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 Fiabe dal mondo - Più a sud e più a nord
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luisa camponesco
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Inserito - 04/11/2005 :  17:19:36  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Più a sud del sud più a nord del nord

(Favola svedese)

C’era una volta, in un paese lontano un boscaiolo, così povero, ma così povero da non aver da dar mangiare alla sua famiglia.
Un bel giorno, un grande orso bianco bussò alla sua porta dicendo: “Se mi darai in sposa la più giovane e bella delle tue figlie io ti farò ricco.”
Il boscaiolo accettò subito, ma la giovane figlia rifiutò. Allora il boscaiolo chiese all’orso di tornare dopo tre giorni, il tempo necessario per convincere la ragazza. Infatti, dopo tante insistenze la giovane accettò.
Quando l’orso si ripresentò la mise sulla groppa e partì.
Giunsero davanti ad una grande roccia, l’orso dopo aver detto alcune parole magiche si aprì una porta ed apparve un magnifico castello tutto d’oro e d’argento. Come regalo dette alla moglie una campanella d’argento dicendole: “Se desideri qualcosa, suonala e l’avrai! Però devi promettermi di non guardarmi mai mentre dormo.”
La ragazza promise, ma quella sera, quando si mise a letto capì che accanto a sé non dormiva un orso ma bensì un uomo.
Nei giorni seguenti l’orso la riempì di gentilezze e lei incominciò a volergli bene. Un giorno la vide triste e le chiese il motivo.
- Vorrei rivedere i miei genitori – disse con gli occhi colmi di lacrime.
- Te lo concedo – rispose – ma stai attenta a non seguire i consigli di tua madre.
Il giorno dopo la condusse davanti ad una splendida villa, ora i suoi genitori, grazie alla generosità dell’orso, vivevano nella ricchezza.
Furono molto felici nel rivedere la figlia e l’orso prima di partire le ricordò gli avvertimenti.
La madre, curiosa, interrogò la ragazza.
- Sei felice figlia mia?
- Si madre sono felice anche se non posso vederlo mentre dorme.
- Ma questo si può superare, basta che tu accenda una candela e potrai vederlo senza che se ne accorga. Ma sta attenta, non deve cadere nemmeno una goccia di cera.
Quando ritornò al castello, nascose una candela sotto lo scialle, resistette alla tentazione per un po’, poi cedette e una notte accese la candela.Rimase incantata, non aveva mai visto un volto più bello e non si accorse che tre gocce di cera erano cadute sulla camicia.
L’uomo si destò gridando: “Ma cosa hai fatto? Ora la disgrazia si abbatterà su di noi. La mia matrigna mi ha fatto un incantesimo condannandomi ad essere orso di giorno e uomo di notte ma a condizione che nessuno mi veda dormire, adesso dovrò sposare, una strega con quattro braccia. Devo partire subito, non cercare di raggiungermi perché se tu cercassi di sederti o riposarti torneresti ogni volta al punto di partenza. Io andrò più a sud del sud e più a nord del nord.”
La giovane non si dette pace e decise, comunque, di mettersi sulle tracce dello sposo amato. Si procurò tre sacchi, uno pieno di canapa, uno colmo di cotone e uno pieno di lino. Si incamminò per una buia foresta, ebbe paura e trascorse la notte in cima ad un albero mentre sentiva i lupi ululare.
Il giorno seguente accadde la medesima cosa e il terzo giorno, stremata dalla fatica si trovò dinnanzi ad una roccia sulla quale erano intagliate alcune finestre e una porta. Bussò, apparve una megera con un naso appuntito ed un braccio solo.
- Abbiate compassione di una povera ragazza che cerca il suo amato bene che si trova più a sud del sud e più a nord del nord.
- Ohhh ma è molto lontano – rispose la vecchia – e non posso ospitarti, mio marito è un orco e ti mangerebbe subito.
La ragazza non se la sentiva di attraversare di nuovo la foresta, allora diede alla megera il sacco con la canapa, visto ciò la fece entrare e le diede un letto soffice e caldo, la giovane ringraziò ma non si sedette, rimase in piedi tutta la notte.
Nel cuore della notte l’orco arrivò e subito disse : “Sento odore di carne umana!”
Ma la moglie gli raccontò del dono che le era stato fatto, quel sacco di canapa era proprio quello che le serviva, ed era il primo vero regalo in cento anni di matrimonio.
- Anzi marito mio, dovresti darle la tua giacca delle sette leghe affinché possa raggiungere la sua meta.
L’orco acconsentì di buon grado. Infatti il giorno dopo la ragazza la indossò e si trovò davanti ad un’altra roccia, uguale alla precedente. Si ripeté la stessa scena, ma stavolta la megera aveva due braccia ed era sposata da duecento anni. In cambio dell’ospitalità le donò il sacco di cotone. Anche questa volta il marito orco si impietosì e la lasciò andare.
Grazie alla camicia fatata si trovò ancora più lontano e di nuovo davanti ad una grande roccia.
Quando bussò si trovò davanti ad una vecchia con tre braccia, sposata da trecento anni. Le regalò il sacco di lino. Il marito orco le regalò la sua giubba delle sette leghe e così venne trasporta ancora più lontano.
Si trovò all’improvviso in una radura davanti ad una catapecchia, bussò venne ad aprirle una orrenda vecchia con quattro braccia la quale nel vederla cercò di chiudere la porta. La ragazza, svelta, riuscì ad entrare. Era affamata chiese da mangiare, la megera le diede del latte acido e carne avariata, ma lei mangiò tutto. Quando stava per andarsene, vide, steso su di un pagliericcio, un vecchio, immaginando che fosse il suo innamorato si avvicinò.Nel vederla, al vecchio, gli s’illuminò il volto e disse : “Ho detto alla strega che avrei sposato solo colei che riuscirà a togliermi tre macchie di cera dalla camicia.”
Allora, prontamente, la ragazza corse a lavare la camicia rendendola candida come la neve. Il vecchio riassunse le sembianze del bel giovane qual’era in realtà e la strega esplose per la rabbia.
L’uomo, liberato dall’incantesimo, suonò la campanella d’argento che aveva portato con sé e si ritrovarono in un lampo nel loro bel castello dove vissero felici e contenti per molti anni.



Luisa Camponesco

Edited by - luisa camponesco on 04/11/2005 18:59:31

Elena Fiorentini
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Inserito - 29/11/2005 :  17:56:10  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Elena Fiorentini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Elena Fiorentini

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