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 25 Concerto di Bimbi
 MAPPA DI STORIE VERE per i piccoli
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leda cossu
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Inserito - 07/11/2003 :  15:44:21  Mostra Profilo  Visita la Homepage di leda cossu  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a leda cossu
MAPPA DI STORIE VERE per i piccoli

Questa è una proposta……

Di scrivere le storie vere o verosimili (ma in luoghi davvero esistenti) di persone conosciute, del loro lavoro, o anche dei luoghi, di case e soffitte, viuzze e cortili.

Una specie di cartina turistica, una mappa di concerto da stendere sul tavolo, segnata con i puntini colorati di storie di vita passata e presente, di luoghi e lavori. O momenti importanti e preziosi.

Sono tutte belle le città e le persone? Non del tutto, ma in ciascuno si può cercare ed indicare con mano amorevole qualcosa che vale la pena di ricordare…


…comincio io…

Vita sull’argine della Brenta

Questa è una storia vera. Di mamme, nonne, bisnonne, di fiume, di oche, di lavori e di erbe.

C’era una volta e c’è ancora un fiume chiamato con dolcezza al femminile: “La Brenta”. Amato e temuto dalle genti che abitavano gli argini perché ogni tanto le sue acque si infuriavano improvvisamente, allagandole. Insieme al Piave hanno fatto nascere la laguna di Venezia.


Sul fiume d’estate passa ancora il burchiello, un grosso vaporetto che va da Venezia a Padova e c’è, vicino a villa Angeli Ferretti, Dolo, sede oggi della facoltà di Urbanistica di Venezia, in un filare di casette a schiera sull’argine, la casa dei miei bisnonni Luigia ed Agostino.
In via Brenta Bassa, oggi itinerario turistico anche per le bici che arriva fino a Stra.
Sono andati ad abitarci appena sposi. Qui sono nati i loro 6 figli, fra i quali mia nonna Virginia, la prima delle 5 figlie.


...il burchiello oggi

Il soprannome della mia bisnonna, nata nel 1865, era marciorea. Camminava così veloce che sembrava marciasse. Lei e suo marito erano conosciuti così, come “i marciorei”.

In casa lavoravano tutti. Anche i bambini e le bambine davano una mano, imparavano. Cucivano ciabatte e pantofole (papusse), zoccoli di legno con la tomaia* di vitellone, sembravano scarponcini, con le spighette*.
Allevavano le oche e i bachi da seta e avevano una barchetta per attraversare il fiume vicino a Casello 12, una stazioncina della Vacca Mora, un treno moro, cioè scuro.
I bambini della zona per andare a scuola sull’altra sponda dicevano: “passemo ea barca dai marciorei”. Lo diceva chi abitava al di qua del fiume, anche i soldati che dovevano attraversare l’acqua per prendere la Vacca Mora, il trenino.

Virginia, la mia nonna, aveva imparato ad essere coraggiosa, perché era la prima delle 5 femmine ed in famiglia c’era bisogno una volta, e c’è ancora, che tutti diano una mano, anche i bambini.
Quando la sua mamma andava nei mercati dei paesi vicini a vendere ciabatte e pantofole cucite in casa, i bozzoli dei bachi da seta, il piumino e le penne delle oche, suo padre lavorava alla fornace a cucinar mattoni per costruire le case, ed era lei a far attraversare il fiume con la barca.

Aveva solo 6 anni quando incominciò e non era ancora iniziato il 1900.
Lungo il fiume erano moltissime le famiglie che vivevano così: cucendo, allevando oche, coltivando i campi con la bella stagione, facendo i raccolti della verdura e della frutta, soprattutto le mele. Vendemmiando l’uva. Ma erano poche quelle che facevano il traghetto. Occorreva una grande pazienza, essere pronti al richiamo: “ohi… dea barca…marcioreiiii, dài, vegnì”.

Le oche sono bellissime, bianche, nuotano tutto il giorno, tuffano il collo in acqua e becchettano, lungo i bordi del fiume e sull’argine, erbette ed insetti, mantenendo così il fiume pulito. E fanno la guardia.
In quel tratto di argine nessuno sconosciuto poteva avvicinarsi, né di giorno né di notte. Come dei veri cani da guardia starnazzavano forte.

........l'altra sponda

Il remo della barca era molto lungo. A Virginia serviva per un sacco di cose: a far proseguire la barca puntandolo sul basso fondale, a tener lontane le oche ed anche a salvare le persone che scivolavano in acqua.
I bimbi da queste parti giocano sull’argine del fiume… vanno per erbe, sui campi, lungo i fossati, sugli argini. E qualche volta cascano in acqua. A quel tempo non tutti sapevano nuotare. Virginia ha salvato 4 o 5 persone dall’annegamento.

Camminare sull’argine e raccogliere le erbette in primavera, è tutto gratis, non costa nulla: le ortiche e i carletti per i risotti e le frittate. I bruscandoli da siepi ed arbusti. Le rosoline sui campi. Su campi e sentieri (tròsi) il radicchio di cane da raccogliere prima che spuntino i boccioli dei fiori, color d’oro come il sole. Si chiama Dente di Leone o Tarassaco.
Il sapore di questo radicchietto è un po’ amaro.
La natura sapiente sa che il nostro corpo ha bisogno di sapori differenti a seconda della stagione.
In primavera, con l’inizio dei primi tepori, il sapore un po’ amaro delle erbette è prezioso per la salute.
In autunno, con l’inizio del freddo anche il corpo ha freddo e ha bisogno di frutta di stagione, che è dolce e ci dà il calore del sole estivo che l’ha maturata.

Curare le oche è più impegnativo che raccogliere erbe.
Al mattino bisogna aprire la casupola dove dormono, dar loro da mangiare ed anche alla sera prima di dormire. Virginia faceva un pastone, impastava insieme la crusca con gli avanzi della polenta del giorno prima e le erbe: le ortiche e la piantaggine.
Le ochette piccole mangiano solo le ortiche e bisogna tagliuzzarle fini. E chi le raccoglieva? Virginia, le sorelle e l’unico fratello, a mani nude, caso mai con uno straccio. Pungevano? Si, ma loro sapevano che le punture di ortiche li rendevano così forti che le api, se anche li avessero punti non sarebbe successo nulla di grave, solo un rossore, come quello delle ortiche.

Le oche mangiano così in fretta, rubandosi l’un l’altra il pastone, che il collo sottile si riempie subito e se non riescono a deglutire… bisogna aiutarle. E come? I veterinari una volta erano pochi ed aiutavano i contadini solo per i grossi animali: le mucche, gli asini, i cavalli, i maiali…
E per l’oca che si strozza? Non c’è problema, c’è Virginia la coraggiosa che ha imparato ed ha insegnato a mia mamma a fare il chirurgo in caso di urgenza, liberando il collo e ricucendolo, salvando così l’oca. Se si impara ad allevare gli animali di casa che si amano è più facile curare le persone, ci si abitua.

Un po’ di prudenza ci vuole sempre con gli animali. Nel branco c’è un’unica oca-maschio (come il gallo nel pollaio) e una volta ha afferrata mia mamma per i nastrini del vestito e la voleva portare nel fiume. Aveva un bel vestitino a quadretti rossi e bianchi pieno di nastrini. Con tutti quei colori vivaci la credeva un pericolo per il branco. Il remo della barca è servito a tenerlo lontano ed anche mia mamma ha imparato a tenersi un po’ a distanza.
Il piumino d’oca è così caldo d’inverno. Dopo la covata di primavera le oche ne hanno in abbondanza. Virginia, le sorelle e la madre le spiumavano. Se i bimbi di casa avevano già il piumino, il nuovo lo vendevano in grossi sacchi al mercato.

Un piumino serviva per la carriola, con la quale in caso di bisogno si trasportavano i bambini e chi faticava a camminare, pochissimi avevano cavallo e carrozza. Quando Virginia andò a cucire le tomaie delle scarpe in un laboratorio con altre sette ragazze aveva 19 anni. Bruno il suo bambino era piccolo e il nonno Agostino lo portava ogni tre ore per allattarlo al seno della mamma, appoggiato sopra un piumino d’oca, dentro alla carriola che tirava, invece di spingere, per farsi più forza.
“Agostin, Agostin… gavé perso el putèo” gridò un giorno una donna. Eh sì, il nonno marcioreo era troppo veloce e ad un sobbalzo della carriola… punfete, Bruno finì sulla strada, ma sopra il piumino non si fece male e non pianse.

Chi passa oggi per la Brenta, vede qua e là gruppi di anatre, cigni ed anche oche. Non così tante come una volta.
Il mattino si lasciano scivolare in acqua sulla spianata di pietra (oggi spesso in cemento) dell’argine, dove una volta si lavava la biancheria nel fiume appoggiandovi una tavola di legno con una specie di inginocchiatoio raso terra..
Alla sera tornano nei loro ricoveri notturni: casupole, casette… tutte insieme. Se la casa non è sull’argine, attraversano la strada. Questi palmipedi amano l’acqua e per fortuna chi passa da queste parti sa che può incontrarli nei pressi.
Si muovono in branco e sono visibili, ma nell’attraversamento… hanno la precedenza loro.

L’eredità che mi hanno lasciato le donne e gli uomini di quella vita sull’argine sono il volersi bene, un po’ di coraggio, tanti piccoli segreti della natura per curare le persone e tanta bellezza negli occhi.
E che i vicini di casa ogni tanto possono bussare alla tua porta e se anche hai la pentola sul fuoco la spegni e vai a dare una mano…

tomaia: parte superiore della scarpa
spighette: lacci delle scarpe

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Edited by - ledacossu on Nov 09 2003 21:00:19

   
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