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 Lasciami morire
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Davide De Felicis
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Inserito - 05/05/2005 :  00:57:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Davide De Felicis Invia un Messaggio Privato a Davide De Felicis
LASCIAMI MORIRE

Annegare, convinti appieno di quello che si sta facendo, senza rimpianti e senza ripensamenti.
Annegare senza chance di ritorno, anche quando un ultimo appiglio alla vita può venire fuori all'improvviso.
Annegare il giorno prima di primavera, in un pomeriggio appena tiepido, col libeccio a contrastare un sole che vorrebbe fare di più.
Annegare con la rassegnazione della propria incapacità, di non esser stati migliori, di non esser riusciti a combinare di più.
La giornata non era male, l'ideale anche per mettere da parte per sempre gli ultimi pensieri, specie quelli che l'avevano fatta arrivare lì.
Farsi scaldare il viso dal sole le piaceva da matti, la faceva sorridere: sembrava carezzarla.
Il vento tra i capelli le faceva come il solletico, la faceva sentire come una ragazzina innamorata.
Camminava senza occhiali da sole, guardando la gente che iniziava a godere della bella stagione che stava per iniziare.
Il contatto dei piedi nudi con la sabbia era il massimo: finalmente si sentiva parte, tutt'uno, con quella natura splendida da cui si sarebbe fatta prendere per sempre.
Guardava le persone, fantasticando qualcosa oltre la banalità, evitando però pensieri che assomigliassero troppo a quelli da cui fuggiva.
Il mare era diverso dal sole, abbastanza agitato, sull'indeciso per lei.
Quel mare che adorava l'avrebbe presa con la forza, l'avrebbe violentata nel corpo e nell'animo prima di trascinare il suo corpo chissà dove.
Lei che non sapeva nuotare, aldilà di essere nata ad Ischia e venire da Venezia.
Morire in Toscana, in un anonimo paesino del pisano, dove nessuno si sarebbe ricordato di lei, dove nessuno avrebbe pensato di trovarla.
Aveva pensato a tutto, ben sapendo che molto spesso le cose non vanno come si vorrebbe, però ci avrebbe provato con impegno.
Gli scogli erano abbastanza alti per quello che doveva fare, lontani da sguardi indiscreti.
Lei voleva solo morire.
Essere salvata sarebbe stato dover ricominciare daccapo tutto, affrontare problemi, situazioni e persone da cui voleva fuggire.
No, lei voleva morire per diventare una cosa sola con la natura e liberare il mondo dalla sua vita inutile.
Le mancava ancora qualcosa prima di andare: un gelato al pistacchio ed un cappuccino corretto con l'Amaretto Di Saronno Originale.
Aldilà di tutto si sentiva serena e le stava venendo pure voglia di chiacchierare.
Aveva adocchiato un ragazzo con gli occhiali viola, l'unico insieme con lei
a passeggiare da solo.
Il suo sguardo malinconico l'aveva intenerita.
Rimorchiarlo? No, non era il caso, però le sarebbe piaciuto parlargli, anche per sentire la sua voce.
Farsi avanti o no?
Sarebbe stata l'ultima della sua vita, e magari se la sarebbe
pure spassata.
Non le sembrava tipo da una botta e via e questo la faceva desistere,
però non doveva starci troppo, doveva partire prima di sera.
Far soffrire un'altra persona non le andava, però la voglia di parlargli ed iniziare ad annegare nei suoi occhi verdi era fortissima.
Ok, si sarebbe fatta avanti di lì a dieci minuti.
Lui si era seduto su una panchina di fronte agli scogli, a scrivere su una Smemoranda.
Facile attaccar discorso, bello lasciarsi coinvolgere dai suoi occhi e dalla voce,poi sentirgli le mani le diede una voglia inaspettata di lasciarsi andare.
Il suo piano di fare la famme fatale era fallito ma le stava bene così:
lui meritava fiducia, almeno così si sentiva.
Arrivare fino a sera a parlare, a sentirsi, a scaldarsi, a ritrovarsi.
Ebbe uno shock notevole, però sarebbe andata fino in fondo.
Non ci avrebbe pensato, nonostante la tentazione fosse davvero forte.
Gli aveva detto quello che voleva fare e lui, per lei, aveva capito, limitando al minimo nel dissuaderla.
Gli aveva detto: << Lasciami morire.>>
Sarebbe partita col sorgere del sole, lasciandogli delle pagine scritte sulla sua Smemoranda ed un anello, in ricordo di quei momenti splendidi.
Foto no, anche se lui ne aveva fatta una, insieme ad un ritratto a matita.
Lasciami morire gli aveva detto, e pure di non cercare da chi fuggiva.
Doveva giurarle d’averla sempre nel suo cuore rattoppato.
E lui?
Le giurò davanti che avrebbe rispettato la sua volontà, ma lei non si fidava così, dopo quel momento che poteva essere di svolta per entrambi gli diede un colpo tra capo e collo per tramortirlo.
Non gli fece troppo male.
Non voleva illuderlo, non voleva farlo soffrire, non lo meritava.
Sarebbe partita col sorgere del sole, avvolta dal fresco, prima di lasciarsi violentare da quel mare che tanto amava.
Annegare vestita, con la borsa a tracolla, col giubbotto e le scarpe, con i rimpianti di una vita di trenta anni che iniziavano a ritornare.
No, doveva sbrigarsi o forse non l'avrebbe fatto più.
Doveva scordarsi soprattutto di lui, e dei momenti passati insieme, con la speranza lontanissima di un ripensamento.
No, non ci avrebbe ripensato.
Si era preparata tutto l'occorrente.
Per stordirsi avrebbe preso dei tranquillanti e dei sonniferi, ma non troppi, perché doveva e voleva rendersi conto dell’arrivare della Morte.
Nei vestiti aveva legato dei pesi e per evitare di muovere le braccia si sarebbe messa delle manette.
Si sarebbe immersa poco alla volta nell’acqua, lasciandosi riempire i polmoni e lasciarsi sbattere contro gli scogli.
E poi?
Poi il mare avrebbe fatto il suo dovere infame.
Contare fino a tre e via, per sempre, un'agonia veloce ma infinita per lei, agonia che doveva vivere e sentire, per forza.
Sentirsi soffocare, l'acqua salata che entra in bocca e nel naso, incapaci di sputarla. Sentirsi riempire la bocca, le orecchie, lo stomaco, i polmoni di quel veleno amaro, con gli occhi che bruciano.
Voler gridare aiuto, ma ormai la voce non c'era più e l'aiuto lei non l'avrebbe voluto davvero, l’avrebbe voluto solo per far passare in fretta quegli attimi lunghissimi.
Il corpo che per quanto legato bene cerca le ultime forze per reagire davanti alla morte che ormai è arrivata.
Le botte contro le pietre erano nulla rispetto al sentirsi soffocare
poco a poco.
In testa tutto è fuori uso, tutto è saltato, tutto è stato rubato dal mare che aveva un sapore diverso da quello sperato.
E lui? Non l'aveva fregato.
Era arrivato tardi?
Aveva rispettato la sua volontà?
Non l'avrebbe lasciata lì, alla compassione e alla curiosità di gente che avrebbe voluto capire ad ogni costo, giudicando e condannando.
E lui? Gli aveva detto che amava i boschi.
Perché? Perché c'è bisogno di perché?

Davide De Felicis

manodigloria@yahoo.it


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