, la folla muta lanciò una speranza nel cielo di Gerusalemme.

   
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