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 I brividi di concerto/"Un affetto esagerato"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 29/01/2008 :  20:56:33  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

"Fino a che morte non vi separi", è la formula di rito che sancisce il passaggio dal momento della scoperta dell'attrazione reciproca a quello della condivisione della vita intera.
Un antico detto orientale afferma che un uomo e una donna comprendono se sono fatti l'uno per l'altra attraversando insieme il deserto oppure scalando una montagna : affrontare imprese comuni significa conoscersi profondamente e consente di giudicare se sia sensato trasformare i momenti dello scambio di mazzetti di fiori in un impegno solenne.
Poi succede che solo uno dei due torna sul suo cammello dal deserto, mentre non c'è nessuno in groppa all'altro cammello, oppure solo uno dei due torna dalla scalata sul ghiacciaio, con tra le mani una corda spezzata.

Se preferite crogiolarvi nella certezza che sia stato il caso a dimezzare la coppia e desiderate mantenere nel vostro ricordo solamente il profumo dei leggiadri fiori di gelsomino che i due si scambiavano durante i primi incontri, non andate a leggere il racconto che segue, a meno che non vogliate essere perseguitati, da qui all'eternità, da incubi sconvolgenti.

La curiosità, a volte, è più salutare non soddisfarla.

Ah, dimenticavo un dettaglio. Il racconto è ambientato in una località delle Alpi sotto una bufera di neve ed è incredibile come, all'improvviso, mentre scrivevo, mi sia venuto il mal di gola e il raffreddore, in corrispondenza con la scena in cui i protagonisti si trovano all'esterno.
Ora io capisco che sia importante seguire i personaggi che si inventano, ma perchè, se essi sono all'aperto durante una nevicata, io mi prendo il raffreddore? E' ovvio che fossi vestito da città, in fondo ero nella mia casa riscaldata, dovevo mettermi la giaccavento? Se il thriller fosse stato ambientato in un'isola tropicale, avrei preso l'insolazione?
Mi preoccupa questa immedesimazione.

E il lettore temerario, si ritroverà a starnutire e a tossire al secondo capitolo?
Inquietante, vero? Bene, non sarà colpa mia, vi ho avvertito, non sarò responsabile delle conseguenze.

E' rimasto ancora qualcuno con il coraggio di leggere il nuovo brivido di Concerto?

Buona paura.


Roberto Mahlab
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Inserito - 29/01/2008 :  20:58:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

I

Il sentiero era transennato all'altezza del Meierei, il romantico ristorante dalle grandi vetrate circondato dal bosco dei pini che si affacciava sul lungolago di St Moritz, le luci intermittenti delle motoslitte della polizia cantonale rischiaravano la notte senza luna, i fiocchi di neve cadevano abbondanti e ricoprivano velocemente la panchina in metallo dipinta di verde che nelle giornate primaverili ospitava i turisti e che in quella circostanza invece veniva utlizzata come appoggio per il pesante sacco nero che era stato pescato dai vigili del fuoco. La superficie di ghiaccio del lago si era infranta per prima evidenza a causa della corsa di un daino che vi era caduto dentro, accecato dal dolore di una zampa spezzata da una radice mentre correva tra gli alberi piegati dal peso della neve, il proprietario del ristorante aveva udito il botto ed era uscito per scoprire di che cosa si fosse trattato e poi aveva chiamato le forze dell'ordine. Mentre il veterinario municipale fasciava la zampa ferita dopo aver iniettato una siringa di antidolorifico al daino, la torcia di un poliziotto si era soffermata sul buco nel ghiaccio e aveva scorto il sacco della spazzatura che galleggiava, era avvolto da pesanti corde che parevano avere avuto il compito di agganciarlo alle pietre del fondo, forse nell'autunno precedente qualcuno aveva avuto il proposito di nascondere dei rifiuti in quel modo, senza considerare che la corrente, unita alla casualità dell'incidente al daino, lo avrebbe riportato in superficie, un insieme di circostanze effettivamente di probabilità scarsissima, una vera sfortuna per il responsabile. "Pesa più del daino", avevano esclamato i due agenti che, a fatica, lo avevano sollevato e appoggiato sulla panchina. "Ehi Jonas", uno dei pompieri chiamò il poliziotto che stava aprendo il sacco nero, "vieni a darci una mano a mettere l'animale sulla motoslitta per favore". Ma Jonas non si mosse, la torcia gli tremò nella mano, anche il suo corpo iniziò ad essere squassato da un irrefrenabile brivido, "che c'è Jonas?", gli si avvicinò il vigile del fuoco. La risposta fu un urlo strozzato che finalmente l'agente Jonas era riuscito a liberare dalla paralisi delle corde vocali provocata dall'orrenda visione dei resti umani, tagliati in regolari e piccoli pezzi, che il sacco conteneva. Un foglietto di carta macchiato di grumi di sangue ghiacciato cadde sulla neve bianca, Jonas lo raccolse, era una copia stampata di una e-mail datata il giorno precedente e la lesse con voce stentorea :"Caro Wolf, ti aspetto all'incontro a St Moritz domani sera. Con affetto. Teresa."

"C'erano particolari motivi per cui sia possibile ritenere che ci fosse qualche possibilità di... chiamiamolo disaccordo, tra i suoi invitati?". L'ispettore Giorgio Steffani, in prestito dalla gendarmeria del canton Ticino, chiese con sussiego alla donna addolorata che gli sedeva di fronte, al posto di polizia situato nell'edificio dell'hotel Soldanella, proprio a due passi dal museo Segantini. Teresa Semionova era una donna bellissima, dai marcati tratti slavi, discendente di una delle famiglie nobili fuggite in Svizzera nei giorni terribili della rivoluzione bolscevica, i suoi nonni e i suoi genitori, grazie alle ricchezze accumulate nelle banche elvetiche e fatte sapientemente fruttare, avevano costruito un impero finanziario e Teresa, erede universale, poteva consacrare il suo tempo alla cura di eventi artistici o scientifici ai quali invitava le più note menti del pianeta, a Zurigo, a Lugano, a St Moritz, dove risiedeva in una grande e lussuosa villa attorniata da un immenso parco nel punto in cui il villaggio di Bad si trasformava in Dorf.
Per un lungo minuto la signora osservò l'ispettore, parve trafiggerlo con gli occhi neri, soppesarlo, come faceva di solito quando si ritrovava di fronte le ultime creazioni, che fossero di alta moda o complicate formule chimiche, che gli invitati ai suoi incontri le mostravano con orgoglio. Teresa Semionova era in grado di valutare se quanto le veniva fatto vedere avrebbe potuto cambiare il mondo e lei si incaricava di fare in modo che fosse diffuso negli ambienti che contavano. Il suo volto appariva affranto, lontano dalla luminosità che solitamente risplendeva nei tratti perfetti, i lunghi capelli raccolti dietro la nuca da una elegantissima fascia di velluto rosso cupo, il tailleur scuro, nessuna piega fuori posto, Calvin Klein lo aveva fatto con le sue mani in un solo esemplare per lei, per ringraziarla dei suoi buoni uffici per un contratto miliardario con uno sceicco arabo. Giorgio Steffani sentì le sue gambe piegarsi per l'emozione, mai in vita sua aveva veduto una tale bellezza, neppure tra le attrici del cinema.
"Wolf era un fisico di valore", il sussurro della voce roca fece accapponare la pelle all'ispettore, "lo avevo pregato di intervenire all'incontro di ieri sera nella sala del Museo Segantini, era mio desiderio fargli conoscere gli altri amici dell'associazione che finanzio, come sa, persone che da sole sono in grado di modificare il moto di questo pianeta". Steffani abbassò lo sguardo a terra, comprendeva, e si vergognava, quella donna meravigliosa ora era lì, seduta su una stretta sedia di plastica, in una stanza che non era certo alla sua altezza, uno spoglio ufficio del solo luogo di quella rinomata località di villeggiatura internazionale in cui la municipalità aveva badato alle spese.
"Non si era presentato al buffet della cena, alle nove ho chiamato il suo albergo, lo Schweizerhof, la risposta è stata strana, era arrivato due giorni fa e poi era uscito la mattina successiva di fretta, il portiere si ricorda del suo volto sereno, sprizzava gioia da tutti i pori, mi hanno raccontato". Giorgio Steffani non ne dubitava, Teresa aveva la capacità di far innamorare a vista qualsiasi uomo e il solo suo invito avrebbe riempito di gioia chiunque, di gioia e di sogni, si scoprì a riflettere.
"Signora Semionova, non è obbligata a rispondermi, ma può comprendere", si fece coraggio l'ispettore, "c'era... del tenero tra il signor Wolf e...".
La donna mutò espressione all'improvviso, il suo viso si trasformò come quando la luna cede il passo al sole, Steffani avvertì una fitta al petto, le sarebbe caduto ai piedi se lei lo avesse chiesto, del tutto rapito e affascinato, "lo aspettavo con ansia, ci siamo visti l'ultima volta l'autunno scorso, tre mesi fa, qui a St Moritz, mi presentò il suo lavoro, poi ci tenemmo in contatto via posta elettronica e due giorni orsono gli mandai un messaggio, per ricordagli l'appuntamento di ieri sera". Non era una risposta, si disse l'ispettore, non era tutta la risposta quantomeno, ma decise di rispettare la delicatezza dell'argomento, per il momento. L'aiutò galantemente ad indossare il caldo soprabito di cashemere e le porse i guanti e il cappello, "naturalmente l'accompagno a casa", le disse con cortesia, lei sorrise :"grazie, ho la Rolls con l'autista qui fuori, ma accetto la sua offerta".
Giorgio Steffani non aveva mai guidato in vita sua con tanta prudenza come quella mattina, respirava a stento, quasi non volesse disturbare l'esistenza della creatura seduta al suo fianco, aveva smesso di nevicare e il panorama che si stagliava ai quattro punti cardinali dava ragione a chi considerava St Moritz come una delle meraviglie turistiche uniche in Europa, sul lago ricoperto da uno spesso strato di neve erano in corso i preparativi per la corsa dei cavalli che si sarebbe tenuta il mese successivo, i tremila e oltre metri delle montagne che circondavano la valle erano ricoperti dalla coltre bianca e lunghe comitive di sciatori andavano e venivano dalla stazione della funicolare, la giornata era talmente soleggiata e l'aria così tersa che le discese di Corviglia e Pitz Nair, lontane chilometri in altezza dalla via Maistra che stavano percorrendo con l'auto, parevano potersi toccare con un dito. Giorgo Steffani si rese conto di essere un uomo felice. Quando arrivarono alla villa di Teresa, pochi minuti dopo, si ricordò che non l'aveva conosciuta per caso e le porse un bigliettino da visita :"questo è il numero del mio cellulare, qualsiasi cosa le venga in mente, la prego, mi chiami". La donna prese il biglietto, ma parve esitare e poi ribattè :"la prego Giorgio" e lui si senti gelare per la confidenza del nome :"mi chiami anche lei, se le viene in mente che cosa sia accaduto a Wolf". "Sì", le rispose l'ispettore, una fitta di gelosia attraversò il suo animo e comprese quanto fosse naturale per qualsiasi uomo considerare suo avversario chiunque posasse gli occhi su tale splendore di donna, fino ad uccidere, si meravigliò a pensare.

"La sua ipotesi è che si sia trattato di un delitto di gelosia?", il sergente Bauer gli chiedeva, erano seduti ad un tavolo al Cafè Hauser, Steffani beveva un thè, il poliziotto divorava con gusto una tarte à la creme de citron, specialità della produzione pasticcera del locale, ma fu il tenente Bernasconi a precedere la risposta :"e chi se non un uomo può comprendere quando un delitto è provocato dalla gelosia?", disse lanciando uno sguardo ironico su Steffani. "Andiamo Greta", Bauer si schiarì la voce, "non vorrai farci credere che invece una donna non sia mai tentata all'omicidio per non permettere ad una rivale di portargli via l'amato!".
Greta Bernasconi sorrise, il giovane Bauer parlava sempre in modo diretto, era esuberante e amava il suo lavoro, si immergeva in tanti casi contemporaneamente, come Greta e Steffani era stato mandato dal ministero federale di polizia a St Moritz per indagare sull'aberrante assassinio di Rudolph Wolf, il fisico di fama mondiale. Steffani osservò Greta, era alta e bionda quanto Teresa era mora, due donne di rara bellezza che apparivano l'una il contraltare dell'altra, se non fosse stato che aveva conosciuto prima Teresa, si disse l'ispettore, Greta non gli sarebbe certo stata indifferente.
"Dunque entrambi ritenete che la gelosia sia il movente, tra gli invitati della signora Semionova ci sono uomini e donne, uno qualsiasi degli uomini può aver ucciso e tentato di far sparire il corpo di Wolf perchè geloso del rapporto che aveva con Teresa e una qualsiasi delle donne può avere ucciso e tentato di far sparire il corpo di Wolf perchè gelosa per le opposte ragioni".
"Se usiamo la razionalità, certo questo è l'indizio", disse Greta e Steffani riprese :"è paradossale, la razionalità della gelosia ha armato la mano all'irrazionalità di un omicidio?". "Fosse uno solo", sospirò il sergente.
"Che intendi dire Bauer?", esclamarono all'unisono i due colleghi, il sergente non si scompose, terminò con calma il suo pasticcino, si pulì la bocca con un tovagliolino di carta, bevve un sorso dello squisito succo d'uva della casa e rispose :"a Lugano, otto mesi fa, Teresa Semionova organizza un incontro di letterati in odore di Nobel, uno non arriva, il professor Royan, Claude Royan, persa ogni traccia dopo il suo arrivo in città. Un anno fa, Lucerna, Wilson Talbot Luce, scopritore di un sistema di iniezione rivoluzionaria per le auto ibride, lascia l'albergo Weisshorn il giorno prima di una conferenza preparata da Teresa Semionova e due settimane dopo la moglie avverte la polizia di San Francisco che il marito non si è più fatto vedere. Ci sono otto casi simili, tutti invitati agli incontri organizzati dalla signora Teresa. Le indagini non hanno mai condotto ad alcun risultato, tutti uomini irreprensibili, che primeggiavano nei rispettivi campi artistici o scientifici, tutte persone note per la loro bontà d'animo, secondo i loro conoscenti, difficile riscontrare anche qualche multa per divieto di sosta, insomma, il genio e l'esempio dell'umanità intera, la signora Semionova ha un talento particolare per scoprire il merito e fiutare scoperte o produzioni artistiche che lasceranno il segno nel tempo e gli incontri che organizza hanno sempre permesso contatti ad altissimo livello che poi si sono rivelati di straordinaria importanza nello sviluppo economico, scientifico e sociale".
"Le possibilità dunque si moltiplicano, oltre alla gelosia proposta da Greta, potrebbe trattarsi di un complotto di dimensioni internazionali", Steffani si rabbuiò, la risoluzione del caso avrebbe potuto prendere strade che non erano certo alla portata della sola capacità di tre funzionari, seppure di alto livello, della polizia svizzera.
"Siete fissati voi uomini nel cercare la razionalità", Greta lasciò cadere le parole come le zollette rettangolari di zucchero che dal suo cucchiaino si immergevano nella tazza di calda cioccolata con panna, altro mito di Hauser. "La prossima riunione la facciamo da Hanselmann, più avanti sulla via, vicino al Grotto", Steffani rise di gusto, "ragazzi, mai conosciuti in vita mia due come voi, tra pasticcini e cioccolata con panna, siete la prova vivente che lo zucchero non arruginisce il cervello!".
Greta abbassò la tazzina, un batuffolo di panna le ricopriva la punta del naso, Steffani avvertì un nodo allo stomaco, era di una bellezza sconvolgente, ma Teresa era altrettanto bella ed era arrivata per prima nel suo cuore ormai occupato. Bauer tossì, imbarazzato, si rese conto di come Greta fissava Giorgio Steffani, lo soppesava con attenzione, "io vado matta per le cose dolci", concluse la donna, con tono serio.

“Che fai Bauer, rimani lì al freddo, con i pensieri perduti nel vento, o vieni con noi?”, Greta diede un buffetto amichevole sul braccio del sergente, il cui sguardo era rivolto verso il lago dalla superficie ghiacciata, erano usciti dal commissariato e stavano attraversando la strada che li divideva dalla cupola in pietra del Museo Segantini, quando Bauer si era arrestato all’improvviso. La neve cadeva fittissima, il passo del Maloja era evidentemente stato chiuso, perché non passava una sola auto proveniente dalla statale, “diventerai un pupazzo di neve se non cammini”, cercò di smuoverlo Steffani. “Niente, guardavo il lago”, rispose il sergente, "ogni sparizione è avvenuta in un luogo con un lago, Lucerna, Lugano, fino a qui, a St Moritz, dove i pezzi di un corpo sono venuti fortuitamente alla luce, solo perché un ospite della foresta ha avuto un incidente che capita una volta ogni cento anni o forse meno, dunque chi ha messo quel corpo nel sacco della spazzatura legato con le corde che avrebbero dovuto tenerlo sul fondo, non avrebbe potuto prevedere un evento così improbabile”, poi scosse le spalle e si decise a seguire i due compagni verso la scalinata del Museo.

“Vedete”, Teresa si dimostrava un anfitrione perfetto mentre li guidava a visitare i quadri e le volte dipinte del grande salone interno alla cupola, Giuseppe Segantini era il maestro del simbolismo pittorico europeo della fine dell’ottocento, si ispirava alle montagne che circondano St Moritz e, con pennellate sottili e luminose, riuscì ad accostare l’immagine dell’esistenza umana all'armonia con la natura, guardate come i paesaggi e le persone paiono inseriti nel ciclo eterno delle stagioni”.
“Il trittico delle Alpi”, esclamò con tono estasiato Giorgio Steffani, pendeva dalle labbra delle spiegazioni di Teresa, come se vedesse quei dipinti per la prima volta.
“Gli ho detto le stesse cose io, tre settimane fa!”, sibilò Greta nell’orecchio di Bauer. “E pure io, quattro settimane fa”, le rispose il sergente trattenendo a malapena una risatina.
“Sì, il trittico delle Alpi, il primo dipinto lega il paesaggio alla vita, il secondo alla natura, il terzo alla morte. E conosci il tragico destino di Segantini?”, Teresa si rivolse a Giorgio, “no, raccontami”, erano passati entrambi a darsi del tu, con naturalezza. “Ooh, che memoria corta, eppure io gli avevo detto…”, la voce di Greta si stava alzando pericolosamente e Bauer le diede una gomitata per ingiungerle di non esagerare.

“Segantini si recò sulla cima di fronte a Pontresina, per trarre ispirazione per ultimare il dipinto centrale del trittico delle Alpi, quello dedicato alla natura e si ammalò della peritonite che stroncò la sua giovane esistenza".
“Dipinse la vita e la morte e fu ucciso da colei che gli dava lo stimolo”, osservò Greta con voce appena percettibile, gli altri si volsero verso di lei, Teresa parve impallidire, “ cioè la natura”, conlcuse. Bauer la guardò con curiosità, Steffani non si accorse di nulla, i suoi occhi vagavano dai quadri al viso di Teresa, come volessero paragonarne le rispettive visioni di beatitudine.
"La ragazza sotto l'albero, nel quadro della 'Vita'", l'ispettore lasciò la frase incompiuta, Teresa seguì il suo sguardo, l'uomo la guardò e tornò a fissare la tela, il viso della donna passò dall'espressione interrogativa alla comprensione:"Oh Giorgio, come sei tenero!".
"Bauer!", esclamò all'improvviso ad alta voce Greta, "abbiamo altri casi da seguire, ricordi?", e poi prese sotto braccio l'allibito sergente, trascinandolo quasi di peso verso la porta di uscita del museo.

§§§

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Roberto Mahlab
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II

Bauer faticava a tenere il passo di Greta, evidentemente arrabbiata, aveva smesso di nevicare, ogni passo del tenente della polizia era un calcio nervoso alla soffice coltre che ricopriva il marciapiede, non che si potesse più distinguerlo dalla strada, a causa dell'altezza del manto bianco. Il sergente decise di seguirla senza chiederle nulla, quando Greta si fosse calmata, sarebbe stata lei a riprendere un discorso coerente. "Che tenero..." ripetè con tono canzonatorio le parole di Teresa verso Giorgio, raccolse una manciata di neve, la rigirò nelle mani trasformandola in palla e la gettò lontano, verso il lago mille metri più sotto. E poi un'altra e un'altra ancora, fino a che parve che la sua furia si fosse sfogata. Si mise le mani gelate nelle tasche della giaccavento e si diresse verso il centro della cittadina, Bauer sempre alle sue calcagna. Greta si arrestò di colpo, di fronte alla gioielleria di Cartier, a fianco delle mura a castello del Palace, lo sguardo su un anello di diamanti in vetrina :"non è tenero, è... sensibile", disse con tono di evidenza. Bauer era stupefatto :"Greta, sei così arrabbiata con Teresa? Per via di Steffani?", replicò con un lampo di comprensione. "Tenero, oppure sensibile, ma che differenza c'è?", proseguì. Lei non gli rispose neppure, alzò le spalle e si rimise a camminare lungo la via, si fermava di fronte ad ogni negozio, come se le merci preziose esposte le dessero sollievo, "Bauer, guarda quella borsa di Gucci", e l'uomo le si fece a fianco e osservò il volto sognante della donna.
"E vieni a vedere questa vetrina", gli disse spostandosi ancora, "come starei con quel rossetto di Jil Sander?", e corse ruotando più volte su sè stessa e ridendo come una ragazzina verso il negozio di Etienne Aigner, "vedi quel profumo? cinquanta franchi la goccia, ne ho un flacone in casa, lo tengo per quando mi sposerò".
Il sergente Bauer fu contagiato da quell'esplosiva allegria che era seguita al momento di scoraggiamento della collega e si mise a ridere anche lui. Lei lo fissò e gli chiese a bruciapelo :"Sigmund" era la prima volta che si rivolgeva a Bauer con il suo nome proprio, "veramente non conosci la differenza tra 'tenero' e 'sensibile'? sei fidanzato Sig?". Il sergente scosse il capo, :"no Greta, per il momento ho troppi progetti per la testa, presto torno a Berna, mi hanno proposto di far parte dell'unità di analisti del dipartimento federale che si occupa del narcotraffico e del terrorismo, non credo proprio di avere il tempo per pensare ad una fidanzata". "Sei così giovane Bauer", Greta gli diede un buffetto sulla guancia :"avrai tutto il tempo, e un giorno una donna ti insegnerà la differenza tra 'tenero' e 'sensibile'". Mentre esprimeva quell'augurio, il volto di Greta si rilassò, Bauer si rese conto di quanto fosse bella e sospirò rumorosamente :"beh Greta, da come lo dici, sembra una differenza importante!", "non sai quanto Sigmund, non sai quanto", gli occhi di Greta parvero lanciare fulmini, tanto che il sergente rabbrividì.

Il maggiordomo portò nel salone e posò sul tavolo di cristallo il vassoio con il necessario per il thè, Teresa gli fece il cenno di ritirarsi e prese lei stessa a versare la bevanda nelle tazze dei suoi ospiti, dalle ampie vetrate delle finestre del salone entravano i raggi di un pallido sole che si tagliava una timida strada tra le nubi grigie che nascondevano alla vista il lago sottostante e le altissime montagne che lo circondavano. Steffani, Bauer e Greta osservavano intimiditi lo sfarzo della grande stanza al primo piano della villa della ereditiera, il gusto sapiente dei mobili antichi si sposava alla perfezione con le travi in legno sul soffitto e il caratteristico parquet, un soffice tappeto persiano di inestimabile valore di fronte al camino acceso e quadri che avrebbero fatto felice il curatore di qualsiasi museo del pianeta erano appesi alle pareti damascate. "Zucchero?", domandò sollecita la padrona di casa ai suoi tre ospiti seduti sul divano. Poi si sedette sulla poltrona e raccolse una zolletta e la fece cadere nella sua tazza, poi una seconda, i tre poliziotti la guardarono stupiti mentre ne raccoglieva una terza, lei se la mise davanti agli occhi e attese, fino a che Greta non la ricambiò con le saette che parevano lanciarsi fuori dalle pupille, e poi fece cadere anche quella nel thè, "a me piacciono le cose dolci", sussurrò con la sua suadente voce roca. Steffani si limitò a girare il cucchiaino nella sua tazza, Bauer invece osservò l'evidente sfida tra le due donne che sostenevano fieramente l'una lo sguardo dell'altra.

"Signora Semionova, non le dispiace se le facciamo qualche domanda, di modo che possa darci una mano nel caso?", fu Bauer a stemperare la tensione. E fu Greta a estrarre da una cartelletta un bustina di plastica trasparente, sigillata alle estremità e contenente un foglio stropicciato sul quale si riconoscevano, oltre al testo della stampa di una e mail, delle macchie scure di sangue raggrumato. "E' il foglietto che abbiamo trovato tra i resti del dottor Wolf", disse freddamente Greta, Teresa impallidì e appoggiò la fronte sul palmo di una mano, commossa, Steffani si alzò e le propose sollecito :"Teresa, se non riesci, non importa, non è necessario...", "No", la donna emise un profondo respiro e il suo colorito si ravvivò, "voglio fare tutto il possibile per aiutarvi a risolvere il caso, consideravo Wolf una delle menti più brillanti dei nostri tempi, la sua... scomparsa... e poi la scoperta delle ragioni, sono state un colpo durissimo". Tese il braccio e prese la bustina :"è la copia della mail che ho mandato a Wolf due giorni prima dell'incontro, per ricordaglielo" e la restituì con decisione a Greta.
"Era una abitudine?", intervenne Bauer, :"intendo dire se era una sua abitudine mandare delle mail prima di ogni incontro ai suoi ospiti? e in tutte le sedi dove organizzava le riunioni?".
"Sì, era una mail che inviavo a tutti, sempre la stessa, eppure sempre sincera", rispose Teresa.
"Per caso ha tenuto le copie delle altre mail nel suo computer?", domandò Greta. "Ho tutte le copie stampate, se possono servirvi, in una cartelletta", propose la padrona di casa. "Ti posso pregare di prestarci la cartelletta?", Steffani pareva finalmente uscito dal suo guscio e rientrato nella sua funzione di investigatore.
"Ma certo", Teresa si alzò dalla poltrona e si portò vicino alla scrivania di mogano, aprì un cassettone laterale, estrasse un fascicolo e si avvicinò all'ispettore e glielo porse.
Mentre si chinava, una leggerissima traccia di profumo raggiunse le narici dei suoi ospiti, l'ispettore Steffani chiuse gli occhi, inebriato, Bauer si accorse che Greta la osservava con sospetto, come se ritenesse che fosse stata una mossa calcolata, "Etienne Aigner, cinquanta franchi alla goccia", esclamò all'improvviso in tono conclusivo, si levò bruscamente dalla poltrona e aggiunse :"ragazzi, direi di togliere il disturbo, la signora Semionova ha avuto abbastanza emozioni per oggi". Steffani e Bauer si alzarono a loro volta e, imbarazzati dalla fretta della loro collega, si accomiatarono da Teresa.

"Ma che ti è preso oggi Greta?", l'ispettore Steffani appariva spazientito, si trovavano nelle cantine del Grotto, un locale con i tavolini separati da divisori e archi di muratura bianca puntinata, si cenava a lume di candela, pannocchie di granoturco bollite e salate con contorno di roesti, il caratteristico pasticcio di patate svizzero. Greta non gli rispose e si rivolse direttamente al sergente Bauer :"Sigmund, sei rimasto chiuso nel tuo ufficio per tutto il pomeriggio, che hai da raccontarci?".
La fiamma della candela si inclinò a causa di uno spiffero d'aria provocato dalla cameriera che stava versando nei loro calici di cristallo un vinello rosso dei Grigioni, attesero che si allontanasse e Bauer rispose :"Scriveva lo stesso testo a tutti i suoi ospiti, ci sono anche le mail agli otto scomparsi, compreso Wolf, sono uguali, 'caro' e poi nome, 'ti aspetto all'incontro' e poi il luogo e infine il saluto 'con affetto, Teresa', nulla di strano, immagino che sia una gentilezza riservata alle riunioni di tale livello nell'alta società". E il sergente si tuffò voracemente sulla sua pannocchia di granoturco, dopo averla cosparsa abbondantemente di burro fuso, versandolo dalla coppetta d'argento posata in mezzo ad ogni piatto.
"Tutto qui?", Greta era delusa, "sono cose che Teresa stessa ci ha detto", anche Steffani appariva perplesso.
Bauer sospirò, assaggiò un sorso di vino, si pulì la bocca con il tovagliolo e riprese :"ragazzi, ma proprio non vi godete la cena? Sembra che siate tutti e due solo dediti al lavoro e ...", si interruppe, lo sguardo dei suoi colleghi era di curiosità, ma di due curiosità differenti, si rese conto.
"Va bene", riprese, "con l'aiuto della centrale di Berna sono riuscito a ricostruire le personalità degli altri sette scomparsi, menti di così tanto valore che negli ambienti scientifici si dice che la ricerca abbia subito una battuta di arresto irreparabile senza il loro apporto. Avrebbero dovuto partecipare a sette diversi incontri, in sette diverse località della Svizzera, vi erano giunti un paio di giorni prima e alla reception si ricordano che tutti quanti erano usciti poco dopo con espressioni di felicità, come se andassero al loro ricevimento di nozze, ha dichiarato il portiere del Kulm di Losanna, stesso film a Neuchatel, Zurigo, Ginevra, Locarno, Lugano, Lucerna e St Moritz".
"Una costante, direi", si intromise Greta. I due colleghi la guardarono con espressione interrogativa, "sono tutte città che si affacciano su laghi", suggerì la donna. "Posso far chiedere alle polizie locali di dragarli", rispose Bauer, "ma come ti vengono in mente queste idee? Sembra quasi che tu segua un sentiero preciso, familiare", si incuriosì.
"Istinto Sigmund, sono una donna, non seguo le vie razionali di voi uomini, quella che a voi può apparire irrazionalità, può invece essere metodo, lucido, logico, però è solo un suggerimento, probabilmente mi sbaglio" e assaggiò finalmente la sua pannocchia, ormai divenuta fredda.

"Ma perchè?", una voce maschile dal tavolo vicino quasi gridava in un italiano appesantito da un forte accento tedesco, un uomo di aspetto nordico e dalla barba non fatta da due giorni si agitava verso il suo compagno di cena, un signore elegante e distinto con baffetti neri che rispose con accento tipicamente siciliano :"perchè tu non fai proprio niente, tu sei un esterno, lo sai che ci accoppiamo solo tra di noi, decide la famiglia", ma pronunciò queste parole sottovoce, guardandosi attorno come temesse di essere udito. "Mi sottovaluti, don Francesco", rispose l'uomo biondo.
"Ti ho ascoltato con pazienza Lars, ma ti sgozzo con le mie mani se ti avvicini, non sei il primo", ribattè il più anziano.

A Steffani andò di traverso il boccone, Bauer iniziò ad alzarsi dalla sedia, Greta estrasse dalla tasca dei pantaloni un cellulare.
"Papà!, una ragazza entrò come una folata di vento e si avvicinò al tavolo dei due avventori, "Lars e io ci amiamo, lasciaci vivere, dacci la tua benedizione!".
I tre agenti si rimisero a sedere, Bauer si mise le mani alla bocca per non farsi trasportare dall'ilarità. Steffani aveva quasi le lacrime agli occhi, :"'ci accoppiamo', proprio nel senso di accoppiarsi, non di accopparsi!", sussurrò ai colleghi.
Solo Greta non rideva e osservava l'ispettore, perplessa.

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III

"La famiglia di Teresa Semionova ha una proprietà in ciascuna delle località nelle quali si sono svolti gli incontri e dalle quali hanno fatto perdere le loro tracce gli otto studiosi", Greta camminava avanti e indietro nell'ufficio di Steffani, Bauer si scaldava le mani sul pannello del riscaldamento e l'ispettore stava segnando dei punti a pennarello rosso sulla mappa della Svizzera : "Greta, è più facile trovare città svizzere affacciate su un lago che il contrario. Gli unici indizi che abbiamo sono otto menti eccelse scomparse, una di esse ritrovata a pezzetti". Greta sbuffò e Bauer intervenne :"qualsiasi strada sarebbe possibile, compreso il rapimento da parte di una organizzazione terroristica o malavitosa, dovremmo domandare alla signora Semionova se ha dei sospetti su una ricerca particolare sulla quale gli otto si erano concentrati, la morte di Wolf può essere stata causata da una sua cattura dopo una fuga, è una situazione di tale gravità che il consiglio federale di Berna ha installato una linea diretta da allertare appena abbiamo notizie, so che i servizi segreti dei paesi alleati stanno dando una mano, ma fino ad ora il bandolo della matassa sfugge a tutti quanti".
Il telefono squillò all'improvviso, l'ispettore alzò la cornetta :"Sono Steffani!", poi tacque, ascoltò a lungo, una ruga di preoccupazione gli si approfondì sulla fronte, ripose il ricevitore, i colleghi gli si fecero attorno, curiosi, :"Neuchatel, hanno ritrovato in fondo al lago, in un sacco nero legato con una corda ad una pietra sul fondo, il corpo a pezzetti di Vlad Ruskov, un chimico che studiava le applicazioni pratiche del magnetismo su un motore di nuova concezione, tale da poter mettere in soffitta il petrolio, avrebbe dovuto partecipare alla conferenza organizzata da Teresa, nel sacco c'era la stampata della solita mail".

"Che c'è Giorgio, sei pensieroso", Teresa spezzettava con una forchettina d'argento una pasta alla crema di limone, erano seduti da Hanselmann, la più nota sala da thè di St Moritz e dell'intera Engadina, le tovaglie candide dei tavolini rotondi risaltavano tra i tendaggi barocchi e la curatissima moquette, l'ispettore non potè fare a meno di notare come Teresa avesse la capacità di apparire splendida anche nel semplice gesto di portarsi alla bocca una pastafrolla, ogni suo movimento metteva in risalto la perfezione di una naturale bellezza e il pugnale nel suo cuore diveniva giorno dopo giorno più doloroso. Si erano rivisti spesso nelle ultime settimane, entrambi timidi e timorosi di aprirsi troppo, sostituivano la mancanza dell'approfondimento sul passato reciproco con la gioia di vivere insieme i più normali atti della vita quotidiana, Giorgio la accompagnava al supermercato di Mathis e la aiutava a scegliere la qualità di caviale che sarebbe stato offerto in una prossima conferenza, avevano sciato insieme sul Corviglia, si erano fermati al bar all'aperto in mezzo al Plateau Nair a bere una coppa di champagne, erano scesi con lo slittino sulla pista turistica parallela a quella olimpica dei professionisti del bob. Eppure mai una volta avevano superato quella barriera di confidenza che li avrebbe avvicinati inesorabilmente.
"Teresa", le disse con dolcezza, "abbiamo trovato Ruskov, devi farti forza", lei lo fissò per qualche secondo, poi comprese e la forchetta le cadde rumorosamente nel piattino. "Cara", Steffani le si gettò al fianco e la abbracciò, rimasero così a lungo, dimentichi del luogo in cui si trovavano. Quando lui l'accompagnò a casa, fece fatica a staccarsi da lei, ma la donna si sottrasse con gentilezza, :"Giorgio, io esco da una vicenda che mi ha lasciato tracce di sofferenza, ti prego, quando sarò pronta, ti chiamerò, se sarai ancora in attesa".

Nei giorni seguenti una nuova tormenta di neve si abbattè sull'intera Svizzera, il vento a centoventi chilometri all'ora costrinse i gestori a chiudere le piste da sci in quota, gli spazzaneve dovettero arrendersi e sospendere la pulizia dei passi alpini, i collegamenti da St Moritz al resto del paese erano assicurati solamente dal telefono e dalle comunicazioni elettroniche, famiglie che avevano prenotato per pochi giorni si trovarono costrette a rimandare la partenza, nelle piazze di fronte agli alberghi i bambini innalzavano tanti pupazzi di neve, in quello spazio fuori dal tempo i tre poliziotti si interrogavano angosciati, si ponevano a vicenda domande che risultavano vane, non si trovava la chiave di una indagine che apriva una voragine immensa e irrisolta, capace di sovvertire gli equilibri internazionali. Si recarono più volte al Museo Segantini, come se osservando il trittico delle Alpi, che rappresentava la profondità della natura e dell'umanità, potessero rischiarare il buio che pervadeva i loro ragionamenti.
"E con Rouseaux nel lago di Locarno e Spitz in quello di Ginevra fanno già quattro e non credo che ci sia alcuna speranza che non arriviamo a otto, otto cadaveri tagliati a pezzetti, infilati in un sacco della spazzatura e legati al fondo con delle corde", ricostruiva Steffani.
"Qualcuno di cui non troviamo tracce li seguiva agli inviti di Teresa Semionova e li uccideva, scomparivano dagli alberghi, venivano visti per un'ultima volta sereni e felici e poi si ritrovavano affettati, invitati e poi affettati", concludeva Bauer.
"Esatto, direi che ci siamo", disse Greta facendo scorrere gli occhi tra il dipinto della vita e quello della morte, fermandosi a fissare quello della natura e in esso la raffigurazione della donna seduta sotto l'albero. I due uomini si lanciarono sguardi interrogativi a vicenda, poi alzarono le spalle, in segno di incomprensione.

"Steffani, Bauer, ascoltatemi", Greta ruppe l'insistente silenzio che l'aveva estraniata dei due colleghi fino a quel tardo pomeriggio, erano andati a pattinare sulla pista del Kulm per spezzare la tensione e stavano tornando verso il commissariato, "riuscite a richiedere un sopralluogo nelle ville della famiglia di Teresa Semionova in quelle otto località? Ho verificato che si trovano tutte in mezzo ai boschi, isolate, ci saranno dei locali riservati alla legna, forse delle asce o delle seghe meccaniche, se così fosse, che ne pensate di far controllare che sulle lame non ci siano tracce di sangue e che quel sangue non sia dello stesso tipo del corpo ritrovato nel rispettivo lago?".
"Brava Greta!", esclamò Steffani, "può essere un aggancio! Anche se significherebbe che qualcuno segue le iniziative di Teresa per poter colpire e che anche Teresa stessa è in pericolo!".
"Giorgio, Giorgio, Giorgio!", Greta si mise quasi a gridare, ma la sua voce era dolcissima e l'ispettore rimase paralizzato a guardare il volto della donna, la bellezza risplendeva anche nella rabbia, era l'opposto di Teresa, bionda quanto l'ereditiera era mora, gli occhi chiari quanto quelli di Teresa erano scuri, eppure, in qualche modo, parevano due gocce d'acqua, tanto diverse da apparire simili, si accorse che il suo cuore perdeva un battito, ma subito si ricordò di Teresa, aveva la precedenza nell'animo dilaniato tra le due incantevoli creature.
Greta si volse e trovò con lo sguardo quanto cercava, il pupazzo di neve nell'angolo della via Maistra, gli si avvicinò e con freddezza lo colpì al volto, strappandogli diversi strati di copertura bianca. Steffani e Bauer lanciarono nello stesso istante un grido di spavento, il pupazzo si era trasformato da gioiosa testimonianza di vita in un tronchetto dal viso scheletrico. Il buio della sera si era abbassato a ricoprire il paese, il lago e le montagne attorno erano ombre illuminate solo dalla luna piena che faceva capolino in un varco della coltre di nubi, il respiro di Greta era ansante, stentava a ritrovare la calma, "il motore che trascinò Segantini dalla vita alla morte fu la natura, il motore degli uomini, i pupazzi viventi, che li trascina dalla vita alla morte, è l'amore".
"Sei convinta allora che non si tratti di un intrigo spionistico internazionale, ma che la pista da seguire sia quella di un serial killer e che l'istinto scatenante sia la gelosia?", fu Bauer il primo a riaversi.
"Perchè cercare l'irrazionalità in uno schema logico?", ribattè Greta.
"Andiamo Greta", la canzonò Steffani, "per comprendere lo schema logico di un serial killer ci vorrebbe un altro serial killer!".
"E allora la mantide religiosa che uccide il compagno appena dopo l'accoppiamento, che cosa c'è di irrazionale Giorgio?", si accalorò la donna. "Già, è uno schema comportamentale", concesse Sigmund Bauer, "però l'ispettore ha toccato un punto, le grandi società assumono degli hacker per concepire contromisure ai programmi di intrusione escogitati da altri hacker".
"Se ce n'è uno, ce ne possono essere molti di schemi", concluse Greta con tono difensivo, "se cerchiamo di giudicarne la razionalità secondo la nostra logica, perdiamo la capacità di immedesimarci in chi persegue una sequenza, diamo per scontato che esista una normalità numerosa a fianco di una anormalità numericamente limitata, ma è davvero così?", la domanda inquietante di Greta ammutolì i due colleghi.

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Roberto Mahlab
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IV

"Cinque corpi a pezzi recuperati nei sacchi della spazzatura in cinque laghi e la scientifica ha confermato con l'analisi del Dna che su due asce e tre seghe meccaniche trovate nelle ville, ci sono tracce del tipo di sangue dei corpi ritrovati nella stessa località", Bauer stava facendo la lista delle evidenze sino a quel momento.
"Questo ci porta ad una probabile causa comune, ma non a colpevoli e non al movente e non al mandante", osservò Steffani.
"Oppure avete sbattuto contro il muro e non lo volete vedere", disse Greta esasperata.
Lo scambio di idee fu interrotto da uno squillo del cellulare dell'ispettore, Steffani lo aprì e lesse il messaggio apparso sul display, un ampio sorriso di gioia gli illuminò il volto :"scusate, devo andare, ci vediamo domani" e si alzò di fretta, Bauer gli era alle spalle, lesse con la coda dell'occhio il messaggio e lanciò un fischio :"complimenti capo!".
Appena l'ispettore fu uscito, Greta aggredì Bauer, :"Sigmund, che è successo?", "non so se vorresti saperlo amica mia", rispose il sergente. "Sigmund, stiamo collaborando nella risoluzione di casi di omicidio, se ci sono intoppi, ho il diritto di sapere".
"Bene, però non prendertela con me dopo, era un messaggio di Teresa",
"E che cosa diceva?", "Ma Greta!", Bauer pareva scandalizzato, lo sguardo serio della donna lo convinse :"'Ti aspetto, con affetto, Teresa', questo c'era scritto".
"Rifletti Sigmund", disse Greta con tono piatto, "tu stesso hai detto che le vittime ricevevano inviti e finivano affettati".
Bauer non comprese subito, poi scoppiò a ridere :"affettati? vuoi dire che quel 'con affetto'..., come quella sera del 'ci accoppiamo tra di noi' e poi voleva dire semplicemente che...".
"Voleva dire il preciso significato delle parole Bauer", rispose gelida Greta, "abbiamo cinque, tra poco otto cadaveri trovati nelle stesse condizioni, con otto inviti tutti uguali, abbiamo scoperto che nelle ville della famiglia di Teresa Semionova ci sono attrezzi con tracce del Dna degli assassinati, io direi che almeno un sospetto dovremmo averlo", continuò.
"Per via della razionalità dell'irrazionalità?", si lasciò sfuggire Bauer. "Per via che non esiste una sola traccia che porti ad un complotto internazionale e dunque, per conseguenza, l'unica strada è il delitto passionale e abbiamo sempre una e una sola presenza che lega i delitti e, soprattutto, abbiamo un uomo, Giorgio, che si comporta come si erano comportati tutti gli scomparsi, se ne andavano dai loro alberghi con il sorriso sulle labbra, quel sorriso, Bauer".
"Che proponi?", il sergente parve di colpo collaborativo. "Dobbiamo arrivare alla villa di Teresa prima di Giorgio", "e come, se è uscito prima di noi?", "non lo so Bauer, sei tu l'uomo qui dentro, usa il cervello!".
"Ah no, il cervello è una tua caratteristica, io al massimo posso usare i muscoli!", "che vuoi dire Bauer?", "la villa di Teresa si trova a trecento metri sotto il commissariato, sulla collinetta tra noi e il lago, se prendiamo gli sci, ci arriviamo in pochi minuti", "vedi che anche gli uomini ragionano Sig?, sei un genio!".
Si precipitarono nel solaio, infilarono gli scarponi e presero dalla rastrelliera due paia di sci, dopo pochi minuti zigzagavano con eleganza sul pendio ricoperto da neve fresca, Bauer si piantò e si disunì, Greta attese nervosamente che si liberasse, due profonde strisce si erano disegnate sul manto bianco, la pista di fortuna terminava nello spiazzo dietro alla villa, superando, grazie all'altezza della neve, la recizione che in più tratti era stata abbattuta.

Giorgio non era finito fuori strada solo grazie all'esperienza, più volte la velocità aveva fatto scivolare l'auto, per fortuna non c'erano altri mezzi provenienti dal senso opposto, il passo era ancora impraticabile, ma non riusciva a trattenersi, nel corso degli ultimi giorni si era sentito abbandonato, deluso e quel messaggio di Teresa lo aveva ritrasportato nel mondo della felicità e non poteva più sopportare l'attesa di rivederla. La cancellata era spalancata, entrò con la macchina e la parcheggiò di fronte al portone, scese e suonò la campanella dell'ingresso, più volte, ma non ci fu risposta. "Teresa", chiamò, poi avvertì un suono proveniente dalla catasta di legna sotto il portico di pietra a tre metri sulla destra, "Teresa, dove sei?", la cantinetta era senza luce, un ramo si spezzò sotto i suoi piedi, abbassò lo sguardo e subito dopo, nello spazio di un secondo, comprese. Il rumore di una sega meccanica accesa, la sensazione gelida di una goccia di sudore che gli scendeva dal collo lungo la schiena, si rese conto che erano gli ultimi istanti della sua vita e che avrebbe sofferto.

Lo sci destro di Greta colpì in pieno il polso di Teresa e glielo paralizzò, l'attrezzo cadde sul pavimento di pietra che lanciò scintille, Giorgio si sentì scaraventare in avanti dalla spinta di Bauer, il piede di Greta schiacciò la mano di Teresa che tentava di recuperare la sega meccanica, "così tenero, vero?, tanto da meritare un affetto piuttosto esagerato, vero?", gridò con rabbia la donna poliziotto puntando la punta della racchetta da sci verso la gola di Teresa. "Va bene così Greta", Bauer era intervenuto e aveva stretto i polsi di Teresa in un paio di manette, "non è tenero, è sensibile", esclamò Greta. L'assassina si rilassò improvvisamente e fissò Greta che ricambiò lo sguardo senza abbassare gli occhi. Teresa sorrise, come se avesse compreso qualcosa, Bauer si sorprese a osservare che le due donne sembravano essersi lanciate uno sguardo complice, quasi fossero giunte ad un accordo, ad un passaggio.

"Da quanto tempo lo avevi capito Greta? è stato come se tu vedessi con gli occhi di Teresa", il lago era ancora ghiacciato e le montagne ricoperte di neve, ma si annusava l'aria della primavera, il sergente Sigmund Bauer stava salutando Greta sul ciglio della strada di fronte al Museo Segantini, era in partenza per l'incarico a Berna, nel corso dei momenti dell'azione si era accorto di provare una sensazione particolare per la donna e Greta si rese conto del suo dispiacere, "sei un uomo sensibile Sigmund, chissà, un giorno ci rivedremo". "Chissà", ribattè Bauer :"ma adesso tu sei libera di farti finalmente apprezzare da Giorgio e, da come ti guarda, direi che lo hai conquistato, so che è quello che desideravi e ti auguro di essere felice". Greta lo fissò e gli sorrise, ma Giorgio era entrato prima di lui nel suo cuore, gli diede un bacio sulla guancia e Bauer entrò in macchina.

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V

Alla fine di maggio il ghiaccio sul lago di St Moritz lasciò spazio all'acqua, la foresta di pini si scosse dai rami la neve e i sentieri tra le montagne si asciugarono e si arrampicarono liberi tra due file di croquis colorati. Le discese si trasformarono in distese di terra e roccia e gli sciatori vennero sostituiti da più placidi e tranquilli escursionisti. Greta si studiava allo specchio, era soddisfatta, i capelli biondi tagliati al punto giusto da non mostrarsi disordinati ma solo un poco ribelli, il viso ovale e morbido con al centro gli occhi dal colore dell'oceano, la figura snella e aggraziata, le labbra appena colorite da un rossetto non troppo evidente, il vestito dai motivi floreali le cadeva come fosse parte di lei, le lunghe gambe affusolate non troppo in vista ma neppure del tutto coperte. Ancora pochi minuti e Giorgio sarebbe passato a prenderla, la destinazione era una casetta di legno nei boschi, nella zona di Davos, lontana dal centro paese, Greta l'aveva ereditata dai genitori e ci tornava solamente in circostanze particolari. Come l'ultimo bungalow che aveva affittato in una isoletta turistica del Pacifico e, in precedenza le villette isolate che aveva noleggiato e poi abbandonato in giro per il mondo, nel suo peregrinare negli anni dell'università, prima di lauearsi e poi le tante altre utilizzate una volta entrata in polizia. Le ritornò in mente come era rimasta colpita quando l'uomo, se ne ricordava a malapena il nome, forse Quentin, senza un perchè, aveva raccolto un fiore di orchidea strappato dal vento e glielo aveva porto, l'aveva vista così sola e sperduta e desolata sulla spiaggia al tramonto, seduta su una sdraio, il cielo arrossato dagli ultimi raggi del sole, le onde si abbattevano sulla riva, le fronde degli alberi di palma si piegavano assumendo forme innaturali.
"Sei il più sensibile che abbia mai incontrato", gli aveva detto.
Era legato, sotto al patio della villetta nella giungla, cosparso di benzina e già lambito dal fuoco, urlava, più di tutti gli altri, davvero il più sensibile, era il ventunesimo, da quando era fuggita dal furgoncino che la portava al riformatorio, dopo che il padre l'aveva schiaffeggiata e lei, durante quella notte, aveva giurato di vendicarsi sugli uomini che avevano cattive maniere, non degnandoli mai della sua attenzione e aveva sempre voluto accanto a sè solamente uomini la cui sensibilità la colpiva.

Scosse il capo, ritornando al presente, sorrise allo specchio, come le aveva sorriso Teresa, quando aveva compreso che erano simili e che solo per questo Greta aveva risolto il caso. E aveva accettato di lasciarle Giorgio. Un suono di clakson, Greta raccolse lo zainetto e si precipitò fuori, l'ispettore Steffani la aspettava ai piedi della scalinata, le teneva aperta la portiera dell'auto e le porgeva un mazzetto di gelsomini.

Fine

Roberto Mahlab
(I brividi di Concerto)


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