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 IL MIO PERU' - Capitolo (2) A Victor Raul
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Momo
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Inserito - 23/07/2007 :  15:33:58  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Momo
ORA PERUANA 21:00
ORA ITALIANA 9 : 00

Siamo fermi sul pulmino, accostati alla strada buia e chiassosa della città. Stiamo aspettando Kati, una ragazza che come noi vivrà questa esperienza di scambio .
È arrivata finalmente. Siamo in ritardo. Corsa alla stazione dei bus, le valigie, il pulmino strapieno. Si parte alle ore 22. Fatti i biglietti, tappa al bagno, Suor Saveria che sclera. È agitata e si vede. Si convince di quello che fa esclamando a noi: “Come siete complicati voi tutti!”
Ora sono sul pullman. Il mio numero è il 25. Accanto a me c’è Ester. Stanno trasmettendo un film di un porcellino parlante. Sono le ore 22:30 e stiamo discutendo se sia Babe 3 o la Fattoria degli Animali. Ho ancora il cuore in gola. Al momento dell’imbarco non ho più visto i miei compagni. Così ho chiesto ai signori che caricavano i bagagli se questo era il bus per Truhijo. L’ho fatto urlando con tutta la voce che avevo in corpo; i motori erano accesi, ma fortunatamente mi hanno sentita e hanno annuito.
Sul pullman c’è uno strano odore, a mio parere non gradevole. Ci hanno servito un vassoio di polistirolo sigillato con della pellicola contenente un panino imbottito con salame e una salsa strana, più un dolcetto. Non ho fame e mi fa malissimo la gola. Fa freddo; l’aria condizionata rende questo ambiente a me ostile. Mi sento molto pellegrina, stile “sulla strada”. Il paesaggio scorre velocemente. Dal pullman è partita una risata per il film. Vedo la Cri che mangia con appetito. È passata la signorina con le bibite, ma io ho rifiutato. Non si sa mai. Sono ancora diffidente. Temo che la mia mentalità rimarrà ancora chiusa per parecchio tempo. Ma penso che questo sia dovuto alle numerose raccomandazioni che ci hanno fatto prima della partenza.
Mi è venuto in mente l’ultima volta che ho rifiutato qualcosa: ho respinto l’aiuto che mi veniva offerto dai seminaristi per portare nel cortile la valigia. Era pesantissima e la rampa di scale sembrava infinita. Ma non volevo disturbare quei gentili giovanotti. All’inizio sembravano stupiti del fatto che io rifiutassi il loro aiuto. Ma poi sembravano aver capito. Hanno sorriso e in un batter d’occhio l’hanno presa dalle mie mani e l’hanno portata giù dalle scalinate con estrema delicatezza e facilità.
Guardo al finestrino. È passata veloce una metro, una ruota panoramica vecchio stile, un luna – park illuminato ma deserto.
Ora guarderò il film. Spero di dormire.
Zzzz.
Ho dormito. Oserei dire alla grande. L’unica cosa che mi infastidiva era il cappello che logicamente non potevo schiacciare troppo.
Accidenti, mi è finita la penna.
In Italia sono le ore 12:15.
Quindi qui sono le 6:15.
È un nuovo giorno. È il 18 MARZO.
Guardo fuori dal finestrino: il paesaggio è terrificante. Qualche volta, durante la notte, ho aperto gli occhi: testa appoggiata al sacco a pelo che, schiacciato al finestrino, fungeva da cuscino. Di notte c’era ancora gente per strada con carretti e persone ai barettini con le insegne “Caldo de Galina”. Ho freddo e la mia gola è peggiorata. Le mani sono gonfie e mi fanno male i gomiti. Mangerò una delle caramelle al limone che mi rimangono. Mi sono soffiata il naso e ho avvertito sapore di sangue in gola. Ma come si può dire, lamentarsi di fronte a tutto questo è un insulto. Le poche case sono mattoni, basse con le finestrine rettangolari. Alcune sono azzurre e bianche. Auto stravecchie e impolverate accostate di fuori. Dal paesaggio desertico siamo ora passati ad un po’ di vegetazione. Le mie compagne si lamentano per il mal di schiena. Io non so come faccio a scrivere. Il tavolino del pullman è inclinato e non favorisce una bella grafia. Ma ormai è come se questo è il mio compito, so che devo documentare tutto. Sulle case ci sono scritte in spagnolo: ultimi echi di chissà quali voci. Di nuovo deserto. Sembra un’eterna spiaggia circondata dalle Ande all’orizzonte con la nebbiolina. È passato anche un cimitero. Era impressionante. Ester ed io l’abbiamo capito dai bastoni messi lì così, a forma di croce. Il mio vassoietto di cibo è ancora intatto. Non ho fame. Il dolcetto mi ispirerebbe, ma la mia gola mi fa desistere dall’ingoiare qualcosa.
Dal finestrino scorre tutto velocemente. Le poche piante sono immobili, ma sono messe come se il vento le avesse frustate fino a cinque minuti prima. Il viaggio prosegue. Mi scappa pure la pipì. Siamo scesi dal pullman. Abbiamo caricato i bagagli su un pulmino e siamo saliti su un altro. Speriamo che le valige arrivino con noi!
Il viaggio inizia. Solito deserto, solito nulla. Sono vicina al finestrino, adoro occupare questo posto. Mi picchia addosso un vento fresco e caldo insieme. È aria impolverata ma mi porta un brivido che non mi so spiegare. Nessuno parla…Tutti però sembrano pensare tantissimo. Ad un certo punto Ivana, che già non si sentiva bene quando siamo scesi dal pullman, ha chiesto una borsina. Si sente davvero male. Vomita. Ringraziamo di avere quella borsina. A me si stringe la gola. È più forte di me, quando vedo vomitare mi sento male. Comunichiamo il malessere di Ivana alla Suora e ci fermiamo. Accostiamo sul ciglio della strada. Suor Saveria scende con la ragazza. Le fa qualche carezza. Sembra che le sia passato. Il mio mal di pancia per il fatto che sto trattenendo l’urina aumenta. Ricominciamo il tragitto e dinnanzi a noi troviamo un incidente. Passiamo sulla strada come se nulla fosse, con lo spettacolo macabro di tre persone distese in terra che ci si presenta davanti. Nessuno piangeva. Nessuno gridava. In mezzo a questo deserto di morte, la morte.
Non sapremo mai se fermarci per il malessere di Ivana abbia evitato che venissimo coinvolti nell’incidente.
In Italia sono le ore 13:00.
Passiamo un casello. Siamo arrivati forse. Si, siamo arrivati.
La struttura che ci si presenta è come quella che io mi aspettavo. Quella mostrata nelle fotografie della Fondazione Tovini. Giovanna ci accoglie con un “Hola”. La suora ci dice che la colazione ci attende. Mi sembra grandioso. Non che abbia fame, ma lo sballottolamento del viaggio mi ha creato come un vuoto nello stomaco. Ma anche a me è venuta la nausea. Se non faccio la pipì esplodo. Entriamo, salutiamo e trovo un bagno. I bagagli sono già stati scaricati perché il pulmino delle valige è arrivato prima di noi. Ci mostrano le camere dove alloggeremo. In una camera è rimasto un letto libero. È quello sopra di un letto a castello. Ci appoggio il mio cappello. Sarà il mio. In camera ci sono: io (che ho il letto sopra, vicino alla puerta), sotto c’è Sara, poi c’è Judit e Alessia, Cri, Ester, Franca e Denise.

ORA PERUANA 9:35
ORA ITALIANA 15:35
Sono sul letto e scrivo. Ho avuto un’avventura con la valigia che mi ha fatto sudare cinque camicie. Non mi si apriva più!!! Ho provato tutte le combinazioni uguali tipo 000, 111, 222…E non va…Sono sempre più preoccupata. Temo i miei per questo. Una cosa è certa. Non la rompo la valigia, mai e poi mai. Ester mi sostiene. Prende in mano la situazione, oltre che la valigia. La combinazione che prova è questa “291”. Si apre e io l’abbraccio stretta. È una grande! Ora starò più attenta. Probabilmente la combinazione si è cambiata da sola, nel corso del viaggio.
La colazione è stata ricchissima: pane, marmellata, margarina, latte, thè e anche caffè che ho bevuto per tenermi alta la pressione. Ho aggiunto anche un goccino di latte. Speriamo che non mi faccia male. Finita la colazione siamo andati nelle nostre stanze a riposarci. Ora sto scrivendo sul letto; i discorsi sono questi:
- i letti a castello sono di legno e assomigliano a quelli dell’Ikea. No, sarà Inca-Ikea!
- Esami di danza della Cri, discorso finito con pillola di saggezza “la vita è un esame”
- Dubbio esistenziale: dove vanno a finire gli escrementi nei vari mezzi di trasporto?
- Il problema della stipsi che affliggerà molte di noi in questi giorni.
Si sente un profumo di cibo oltre a quello di bagnoschiuma della Franca che è appena uscita dalla doccia. Alle ore 13:00 si pranza. Mi sembra pomeriggio. In camera stiamo ridendo come delle dannate! Franca ha appena buttato della crema idratante in testa a Judit!
Io mi sono alzata per fare la doccia. Non mi sento per niente bene. Mi gira la testa tantissimo. La doccia era freddissima. Appena sono uscita mi sono sentita momentaneamente meglio. Ma dopo…Il letto girava, girava tutto, volava, occhi caldi. Ma è normale avere freddo? Ho i brividi e sudo…
Il pranzo ci attende. Riso con fagioli, antipasto composto di patate lesse con olivetta e cosparse di cremina gialla fatta di latte, farina e biscotti salati (il tutto frullato e cosparso sulle patate, uno dei piatti tipici peruviani) accompagnate da uovo bollito; poi carne di capra piccante. Ho cosparso solo il sughetto della carne sul riso. L’uovo delle patate l’ho dato alla Cri…Vedo che lei mangia con molto appetito. Per frutta la pera…Si, un aiuto per il bagno! Poi ci riposiamo ancora, la cosiddetta siesta dopo pranzo. E io peggioro. Chiedo il termometro all’Ivana e mi provo la febbre. È 36,9. non molto, ma la faccia mi scotta terribilmente! Temo che presto mi verrà la febbre…La misuro dopo cinque minuti di riposo in posizione semi-morta: è 37,6. E’ il massimo che ha raggiunto in mezz’ora di brividi e calori. Sento gli altri che parlano…Forse il signor Zucchi sta facendo una specie di riunione a tavola…E io non ci sono.
Sento la musica, i balli, le voci, sempre più numerose. Mi decido a scendere dalla Suora e a comunicare il mio malessere. Lei mi da una specie di camomilla calda nella quale metto una badilata di zucchero di canna. È bollente e mi dice di berla in fretta. Ho preso una pastiglia di Tachipirina e vuole che dopo vada a riposare. Mi fa accomodare nella stanza nella quale sta Ivana. Tutte e due ci sentiamo due sfigate. Entrambe vogliamo conoscere i nostri gemelli. Ad un certo punto lei si mette a piangere e io tento di consolarla, ma io sono nella medesima situazione! Ora comincia davvero a “ballarmi” la vista e sudo da maledetto…Basta! Mi alzo e mi infilo le scarpe. Passerà tutto. Non posso permettermi di perdere il più bello.
Esco e trovo italiani e peruani su una specie di palchetto di pietra e sabbia. Mi guardano e sorridono. Chiedo di Diana, la mia gemella. Eccola. È bellissima, orientaleggiante, sembra tailandese. Indossa una maglietta verde, gli occhi grandi e truccati, i capelli lucidi e neri raccolti in un cucù. Mi abbraccia e saluto con un “hola”.
I ragazzi italiani mi fanno conoscere i loro rispettivi gemelli. Sto male e la Cri gentilmente mi giustifica davanti a loro. Dicono che barcollo…Accidenti!
Mi gira tutto. Ma ora ci sarà la messa, con italiani e peruani! La funzione è così bella e allegra che mi dispiace non avere con me la macchina fotografica. Diana con il dito mi fa seguire le parole dei canti sul foglietto. La osservo. Ha delle ciglia lunghissime e la bocca ben fatta. Indossa dei jeans con motivo floreale…E’ dolcissima!
Dopo la messa assistiamo allo spettacolo più bello che una cultura diversa dalla mia mi abbia mai dato. Balli, musiche, bambini colorati e vestiti con costumi tipici. Troppo carini, sono troppo felice!!! Questo era il momento di accoglienza in cui ci veniva presentata la cultura e la tradizione peruviana. Non potevo non immortalare questa allegra manifestazione della bellezza di una nazione mostrata con orgoglio, semplicità e amore. Così ho fatto un sacco di filmati e fotografie. E poi ci hanno offerto una cosa strabuona color rosso: marzamorramorada, stradolce, come tutto qui!
Si sente dire che sia fatto di prugne (bene bene, allora sono contenta di averlo assaggiato…Visto i miei problemi…) poi viene smentito tutto: è fatto di ananas e uva rossa schiacciata…Mi piace tantissimo!!! La consistenza è un po’ strana, simile ad albume, marmellata, colla, resina, appiccicaticcio, filaccioso, (muco, ma non dovrei scriverlo…). Sono questi gli aggettivi che mi hanno suggerito in stanza per descrivere questo cibo tradizionale. Non vi sembra nulla di troppo positivo eh? Infatti a me e a poche altre piaceva. Ma devo dire di averlo proprio gustato tanto che me ne sono fatta dare un altro po’ dalla Cri che me lo ha versato bel bicchiere. La sostanza è scivolata compattamente nel mio bicchiere a mo’ di ‘Slaimer dei Ghost Buster’.
Ho appena riletto alle ragazze ciò che ho appena scritto e la Cri ha aggiunto il suo contributo: dice che assomigliava a ‘Flobber’ del film con Robin Williams. :-O
Ho fatto mille fotografie con i bimbi che me lo chiedevano vedendomi in mano questa strana apparecchiatura nera.
Poi c’è stata una partita di pallavolo Perù-Italia. Io non gioco. Non è il caso di sudare visto che mi sto sentendo un pochino meglio.
La cena è stata abbastanza veloce: consisteva in minestra con pastina, patate, pollo bollito e insalata. Ora sono come al solito spaparanzata sul letto, accaldata, le mie cose cosparse tutt’intorno e tanto sonno. Domani mattina ci alziamo alle 6:50. Guarderemo l’alzabandiera, il momento solenne del lunedì. Sono solo le 21.15 e già mi abbiocco. “Tengo gana de dormir”…Ho strasonno. Voglio lasciare questo giorno troppo intenso, così pieno che mi sembrano 3 giorni. A cominciare dalla valigia che non si apriva, la febbre, la doccia gelida (che penso sarà una costante, qui) ecc…Ma sapete cosa vi dico? Chissenefrega della doccia gelida! Oggi una bambina ha chiesto a una di noi se anche nel nostro Paese si muore. È incredibile. Ed è con questa riflessione, che mi viene spontanea, che vi do la buenas noche!
/Fine 18 marzo 2007/

19 MARZO 2007

Sveglia tutto ok, si alza la bandiera e poi solita colazione da super mega abbuffo (3 panini con marmellata anche oggi…accidenti vany…così non va…)
La mattina è volata così come tutto il giorno. Mentre sto scrivendo sono le ore 8:15 peruviane e le 3:15 a.m. italiane. Che bello essere viva, sveglia, piena di emozioni mentre voi a casa ora dormite come ghiri! La mattina (hesta maňana) abbiamo parlato di pace, ma quella con la “P” maiuscola…Sono uscite delle discussioni strabelle. Diana è molto matura, non si vergogna della situazione del suo Paese che giudica corrotto e ingiusto e povero. Ma tra la gente e specialmente tra i giovani c’è una speranza e una fiducia nel futuro che non è paragonabile a quella dei miei coetanei italiani.
Il pranzo è stato buonissimo. Solito succo tropicale nelle brocche, antipasto di carne (pollo) con carote e piselli con una salsina tipo tonnata, poi pastasciutta al pesto (stracotta, ma apprezziamo lo sforzo) e di secondo una mega costatona…E’ simile al cibo argentino perché Marina, una delle donne che segue la ‘Casa de la Juventud’ è originaria dell’Argentina! E per finire una banana…Mmmh, sto facendo il pieno qui; e sono stradolci e mature al punto giusto! Ora in Italia sono le 4:00. Qui tra un po’ sono le 10:00.
Ho ripreso a scrivere dopo che mi sono fatta la doccia…(anzi, a dire la verità mi sono lavata a pezzi perché la doccia ho intenzione di farla domani pomeriggio. E mi laverò anche i capelli…Non ho il phon e se la faccio di sera come mi asciugo? E poi mi è tornato di nuovo il mal di testa…Non conviene fare di nuovo la doccia fredda. Andrò avanti a Tachipirina. Farò una super sudata ‘sta notte. Dopo il pranzo la Cri e io ci siamo offerte di lavare i piatti; ci sono i turni e non abbiamo ancora fatto nulla da quando siamo qui. ;-) ma abbiamo scelto un giorno in cui ci sono davvero tantissimi piatti (e visto che c’era la pasta, ci sono pure le fondine da lavare!)
Qui devo dire davvero ‘dulcis in fundo’: la pentola del pesto ho avuto il piacere di sgrassarla io!! Eh eh eh…Verde da tutte le parti! La mia faccia era questa |:P (molto impegnata), quella della Cri era questa invece -_- (schifata!!!)
Finiamo un po’ tardi di lavare. Faccio buttare l’olio delle padelle alla Cri. Io l’avrei buttato nella spazzatura, non nel lavandino. Ma tanto l’ha fatto lei. Non me la sentivo di inquinare con le mie stesse mani attraverso le tubature il magnifico Oceano Pacifico. Come potrei? Ma forse questo non succederà…Non lo so, chissà se qui esistono dei depuratori…
È avanzato un caffè. Me lo bevo io. È buono, un po’ tiepido e sembra quasi speziato. Ci metto badilate di zucchero di canna. Adoro questi sapori diversi.
Bene, ho giusto mezz’oretta per scrivere un po’ ma in un battibaleno vengono le 15:30 e dobbiamo partire per la visita a Victor Raul.
Passeggiamo per le strade di questo desolante centro abitato. Le mie All Star affondano nella sabbia. Tutti ci guardano. Non so se ci sono più bambini o più mosche per le strade. L’odore è nauseabondo. Pozzanghere nel terreno minato da escrementi. E i bambini si rotolano nella sabbia, il loro unico parco giochi. Quando estraggo la macchina fotografica digitale sento mille occhi su di me. Fisicamente non mi sento un granchè. Psicologicamente mi sento straforte. Dovrebbe essere il contrario davanti a tutto questo, non è vero? Ed invece no. Fisicamente sto male perché arranco nella sabbia e respiro la sabbia, ho già le mani impolverate, sono tutta impolverata…La sabbia mi va negli occhi e questo puzzo sparso nell’aria mi fa venire da vomitare. Infatti continuo a deglutire e a farmi spazio nell’aria mandando via le mosche che, a sciami, infestano le strade e assalgono quel che resta di un cocomero. Chissà se Dio si ricorda di Victor Raul. Una cosa è certa. Io non me lo dimenticherò mai. Durante il pomeriggio siamo stati anche in un ‘parco’, o comunque in un ‘giardino pubblico’, uno spazio verde, una zona d’erba che da sulla strada principale sulla quale passano i camion pieni di asparagi pronti da trattare all’Impresa Nicolini. Da quella strada siamo arrivati anche noi.
Riuniti a cerchio in questo appezzamento di verde nel deserto della povertà delle case di Victor Raul, Diana offre degli strani frutti arancioni che ha portato in un sacchetto. Sono un misto tra le nespole e le prugne. La polpa è molto gialla e sono dolcissimi. Si chiamano “Seruelas”. Ne prendo solo due malgrado il sacchettino portato da Diana sia pieno. Bisogna stare attenti sempre. Mi chiedo se saranno lavati. Ma preferisco non pensarci e assaggiare. Anche se non posso rischiare di rovinarmi lo scambio per problemi intestinali. Quindi limito il danno (eventuale) e ne prendo solo due, senza cedere all’insistenza di Diana. Gli altri ragazzi sembrano apprezzare molto. Scatto una foto a Marino, il gemello della mia amica Cri. È proprio un bel ragazzo. Eder ha messo sotto il sedere di Diana la sua felpa. Lo definiamo “Caballeros”…Ce ne sono pochi in Italia così…Poi si ritorna alla piazza principale di Victor e si cena con riso al sugo con pollo, insalata e un buonissimo dolcetto alla banana dalla strana consistenza (piuttosto gelatinoso) e stranamente tiepido. Ho mangiato anche quello della Cri che non ne voleva più. Il bello è che gli avevo appena chiesto se gli piaceva e mi aveva detto di si…Comunque ho gradito molto e sono andata a dirglielo a Marina che mi ha fatto una carezza. È dolcissima! Dopo cena mi sono ritirata in camera senza salutare nessuno e ho cominciato a scrivere questo diario che ormai sta quasi diventando un libro. Ho preso ancora l’aspirina (l’ultima) della seria, o la va o la spacca, nel senso che preferisco curarmi definitivamente e guarire da questo stato piuttosto che trascinarmi dietro a lungo ‘sto malessere. Spero di aver utilizzato la tecnica giusta. Intanto nello scendere per andare a chiedere il bicchiere di “agua por favor” mi sono ammazzata…Quanto adoro i letti a castello eh eh eh…Il mio povero ginocchio!
Ora è meglio che vada a dormire. Oggi è stata una giornata molto intensa. Domani sarà altrettanto.
/fine 19 marzo 2007/

20 MARZO 2007
Nuovo giorno, solita sveglia strapresto, solito delirio. Mentre scrivo sono le ore 15:15 in Perù, mentre a casa sono le 21:15 ; chissà cosa state facendo…Martedì sera. Niente che mi risulti…Nessuno esce, nessuno che va a giocare al piattello…E’ un martedì sera come tutti gli altri, mentre qui è un martedì pomeriggio diverso dai soliti. Sono sempre sul letto, il mio solito posto per scrittura. Sono accaldata malgrado la doccia. Sto digerendo il solito lauto pranzo. Consisteva in polentina con foglie di banana con oliva e carne di pollo. Comunque il sapore della polentina non era per niente male. Il solito uovo sodo l’ho dato alla Cri…Povera, se gli viene qualcosa?! Ma lo mangiano tutti. Il fatto è che io non vado matta per le uova. Ma in fondo non è obbligata a mangiarlo. Poi arriva il riso bianco il quale va accompagnato con della carne che sembra ragù. Tutti ci guardiamo: speriamo che non sia la stessa carne che abbiamo visto al mercato di Virù, una cittadina poco distante da Victor Raul.
Ho ancora impresse nella mente quelle cosce di animale assalite dalle mosche, quei pesci squarciati e agonizzanti sui banchi, quei carretti stracolmi di frutta di ogni genere e tipo e colore. Tutte palline tonde e variopinte tra le quali risaltavano le pannocchie nere nere, le foglie di coca nei sacchi, i bambini scalzi, gli anziani con le rughe sui volti, segnati dal tempo, ma da un tempo che scorre con più cattiveria del nostro. In ogni caso c’è un bruttissimo odore e non vedo l’ora che questa visita al mercato di Virù finisca, che il sindaco ci porti via, che ci faccia uscire da quel passaggio stretto tra le bancarelle…Non capisco più come mi sento. Da un lato sono schifata e a disagio, ma dall’altro mi sento tanto accettata nella mia diversità: tutti ci sorridono e ci chiedono da dove veniamo. È straordinario, i miei occhi vedono diversamente da ciò che il mio cuore sente! Poi la visita continua! Siamo stati all’ospedale, chiamato il Sanatorio. Fa un caldo…Per arrivarci ci siamo sciolti viso e anima sull’asfalto di Virù. Scatto una foto all’entrata dell’ospedale che è una struttura abbastanza estesa, ma bassa, di colore azzurrino. Scopriremo poi che, invece, non è per niente estesa per la funzionalità che deve avere, per la sua utilità, per le necessità di Virù.
Il caldo ha varcato anche le porte dell’ospedale; i bambini piangono…Un bimbo si acciambella sulla sedia a rotelle, per lui troppo grande affichè possa sedersi comodamente, troppo piccola per avere spazio sufficiente per giocarci. Stessi occhi sgranati, stessi sguardi. Mi chiedo come sia la mia faccia. Già non amo gli ospedali di Brescia, figuriamoci qua…E’ questione di principio dico io…Possiamo anche rischiare di disturbare oltre che non essere motivo di sostegno per questa gente. Ma la visita continua. Conosciamo il dottore che ci porta in una stanza dove c’è un solo computer a schermo ultrapiatto. Le stanze sono azzurre...Ci portano in una sala in cui una ragazzina sta facendo un’ecografia al suo bambino. Altro shock per me. Poi ci mettono al corrente che i letti per il parto sono solo 18 per tutto il distretto di Virù, per Victor Raul e per le altre cittadine nelle vicinanze. È scandaloso…Come è scandaloso essere qui senza alcuna protezione igenica…Mah, mi chiedo se era veramente necessaria ‘sta visita. Me lo chiedo fino a quando non noto che sul tariffario esposto all’ingresso (come il menù dei ristoranti, come le specialità della casa) che per partorire ci vogliono 60 Soles. Con quasi tre cappelli di cuoio come il mio facevo partorire gratuitamente una donna…Mi incupisco. E capisco all’istante il motivo della nostra visita. Arrivati nella piazzetta in cui c’era anche una chiesa (che abbiamo visitato durante la mattinata e che ho scordato di menzionare) abbiamo salutato il sindaco e siamo risaliti sul ‘carro’ (cioè il furgoncino, ormai :-P lo chiamo così). Abbiamo acquistato due angurie. Il pranzo è stato alle 13:15. Muy bien, ho tempo per farmi una bella doccetta! Una doccetta fredda, ma tanto sono grondante di sudore. Io e la Cri entriamo insieme in bagno, ma le docce sono comunque separate. L’acqua è freddissima, ma noi utilizziamo la nostra tecnica di autoconvincimento. Basta urlare “è bollente!! Scotta!!” che già si riesce a sopportare la cascata gelida che ci piove sopra. Siamo ‘amiche por sempre!’
Lei mi chiama “la vany pulcino”…Quando esco dalla doccia e tento di rilassarmi è già ora di scendere per il pranzo. Abbiamo mangiato come al solito molto bene. E ve ne ho già parlato no? Durante il pomeriggio ho scritto tutto il tempo e non mi sono riposata. Non so se è stata una buona idea. Comunque la giornata si prefigura ‘muy bonita’. Laboratori creativi, l’arte e la pace. Siamo nella classe dell’asilo…Sono seduta al tavolino con Diana (ovviamente), Ivana e la sua gemella e anche Chiara con la sua. La maestra d’arte ci assegna il lavoro. Dobbiamo colorare un foglio in cui sono disegnati 2 niňos peruanos (bambini). Io mi sbizzarrisco con i colori. Diana mi guarda ammirata. Tutti vengono lì e mi fanno i complimenti. Anche la dolcissima Marina mi si avvicina come una gatta soave. Quella donna ha una tenerezza argentina in sé, uno strano fascino latino, un mistero gitano che non vuole svelare, ma forse io l’ho capito.
Sul foglio poi dovevamo attaccare una colomba sagomata da un foglio di gomma porosa che andava sfumata con un gessetto blu. Poi i bigliettini vengono scambiati tra italiani e rispettivi gemelli peruviani. Diana mi ha scritto un poema sul foglio. Io gli ho scritto giusto tre frasi ma con ‘todos mi corazon’; ho augurato a lei e a tutti gli amici pace, amore e giustizia per il suo Paese. Lei si è scusata perché non è creativa. Poi il pomeriggio è giunto al momento della merenda con l’anguria e con le danze peruviane ci hanno proposto di imparare. Mi piace molto ballare, ma in gruppo ho vergogna e per di più non capisco molto dei passi. Però, che ridere! Tutti in cerchio che cercavamo di seguire l’insegnante che, scalza, usava tutta la sua pazienza per farci possedere a tutti i costi quei ritmi che non ci appartengono.
Ora sono sul pullman per Cajamarca. Come al solito l’aria condizionata è fortissima (in gergo giovanile ‘è a manetta!’) e temo che questo sia il colpo di grazia per il mio raffreddore. Comunque sono equipaggiata di farmaci. Rifiutando l’Inca Cola ho chiesto dell’acqua per prendere una pastiglia di Tachipirina. Ho già mal di collo. Stanno trasmettendo alla tv un film su un illusionista…(preferivo il documentario sull’arte e sulla cultura giapponese di poco fa…MMhh…Non mi riconosco più…Sono diventata troppo concreta…)
Dopo i balli abbiamo fatto la doccia e abbiamo cenato con la solita minestra della sera…Piuttosto lucida per i miei gusti, dal contenuto non identificabile…(ok, a casa non la mangerei mai…) penso contenga la patata rossa peruviana, pomodori e anellini di pasta stracotti. Per secondo poi un formaggio molto buono, quasi come il nostro Primosale ed infine insalata. Poi abbiamo sparecchiato e gambe in spalla, o meglio zaino in spalla! Ho preso: k-way, giubbino, una felpa, una t-shirt, 2 magliette a maniche lunghe, farmaci, salviettine e kg di fazzoletti…E cappello tambien!
Sul pulmino abbiamo cantato a squarciagola tutto: dalle solite Albachiara a Ligabue, la Canzone del sole e cartoni animati (il duetto Cri e Vany eh eh eh…). E poi l’arrivo alla stazione di Truhijo per imbarcarci alle 22:30 su questo pulman. Ora sono le 23:30. Arriveremo ‘de noche’. A casa sono le 6:30. Penso ai miei compagni di classe. Saranno quasi tutti svegli ora, pronti con le loro cartelle, le loro preoccupazioni, le loro 6 ore in classe. Io sono contenta di essere qua. L’esperienza non è ancora finita e io mi sento già molto arricchita. Il film scorre sotto i miei occhi come il buio paesaggio là fuori. Ogni tanto una luce, un palo, qualche baracca. Ormai ci sono abituata. Sono stanca. Anche oggi una giornata molto intensa.
p.s. meno male che questa volta non sono vicina al finestrino. Picchia un’aria fredda in quel posto…Sono vicina alla mia Cri!!! Siamo come Terry e Maggie, ti voglio strabene!! Vany e Cri, Cocci e Illo (i nostri peluches da viaggio).
La Cri era tenerissima quando mangiucchiava i panini che ci hanno dato qui sul pulman. Io non li ho nemmeno guardati. Al massimo tengo il dolcetto confezionato per la colazione di domani mattina. Ora chiudo tutto davvero, sono esausta. Quadernino mio, come ho potuto essere in dubbio sul fatto di portarti con me per questo breve spostamento? Me ne sarei pentita davvero tanto!
Buona notte a ‘todo el mundo!!!’
/fine martedì 20 marzo 2007/

piccola Momo

   
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